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Autore: CassandraBlackZone    24/02/2013    4 recensioni
«Noioso.»
«Che?»
«I freni. Li hai tolti.»
Asia si girò verso la consolle e sbottò un sorriso. «Be’… si cambia.»
Senza girarsi, la siluriana soffocò una risata, salutò con una mano e chiuse la porta sempre dando le spalle. Di nuovo, Asia girò intorno agli innumerevoli comandi della macchina del tempo e in pochi secondi era già all’interno del vortice del tempo. Con una mano sfiorò la leva dei freni. «Dici… noioso?» con fare nostalgico, la ragazza camminò tra i corridoi del TARDIS giusto per aspettare che il suo ospite si svegliasse. Quell’ora la passò a pensare al passato.
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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PREMESSA DELL’AUTORE: Ok… eccoci qui col secondo capitolo!!! Prima che leggiate vorrei ringraziare coloro che hanno recensito il primo capitolo!!! E spero tanto che la storia possa continuare a piacere da qui in avanti!! :)
Questa storia giuro che non so come mi sia venuta in mente, magari a qualcuno può sembrare strana o incoerente… Ma ho voluto tentare!!!
Bene, adesso vi lascio con secondo capitolo “ L’interno è … diverso”!!! Per qualsiasi tipo di errore, vi prego di farmelo notare così che io possa correggerlo!!!
Buona lettura !! ;)
 
 
Cassandra
 
Il fischio assordante di una teiera indusse l’uomo ad aggrottare la fronte, ma il dolce profumo di erbe aromatizzate lo rilassò e lentamente aprì le palpebre. Una forte luce arancione l’obbligò a coprirsi gli occhi con una mano e, abituatosi ad essa, si alzò dal letto sbadigliando.
«Che dormita ma… dove sono?» l’uomo faceva fatica ad orientarsi: la stanza era tutta arancione con delle leggere sfumature gialle e il soffitto alto più meno cinque metri. Oltre al letto, nella stanza non c’era nient’altro. «Buffo.»
 In quell’istante tentò di ricordare cosa stesse facendo ma soprattutto cosa gli fosse successo. Si sforzò di mettere insieme diverse immagini e l’unica cosa che rievocò era una luce bianca che per poco non lo accecava e tre o quattro persone attorno a lui. Poi fu buio totale.
D’impulso si toccò la fronte e ricordò tutto. «Ah… capisco.»
«Ma guarda. Ti sei svegliato!»
Dallo spavento l’uomo sussultò soffocando un urlo. Asia entrò sorridente con un vassoio: quel profumo di erbe aromatizzate era niente meno che una tazza di tè. A fianco ad essa c’era anche un bel piatto di biscotti al burro.
«Ciao!»
«Ah. Ciao…»  ancora un po’ scosso, l’uomo continuò a strofinarsi la fronte.
La ragazza sorrise divertita. «Se stai cercando un qualche tipo di ferita, non ne hai più. Era solo un piccolo… bernoccolo.»
«Oh, be’… in tal caso dovrei avere la fronte viola.»
«Non direi. Il…. Ghiaccio istantaneo è bastato a sgonfiarlo. Quanto zucchero?»
«Due zollette. Grazie…»
Mentre la ragazza armeggiava con il cucchiaino l’uomo la scrutò un po’ perplesso. Capelli castani lunghi fino alle spalle, occhi verdi sfumati di marrone, vestita con un paio di jeans, una maglietta blu e ai piedi delle scarpe da ginnastica. Proprio non riusciva a ricordare se l’avesse già vista. Magari di sfuggita o molto probabilmente era troppo occupato per accorgersene: eppure, pensava lui, di solito mi ricordo di tutte le persone che mi circondano.
«Per caso tu… sei sempre stata qui?»
Lei ci rifletté su. «Sì, direi di sì.»
«Davvero? Strano… non ti ho mai vista.»
«Oh be’, questo perché è la prima volta che c’incontriamo.»
«Ah, capisco… ad ogni modo dove siamo?»
»Oh, ecco… è un po’ complicato da spiegare ma… Ah! Aspetta un secondo! Ho dimenticato di prendere una cosa!» Cercando di non versare la tazza, la ragazza la pose velocemente tra le mani dell’ospite e uscì dalla stanza correndo. «Tu stai qui! Torno subito!»
Mentre i passi della ragazza rimbombarono nel vuoto andando sempre più lontani, l’uomo aggrottò la fronte confuso. Ripensò alle parole della strana ragazza bevendo a grandi sorsi il tè e mangiando tutti biscotti. Se è bastato un po’ di ghiaccio, pensò lui, evidentemente non mi sono mai spostato.
«Ma le stanze non erano… arancioni.» dalla porta semichiusa l’ospite riuscì a vedere di poco il corridoio. «Per non parlare dei pavimenti. Non sono di metallo.»
La sua curiosità lo premeva così tanto da volersi alzare e uscire dalla stanza. «Allora perché i suoi passi avevano quel suono metallico?» con una punta di incertezza, prima di aprire la porta fece un grande sospiro e con decisione abbassò la maniglia «Ma che diavolo…»
L’uomo non poteva credere ai suoi occhi. Il tetto del corridoio era alto più di dieci metri rispetto alla piccola stanza ed erano sempre arancioni. Come sospettava, il pavimento era di metallo: cosa che a lui pareva molto strano. Controllò di essere sveglio schiaffeggiandosi sulle guance. «No, sono sveglio… ma dove diamine sono?»
Cercando di non pensarci troppo cominciò a perlustrare tutti i corridoi. Ad ogni passo il suo stupore aumentava a dismisura, lasciando che il suono metallico dei suoi passi lo accompagnasse.
Contò almeno una decina di stanze diverse: una libreria, un guardaroba, due camere da letto, una cucina, diversi bagni e così via. Stava per considerare l’idea di essere ancora svenuto o addirittura di essere in coma. «Questo posto… è davvero pazzesco, sembra…» d’un tratto l'uomo scosse la testa negando la sua ipotesi, poiché la reputava impossibile. «No, non può essere! Sarebbe assurdo…»
Con la coda dell’occhio, diverse luci attirarono la sua attenzione: deglutito un paio di volte, camminò a grandi passi verso la fonte delle luci, ma per qualche strano motivo sapeva che se ne sarebbe pentito.
L’uomo spalancò gli occhi. La piccola stanza e i corridoi infiniti erano niente rispetto a quello che si trovò davanti: non perché non sapesse cosa fosse ma proprio perché lo sapeva. «Ma questa è…. La consolle del TARDIS» sfiorò i bottoni, le leve, osservò le scale, il pavimento di vetro e l’enorme rotore al centro dei pannelli di controllo. I suoi occhi vagavano in quell’enorme stanza che pareva davvero il TARDIS; eppure ai suoi occhi sembrava anche così diverso.
«Ehi! Ecco dov’eri!» Gli occhi dell’umano si spostarono dal soffitto posandosi su Asia, che lo raggiunse scendendo le scale con in mano un quaderno e una penna. «Ti avevo detto di restare nella stanza!»
«Be’, ecco… volevo camminare. Si giustificò lui, ancora scosso.
«Oh, capisco.»
«Dimmi una cosa. Questo… è un TARDIS?» l’ospite indicò la consolle con un indice. balbettando.
La ragazza sbottò un sorriso divertito. «No. Questo è il TARDIS.»
L’uomo non ribatté rimanendo ancora con il dito alzato. «Che …. Cosa?»
Asia si maledisse strofinandosi la nuca. «Oh cavolo. Ecco… era proprio questa la cosa complicata. Be’ non importa. Te lo dirò ora: benvenuto nel TARDIS. Ovvero, come ben sai, la mitica macchina del tempo e ti prego… non credere di essere pazzo.»
«No aspetta…Tu mi stai prendendo in giro! Questo... non può essere il TARDIS!»
«Eppure lo è e tu sai il perché» l’umano inarcò un sopracciglio, mentre Asia roteò gli occhi sbuffando. «Pronto! È il TARDIS perché è evidente! Sì ok, ci sono un po’ di differenze, ma posso assicurarti che è il vero TARDIS.»
Trai due calò il silenzio. Ma dopo una serie di ripensamenti, l’uomo finalmente si decise a sorridere per la prima volta e cominciò a gironzolare entusiasta attorno alla consolle. Ad ogni bottone lanciava ad Asia un sorriso e quest’ultima ricambiò ridacchiando. «Ora ho capito!»
«Era ora! Per fortuna non sei così ottuso! Allora, che cosa ne pensi?»
«Be’, devo dire che hai fatto davvero un bel lavoro. Certo ci avrai messo un sacco di tempo, ma devo ammettere che una bellissima riproduzione!»
La ragazza smise di ridere e lo smagliante sorrise scomparve dal suo volto. «Riproduzione? Tu chiami riproduzione il vero TARDIS? Ok, ritiro tutto quello che ho detto: tu sei l’ottuso più ottuso del re di Ottusolandia
«Ehi non volevo offenderti. È solo che è molto diverso… ma devo dire che è comunque fantastico il modo in cui lo hai costruito. Davvero un ottimo lavoro. Anche se… mi chiedo ancora come hai fatto.»
La ragazza si portò le mani ai fianchi arrabbiata, si avvicinò all’uomo e lo costrinse a guardarla in faccia tirandolo per la cravatta così da portarlo alla sua altezza: erano così vicini che i loro nasi quasi si toccavano. «Non m’importa di quello che pensi perché io sono una ragazza che mantiene la calma. E non è una cosa da poco.» lasciata la presa, Asia cominciò a maneggiare con sicurezza i pannelli di controllo. Impostò le coordinate e lasciò che il TARDIS facesse il suo lavoro. «Adesso andiamo da Vastra. Così ti ricrederai.»
«Vastra? E chi è?»
«Oh, immagino che tu non l’abbia ancora incontrata. Pazienza. Un po’ di spoiler non farà male. Ah, giusto!» Asia riprese il quaderno e lo pose tra le mani dell’uomo su una pagina vuota qualsiasi.
«Che cosa devo fare?»
«Ammetto di non essere proprio una tua fan, ma ho detto a Vastra che avrei chiesto un tuo autografo.»
«Oh si certo!» l’uomo aprì il quaderno e iniziò a scrivere la dedica. «Come ti chiami?»
Tra una leva e l’altra la ragazzina disse velocemte:«Mi chiamo Asia. Piacere di conoscerti. Matt Smith.»
 
Le dita di Jenny scorrevano veloci sulla tastiera e i suoi occhi controllavano gli schermi davanti a lei contemporaneamente. Vastra, invece, registrava sul suo palmare tutti i valori che Jenny mandava sul computer centrale.
«Questi sono le ultime segnalazioni, ma pare che anche qui, dopo soli due giorni sembrano essere state cancellate perché ritenute inesistente» annunciò l’umana preoccupata.
«Non è possibile. Un buco nell’acqua anche qui» Vastra lanciò il palmare contro il pavimento dalla rabbia. Quella ricerca ormai la riteneva inutile e uno spreco di energie, eppure qualcosa dentro di lei gli imponeva di continuare a cercare.
Jenny si girò verso sua moglie e padrona, e cercò di calmarla. «Mia signora, non può arrendersi così! Sono sicura che presto lo troveremo.»
«Come, Jenny?! Come possiamo trovarlo?! Lui… no ci dà neanche un indizio, un segnale o ancora meglio… non ci manda un messaggio!» la siluriana ansimò pesantemente sentendo le forze venir meno: si sedette su una poltrona massaggiandosi le tempie. Era stanca, aveva bisogno di riposo e soprattutto aveva bisogno di non pensare a nulla.
Jenny si allontanò dalla sua postazione per assistere Vastra. «Mia signora, se vuole possiamo fermarci qui per oggi. In questo momento Strax sta effettuando le ricerche sul posto. Possiamo affidarci a lui, per il momento.»
«Fermarci? Già, noi possiamo fermarci: ma loro… Loro non si fermeranno mai. Noi abbiamo un disperato bisogno di aiuto. L’intero Universo è nuovamente in pericolo.»
Vastra si alzò e osservò gli innumerevoli segnali rossi che lampeggiavano sullo schermo centrale
«Ora che abbiamo bisogno di te: dove sei finito? Dottore?»
   
 
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