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Autore: collisionkid    23/02/2013    0 recensioni
"Gerard percepisce il suo cuore battere all'impazzata, poi si rende conto che in realtà è tutta un'illusione: il suo petto è vuoto. Vuoto come le finestre del piano terra della Paramour Mansion, così oscure e diroccate, con le cornici accartocciate su se stesse e i vetri infranti.
Più in alto, il nulla. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Gerard si guarda intorno. Un'occhiata a destra, una a sinistra, pavimento, soffitto, finestra polverosa, scarpe. Non sa esattamente cosa stia accadendo, ma è certo di non gradire quella situazione. Prende un respiro. Ripensa a tutte le volte che Frank l'aveva spinto a forza nei luoghi più angusti e bui di tutta Belleville e trattiene a stento un sorriso – non vuole ridicolizzare tutta quella faccenda con una risatina idiota. “Hai paura dei fantasmi?” diceva sempre Frank seminascosto nell'ombra di uno di quei viali di periferia, sudici e contornati da una fila di cassonetti della spazzatura, sempre troppo pieni di robaccia puzzolente per essere ignorati. E lui non aveva mai voglia di passare per lo sfigato di turno, quindi, nonostante tutto ciò lo infastidisse parecchio, muoveva sempre un passo verso il suo compagno e lo seguiva nell'oscurità, la sua mano sempre follemente stretta a quella di Frank perché – hey, se prendono te non voglio lasciarti da solo. Dalle loro escursioni i due tornavano quasi sempre illesi – non per niente ora erano ancora insieme – e nella maggior parte dei casi l'unica cosa che guadagnavano era una serie di richiami da parte dei loro genitori, ma almeno il mattino seguente a scuola potevano raccontare di aver visitato il giardino di un vampiro. Che giornate assurde – pensa Gerard facendo roteare lo sguardo. “Dai...togliti.” Dice alla fine, per l'ennesima volta. Poi aggiunge, ironicamente “Fammi salire. Qualsiasi mostro ci sia lassù, non oserà mai far male me, un suo simile.”

Frank abbassa lo sguardo, scuro in volto. Probabilmente è irritato. Gerard era sempre stato uno stronzo, e lui lo sa. In silenzio, spera che quell'ammasso di sfrontatezza e depressione fatto uomo che lo fissa da sotto la frangetta bianco latte metta da parte un po' della sua insolenza perché, cazzo, Frank non sopporterebbe quel genere di comportamento per ancora troppo tempo.

Gerard fa roteare lo sguardo – ancora e ancora – poi fa pressione sul braccio di Frank, che si flette, si piega, ma non cede, mentre le dita bianche e affusolate restano saldamente aggrappate allo stipite della porta che Frank copre con tutta la sua figura.

Ci sono un po' di cose che mi devi spiegare.” dice Gerard. Frank non sembra ascoltarlo. Sta pensando. Pensa a quanto tempo sia passato dall'ultima volta in cui hanno litigato, si chiede se ne valga davvero la pena – la risposta è sì, deve continuare. Solo il pensiero di cosa potrebbe succedere se Gerard varcasse quella soglia lo fa rabbrividire. Deve pensare, e deve farlo in fretta. Forse inventare qualcosa, inventare una scusa potrebbe servire, ma quando passi tanto tempo segregato in una casa alla fine di Crimson Street, senza contatti con il mondo esterno, senza televisione o computer, solo libri, strumenti musicali e spartiti – che in quel momento riempivano un'intera stanza al piano terra – niente sembra essere abbastanza pauroso. E questo è un male. La paura è indispensabile per evitare di commettere gesti avventati.

Non è nulla che ti riguarda.” dice alla fine, tentando di tirare un calcio a Gerard per farlo allontanare. Poi si ricorda, e decide di tenere il piede incollato al parquet marcio e trasandato.

Gerard apre le labbra, nel tentativo di replicare, ma i suoi pensieri sfumano in un sospiro intenso e profondo. Subito dopo, con grande stupore di Frank, alza le braccia in segno di resa e si allontana, deciso a non avere contatti con il resto del mondo fino al mattino seguente. Qualcosa però lo blocca, lo costringe a passare oltre la porta della propria camera e lo spinge giù per le scale. Si guarda indietro, ma non riesce a scorgere Frank nemmeno allungando il collo, nel tentativo di sormontare con lo sguardo la rampa di scale che aveva sceso senza nemmeno accorgersene.

Ray è un cucina. E' seduto al tavolo mentre fissa con occhi spenti le venature delle tavole di legno che lo compongono. La Paramour Mansion è una casa vecchia e decadente, ma è comunque un buon posto dove ritirarsi per pensare. Avvicinandosi alla soglia della cucina, Gerard nota che Mikey è disteso svogliatamente sul divano, come una specie di cadavere, mentre fissa il soffitto con aria assente. Anzi, a dire la verità sembra davvero un cadavere, così freddo, bianco, immobile; sotto di lui i cuscini del divano non sembrano risentire della pressione esercitata dal suo corpo. Gerard non è troppo stupido – Mikey è sempre stato molto magro. Ha messo addosso quella vecchia divisa che aveva trovato in un armadio all'ultimo piano – quello che ora Frank conserva gelosamente – e se ne sta lì sdraiato. Un cadavere. Gerard non capisce. Forse è per l'atmosfera della casa, forse per tutta quell'energia negativa che continuavano a trasmettersi a vicenda da ormai – quanto tempo? Un mese? Due? Anni? Non ne ha la più pallida idea. Con la coda dell'occhio nota che la dispensa è vuota. Polvere, solo polvere accumulata e preservata dal tempo. Da quanto tempo non mangia qualcosa? Una morsa gli attanaglia lo stomaco. L'improvvisa consapevolezza di non aver toccato cibo da tanto, troppo tempo lo colpisce. Poi Ray alza svogliatamente lo sguardo e lo fa trasalire ancora. Gerard sente il proprio cuore battere – o meglio, crede di sentire qualcosa di forte crescere nel proprio petto. Torna nell'atrio, si fionda sulla porta. Pensa: cosa potrebbe esserci di così tremendo all'ultimo piano? E' qui che Frank appare come un miraggio sopra la rampa di scale. Gerard lo guarda un'ultima volta, poi spalanca la porta principale e si fionda fuori, sullo zerbino, e poi nel viale, fino a raggiungere il bordo della strada. Quindi si ferma. Fuori è freddo, ma questo non sembra infastidirlo, d'altronde in casa la temperatura era comunque molto bassa. Accanto a lui c'è una pozzanghera: è profonda e limpida, ancora traboccante di acqua nonostante Gerard non avesse sentito la pioggia cadere negli ultimi tempi. Sul filo dell'acqua la casa si riflette in tutto la sua terribile altezza e maestosità, così lugubre e terrificante da far venire i brividi nonostante sia solo un riflesso della realtà. Gerard sorride. Niente di irregolare. Dietro di lui la Paramour Mansion si staglia sicuramente alla luce del sole mattutino, mentre tutt'intorno la vita prosegue senza interruzioni. Per un momento scorda ogni cosa; Frank che protegge la porta, Mikey l'ombra-di-sé-stesso, la dispensa vuota. Poi si rende conto che la luce del sole lo infastidisce. Meglio tornare dentro. Si gira; è un attimo e la visione della realtà lo trafigge come un pugnalata nel cuore. Sente per un secondo le proprie gambe sciogliersi, la testa gli gira vorticosamente. Percepisce il suo cuore battere all'impazzata, poi si rende conto che in realtà è tutta un'illusione: il suo petto è vuoto. Vuoto come le finestre del piano terra della Paramour Mansion, così oscure e diroccate, con le cornici accartocciate su se stesse e i vetri infranti. Più in alto, il nulla. Solo un mucchio di macerie fumanti intrecciate e scricchiolanti, travi di legno sparse qua e là, colonne mozzate e vetri rotti. Gerard ha paura. Guarda la pozzanghera: la Paramour Mansion è ancora lì, alta e austera, come un giudice silenzioso. Lì c'è, sul filo dell'acqua tutto è possibile, ma davanti a lui, nei suoi occhi, la Mansion è crollata. E lui non capisce come tutto ciò sia accaduto. Era uscito dalla casa, poi nessun rumore era giunto alle sue orecchie se non quello delle auto che si affrettavano in strada e i clacson. Niente crolli, niente incendi. Nulla. Senza pensarci, Gerard si fionda sulla casa, deciso a ritrovare Mikey, Ray e Frank sotto le macerie, e per qualche grottesco istinto si dirige verso la porta principale, una delle poche cose rimaste in piedi. Batte i piedi sullo zerbino, afferra la maniglia, spalanca la porta. Poi Frank entra nel suo campo visivo. Gerard sbatte gli occhi e la scalinata della Paramour Mansion torna ad occupare il suo sguardo. Ray e Mikey sono ancora in cucina. Frank è di fronte a lui, osserva la lama di luce che entra dalla porta con lo sguardo triste. Gerard è ancora più confuso. Tutto sembra regolare: niente travi crollate, niente colonne spaccate in due dalla furia del terremoto. Solo la Paramour Mansion come l'aveva sempre conosciuta. Ed è quel “sempre” a disorientarlo. Tenta di ricordare, ma non riesce a riportare alla mente il giorno in cui erano entrati in quella casa. Quando Frank fa un passo verso di lui, Gerard si accorge delle sue dita bianche, cadaveriche. La dispensa è ancora vuota, ma non ha fame. Frank chiude la porta, tagliando fuori tutto tutto l'orrore della realtà, e Gerard si fionda sullo specchio più vicino, come folgorato, spostando la polvere che vi si era accumulata sopra, nel vano tentativo di osservare la sua immagine riflessa. Niente.

Frank dice: “Cosa hai visto lì fuori?”

Gerard non sembra ascoltarlo. E' lontano mille miglia, perso dentro l'immagine riflessa dell'atrio polveroso. Sa che Frank è dietro di lui, ma Gerard non può vederlo.

Cosa c'è all'ultimo piano?”

Non te lo dirò.”

Devo saperlo.” Gerard non stacca gli occhi dallo specchio. Se quello è come l'acqua della pozzanghera, allora perché non gli mostra la sua immagine intatta e inalterata? “E' importante per -” la consapevolezza sembra colpirlo. La ragione per cui aveva visto la Paramour Mansion nella pozzanghera è che quella casa, in qualche modo, esiste. E' diroccata, fredda, spoglia, ma presente. La casa è come un fantasma e lui aveva visto il suo cadavere. Perché tutti i fantasmi hanno un cadavere, e lui lo sapeva. Gerard sente un brivido percorrergli la schiena. Improvvisamente non vuole più sapere cosa Frank nasconda al piano di sopra.

Sente qualche lacrima rigargli il viso, ma sa che è solo un'illusione: quelli come lui, quelli senza riflesso non possono piangere. Ne è certo. Allunga la mano e la poggia sullo specchio. Lo sente sotto i propri polpastrelli, freddo e liscio, quasi viscido e la consapevolezza di quel tocco lo fa sentire un po' più vivo. Poi per un istante crede che le sue dita l'abbiano trapassato, però Frank lo afferra prima che qualcosa possa confermare quell'idea. Ma in fondo Gerard non ne ha bisogno, avrebbe dovuto saperla da tempo, la verità.

Frank dice qualcosa, ma lui non lo sente. Pensa per la seconda volta a quando era un bambino, quando ancora credeva ai fantasmi. Frank diceva: “Se avverti un freddo pungente sulla pelle, allora forse hai davvero un fantasma vicino a te. Perché i fantasmi sono freddi, lo sai? I fantasmi hanno il gelo dentro.”

Gerard sorride, malinconicamente, piegando le labbra in una curva storta e malformata. Ed è in quel momento che se ne rende conto.

Gerard vede: la dispensa vuota, mani fredde e candide, occhi di ghiaccio, una casa diroccata, lo specchio senza riflesso, le fiamme.

Gerard sente: freddo.

 

°°°

QUESTACOSANONHASENSOLOSOOK.

Ma mi girava per la testa da un po' e avevo voglia di scriverla :3 Fatemi sapere cosa ne pensate!

P.s: Scusate eventuali errori di battitura! Ne ho corretti alcuni rileggendo, ma non vorrei che qualche errore mi sia sfuggito.

  
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