Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: cookiedough    24/02/2013    3 recensioni
"C’erano momenti in cu sembravo la persona più socievole di tutti altri invece, in cui chiudermi in me stessa diventava la mia specialità.
Ero un controsenso vivente, un cubo di Rubik mentale.
Nessuno sapeva mai cosa pensassi davvero."
Salve Gente!
Ecco la mia nuova FF.
mi piace scrivere, mi piace condividere ciò che scrivo, perciò mi piacerebbe trovare magari delle recensioni piccine piccine.
Mi auguro che l'intro. vi inviti a leggere, non pretendo molto, solo un parere.
Ok, inizialmente potrà sembrare una storia stupida, ma vedrete che con l'andare dei capitoli si farà più bella.
Sono la stessa autrice di 'Hope of a New life' [se vi va di leggerla segue il link]. http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1011045&i=1
Ok, vi lascio che vado a scrivere ;).
Leggete e recensite!
Baci
-Glo.
Genere: Commedia, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao Ragazze :)
Ci tengo a dirvi che siete state tutte davvero davvero carine e dolcissime seguendo la mia storia.
Sapete, adoro scrivere...anche fesserie e anche cose che non siano FF, ma non è facile lasciarsi andare e far leggere ciò che si scrive alle persone.
Ma qui, qui posso farlo, nessuno sa quale sia davvero la mia faccia, nessuna di voi probabilmente avrà modo di conoscermi, mi sembra di essere in una strana dimensione parallela, nella quale è tutto più semplice.
Grazie, vi devo solo ringraziare, perche per merito vostro (e x quello dell'esistenza di EFP) posso essere apprezzata per la Belieber e la pseudo-scrittrice che mi ritengo.
Dai, love.
Spero che non mi abbandonerete nonostante questo capitolo sia l'ultimo della storia.
Ma non disperate, mi prendo solo una pausa e presto torno alla carica ;)

Grazie ancora :)
VI AMO!


Chapter 37 : Please, don’t hate me.
 
J: Lucy io…pensavo che una relazione a distanza ti facesse soffrire. Per questo ho troncato senza chiamare.
Si avvicinò a me eravamo ad una ventina di centimetri.
Non riuscivo a credere che le mie gambe tremassero ancora, nonostante tutto.
Ero certa che pur di trovarsi una scusante avrebbe inventato di tutto, voglio dire, se pensavi mi facesse soffrire…perché non me lo aveva mai chiesto?
I: cosa ti fa pensare che io stessi male perché tu eri distante?
Mi sorrise comprensivo e avvicinandosi più del dovuto, mi accarezzò una guancia.
I: ti ho fatto una domanda.
Dissi fredda, distaccata e convinta delle cose che sparavo.
J: so che ci stavi male. Ogni santa chiamata, lo sentivo. E farti soffrire per una cosa che in quel momento non sarebbe cambiata, mi spezzava. Pensai che tagliando i ponti, te ne saresti fatta una ragione.
Annuii senza guardarlo negli occhi.
I: e forse una speranza…vero? Era questo il tuo piano.
Lui si irritò.
J: Quale piano, Lucinda!
Urlò disgustato, quasi.
Sapevo che saremmo finiti in una lite, era inevitabile.
Aveva appena iniziato ad alzare la voce e già speravo che finisse.
I: non urlare Justin. Sei in un liceo.
Gli consigliai dura.
A  proposito, io stavo facendo la mia lezione, come si era permesso di arrivare qui, più grande, più bello e più convincente e chiedermi di amarlo?
Probabilmente aveva ragione lui, io non avevo mai smesso di amarlo, ma non avrei ceduto così facilmente.
J: non c’era nessun piano. Era come sarebbe dovuto andare…non mi aspettavo un cambiamento così radicale da parte tua.
Mi stava anche accusando forse?
I: Ovvio. La colpa è mia…faresti meglio a sparire dalla mia vista Justin.
Feci per andarmene ma mi trattenne ancora.
J: vorrei solo una cosa da te.
Puntai un tacco a terra e incrociai le braccia sul petto.
I: Ok, non ho nulla da perdere.
Si avvicinò, vicino quasi come se volesse baciarmi, mi afferrò le guance costringendomi a fissarlo negli occhi, nei quali avrei giurato di vedere l’universo intero.
J: Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami.
Cosa?
Non capivo bene quello che mi aveva chiesto di fare, la mia testa era una casino.
Lo fissai in quegli occhi con le labbra schiuse cercando di dire qualcosa, anche una stupidissima parola, ma nulla.
Non riuscivo a parlare.
J: come pensavo…senti-
Mi levai dalla sua presa e lo guardai titubante.
I: senti un bel niente Justin. Non ho né il tempo né la voglia di ascoltarti adesso.
Lui mi guardò serio.
J: ok. Troviamoci al bar qui fuori appena finisci di lavorare. Se ci sarai vorrà dire che mi darai una possibilità di rimediare…va bene?
Non ci pensai troppo, non volevo perdere altro tempo.
I: e va bene.
Sibilai.
Non lo salutai nemmeno e rientrai in aula sbattendo la porta.
Li trovai tutti in perfetto silenzio, seduti, composti.
Nessuno fiatava, nemmeno i miei ragazzi.
Appoggiai le mani alla cattedra e abbassai il capo guardandola.
Fissai quel piano liscio, color del legno, chiaro e lucido, fino a quando non ci vidi finire sopra una piccola impercettibile gocciolina d’acqua salata.
Non mi ero mai fatta troppe immaginazioni su come sarebbe stato rivederlo, non mi aspettavo nulla del genere, sapere che non ha mai smesso di amarmi mi scalda il cuore, ma sono passati sette anni.
Singhiozzai e altre due lacrime caddero dai miei occhi umidi che bruciavano.
Il mio Justin era tornato.
Per me.
X: Va tutto bene signorina Destiny…o Lucinda?
Già, Alice e tutti gli altri conoscevano solo uno dei miei tre nomi.
Da quando iniziai a crescere, a frequentare l’università e poi a lavorare, mi presentavo come Destiny, un nome che nessuno aveva mai usato per riconoscermi.
Un nome che Justin non aveva mai usato.
Asciugai in fretta le lacrime e mi ricomposi.
I: Certo…solo, una scheggia del passato è venuta a farmi visita.
Annuirono tutti e ripresero a rimanere in silenzio.
I: ma è tutto ok. Riprendiamo da dove avevamo lasciato.
 
Salutai gli studenti che in massa uscivano dall’aula facendo intoppo sull’uscio.
Sorrisi loro prima che se ne andassero raccomandando di studiare.
Quando di loro non ci fu più tracce, mi sedetti in cattedra e iniziando a sistemare le mie cose nella borsa.
Quando fui pronta incalzai il mio cappottino primaverile firmato, e con una strana espressione in viso, uno strano presentimento in testa e il pensiero di alcuni temi da correggere mi diressi verso l’uscita della scuola.
Fortunatamente dopo la 3° ora, i ragazzi che avevano “assistito” al mio sfaso cambiavano aula, materia e docente.
Così, ebbi tutto il temo di 2 ore tranquilla alla mia cattedra, mentre la mia quarta svolgeva un tema.
Erano le 12.30 a.m. ed io avevo fame, ma prima mi aspettava decidere se presentarmi o no.
Camminavo già da un be po’ con i pensieri confusi, quando realizzai che ero già di strada per quel bar.
Pensai che sotto, sotto Justin stava facendo proprio quello che avevo sperato : rimettere a posto il casino.
Quando aprii la porta del localino, lo riconobbi subito, con il viso immerso in una tazza di caffè, probabilmente aveva appena mangiato.
Scattò in piedi praticamente appena mi vide, facendomi sedere e levandomi il cappottino con galanteria.
J: non ti ho lasciata per farti stare male…o meglio speravo che lasciandoti saresti stata meglio.
Lo guardai strano, insomma…convinto lui.
I:Hai ragione. Eri lontano, stavamo insieme e ci stavo di merda.
Fece il solito sguardo da “te lo avevo detto”, poi però mi guardò per incitarmi a continuare il discorso.
I: Ma quando hai smesso di chiamarmi, scrivermi…sono caduta ancora più in basso.
Lui abbassò la testa mortificato, come per scusarsi, ma di fatto “scusa” ancora non lo aveva detto.
J: io, lo avevo fatto con le migliori intenzioni. Forse sono stato stupido, ma in quel momento mi sembrava la cosa più ragionevole.
Stesi un velo pietoso sulla sviolinata “sono uno stupido”, perché già lo sapevo.
I: io, non capisco. Cerchi di mettere a posto le cose complicandoti la vita, cercando di spiegare tutte le tue idee ottuse, quando la chiave è una sola.
Mi alzai, stufa di un Justin megalomane, mi rimisi il soprabito, lo salutai e me ne andai.
Uscii di fretta, dirigendomi verso la prima fermata di un fottuto autobus che mi avrebbe portata a casa mia.
Me ne stavo lì, con la borsa pesante sulla spalla, incavolata con me stessa, con Justin e con il passato.
Avrei tanto voluto essere già a casa tra le braccia di papà, ma al pullman mancavano ancora 15 minuti.
Quindici minuti che avrei passato contando le auto che mi passavano davanti.
“lo avevo fatto con le migliori intenzioni…” un corno!
Mi dava i nervi, lui era quello giusto, quello incompreso, quello che fa le cose giuste e sbagliate senza pensarci perché lui può, lui è Justin Bieber, quindi può trattare tutti di merda per poi scusarsi con una cavolo di smielata.
Ma io non ero ‘tutti’.
Finalmente l’autobus stava arrivando ed io ero pronta a dire addio a Justin, quel pullman mi avrebbe portata dritta verso casa, verso un papà pronto a capirmi e coccolarmi.
Giuro, stavo per salire quando “Lucy!”
Mi voltai e lo vidi, vidi un 25enne correre tenendosi il cavallo dei Jeans perché erano fin sotto le chiappe, con il ciuffo biondo al vento e il visino allarmato.
Che voleva ancora?
Lasciai che mi  raggiunse e che mi dicesse le ultime cavolate.
J: Ti prego, non odiarmi.
I: perché mi sei cors-
Venni interrotta dalle sue labbra carnose che avvolsero le mie in un bacio.
Meglio di ciò che mi aspettavo – non aveva perso la capacità di baciare da dio – sinceramente.
Non feci altro che rimanere bloccata in quel momento per più tempo possibile.
Dopo sette anni avevo voglia di riassaggiare quella bocca della quale non avevo dimenticato nulla, forse il sapore, che all’epoca al massimo sapeva sempre di caramelle o bevande frizzanti e dolci, mente ora era amara, con un aroma di caffè.
Era sicuramente la certezza che qualcosa di forte come il nostro rapporto non si spezza, né per della distanza, né per una litigata o – se fosse stato necessario – uno schiaffo sul viso.
Ciò di cui ero certa in quel momento era solo una cosa : Lui mi rendeva pazza, forse più di quanto non fossi mai stata.
Mi amava ancora e io anche, ed era tutto ciò, che in quel momento mi bastava.
 

The End.


Eggià, è prorpio la fine ;)
Spero che non mi odierete per non aver avvisato D:
Pensavo di metterci altri due capitolo, ma poi ho conclusi così, mi sembrava più adatto.
Non c'è un finale preciso : cosa faranno adesso Lucy e Justin?
Questo lo lascio immaginare a voi, vorreste vederli sposati con una famigliola?
Sta a voi.
Oppure pensare che questo sia stato il loro ultimo bacio, lui ha la sua vita e lei ormai non ne può far più parte...non lo so.
Decidete voi ;)
Io penso che questo finale sia il migliore che avrei potuto trovare per questa Fanfiction poii boh.
Vi voglio bene, mando un abbraccio ad ognuna di voi...baciii!


Glo.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: cookiedough