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Autore: Carrie Bradshaw    10/09/2007    13 recensioni
Perdere una scommessa non è mai un bene, specie se la posta in gioco è tanto alta da diventare quasi una pericolosa ossessione, in grado di farti perdere la testa.
Sarà questo il principale problema di Pansy Parkinson, quando scoprirà quale scherzetto le avrà riservato Draco Malfoy, per ripagare il suo debito.
Una trama fitta e travolgente, ricca di colpi di scena. Ritornano coppie come la Blaise/Ginny, la Ron/Luna ed altre ancora.
Il tutto farcito con un pizzico di umorismo e, perché no, di perversione, in un mondo dove niente è impossibile, e la barriera dei pregiudizi non è poi tanto solida.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco, Malfoy, Hermione, Granger, Serpeverde | Coppie: Harry/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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{Probabilmente mi conoscerete come una Draco/Herm shippers, infatti questa è la prima volta che scrivo su pairing nuovi e che non ho mai abbracciato. Per chi non lo sapesse, questa Estate, non potendo usare internet (causa problemi di connessione), mi sono dedicata alla stesura di questa (ed altre) fanfiction. Premetto che mi sono ispirata molto ad una mia vicenda personale, per scriverla, e spero vivamente sarà di vostro gradimento.}

 
* * *
 

Le donne hanno la passione del pericolo.
Questa è una delle qualità che più ammiro in loro…
(Oscar Wilde)
 
- Ma ti sei bevuto il cervello? Ti sembra che io, l’ unica ed incontrastata regina degli Slytherin, possa scendere a certi compromessi? Come hai anche solo potuto avere questa idea malsana? Ti sei fatto di crac, per caso? -
Pansy parlava in modo concitato, con la sua voce squillante ed insieme fascinosa. Talvolta gesticolava frenetica, con le sue lunghe dita sottili, come ad esprimere in modo ancor più esplicito il suo disgusto per la situazione.
- Non discutere. Abbiamo scommesso. - disse Draco, con voce pacata.
- Tu devi veramente avere problemi mentali, se credi che io possa anche solo avvicinarmi ad un Gryffindor, ancor peggio se si tratta di… di quello! Avrei preferito Paciock, che almeno è purosangue! Sarei potuta passare sopra al suo look ridicolo e ai suoi modi rozzi! –
- Non fare la difficile. Io e te abbiamo fatto una scommessa, e tu hai perso. –
- Tu sei proprio un ingrato! Come puoi desiderare una tale caduta di stile, per la tua più cara amica d’ infanzia, la persona che più ti è stata accanto nei tuoi momenti di tristezza? – esclamò Pansy, con gli occhi lucidi dalla rabbia.
- Non discutere, bimba. Tu hai perso la nostra scommessa, e ora dovrai sedurre Potter, come da me deciso dopo lunghi minuti di meditazione. –
- Ahhhh, io proprio non posso credere alle mie orecchie! Tu sapevi che avrei perso, se no non avresti scommesso! Giurerei che hai mandato quei due troll dei tuoi amici a spiare Blaise, per sapere se l’ avrebbe baciata o no, prima o poi! –
- Quel che conta è che ho vinto, no? Il fine giustifica i mezzi, diceva il caro amico Machiavelli. – recitò Draco, a mò di poesia, con un sorrisetto sardonico.
- Sei perfido… - mormorò la Slytherin, serrando i pugni per la rabbia. – Lui non è il mio tipo, Dray, ti prego… - piagnucolò, un attimo dopo.
- Non dimenticare di partecipare agli allenamenti di Potter, stasera. – la ignorò Draco, sorridendole in quel modo impertinente che era in grado di attrarre qualunque ragazza.
Si congedò poi con un cenno del capo, e sparì dietro la porta della sua stanza, prima ancora che Pansy potesse urlargli altre maledizioni contro, oppure lanciargli qualche oggetto acuminato. Era estasiato, per aver vinto quella scommessa.
Dopotutto, lui vinceva sempre.
Aveva notato un interesse – alquanto inspiegabile, doveva ammettere - di Blaise Zabini per Lovegood, e l’ aveva detto subito a Pansy, per chiederle un suo parere. Ovviamente la mora l’ aveva aggredito, sostenendo l’ impossibilità di un’ infatuazione verso una come la Lovegood, per un ragazzo di buona famiglia come Blaise.
E quando Draco le aveva proposto quella scommessa, lei era caduta subito in trappola. Blaise aveva baciato Luna Lovegood pochi giorni dopo, dunque Draco aveva vinto.
Come stabilito precedentemente, egli aveva deciso la penitenza più appropriata, per la regina degli Slytherin.
Quando aveva scelto di scommettere, Pansy non aveva neanche minimamente preso in considerazione la possibilità di perdere; era dunque cascata dalle nuvole, quando aveva visto Blaise Zabini baciare appassionatamente la bionda svampita, e Draco ghignare, poco lontano. Ma mai, e lo ripeto, mai si sarebbe aspettata di dover svolgere un compito tanto disonorevole ed imbarazzante.
Lei doveva sedurre Harry Potter. Farlo innamorare di lei, convincerlo a crollare ai suoi piedi.
Era una cosa vergognosa, per una ragazza ricca ed elegante come lei.
Veniva da una famiglia stimabile da generazioni, il cui sangue mai era stato macchiato da un’ unione sconveniente. I suoi genitori nuotavano nell’ oro, lei era viziata e ben istruita.
Prima di entrare ad Hogwarts, era stata educata alle buone maniere e messa in guardia sulle magie sconvenienti da suo padre, mentre sua madre si era occupata del suo aspetto, e della sua prestanza. Sin da piccola le avevano insegnato a stimare i purosangue, e disprezzare i babbani. Era cresciuta con le decoltè, e l’ ombretto negli occhi.
I suoi gesti erano studiati, i modi di fare imitati dai suoi familiari.
L’ unica “pecca” della sua ottima condotta era la voce squillante, che aveva la capacità di irritare un ascoltatore, quando ella lo intratteneva.
I suoi genitori avevano fatto di tutto, per darle un tono più melodioso, ma alla fine erano stati costretti ad arrendersi. Non esisteva nessun incantesimo irreversibile, che permettesse alla loro figliola di avere una voce dolce, elegante e soave.
Pansy era consapevole del suo difetto, e sin da bambina aveva cercato di circondarsi di persone intelligenti e con un bel tono di voce, in modo che potessero coprire i suoi “strilli sgraziati”, così lei li definiva.
- Piccola, che succede? –
Daphne Greengrass, la migliore amica di Pansy, aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza, insieme alla sua solita accompagnatrice, Millicent Bullstrode.
- Chiedilo a quell’ idiota di Draco! – sbottò Pansy, sedendosi sul divano a gambe incrociate.
Non sarebbe stato strano, se di lì a quel momento le fosse spuntato il fumo dalle orecchie e dal naso, tanto era adirata.
- Oh, ancora con quella storia della scommessa? Suvvia, non prendertela così tanto. – la rimproverò dolcemente Daphne, sedendosi a sua volta sul divano.
- Che è successo con Dray? – chiese Millicent, mordicchiandosi distrattamente un’ unghia.
Era ovvia la sua tendenza ad imitare la statuaria Daphne, in tutte le sue sfumature più intime.
La Greengrass era una bellissima ragazza: bionda, con occhi color del mare.
Eppure, proprio come Pansy, aveva il suo punto debole: le unghie, che mangiucchiava costantemente. Ciò nonostante, persone come Millicent non potevano fare a meno di trovarla affascinante, e la imitavano in tutto e per tutto – anche nel mangiare le unghie, ad esempio -, ottenendo però risultati sempre insoddisfacenti.
- Il tuo caro amico Dray – cominciò a spiegare Pansy, infervorata – Vuole che, come penitenza per aver perso la scommessa, io seduca Potter. -
Il suo tono aveva un che di disgustato. Osservò con aria critica il sorriso che si faceva strada sulle grosse labbra della Bulstrode, e si irritò ancor di più.
-  Io non vedo niente di divertente, in tutto ciò! – sbottò, sbattendo con forza il pugno sul bracciolo del divano. Si controllò poi con aria critica le unghie, per verificare che nessuna di esse si fosse rovinata o, ancor peggio, rotta. Allora sarebbe stata la fine, per Millicent Bulstrode. Pansy avrebbe aggredito persino Voldemort, qualora le avesse rovinato le unghie.
- Ehi Pans, non è colpa mia se è così divertente! – sghignazzò Millicent, sguaiata.
- Milly, ci lasceresti un po’ da sole? – intervenne Daphne, prima che la sua migliore amica potesse, in qualche modo, attentare alla salute fisica della compagna di casa.
- Ma ceeerto! – rispose Millicent, prima di dileguarsi, lasciando dietro di sé una nuvola di profumo pregiato. La sua risata risuonava nell’ andito, come un cattivo presagio.
- Lascia perdere Millicent, sai com’è fatta. – esordì Daphne, compassionevole.
- E’ fatta male. – sbottò Pansy, imbronciata.
- Accetterai la scommessa? – chiese la bionda Slytherin, sinceramente incuriosita.
- Certo che no! –
- Io vorrei che tu lo facessi. – disse invece Daphne, con le braccia conserte.
- Ti sei bevuta il cervello? Non pensi alla mia reputazione? – esclamò Pansy, con gli fuori dalle orbite. Nessuna la capiva, nemmeno la sua migliore amica. Ma in che universo era capitata?
- La tua reputazione mi sta a cuore quanto la mia, lo sai. Ed è per questo che vorrei che tu lo facessi. – spiegò Daphne, tranquilla – E’ vero che uscire con Potter equivale ad avere un calo di stile strepitoso… Ma è anche vero che, tirandoti indietro, farai la figura della perdente. Draco lo racconterà a tutti, e diverrai il disonore della casata. Nessuno rifiuta mai gli impegni presi, tra gli Slytherin. Tu dovresti saperlo, o no? 
- Hai ragione… Ma io non posso provarci con Potter, insomma! E’ un Grifondoro, e mi odia! –
- Qualcuno diceva che l’ amore e l’ odio sono le due facce di una stessa medaglia… - disse Daphne, perplessa.
- Non è il momento delle perle di saggezza. Mi sono sufficienti quelle di Draco. –
- Dopotutto siete entrambi delle celebrità… Lui è il principe dei Gryffindor, tu la principessa degli Slytherin, no? – spiegò Daphne, entusiasta.
- Regina degli Slytherin! – la corresse Pansy – Potter è un essere amorfo, senza stile e portamento! E’ rozzo, e non si pettina mai! –
- Suvvia Pans… Non sarà così difficile. Proprio perché Potter non ha stile, tu hai il coltello dalla parte del manico. Tu sei affascinante, bella… E lui è pur sempre un uomo! – constatò Daphne.
- Io non ti capisco, come puoi desiderare che la tua migliore amica compia un’ impresa così vergognosa e disonorevole? Va bene farlo per  l’ orgoglio Slytherin, ma tu non pensi a quello che diranno i miei genitori!? Mi ripudieranno! –
Daphne sospirò di rassegnazione, sedendosi e poggiando comodamente la testa allo schienale del divano.
I morbidi capelli biondo cenere le accarezzavano dolcemente il viso dai tratti eleganti, e la luce soffusa, penetrata nella stanza da alcune finestre incantate, esaltava la profondità dei suoi occhi. Era così perfetta da sembrare una statua di Afrodite.
- E poi lui non ci starebbe mai, con una Slytherin. – sussurrò Pansy, poggiando la testa vicino a quella di Daphne, con aria rattristata.
- Tu sei la regina, non una Slytherin qualunque. Sei abbastanza smaliziata ed affascinante per far girare la testa a qualunque ragazzo. Persino Gazza cadrebbe ai tuoi piedi! –
- Ma… Potter… - tentò di dire Pansy, con un’ espressione schifata dipinta sul volto.
- Potter non è male, dai. – disse Daphne, sincera.
Il bambino sopravissuto non era brutto, ma nemmeno interessante.
Aveva bei occhi, anche se coperti da spessi occhiali aggiustati con il magic-schotch.
Inoltre portava vestiti e scarpe troppo grandi per lui, e spesso rammendati.
Non aveva alcuno stile, né ostentava chissà quale cultura. Le ragazze gli giravano intorno solo perché aveva il vanto di aver sconfitto Voldemort più di una volta, non certo perché fosse chissà quale playboy.
- Ma quegli occhiali… -
- Ha bei occhi. – confessò Daphne, sincera.
- Beh, se ti piace tanto puoi offrirti tu, al mio posto. – propose Pansy, con un sorrisetto malizioso stampato sulle labbra.
- Niente da fare. Và a prepararti, i Gryffindor si allenano tra meno di un’ ora. Hai bisogno di tempo per imbellettarti e scegliere quale vestito metterti per l’ occasione. – disse Daphne, dando un’ occhiata distratta al suo orologio da polso d’ oro placcato.
- Sfotti? – la rimbeccò Pansy, adirata.
- No, sono seria. Non sono certo io, ad impiegare ore per prepararmi, quando esco con un ragazzo! – rispose Daphne, facendo una linguaccia in direzione dell’ amica.
- Con Potter non ho bisogno di certi mezzucci. Dopotutto è un Gryffindor, e, se è stupido come i suoi compagni, cadrà subito ai miei piedi. – si auto-convinse Pansy, ad alta voce.
- Brava tesoro, questo è lo spirito giusto! Allora ti lascio preparare in pace. – si congedò Daphne, alzandosi in piedi con fare teatrale – Mi porterò avanti un po’ di compiti. – concluse, sparendo anche lei dietro la porta del dormitorio femminile, dove era certa la attendesse Millicent, in preda a chissà quale susseguirsi di risatine sguaiate.
- Ciao, ci vediamo al mio funerale. – la salutò Pansy, riluttante. Aveva ancora due ore, prima di dirigersi verso quel luogo dove, il giorno dopo, avrebbero ritrovato la sua lapide.
Si rilassò sul divano, e chiuse gli occhi. Nella sua mente vorticavano pensieri di varia natura, e tutti avevano a che fare con Harry Potter.
L’ aveva sempre disprezzato, per il sangue che scorreva nelle sue vene, e perché aveva rifiutato l’ amicizia di Draco, al primo anno.
Maledetto Malfoy! – pensò, irata. Gliel’ avrebbe fatta pagare, prima o poi.
Chissà. Forse avrebbe potuto organizzargli un appuntamento al buio con la Weasley, o con un’ altra Gryffindor. – Maledetto Slytherin!
Poco importava se anche lei facesse parte della nobile casata di Salazar, perché in quel momento avrebbe ucciso tutti i suoi compagni di casa, per la loro mentalità altamente perversa, ed irrispettosa.
- Pansy? -
La Slytherin fu distratta dal suono di una voce roca, e stranamente sensuale.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille... Sorrise beatamente, al tocco del dorso della mano di Draco sul suo viso. Poi se ne pentì, ricordando la situazione in cui l’ aveva volutamente messa il suo migliore amico.
- Che cosa vuoi, traditore? - esclamò, aprendo gli occhi.
- Volevo stabilire le condizioni dell’ accordo. Ovviamente non dovrò essere l’ unico, a sapere del tuo eventuale flirt con Potter. Sfilerai vicino a lui in Sala Grande, durante almeno uno dei pasti. E ovviamente vi bacerete, se no nessuno vorrà credere alla vostra relazione. –
- Io non avrò nessuna relazione con uno sfigato come Potter. Devo sedurlo, e qui finisce tutto. Entrerò con lui in Sala Grande, se è questo che vuoi, e ci baceremo sulle labbra. –
- Con la lingua. – la corresse Draco, con un sorriso malefico.
- Sai che sei uno stronzo? – sbottò Pansy, alzandosi in piedi.
- Si, lo so. Ed è per questo che andiamo tanto d’ accordo… - le sussurrò Draco in un orecchio, prima di dileguarsi.
Quella sarebbe stata una gran brutta giornata, per la regina degli Slytherin.

 

* * *

 

Nel silenzio degli anditi di Hogwarts risuonava solo un ticchiettìo ritmato, battuto da un paio di scarpe con un tacco vertiginoso. Si trattava delle decoltè rosa di Pansy, nuove di zecca.
La Slytherin quasi correva, tant’ era ansiosa. All’ idea di dove conquistare uno dei suoi nemici giurati le sue ferree convinzioni erano crollate, come per magia.
Dopotutto, chi era lei per poter conquistare una persona che la odiava?
Aveva un bel corpo, una camminata sensuale, un portamento elegante… Ma anche una voce squillante, un’ evidente avversione per i Gryffindor, una lingua fin troppo lunga.
Aveva qualche possibilità di vittoria? Impossibile dare una risposta a quella domanda.
Forse Potter era immune al suo fascino, o forse no…
Era soprappensiero, quando sentì qualcosa urtarle la spalla, e strinse i pugni, con gli occhi socchiusi. Chi osava disturbare la sua meditazione?
- Stai attento a dove metti quei dannati piedi! – esclamò, voltandosi verso il misterioso rompiscatole. Ma al vedere chi aveva davanti, si morse convulsamente le labbra.
Harry Potter era in piedi davanti a lei, con la sua scopa da Quidditch sottobraccio.
- Stai attenta tu, Parkinson. – disse, freddo, senza nemmeno guardare la ragazza negli occhi.
Poi la superò, e continuò il suo tragitto verso lo spogliatoio dei Gryffindor, senza mai voltarsi indietro. Sembrava davvero seccato.
Maledizione! – si rimproverò Pansy, imponendosi di pensare prima di parlare, da quel momento in poi.
- Ehi, Potter! – esclamò, correndo dietro al sopravissuto, per quel che le permettevano i tacchi a spillo e la mini-gonna aderente alle cosce sottili.
- Che c’è ancora, Parkinson? – sospirò Harry, voltandosi.
- Mi chiedevo… Quando fosse il tuo allenamento. –
Le parole le uscirono automaticamente dalla bocca, spudorate.
Pansy si morse ancora il labbro superiore, sentendosi quanto mai idiota per aver fatto a Potter una domanda tanto stupida, con una risposta così evidente.
Si sentiva in imbarazzo, come mai nella sua vita. E ciò la irritava, ovvio.
- Non ci vedi, Parkinson? Sto andando ora ad allenarmi. – rispose Harry, spiccio – Perché ti interessa? Volete forse rubarci il campo da Quidditch? - aggiunse, poi.
- No… - riuscì solo a dire Pansy, spiazzata dalle parole del sopravissuto.
- E allora sparisci. – si congedò Harry, dandole ancora una volta le spalle, e proseguendo nella sua direzione. Quel giorno si era svegliato male, e non aveva alcuna voglia di ascoltare la voce stridula della Parkinson. Edvige era fuggita dalla guferia, e l’ aveva tormentato con i suoi lamenti striduli, e con le beccate al vetro della finestra, durante tutta la notte. Aveva dovuto subire i soliti soprusi di Snape durante le lezioni, ed aveva pure litigato con Ron.
Ecco, ora ci mancavi solo tu, Parkinson. – pensò, disperato.
- Ciao. – disse solamente la Slytherin, rimanendo immobile nella sua postura da regina.
Pansy attese alcuni minuti immobile, pensierosa, prima di dirigersi verso un’ uscita secondaria, per raggiungere il campo da Quidditch senza rischiare di incontrare nuovamente Harry Potter, o un altro suo compagno. Salì non senza pochi problemi sugli spalti, con le sue decoltè scomode, che iniziavano a crearle un po’ di problemi, poiché non abituata alle scarpe con la tirella dietro, che sfregava dolorosamente sui suoi piedi. Il vento autunnale le scompigliava i capelli, sapientemente acconciati, e le faceva lacrimare gli occhi, truccati di nero.
Si costrinse così a sfilare almeno per un po’ le scarpe dai piedi, e tenere aperti il più possibile gli occhi, per evitare che le lacrimassero, provocando una colata di trucco.
Non aveva mai dovuto subire un tale supplizio: non assisteva spesso agli allenamenti di Draco, se non quando fuori splendeva il sole, e non c’ era un filo di vento.
Pansy detestava il freddo, e la pioggia. Non poteva soffrire di doversi coprire più del dovuto, e di dover evitare il trucco, per timore che le colasse.
Osservò con poco interesse l’ allenamento dei Gryffindor. Nessuno faceva caso a lei, l’ unica persona seduta su quegli scomodi spalti rosso-oro. Ammiccò qualche volta verso Potter, ottenendo in cambio il più assoluto menefreghismo del pianeta.
Qualcuno si voltò verso di lei per regalarle qualche gesto poco carino, e poi stop.
Quelle due ore furono il momento più terribile della vita di Pansy Parkinson, e quando ormai la Slytherin iniziava a sentire il proprio corpo perdere vigore, i Gryffindor scesero dalle loro scope, e si diressero a passo spedito verso gli spogliatoi, intirizziti nelle loro uniformi striminzite.
Pansy si alzò in piedi, per attirare l’ attenzione di Harry, ma invano. Il cercatore della squadra dei Gryffindor non l’ aveva degnata di uno sguardo. O chissà, forse nemmeno si era accorto della sua regale presenza. Sentì il sangue ribollirle nelle vene, per la rabbia.
Alla fine, umiliata ed infreddolita, fece ritorno alla Sala Comune degli Slytherin con un diavolo per capello, e i piedi doloranti. Nessuno la intercettò più, per il resto della serata.
Se era insopportabile ascoltare la voce di Pansy quando era tranquilla e di buon umore, ancor di più lo era quando si infuriava, e non faceva altro che lamentarsi.

* * *

- Pansy? Pansy? – esclamò Daphne, picchiettando con un dito sulla nuca della sua migliore amica, che giaceva addormentata sul suo letto, ancora vestita.
La regina degli Slytherin aprì gli occhi, per salutare il nuovo giorno.
- Che ti è successo? Sei in condizioni pietose! Ed è la prima volta che ti trovo a dormire a quest’ ora! – esordì Daphne, aiutando la sua amica ad alzarsi dal letto, e conducendola davanti allo specchio. – Ti ho stirato l’ uniforme! – esclamò.
Pansy, ancora intontita, reagì in modo pacato alla visione della sua immagine distorta.
Poi, con l’ arrivare della lucidità, sopraggiunse dalla sua gola un urlo acuto ed infernale, che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene persino a Severus Snape.
Si passò una mano tra la chioma annodata, con aria disgustata, e si sfregò gli occhi pesti. I suoi capelli corvini erano un ammasso informe, tanto spettinati da esser quasi peggio della folta chioma della Granger, personaggio che Pansy odiava non poco.
I suoi occhi erano pesti dal trucco, che le era colato lungo le guance e formava uno strano alone sul suo viso, dal colorito pallido come un cencio.
Profonde occhiaie si erano delineate sotto i suoi occhi, e i vestiti che aveva indosso erano spiegazzati. Ma la cosa peggiore era un’ altra: era tremendamente in ritardo.
Dunque non aveva tempo per rimettersi lo smalto, per fare la maschera al viso e ai capelli, per farsi una bella doccia fredda, e rassodante.
Corse in bagno, e spinse fuori dalla stanza tutte le altre ragazze, ignorando le loro lamentele. Chiusasi la porta alle spalle, si lavò insistentemente, soffermandosi in modo particolare sul viso, per far sparire ogni traccia di trucco. Per i capelli aveva ben poco da fare: li legò in una coda di cavallo, pettinatura che detestava più di ogni altra cosa al mondo. Infilò ai buchi delle orecchie due cerchi d’ oro bianco, e si vestì con la classica divisa di Hogwarts, che fortunatamente le aveva stirato Daphne. Infilò i suoi piedi piccoli in un paio di ballerine, dopo aver constatato che le decoltè del giorno prima le avevano tagliato tutto il retro del piede, impedendole di portare altre scarpe col tacco almeno per tre giorni. Terminò la sua preparazione con uno spruzzo di profumo pregiato, sul collo e sui polsi.
Alla fine, uscì dalla Sala Grande a passo svelto, seguita a ruota da Daphne e Millicent.
Quando giunse al tavolo degli Slytherin, vi trovò solo alcuni ritardatari, tra cui Blaise – che beveva in silenzio una tazza di latte, ed osservava di soppiatto Luna Lovegood – e Draco, elegante ed impeccabile come suo solito.
- Come mai in ritardo, Pans? Potter ti sta facendo dannare? – esordì il bel Malfoy, a bassa voce, invitando la regina degli Slytherin a sedersi al suo fianco, con un gesto della mano.
Pansy non rispose, troppo nervosa per dare pasto ad una tale provocazione.
Si sedette al suo solito posto, affianco a Draco, e prese un biscotto dal piatto da portata.
In un attimo se lo portò alla bocca, e diede un piccolo morso.
- Hanno la marmellata di fragole! Sono i tuoi preferiti, Pans! – esclamò Millicent, dopo aver ingoiato tutto d’ un colpo uno dei biscotti della colazione.
- Mmm – mugugnò Pansy, ben decisa a non parlare con nessuno.
- Hai visto Potter, ieri? – chiese Daphne, a bassa voce, versandosi un bicchiere di succo d’ arancia.
- Si. – rispose solamente Pansy.
- Avete parlato? – chiese Draco, sinceramente interessato.
- Più o meno. –
- Vi siete baciati? –
- No. –
- Uscirete insieme? – chiese ancora Draco, sempre più curioso.
- E’ un interrogatorio? – sbottò alfine Pansy, alzandosi in piedi. – Mi soffocate, me ne vado. – si congedò, solo dopo aver preso dal piatto da portata altri due biscotti.
- Che le succede? Non l’ avevo mai vista con i capelli conciati in quel modo… – chiese Blaise, tornato sul pianeta terra. Luna aveva appena lasciato la sala da pranzo, solo dopo avergli rivolto un sorriso a trentadue denti.
- Si è svegliata tardi, perché... – iniziò a dire Millicent, ma fu prontamente interrotta da Daphne.
- Perché ieri ha passato la notte a studiare trasfigurazione. – spiegò la bionda, con un sorriso abbagliante.
Era alquanto improbabile che Pansy studiasse, per lo più la notte, ma Daphne non se ne curò più di tanto. Non sarebbe stato carino, far scoprire a Blaise la questione della scommessa, e lui al momento era in un altro pianeta, dunque non avrebbe sospettato di nulla.
- Siamo in ritardo, andiamo. – tagliò corto Draco, alzandosi in piedi.
Anch’ egli, come Daphne, non voleva assolutamente mettere al corrente Blaise della scommessa. Ci sarebbe rimasto male, e magari avrebbero litigato.
Scrollò le spalle con indifferenza, celando un sorriso. Potter si era appena alzato dal tavolo dei Gryffindor, e si era diretto frettolosamente alla lezione di pozioni, prontamente seguito da una ragazza mora dalla divisa verde-argento.

 

* * *

 

- Potter? – esclamò Pansy, raggiungendo il sopravissuto di corsa.
- Ancora tu, Parkinson? Che diamine vuoi, adesso? – sospirò Harry, voltandosi ad ascoltare le parole della sua acerrima nemica, almeno in ambito scolastico.
- Mi chiedevo… - esordì la Slytherin, insicura – Noi Slytherin diamo una festa nella stanza delle Necessità, domenica notte. Magari potete partecipare anche voi. –
- Voi chi? – domandò Harry, non senza velare la sua sorpresa, all’ udire un’ invito di quel tipo, da una persona come la regina degli Slytherin.
La Pansy Parkinson che conosceva odiava i Gryffindor, e disprezzava i mezzosangue.
Non avrebbe condiviso insieme a loro nemmeno uno spillo, tanto li detestava.
E soprattutto, non avrebbe mai acconciato i capelli in quel modo orribile.
- Voi Gryffindor – spiegò Pansy, sforzandosi di mantenere la calma – Tu, Weasley e sua sorella… La Granger, e tutti gli altri. -
- E perché dovremmo? – chiese Harry, stavolta incuriosito.
- Perché vi prende parte tutta la scuola, ovvio. – rispose Pansy, con naturalezza.
- E’ per questo che sei venuta a vedere i nostri allenamenti? – domandò ancora il sopravissuto, alzando un sopracciglio.
- No… Allora venite? – tagliò corto Pansy, con un tono di voce un tantino acido.
In realtà iniziava a stufarsi, delle domande del Gryffindor.
Non bastava dire si oppure no?
- Ci saremo. – rispose infine Harry, dopo qualche istante di silenzio.
Meditava. Cercava di scoprire quale era il vero intento della Parkinson. Forse i suoi compagni volevano tendere ai Gryffindor un qualche tipo di agguato.
Eppure Pansy sembrava decisamente gentile. – Troppo gentile – si corresse Harry, perplesso.
Dovevano avere qualcosa in mente, senza alcun dubbio.
Ciò nonostante, non riuscì a declinare l’ invito. Aveva sempre avuto una sfrenata attrazione per il pericolo, e non voleva perdersi quell’ occasione.
- Domenica alle nove, Potter. Non un minuto di più, non uno di meno. – spiegò Pansy, leggermente nevrastenica. La irritava il suo stesso comportamento, a dire il vero.
Harry non rispose, pensieroso. Era la prima volta che intratteneva una vera e propria conversazione civile con la regina degli Slytherin, probabilmente.
- Ti sei assopito? – chiese Pansy, mal celando una punta di sarcasmo nel suo tono di voce.
- Pensavo alle due ore di pozioni che ci aspettano anche oggi. – mentì Harry, forse troppo chiaramente.
- Due ore di risate, mentre Snape prenderà per il sedere tutti i babbanofili. – rise Pansy.
Nuovamente le parole le erano fuoriuscite dalla bocca senza alcun controllo. Ciò non avrebbe dovuto stupirla più di tanto, in effetti. Era abituata a rivolgersi in modo scortese a Potter & company, eppure, in quell’ ambito… Sentiva di volersi impegnare a fondo in quella strampalata missione, per dimostrare ancora una volta la sua superiorità.
Si maledì, per la propria incapacità di tenere la lingua a posto, ed alzò gli occhi al cielo.
- Non cambi mai, Parkinson. -
Una voce femminile, irata, la riportò alla realtà, giusto in tempo per vedere il suo primario obbiettivo allontanarsi in direzione dell’ aula, con un diavolo per capello.
- Mezzosangue Granger. – salutò Pansy, altezzosa, voltandosi.
- Purosangue Parkinson. – ricambiò Hermione, sarcastica. Sembrava le due ragazze facessero a gara, a chi pronunciava con più disprezzo il nome dell’ altra.
- Che vuoi, Granger? – sbottò Pansy, seccata.
- Cosa state organizzando, voi Slytherin? –
- Non so di che parli, Granger. Se ti riferisci alla festa… - fece per dire Pansy, ma venne prontamente interrotta dalla sua rivale.
- Cosa avete in mente? – insistè Hermione.
- Non ti è minimamente passato nell’ anticamera del cervello che noi possiamo desiderare la presenza di voi sporchi mezzosangue, all’ occorrenza? -
- Francamente no, e spero tu non me ne voglia per questo. –
- Farai tardi in classe, Granger. Le so-tutto-io arrivano almeno dieci minuti prima dell’ inizio delle lezioni, per prepararsi a rispondere ad ogni domanda del professore. – sfottè Pansy, che tutto desiderava fuorché essere scoperta da Hermione Granger, che avrebbe stroncato il suo piano sul nascere.
- Simpatica come sempre... – rispose la Gryffindor, avvicinandosi pericolosamente alla sua rivale – Ti tengo d’ occhio. Capirò comunque quel che stai facendo, Parkinson. –
- Allora buon lavoro. - si congedò Pansy, dando le spalle alla mezzosangue, per proseguire verso l’ ingresso all’ aula di pozioni, dove probabilmente già la aspettavano i suoi amici.
Si fece senza problemi strada tra i banchi, fino a raggiungere il suo solito posto.
L’ ultima bancata, un luogo appartato, dove poteva condividere i propri pensieri con Draco, e Daphne. Le due persone in questione sedevano già ai loro posti, in silenzio.
Draco si guardava intorno distrattamente, mentre Daphne osservava con aria critica la sua immagine, riflessa nello specchietto portatile.
Entrambi alzarono il viso, appena Pansy si sedette tra loro.
- Come va? – chiese Daphne, tornando a studiare la propria immagine sullo specchietto.
- Da schifo. Ho appena invitato Potter alla festa di domenica sera. – rispose Pansy, strappando con aria disinvolta lo specchietto dalle mani dell’ amica, per usarlo a proprio piacimento.
- Quale festa di domenica sera? – chiese Draco.
- Quella che organizzeremo noi adesso, ovviamente. – gli rispose Pansy, evitando il suo sguardo indagatore. Aprì la borsa, per estrarne, dopo un’ attenta perlustrazione, il lucidalabbra color pesca. Svitò lentamente il tappo, per poi passare più volte, sulle sue labbra piene, una traccia di gloss scintillante. Ammirò soddisfatta il risultato, dalle diverse angolature riflesse dallo specchio.
- Tu devi essere impazzita! – esclamò Daphne, esasperata – Come faremo ad organizzare di tutto punto una festa, da qui a dopodomani? –
- Che ci vuole? – la contraddì Pansy, porgendole lo specchietto.
- Che ci vuole!? – sbottò Daphne, con aria stupita – Intendi dire che ci vuole oltre agli inviti da recapitare a tutti gli studenti, le bibite e le vivande, la musica e la verifica della possibilità che qualche professore ci colga in fragrante? –
- Dimentichi l’ addobbo della sala… - aggiunse Draco, con una punta di sarcasmo, che però Pansy non colse, o almeno non finse di cogliere.
- Per gli inviti è sufficiente un incantesimo di duplicazione, ed un accio. Ovviamente inviteremo solo quelli del nostro anno, e magari del precedente. Le bibite e le vivande le procureranno gli Elfi domestici, senza alcun dubbio. Riguardo alla musica basterà mandare un gufo a tua sorella, Daphne, che farà in modo di farci recapitare qui al più presto un esperto. – spiegò Pansy, pratica – I professori non ci saranno, mi sono presa io la briga di controllare. Gli unici che potrebbero darci rogne sono la gufaccia ficcanaso e l’ impostora di divinazione. –
- Dimentichi gli addobbi. – insistè Draco, speranzoso di trovare almeno un argomento, per disilludere la sua amica da quell’ idea malsana.
- Ci penserò io stessa, ovviamente. Sabato farò un salto da Madama McLan, e chiederò a lei consiglio. E’ una cara amica di famiglia, e ci deve più di un favore. – spiegò Pansy, frantumando le speranze dell’ algido Slytherin.
E subito dopo tacque, interrotta dalla presenza del professore. Osservò in silenzio Draco, che si predisponeva ad ascoltare, e prendere appunti.
- Pare che tu abbia pensato a tutto. – le sussurrò Daphne all’ orecchio, sarcastica.
- Tutto meno che ad una cosa… Conquistare Potter. –
- Che intendi dire? – chiese Daphne, guardandosi intorno con circospezione.
- Continuo a chiedermi il motivo per cui la sorte è stata tanto crudele con me… -
- Vedila nel lato positivo: sarà divertente, vedere la faccia di Potter, quando lo scaricherai davanti a tutta la Sala Grande. Sai, credo di aver trovato la soluzione che fa per te. –
- Spiegati meglio… - chiese Pansy, stupita.
- Draco ha detto che dovete baciarvi davanti a tutti, ma non ha chiarito chi prenderà l’ iniziativa, tra voi due. Potrai fingere che sia stato lui a baciarti, e urlargli contro qualche maledizione. Tutti crederanno che si sia innamorato di te, e non viceversa… -
Pansy osservò il ghigno malizioso della sua migliore amica allargarsi, per poi sorridere a sua volta.
- Sei un genio del crimine, Daphne… - sussurrò.
- Si, lo so… - si pavoneggiò la bionda, sporgendo il labbro inferiore con fare sensuale.
Bastò poi un cenno del professore ad interrompere la conversazione tra le due amiche, e a convincerle che era meglio rimandare il loro discorso ad un altro momento, magari quando egli si sarebbe voltato dall’ altra parte per sgridare Potter & company.
La mora Slytherin si morse il labbro, mentre il suo sguardo vagava per l’ aula.
Riconobbe all’ istante la schiena ingobbita di Weasley e la folta chioma della Granger.
Potter sedeva vicino alla sua migliore amica, e si sforzava di ascoltare la lezione.
- E adesso è arrivato il momento di interrogare… - esordì Snape, mettendo a tacere tutta la classe. L’ algido ed impenetrabile professore di pozioni sedette alla sua cattedra, ed iniziò ad osservare tutti gli studenti, uno ad uno.
- Parkinson? – domandò, pochi istanti dopo, rivolgendosi alla mora Slytherin.
- Veramente non mi sento tanto bene, professore… - si scusò Pansy, con un sorriso smaliziato, che sortì, come sempre, il giusto effetto sul professore di pozioni.
- Ti farò solo qualche domanda sulle lezioni precedenti. – rispose Snape, tornando a scrutare uno ad uno gli altri componenti della classe. - Ed ora chiamerò un'altra persona, alla quale chiederò un argomento che pochi di voi probabilmente conoscono, pigri come siete. Si tratta di una pozione che ancora non abbiamo studiato, ma che un bravo pozionista dovrebbe saper realizzare, sempre se avrà letto i libri che vi ho assegnato per le vacanze. – spiegò, rauco.
- Quanto ci scommetti che chiama Potter? – sussurrò Daphne, all’ orecchio dell’ amica.
- Non sono interessata alle scommesse… - borbottò Pansy, con aria distratta.
- Potter, hai studiato? – chiese Snape, voltandosi verso il Gryffindor in questione.
Era evidente il suo sforzo nel scandire una ad una le sillabe di quel nome tanto famoso, imprimendo nel suo tono di voce il più totale disgusto.
- No, signore. – rispose Harry, a capo chino.
- Come sospettavo. Dieci punti in meno per Grifondoro. – disse il professore, sorridendo - Ora alzati e porta qui il tuo calderone. –
- Non ho studiato… - tentò di spiegare Harry, ma invano.
- Altri cinque punti in meno, per la tua disobbedienza. – lo interruppe Snape.
E fu sotto le risate divertite di tutti gli Slytherin, che Harry Potter si alzò in piedi, rassegnato, e raggiunse la cattedra, portando con sé il suo calderone vuoto.
Il suo corpo si muoveva per inerzia, la sua mente era in subbuglio. Tentava di mandare messaggi criptati con la mente ad Hermione, che probabilmente avrebbe saputo preparare anche la pozione più difficile al mondo. Peccato solo che lei non potesse sentirlo…
Udiva, suo malgrado, battutine pungenti e risate divertite, provenire dalle bancate a destra, il posto per eccellenza degli Slytherin. Oh, quanto li odiava!
Avrebbe preferito morire, piuttosto che passare anche un solo istante con uno di quei sporchi traditori egocentrici. Nessuno si salvava, tra loro. Erano tutti sporchi figli di mangiamorte, ricchi ed estremamente antipatici. In primis il capo per eccellenza: Draco Malfoy.
Harry non aveva mai potuto sopportare il re degli Slytherin: altezzoso, arrogante… Tutti aggettivi che non gli andavano per nulla a genio.
Per non parlare delle sue ancelle. Potevano anche essere le ragazze più belle della scuola, ma era sufficiente sentirle aprire bocca per rendersi conto di quanto erano snob.
Odiosi Slytherin… Perché a lei, che è stupida come una capra, deve chiedere solo una domanda, e a me la pozione di livello auror?
Questi erano i lugubri pensieri che si susseguivano nella mente di Harry Potter, mentre si accingeva a raggiungere il suo ormai solito luogo di morte, tra le risate di un’ intera classe, e la voglia di strozzare quella maledetta Slytherin, che ancora una volta se l’ era cavata con un sorriso.

 

* * *

 

Fine capitolo primo

Spero vivamente che il primo capitolo non vi abbia deluso, perchè mi dispiacerebbe.
Questo per me è un periodo negativo, e tutto ciò che scrivo mi sembra impreciso, e dal contenuto scarso. Ho cercato, per quanto mi è stato possibile, dato il mio stato d’ animo, di usare l’ ironia, in vari passi di questa fanfiction. Spero l’ idea non sia già sentita, o che comunque non vi soffermiate unicamente sull’ introduzione, che è comunque solo una bozza, della vera e propria storia. Infine, vorrei fare un ultimo appunto. Avendo scritto questo racconto in un periodo in cui non potevo connettermi ad internet, al mio ritorno mi sono resa conto che sul forum Leather&Libreries (a proposito, un saluto a tutte le utenti!) era stato proposto un concorso intitolato proprio “Rules Of Seduction”. Ciò nonostante, non me la sono sentita di cambiare il titolo, perché vi posso assicurare che tutta la mia fanfiction ruoterà intorno ad esso. Spero non sia un problema, per voi tutti .

  Dedico questa fanfiction al mio migliore amico, il cui nome non posso rivelare per sua irreversibile decisione! :P Grazie per tutto quello che stai facendo per me, e per farmi tornare il sorriso. Ti voglio bene, Chiara
   
 
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