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Autore: Margherita Dolcevita    23/02/2013    3 recensioni
I magnifici capolavori della Clare dal punto di vista del misterioso Jonathan Christopher Morgenstern.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clarissa, Jonathan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                              Sangue Del Mio Sangue                              

Mio padre ha posato mia madre su un letto, legando le sue mani e i suoi piedi a dei ceppi. Il colorito di Jocelyn si è fatto pallido e spento. Valentine, ha sistemato una sedia vicino al letto e ci si è seduto sopra, vegliando al capezzale di Jocelyn, con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte, come se stesse pregando.

Ho di nuovo rinchiuso i Divoratori nella stanza, naturalmente non senza ringhi di protesta da parte loro, e ora sono qui con la schiena appoggiata allo stipide della porta a guardare mio padre, aspettando la sua prossima mossa.

Ma lui non fa niente.

Valentine resta fermo, continuando a guardare mia madre con occhi vitrei, che non riflettono nessuna emozione. Sembra in trans. Sono tentato di avvicinarmi a lui e scuoterlo per farlo rianimare, quando mio padre si alza raggiungendomi. Mi spinge leggermente indietro, chiudendosi la porta alle spalle con un rumore sordo.

Mio padre mi ignora, andandosi a sedere al tavolo e versandosi un bicchiere di vino. Vado anche io al tavolo ,sedendomi di fronte a lui, ma quando Valentine mi offre del vino, io declino la sua offerta con un movimento del capo.

-Così, ho una sorella- Dico interrompendo il silenzio. Mio padre annuisce solamente, pensando a Dio sa cosa, mentre ,portandosi il bicchiere alle labbra, beve un lungo sorso di vino.

-Cosa pensi di fare a proposito?- Gli chiedo. Valentine posa il bicchiere, ormai vuoto, sul tavolo, riempiendolo una seconda volta. Quando è ormai pieno, mio padre lo solleva ed inizia a descrivere piccoli cerchi in aria col bicchiere, facendo ondeggiare pericolosamente il liquido vermiglio.

-Potrebbe essere un problema- Dice, svuotando il bicchiere in un sol sorso. 

-Non vedo come. Comunque se ti fa stare più tranquillo, possiamo sempre farla venire dalla nostra parte- Mio padre sposta lo sguardo dal bicchiere a me, ora improvvisamente interessato. Con un sorriso mi verso anche io del vino nel bicchiere portandomelo alle labbra, ma ancora non lo bevo.

L'idea di Clarissa dalla nostra parte, insieme a combattere fianco a fianco, si fa spazio nella mia mente, oscurando tutto il resto. I suo capelli rossi come fiamme scompigliarsi al vento, la spada angelica stretta tra le sue piccole e delicate mani. Gli occhi fissi sui nemici, spietati. Un rivolo di sangue rosso che cola lentamente sulla sua guancia, fino al collo dove prosegue il suo percorso.

Ed io.

Voglioso di leccare via quella goccia dalla sua pelle, mordicchiandola fino a farla gemere dal dolore. Baciandola, fino a farla gemere dal piacere.

Bella, scaltra, crudele, sadica...Mia.

-Continua- Mi dice mio padre, spronandomi ad illustrargli la mia idea, distogliendomi dai miei pensieri. Oh sublime visione, ti imploro. Non scomparire dalla mia depravata mente!

-Non capisco perchè Jace debba venire con noi e lei no. Jace non è il mio vero fratello e non è di certo sangue del tuo sangue...Mentre Clarissa lo è, lei è una Morgenstern, come me e te- Rispondo prendendo un piccolo sorso di vino. Il liquido amaro scende giù dalla mia gola, riscaldandomi dentro.

Sì. Sangue del tuo sangue.

Ma soprattutto, sangue del mio sangue.

-Inoltre non penso che Jocelyn sarà molto contenta di sapere sua figlia morta. Perchè sarà questa la fine che farà se non verrà dalla nostra parte, non è così?- Gli chiedo fingendo di non sapere la risposta.

Valentine gira immediatamente la testa verso la porta che lo divide dal corpo, apparentemente senza vita di Jocelyn.

-Prima di essere felice o meno, deve svegliarsi- Riflette, parlando più a se stesso che a me. 

-Se non avessi ucciso quello stregone avremmo potuto svegliarla subito- Mi dice con un tono di rimprovero. Io non lo prendo sul serio e alzo le spalle continuando a sorridere. Un incidente di percorso, capitano a volte.

-Non mi sembra che tu ti sia molto opposto alla sua morte- Gli rispondo bevendo ancora un sorso di vino.

-Inoltre, non penso fosse abbastanza potente da riuscire a spezzare un'incantesimo del genere- Gli spiego. All'improvviso i ringhi dei demoni rinchiusi nella stanza aumentano notevolmente, costringendoci a girare la testa della loro parte.

All'improvviso mi ricordo che Valentine ha ordinato ad uno di loro di restare all'appartamento di Jocelyn per cercare la Coppa Mortale. Strano che ci stia mettendo così tanto. Penso, corrugando la fronte.

Mio padre deve pensare la stessa cosa, visto che ha la mia stessa espressione sul volto. Valentine si alza lentamente dalla sedia, quasi a rallentatore e, altrettanto lentamente e tranquillamente, va verso la porta.

-Dove stai andando?- Gli chiedo, alzandomi a mia volta.

- A vedere perchè quel demone ci mette tanto. Dovresti andare a dormire, non credo tornerò molto presto- Dice inziando a scendere le scale. 

Rimango solo nella stanza, i ringhi dei demoni interrompono ogni tanto il profondo silenzio che si è creato, facendomi compagnia. Mi giro verso la porta, indeciso se entrare o no.

Faccio qualche passo verso di essa e poso la mia mano sulla sua maniglia fredda e lucente. Con un cigolio la porta si apre, lasciandomi vedere il corpo immobile di mia madre. Le sue condizioni non sono cambiate e lei non si è svegliata.

Questa dovrebbe essere la donna per cui dovrei provare un'incondizionato affetto. Penso. Aspetto di sentire qualcosa crescere dentro di me, oltre alla rabbia, al disgusto e all'odio, ma non succede niente.

Sì, dovrei. Peccato che non è così.

Mi avvicino a Jocelyn ,tirando fuori il coltello dalla mia cintura,  fermandomi accanto a lei. Mi rigiro lentamente l'arma fra le mani, non distogliendo mai gli occhi dal viso pallido di mia madre. Appoggio delicatamente il coltello sulla sua guancia, stando attento a non farle uscire nemmeno un goccia di sangue.

Potrei ucciderla. Rifletto, esercitando una pressione maggiore sul coltello. Mio padre si arrabbierà molto. Faccio scivolare il coltello dalla guancia fino al collo fermandomi alla giugulare. Sento il suo cuore battere piano, stanco. Ma in fondo è meglio chiedere che il perdono che il permesso.

Non la ferisco ancora, ma continuo a guardare il suo viso bianco, incorniciato dal rosso dei suoi riccioli. Le sue labbbra rosse leggermente socchiuse per respirare meglio. Gli occhi verdi chiusi. Io e lei non abbiamo niente in comune, nemmeno il carattere. Lei è scappata, troppo codarda per affrontare Valentine. Se fosse successo a me io lo avrei ucciso mentre dormiva, senza rimpianti, senza pietà.

Invece Clarissa e lei sono due gocce d'aqua. Forse l'unica differenza sono i capelli. Quelli di Clary sono più chiari dei suoi, hanno il colore delle fiamme, quelli di Jocelyn hanno il colore del sangue. Troppo scuri, per i miei gusti.

Premo di più il coltello sulla sua pelle nivea, ma non la lacero ancora. Clarissa ha bisogno di una madre, è ancora piccola. Penso, ritirando la mano con cui stringo il coltello. Certo potrei sempre mentirgli su come è morta, dando la colpa a mio padre e a Jace. Li potremmo uccidere insieme. Saremo solo io e lei a quel punto. Solo noi.

Rimetto il coltello nella cintura e cammino verso la porta, uscendo dalla stanza. I demoni si sono calmati ed ora l'unico rumore che spezza il silenzio è l'eco dei mie passi.

Ma non voglio mentirle. Non ancora, almeno. Non ci conosciamo abbastanza.

Chiudo la porta alle mie spalle e spengo la luce della sala, annegando nel buio. Il mio unico amico ed alleato.
 
 


Mi sveglio da un sonno senza sogni e una debole luce ,  passante dalle persiane semichiuse delle finestre, riesce ad accecarmi. Deve essere l'alba. Penso, alzandomi  lentamente dal letto e indossando la tenuta da cacciatore. Anche senza luce riesco ad ambientarmi e a non sbattere da nessuna parte.

Nell'edificio è tutto buio, segno che ancora nessuno si è svegliato, nella stanza non vola una mosca, anche i ringhi dei demoni sono svaniti. La camera di Jocelyn ha la porta chiusa, ma non serve vedere per sapere che mio padre è seduto su una sedia, probabilmente appisolato, al capezzale di mia madre.

Sto per scendere le scale, quando noto un foglio di carta sul tavolo. La curiosità si impadronisce di me e, sempre stando attento a non fare nessun rumore, mi avvicino al tavolo afferrando con una mano il foglio.

Lo leggo e rileggo attentamente, mentre dentro di me uno spiraglio di preoccupazione si accende, ma è talmente debole da non farmi nemmeno aumentare il battito cardiaco. Quando ho impresso ogni singola parola nella mia mente poso il foglio sul tavolo, dove l'ho trovato.

Inizio a scendere le scale lentamente, senza alcuna fretta. Sono costretto a coprirmi gli occhi con un braccio, quando la luce mattutina del sole mi assale, fuori. Dopo qualche secondo i miei occhi riescono ad abituarsi alla luce e ricomincio a camminare verso la mia meta.

Non mi sono fatto una runa per nascondermi, non ce n'è bisogno, è troppo presto e nessun Mondano si sarà ancora svegliato, ma nel caso mi sbagliassi mi sono portato lo stilo.

Mi fermo davanti alla casa, facendo velocemente una runa di apertura sulla porta principale. Il risultato non è molto preciso e bello da vedere, ma è sufficiente affinchè la porta si apra silenziosamente. 

Dovrei esercitarmi di più sulle rune. Penso con un senso di fastidio alla bocca dello stomaco. Odio questi sciocchi scarabocchi, ma devo ammettere che sono molto utili a volte.

Spingo con una mano la porta, spalancandola completamente. Non facendo alcun rumore entro e mi richiudo la porta alle spalle. Salgo le scale arrivando al secondo piano, fermandomi davanti all'appartamente in cui Valentine ha lasciato il Divoratore.

La porta è aperta. Meglio. Penso, mentre rimetto al suo posto il mio stilo. Almeno eviterò di disegnare di nuovo un orrore.  

Entro in casa e la prima cosa che noto è il caos che regna nella sala. Quando abbiamo portato via mia madre, non era così. Il caos potrebbe accreditare la teoria del combattimento fra Clarissa e il DIvoratore che Hodge ha scritto sul foglio. 

Mi chiedo come faccia a sapere che Clarissa è mia sorella. D'improvviso, però, mi ricordo che mio padre, ieri sera, è uscito improvvisamente. Che sia andato da Hodge?.

Noto delle piccole bruciature sul pavimento e mi ingonocchio avvicinandomi al pavimento per esaminarle meglio. Ci passo una mano sopra. Come pensavo, le bruciature sono causate da sangue di demone. Accanto alle bruciature noto anche delle piccole goccie scarlatte. 

Decido di togliermi del tutto i dubbi andando direttamente all'Istituto di New York. Da quel che mi ricordo, non deve essere molto lontano da qui. Esco dall'appartamento chiudendomi la porta alle spalle, e inizio a scendere a due a due gli scalini per arrivare prima in fondo. 

Sulla porta dell'appartamento del primo piano c'è una piccola scritta in grassetto.

                  
                       "Madame Dorotea. Cartomante e Sensitiva"
 

Sicuramente sarà una Mondana che si crede una strega. Penso continuando a camminare non dandoci molta importanza.
Dopo pochi minuti davanti a me compare un'antica chiesa, apparentemente abbandonata. Mi ci vogliono solo un paio di secondi prima che l'incantesimo che protegge l'Istituto si diradi.

Tutte le finestre dell'edificio sono chiuse, tutte meno che una. Una che affaccia su una stanza completamente bianca. Salgo le scale e quando arrivo in cima poso una mano sulla grande porta, uguale a quella della Sala del Consiglio ad Idris. 

Senza che io dica o faccia niente, la porta si apre. Le porte degli Istituti sono aperte a chiunque Shadowhunters che non voglia fare male ai Cacciatori al loro interno. Ed io sono uno Shadowhunters, e non voglio fare del male a nessuno, per ora. Un ghigno sadico compare sul mio volto senza che io riesca a trattenerlo ed entro nell'Istituto.

Un'enorme cattedrale si apre davanti ai miei occhi, mentre sto attento a non fare nessun rumore mentre richiudo la porta. Attraverso tutta la navata superando i banchi e l'altare, arrivando al grande ascensore dorato.

Entro nell'ascensore che mi porta direttamente nel corridoio. Maledizione!. Penso, mentre richiudo la porta dell'aggeggio. Questo affare è più rumoroso di quanto mi aspettassi. Se non faccio attenzione si sveglieranno tutti.

Inizio a dirigermi verso l'ala est dell'Istituto. Non so perchè, ma sono sicuro che Clarissa, la mia sorellina è da questa parte. Inutile negarlo, il nostro legame è più forte di qualsiasi altro. Sento il mio sangue ribollirmi nelle vene ad ogni passo che faccio, lei è sempre più vicina.

Mi fermo davanti ad una porta, non diversa dalle altre, ma qualcosa dentro di me mi dice che dietro questa porta si nasconde il piccola angelo rosso di mia sorella.

La apro e, fortunatamente, questa non fa tanto rumore quanto l'ascensore. I miei occhi si inebriano dell'idilliaca visione di Clarissa. Mia sorella è sdraiata supina su uno dei tanti letti. Le coperte che gli coprono, fino alle spalle, il suo piccolo e fragile corpicino. 

Mi avvicino a lei con passo calmo e lento. La stanza è inabissata nel silenzio, spezzato solo dal rumore dei nostri respiri e dei nostri cuori, che battono all'unisono, come se fossimo una cosa sola.

Da sola e senza alcun tipo di allenamento è riuscita ad uccidere un Divoratore. Davvero sbalorditivo. Questi, sono i piccoli dettagli che distinguono la gloriosa stirpe dei Morgenstern, da tutti gli altri mediocri Cacciatori.

Mi fermo davanti al suo letto, le piccole labbra rosee, come piccoli boccioli, sono semiaperte. I suoi grandi occhi color smeraldo ora sono chiusi. Da questa distanza così ravvicinata riesco a notare delle piccole macchie sulle sue guancie e sul suo naso, delle piccole lentiggini marroni, in contrasto con la sua nivea e lattea pelle.

Mi siedo su un lato del letto, continuandola a guardare. I miei occhi color d'ebano studiano con attenzione ogni singolo particolare del suo viso. Dalle lunghe e sottili ciglia fino al collo. I suoi riccioli rossi sono sparsi sul cuscino. Con una mano ne prendo in mano una ciocca, rigirandomela fra le dita stando attento a non farle male.

L'altra si va a posare sulla sua fronte bollente a contatto con la mia mano gelida come il mio cuore. Il contatto con il freddo fa uscire un piccolo sospiro dalle labbra di mia sorella. Senza rendersene conto, si gira su di un fianco addossandosi di più contro di me.

Anche mentre dorme riesce a percepire il legame, non solo di sangue, che ci lega. Penso, sorridendo. Oh, sorellina cara, fra poco saremo insieme, per sempre. Ti insegnerò molte cose divertenti, da bravo fratello quale sono... O meglio dire, sarò.

Poso le mie mani ai lati della sua testa, e mi avvicino col volto al suo. Mi fermo a pochi millimetri a fissare le sue piccole e apparentemente morbide labbra. La distanza è talmente poca che riesco a sentire il suo fiato caldo sulla mia pelle, facendomi rabbrividire dal piacere.

Sto per testare la morbidezza delle sue labbra, quando un rumore improvviso mi fa scattare in piedi. Corro subito davanti alla finestra aprendola e scavalcandola. Mi aggrappo con le mani al cornicione, rimanendo appeso. Con un piccolo sforzo, mi alzo un poochino, permettendo ai miei occhi di vedere un ragazzo dai capelli d'orati e gli occhi dello stesso colore, che si avvicina con sguardo preoccupato e premuroso a MIA sorella.

I miei occhi si riducono a due fessure, quando riconosco il ragazzo che ora si è seduto, come ho fatto io pochi secondi prima, sulla sponda del letto. 

E così questo è il famoso ragazzo angelo di cui ho tanto sentito parlare. Ma che spiacevole sorpresa!

Jace, se la memoria non mi inganna.

Sono troppo impegnato ad osservare la scena, per preoccuparmi che qualcuno mi veda e chiami la polizia, pensando che un pazzo si voglia buttare giù da un palazzo.

La guarda dolcemente dormire, mentre con la mano va a spostare delle ciocche ribelli che le coprono il viso. Mi chiedo cosa ci faccia in piedi a quest'ora. Continua a fissarlo, pronto ad agire, quando con il viso si avvicina a lei. Mi impongo di rimanere fermo, non posso rovinare tutto ora, ma la tentazione è troppo forte. Stringo i pugnipiù forte intorno al cornicione di pietra, che per la troppa pressione inizia a scricchiorare, minacciando di rompersi.

Quando le loro labbra, quasi si sfiorano, lui devia d'improvviso la traiettoria del bacio, posando la sua bocca sulla fronte bollente di Clarissa. Jace sospira scoraggiato dopo aver sentito la sua temperatura ancora troppo alta e si alza dal letto, attento a non svegliarla. 

Distoglie gli occhi da lei, mentre inizia a camminare verso la porta. La apre e fa un passo avanti uscendo definitivamente dalla stanza, ma prima di chiudersela definitivamente alle spalle, rivolge a Clarissa un'ultima occhiata colma d'amore, che mi fa ribollire il sangue nelle vene. 

Ma a causa di un sentimento diverso. Prima era per il potente legame che avvertivo fra me e mia sorella...Ora invece, quello che sento è rabbia, pura e semplice rabbia. Quel tipo di rabbia che ti fa entrare in circolo tanta adrenalina, quanta te ne servirebbe per uccidere dei demoni Superiori.

Prima di fare qualche sciocchezza di cui probabilmente mi pentirei, lascio la presa sul cornicione, atterrando su due piedi con un piccolo tonfo. Tolgo lo stilo dalla mia cintura e mi alzo un poco la manica destra, lasciando scoperto un abbondante lembo di pelle. Disegno velocemente, senza preoccuparmi del pessimo risultato, una runa per nascondermi agli occhi degli altri. 

La strada ha iniziato a popolarsi e il sole ora è alto nel cielo. Ora che mi sono accertato che Clarissa non corre alcun periolo di vita posso tornarmene a "casa". Mio padre si sarà svegliato e si starà chedendo dove sono finito, probabilmente pensarà che sono uscito ad uccidere qualcuno. Che malfidato!


NOTE DELL'AUTRICE:
Chiedo scusa per il tremendo ritardo, ma questa settimana ho dovuto studiare tantissimo, purtroppo la scuola non mi da tregua, e sono riuscita a prendere il computer in mano solo oggi. Vorrei scusarmi anche per eventuali errori di battitura, non ho avuto il tempo di riguardare e eventualmente correggere il capitolo. Come sempre vi invito a lasciarmi una piccola recensione, che non fanno mai dispiacere...Anzi!!
Un bacio e vi prometto a presto!!,
Margherita.
   
 
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