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Autore: Clockwise    24/02/2013    2 recensioni
Questa storia mi è venuta in mente ascoltando la bellissima Shiver dei Coldplay, anche se il risultato finale ha poco a che fare con la canzone.
Parla di un ragazzo e di una ragazza, di amore, di freddo, di tanto tempo fa.
Leggete e lasciate qualche recensione, mi piacerebbe sapere come posso migliorare!
E.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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And is this my final chance of getting you?

E ora due giorni dopo, il giorno di Capodanno, Helen sedeva sola davanti alla finestra, pensando e ripensando a quanto era successo. Aveva sentito sua madre e la madre di Peter, Anna, litigare poco prima. Ciascuna difendeva il proprio figlio e Anna aveva finito per andarsene sbattendo la porta. Sua madre piangeva: Anna era l’unica amica che avesse. E ora, per colpa sua, di Helen, non l’aveva più. Sì, perché sapeva che era solo colpa sua. Sua e della sua stupida indecisione. Si odiava per averlo fatto soffrire, per aver fatto precipitare le cose fino a quel punto. Eppure ancora non capiva bene cosa provasse.

Alyssa le aveva detto che Peter aveva intenzione di partire. Forse lo aveva già fatto. Probabilmente partiva per dimenticarla, rifarsi una vita e salutare il nuovo anno in un altro posto, lontano da lei. Altrimenti perché intraprendere un viaggio del genere, da solo, in inverno, fino ad Edimburgo? Chiuse gli occhi, stanca di vedere la strada innevata e le persone felici che la percorrevano.
Sentiva un vuoto dentro di sé e un groppo in gola. Ma non aveva più lacrime da piangere. Si erano congelate anche quelle, come il suo cuore.
Si odiava. Si odiava perché se n’era andato per causa sua. Perché era stata stupida e meschina e ingrata. E cieca e sorda. Perché adesso che non c’era capiva che Peter era fondamentale per lei: amico, confidente, fratello, l’unico al mondo su cui avrebbe potuto contare davvero che non l’avrebbe mai abbandonata. Invece no. L’aveva appena fatto. Era partito. Ma per colpa di Helen, perché Helen non era stata capace di fargli capire quanto lo amasse. Fino a quel momento non se n’era resa conto neanche lei, ma ora ne era certa, era lampante: lo amava, non c’era altra soluzione.
Trasse un grande respiro e sentì la confusione, la tristezza di quei giorni scivolare via. Si sentì più forte, ora che sapeva cosa fare.
Doveva trovarlo. Non poteva lasciarlo andare così. Doveva andare.
 
Il vento gli sferzava la faccia mentre camminava nella neve, lo tormentava, insinuandosi nel colletto, sotto la giacca.
Ancora un po’ e sono arrivato.
Tutto sommato non gli era dispiaciuto quel viaggio. Era stato lungo ed estenuante ed era mezzo morto di freddo, nel calesse, ma l’aveva aiutato a schiarirsi le idee. Si sentiva più libero. Il vento gelido aveva fatto chiarezza dentro di lui, aveva soffiato via i rancori, la rabbia, la tristezza. Aveva capito che non era stato nelle sue intenzioni fargli del male, che era solo confusa. L’aveva compresa, ma non perdonata. Il vento non era riuscito a soffiare via l’amarezza né a ricucire il suo cuore.
Eccola, la piazza della cattedrale. La casa di zia Mercy doveva essere nei paraggi. Poi la vide sventolare il cappellino nella sua direzione, poco distante dalla cattedrale. Si affrettò verso di lei. Notò che aveva un bell’abito; non ricco, ma abbastanza pregiato. Sapeva che la zia era stata più fortunata dei suoi genitori, e ad Edimburgo aveva trovato un buon lavoro ed un marito facoltoso. Doveva essere l’uomo baffuto lì accanto. Forse per questo i suoi genitori non avevano voluto che lui andasse, perché non volevano avere debiti con lei, non sapendo come ripagarglieli. La zia aveva promesso di pagare metà del biglietto. Il giorno dopo era Capodanno.
«Peete! Ma come sei cresciuto, fatti abbracciare!»
Si lasciò stringere dalle morbide braccia della zia. Era ad Edimburgo adesso, una delle città più belle al mondo: doveva solo chiudere gli occhi su quei giorni appena trascorsi e lasciare che il gelido vento scozzese lo portasse altrove, e cancellasse quelle memorie.
Devo dimenticarti, Helen. Tu l’hai già fatto, sembra, ora tocca a me. Non posso vivere pensando a come sarebbe stato, o con l’immagine di te abbracciata ad un’altro che mi strazia. Devo vivere la mia vita. Addio, Lena.  
 
 
***
Mamma mia. Mi sto deprimendo da sola.
Mi scuso moltissimo per il ritardo vergognoso e prometto che il prossimo non tarderà così tanto. 
Non ho niente da dire, quindi grazie mille a tutti quelli che leggono, di cui mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensano, a silvieritchiecobain che commenta e – come al solito – a HeartSoul97, perché senza di lei che legge non credo proprio che avrei mai pubblicato. 
Ora me ne vado perché capisco che il vostro odio per me – dopo questo capitolo insensato – è arrivato a livelli astronomici e quindi ciao.
=)
E.
P.S. Ho aggiunto un verso della canzone a tutti i capitoli. Era una bella idea, e mi dispiaceva non averlo fatto. Vi starete chiedendo "a me che me ne frega?" niente, appunto, era tanto per avvisare. Ok. Ciao e grazie ancora a chi è arrivato fin qui!

  
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