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Autore: Smeralda Elesar    24/02/2013    1 recensioni
Questa fiction è una What-if incentrata sul personaggio dell'Ispettore Javert subito dopo la sua decisione di lasciare libero Jean Valjean, dopo che questi gli aveva salvato la vita alle barricate. Ne "les Miserables" il Libro Secondo della parte quinta si conclude con il suicidio dell'Ispettore di polizia, questa fiction è un ipotetico terzo libro in cui si racconta cosa avrebbe fatto Javert se le sue riflessioni non lo avessero spinto a gettarsi dal Ponte Notre Dame.
Dal testo-
Quando Valjean aveva detto “perdono” quella parola aveva vibrato dentro di lui in tutta la sua luce.
Proprio come quando una gelida lastra di vetro investita da un getto di acqua bollente si spacca in mille pezzi, così quella parte dell’animo di Javert che ancora resisteva al cambiamento, quella che era ancora severa e sorda alla pietà, a contatto con il calore umano di quella parola, si spezzò di schianto ed egli crollò su se stesso gemendo :-Ah! Sono un miserabile!-:
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Javert, Jean Valjean
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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III

Una ferita bendata in una stanza umile

 

Ecco pressappoco quello che era accaduto all’Ispettore Javert: prima di bussare si era riconfermato nel proposito di considerare Valjean un criminale, respingendo in fondo all’animo quel nuovo sentimento di ammirazione che cominciava a sentire, e questo sforzo gli richiedeva un enorme dispendio di energie come se stesse cercando di trattenere a viva forza il ribollire di un vulcano.

Erano energie che l’Ispettore, viste le fatiche della giornata, l’ora tarda ed in certa misura anche l’età non più giovane, forse non aveva a disposizione, così, quando Valjean si era arreso con quell’ “arrestatemi” e la sue certezze erano state di nuovo smentite, tutto era diventato semplicemente troppo da sopportare e Javert aveva perso i sensi.

Lo svenimento lo aveva risparmiato dall’affrontare una realtà che non riusciva più a capire né  a gestire, ma non poteva durare a lungo, così alla fine dovette pur tornare cosciente.

Javert non sapeva dire dopo quanto tempo era rinvenuto, noi invece lo sappiamo e possiamo dire che rinvenne dopo circa mezz’ora.

Era sdraiato in un letto ed era in maniche di camicia, accanto a lui la luce di una candela delineava una sagoma scura attraverso le sue palpebre socchiuse, che si muoveva nella stanza.

Indovinò immediatamente di chi si trattava.

 

:-Voi?-:

 

Chiese in un sussurro.

 

:-Sì, Javert. Siete in casa mia-:

 

:-In casa vostra!-:

 

:-Sì. Siete svenuto sulla soglia e vi ho portato dentro. Ho appena finito di bendarvi la mano-:

 

Javert sollevò appena la testa e vide che la ferita sulla mano destra era effettivamente coperta da una fasciatura e a giudicare dall’odore di alcol doveva anche essere stata disinfettata con l’acquavite.

Dunque Valjean si era preso cura di lui una seconda volta, non solo, aveva anche sanato la ferita che lo aveva sconvolto, e, sempre per quel fenomeno di cui dicevamo prima, il fatto che lo avesse curato assumeva il significato che il galeotto aveva ripristinato la giustizia.

Valjean insomma, non era nemico della legge, e la cosa non rallegrava per niente l’Ispettore che vedeva di nuovo vacillare la sicurezza che aveva riconquistato con tanta fatica.

 

:-Vi ringrazio-:

 

Disse secco.

Lo aveva ringraziato per mera convenzione sociale, non certo per vera gratitudine, perché dopo quello portare a termine il suo compito gli diventava ancora più spinoso.

 

:-Ho fatto solo il mio dovere. Adesso vi prego, Ispettore, riposate. Non lo dico per me, davvero, lo dico per voi: dovevate essere davvero molto provato per crollare a quel modo-:

 

Javert provò un moto di stizza.

 

:-Ve l’ho già detto tanti anni or sono che non voglio la vostra bontà!-:

 

Valjean parve cercare nella memoria, e parve anche trovare, visto il lampo che gli passò negli occhi.

 

:-Ah, sì, ora ricordo! Diceste che la mia bontà vi faceva fare cattivo sangue già quando era rivolta ad altri-:

 

Lo disse con quel sorriso che aleggia sul volto degli anziani quando ricordano un avvenimento lontano e a distanza di tempo lo considerano con una sorta di tenerezza.

Javert interpretò male quel sorriso, per la precisione lo interpretò come una smorfia di dileggio.

 

:-Non prendetevi gioco di me! Dicevo sul serio allora come lo dico oggi-:

 

Replicò torvo, con l’espressione della dignità offesa.

L’Ispettore aveva avuto una reazione esagerata, ma il suo comportamento era in qualche modo giustificato dal fatto che egli si trovava nella più penosa delle condizioni: quella di chi, abituato ad esercitare l’autorità nella sua forma più assoluta, si trova improvvisamente a non poter disporre neanche dei propri movimenti, condizione in cui al sentimento già bruciante dell’umiliazione si aggiungono l’impazienza ed una buona dose di invidia per gli altri che invece sono in pieno possesso delle loro facoltà.

Valjean non ritenne quello il momento opportuno per avviare una discussione e prese un’aria di scuse come se avesse davvero offeso l’Ispettore.

 

:-Perdonatemi, non intendevo offendervi. Però sarete d’accordo con me almeno sul fatto che siete… stanco, e che avete bisogno di riposare fino a domattina-:

 

Valjean aveva avuto un attimo di esitazione perché, quando aveva detto “stanco” in realtà stava per sfuggirgli di bocca la parola “debole”, e solo in ultimo l’aveva sostituita perché non osava immaginare come avrebbe reagito l’orgoglio di Javert a sentirsi dare del debole proprio da lui.

 

:-Non sono affatto stanco e non posso riposare-:

 

Lo stroncò di nuovo Javert con tono sdegnato.

Fece uno sforzo titanico per tirarsi a sedere e mettere almeno le gambe fuori dal letto, così da non apparire un malato, poi fissò in volto a Valjean il suo sguardo più duro e ringhiò.

 

:-Sono qui per interrogarvi, Valjean, e porterò a termine l’interrogatorio anche a costo di sputare l’anima stasera stessa!-:

 

Conoscendo per esperienza personale la testardaggine di Javert ed essendo sicuro che non sarebbe riuscito a ridurlo alla ragione, Valjean pensò che infine la cosa migliore era lasciargli fare come voleva.

 

:-Come volete, Ispettore, non c’è bisogno di alterarvi-:

 

Prese una sedia e l’accostò al letto (gli sembrava una cosa scortese sistemarsi sulla sponda troppo vicino a Javert) dopodiché vi si sedette.

 

:-Vedete bene, io sono qui, cominciate con le domande-:

 

Javert quasi sospirò di sollievo: ecco, fare domande, indagare, analizzare i fatti, quelle erano cose a lui familiari, e poterle mettere in pratica gli dava un certo senso di sicurezza.

Doveva cominciare con la prima e più pressante delle domande, quella che lo aveva mandato in confusione.

 

:-Valjean, nel vicolo Mondétour mi tenevate e per la vostra sicurezza sarebbe stato meglio che mi aveste ucciso. Per Dio, perché non lo avete fatto?!-:

 

Subito dopo trattenne il respiro. Forse gli sembrava di aver fatto male ad aver messo di mezzo Dio in un attimo di esasperazione.

Fissò attentamente Valjean, che ricambiava lo sguardo con l’espressione di un vecchio saggio che è in possesso di una verità superiore.

 

:-Perché non vi ho ucciso? Non riuscite a capire, Javert? Proprio voi che siete della polizia?-:

 

:-All’inferno la polizia! Eravamo soli voi ed io, in una situazione di anarchia totale ed io ero una spia ed un vostro nemico personale! Dannazione, avevate il diritto di ammazzarmi!-:

 

:-No, non l’avevo. Nessuno ha il diritto di privare un altro uomo della sua vita. Molto bene, Javert, credo che per farvi capire sia necessario che vi racconti un po’ della mia storia. Spero di non annoiarvi, ma d’altra parte è per questo che siete qui, giusto? Per avere informazioni su di me, dunque ascoltate-:

 

E Valjean cominciò a raccontare la storia del suo incontro con Monsignor Benvenuto, di come nella notte lui gli avesse rubato l’argenteria e di come, il mattino dopo, il vescovo invece di denunciarlo lo aveva lasciato andare regalandogli l’argento per dargli la possibilità di cominciare una nuova vita.

 

:-Sono quei candelabri lì, vedete? Sono l’unica cosa che ho conservato perché mi rammentino sempre il valore del perdono e della fiducia-:

 

Concluse Valjean con lo sguardo fisso sui candelabri e gli occhi della memoria fissi sul buon vescovo che lo aveva riscattato.

Javert intanto era rimasto ad ascoltare senza dire una parola.

Per la seconda volta quella notte era immerso in una profonda meditazione.

Non appena aveva sentito dire dallo stesso Valjean che sì, aveva rubato l’argenteria, il poliziotto che era in lui aveva provato un guizzo di soddisfazione, come a dire “Ah, eccoti! T’ho colto, briccone!” poi, però, sentendo il resto della storia, si trovò a vergognarsi di quello scatto.

Più che su Valjean il suo pensiero si soffermava sul vescovo perché l’esempio di quel buon uomo gli faceva sentire che esistevano cose di cui lui non aveva mai neanche sospettato l’esistenza, e quella consapevolezza gli spalancava davanti una nuova, abbagliante verità che lo lasciava sgomento: avere il potere di punire era cosa grande, ma cosa ancora più grande era avere il potere di punire e non esercitarlo.

Per la prima volta comprendeva davvero il significato della frase evangelica “Và e non peccare più”.

 

:-Madeleine!-: esclamò all’improvviso :-A Montreuil-sur-mer vi facevate chiamare Madeleine. Era per questo, vero? Il vostro nome significava che avevate lasciato la via del peccato-:

 

Valjean annuì con gravità.

Per un po’ rimasero in silenzio, Valjean a rivivere ricordi lontani e Javert a meditare con la testa tra le mani.

Per chi lo avesse visto in quel momento sarebbe stato impossibile riconoscere a primo occhio l’austero Ispettore di Polizia che incuteva timore con la sua sola presenza.

C’era solo un uomo schiacciato da una verità più grande di lui.

Aveva altre domande e decise di farne una per avere altro a cui pensare.

 

:-La bambina, la figlia di… di quella donna che mi avete impedito di arrestare anni fa. L’avete presa con voi, non è vero? So che l’uomo che tutti dicevano essere il nonno e che l’aveva portata via da Montfermeil eravate voi. Che ne è stato di lei?-:

 

Il volto di Valjean si illuminò di una tenera gioia a sentir nominare la sua figlioletta.

 

:-Ah, Cosette, dite! Sì, è la figlia di Fantine. Povera donna, si vendeva per strada per non far mancare da mangiare alla sua bambina! Adesso Cosette è una ragazza di diciotto anni e vive ancora con me, in questa casa. Domattina se vorrete vi presenterò a lei Ispettore.

Quanto al perché l’ho presa con me ve lo spiegherò subito: dovete sapere che la madre mi aveva pregato di aver cura della piccola se lei fosse morta. Bene, dopo che quella povera anima tornò in cielo io andai a cercare la bambina e… oh, non riesco a descrivere l’indignazione! Quei Thénardier a cui la madre l’aveva affidata l’avevano fatta diventare la loro serva! La povera madre si era consumata fino a morire per mandar loro i soldi necessari a far vivere la sua figliola con creanza e loro l’avevano messa a dormire sotto la scala tra i cocci dei vasi rotti! Io avevo in tasca la lettera di Fantine che chiedeva di affidare Cosette al possessore di quel documento ed avevo anche parecchi franchi perché sapevo già che Thénardier era avido.

Ve lo giuro, Ispettore, se io avessi visto che Cosette era trattata con riguardo avrei tenuto la lettera in tasca e l’avrei lasciata dove poteva vivere bene, ma così non era, e così, già che avevo promesso, la portai via con me-:

 

Javert lo fissò a lungo.

Cercava qualcosa a cui aggrapparsi per poter dire a Valjean “avete fatto male” e infine una cosa la trovò.

 

:-Avete detto che avevate del denaro. Avete corrotto dunque …-:

 

:-Sì, ho corrotto. Ho corrotto per dare a quella creatura innocente una vita dignitosa e non me ne pento. Cosette è cresciuta in convento tra le educande e adesso, grazie al denaro con cui ho corrotto Thénardier, non ha nulla da invidiare ad ogni altra signorina per bene di Parigi-:

 

Javert si arrese.

 

:-Avete corso dei rischi per proteggere ed allevare una creatura non vostra… perché?-:

 

Chiese tentando di capire.

Valjean fece un sorriso enigmatico mentre rispondeva.

 

:-Per lo stesso motivo per cui Cristo si è lasciato inchiodare innocente alla croce. Per amore, Ispettore Javert, solo per amore-:

 

Javert si ritrasse e cambiò in fretta argomento.

 

:-Quel ragazzo che avete portato via dalla barricata. Perché avete salvato anche lui? E a rischio della vostra vita!-:

 

:-Marius Pontmercy. Sì, anche quello è stato per amore perché la mia Cosette lo ama ed io amo lei. Non avrei sopportato di vederla infelice se lui fosse morto-:

 

Valjean aveva risposto con semplicità, cosa che ebbe su Javert l’effetto di renderlo sempre più confuso.

Abbiamo detto che prima di entrare in quella casa l’Ispettore aveva davanti a se due immagini di Valjean, una infernale ed una celestiale, ora, a quel punto dell’interrogatorio, l’immagine infernale era del tutto scomparsa e quella celestiale emanava una luce abbagliante persino superiore a ciò che lui si era figurato.

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Cantuccio dell’Autore

 

Alla fine di questo capitolo non so bene cosa dire, tranne che ho riletto il libro e riguardato il film in maniera quasi ossessivo-compulsiva.

Ho riletto il libro per appropriarmi del linguaggio e dello stile dei romanzi ottocenteschi, ed ho rivisto il film perché Geoffrey Rush rende benissimo l’Ispettore Javert ed è perfetto per aiutarmi ad immaginare i suoi atteggiamenti senza finire OOC.

Ah, a proposito, metto qui il link del video di You Tube “Javert’s suicide” interpretata da Russel Crowe e con il testo a fianco http://www.youtube.com/watch?v=jmbd6r80xmI

 

                                                                                 Makoto

   
 
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