Julian
Beckett si svegliò con un dolce peso adagiato sul petto a causa di un violento
bussare alla porta.
-Chi
cazzo è?-
Cercò di non
urlare ma odiava quando veniva brutalmente svegliato.
-Beckett!
Muovi il culo. Bezoar ha chiesto di te-
Julian
sbuffò ma, un mugolio proveniente dalla persona che dormiva su di lui lo
distolse per un attimo dalla voglia di uccidere Bezoar.
-Dobbiamo
alzarci vero?- mugolò il ragazzo alzando il volto.
Julian
si trovò ad annegare in quell’oceano verde che erano i suoi occhi.
-Penso
di si, Brian. Nessuno vuole far arrabbiare Bezoar più di quanto non lo sia già-
Brian
annuì ed allungò il collo per lasciargli un bacio sulle labbra prima di
alzarsi.
Julian
si riempì gli occhi della vista del suo corpo nudo che si piegava a prendere i
vestiti mettendo in mostra quel fondoschiena sodo che si era scopato soltanto
la sera prima.
Julian
Beckett era un Alp.
Julian
Beckett era il miglior soldato che Bezoar avesse mai avuto.
Aveva
perso entrambi i genitori nell’incendio della sua casa ed era figlio unico. Era
stato portato in orfanotrofio, ma, lo shock causato dalla morte dei suoi
parenti lo aveva trasformato in una persona aggressiva. Quando, a mani nude,
aveva quasi soffocato un ragazzo della sua stessa età, il direttore l’aveva
immediatamente spedito all’accademia militare dove, attraverso una serie di
punizioni corporali di cui ancora portava i segni, erano riusciti a domare
parzialmente la sua indole.
A
ventitré anni faceva già parte del corpo speciale e a venticinque era passato
al servizio di Bezoar. Fu in quel periodo che gli venne assegnato Brian.
Brian
era inglese di nascita. I suoi genitori erano truffatori scappati in Germania.
Aveva passato lì i primi anni della sua vita. I suoi genitori erano convinti di
essere al sicuro ma Stark, il precedente capo-branco li aveva fatti cercare
ovunque fino a stanarli. Entrambi erano stati sbranati e Brian era stato
marchiato con il simbolo tipico degli schiavi. Un nodo sul palmo della mano
sinistra.
Brian
aveva tredici anni quando venne affidato a Julian.
All’inizio
era terrorizzato. Aveva sentito storie di schiavi che venivano uccisi dai loro
padroni Alp e lui era così gracile che di certo non avrebbe mai potuto
difendersi.
La
prima volta che aveva visto Julian quest’ultimo era dinanzi alla finestra. Era
alto, muscoloso, aveva i capelli castano chiaro raccolti in una coda bassa.
“Ciao”, lo aveva salutato così dopo
avergli chiesto il nome e detto il suo poi, lo aveva invitato a sedersi e a
leggere per lui.
Brian
aveva scelto “Jane Eyre”. Si aspettava già di essere deriso. “Jane Eyre” era un
libro per ragazze, ma, lui adorava troppo il romanticismo inglese per badare a
simili sottigliezze. Julian, invece, era rimasto in silenzio, seduto sul
davanzale, in attesa di sentire la sua
voce.
Nessuno
dei due aveva mai individuato il momento in cui il loro rapporto era cambiato.
Le
carezze, gli sfioramenti c’erano sempre stati.
Julian
trovava impossibile non sfiorare Brian, ma semplicemente si erano spostati ad
un livello più intimo.
Tutti
lo sapevano, lo stesso Bezoar taceva sulla cosa; dopotutto tra le leggi Alp non ce n’era nessuna che
vietava i rapporti tra persone dello stesso sesso ed anche il capo-branco aveva
avuto le sue avventure.
Non
perdeva mai occasione di ricordargli, però, che Julian avrebbe dovuto puntare a
qualcosa di meglio che un semplice schiavo.
Julian,
puntualmente, gli ripeteva che non aveva intenzione di sposarlo e Brian finiva,
ancora una volta, con il cuore spezzato e si riprometteva di odiarlo ma poi,
come in tutti i più odiosi cliché, ci ricascava.
Julian
indossò il giubbotto anti-proiettile coprendolo con la maglia nera. Indossò un
paio di jeans e caricò il fucile portandolo dietro la schiena mentre Brian
indossava una tunica, tipica degli schiavi, un vestito di canapa fermato in
vita da una corda.
-Pronto?-
Brian annuì avvicinandoglisi.
Julian
gli accarezzò i capelli –Stammi attaccato- gli sussurrò baciandolo. Brian si
alzò sulle punte dei piedi portando le braccia al suo collo.
Per
un attimo Julian fu tentato di mandare a fanculo Bezoar e riportare Brian in
quel fottuto letto.
-Conviene
andare o ti scopo di nuovo- Brian sorrise e si staccò tornando a poggiare
l’intera pianta a terra.
Julian
aprì la porta ed uscì in corridoio.
***
-Ti
ho fatto chiamare venti minuti fa. Dovresti imparare a tenerlo nei pantaloni-
lo sguardo di Bezoar scivolò su Brian che arrossì vistosamente.
Julian
roteò gli occhi sbuffando.
-Dakota
LaFee è morta. Pensavo di doverla uccidere io stesso, invece, a quanto pare la
paura ha fatto ribellare i suoi stessi concittadini.-
Julian
si trattenne dallo scoppiare a ridere.
Bezoar
era incazzato.
Tanto
incazzato.
Si
vedeva che detestava quando le cose non andavano secondo i suoi piani.
-E
cosa vuoi da me?- Brian notò che Julian sembrava annoiato come se avesse
partecipato alle stessa scene più e più volte.
-Dobbiamo
arrestare su madre-
-Perché
mai Bezoar? Ha un altro figlio a cui badare-
-Non
accetto lezioni di pietà da te che stavi per strangolare un tredicenne solo
perché ti aveva guardato troppo a lungo-
Julian
alzò gli occhi al cielo, di nuovo. Questo mestiere iniziava veramente a
diventare noioso e Bezoar avrebbe dovuto comprare un nuovo dizionario di
scadenti sarcasmi. Con la coda dell’occhio osservò Brian che guardava la scena
divertito. –Avevo tredici anni anche io Bezoar. Tu sei un vecchiaccio, ormai.-
Bezoar lo fulminò con lo sguardo. Brian, dietro di lui, gli strinse un polso.
“Non tirare troppo la corda. Non voglio che
tu sia punito” diceva quel gesto.
-Il
corpo non è stato ritrovato. Voglio sua madre in modo da usarla. Ci tiene troppo alla sua famiglia. Si farà viva, se lo è
ancora-
-E
se è morta davvero?-
-Bhè
in tal caso, il fratello verrà marchiato-
Julian
sentì Brian lasciare il suo polso e rabbrividire. Avrebbe voluto girarsi e
stringerlo ma Bezoar li avrebbe fatti
uccidere entrambi.
-Tra
quanto si parte?- si ritrovò a sospirare il soldato stringendo il fucile.
-Subito
Beckett - Bezoar si voltò uscendo dalla
sala.
Julian
si voltò verso Brian. –Mi prepari un bagno caldo per quando torno?- Brian annuì
e poi lo fissò incerto.
Gli strinse le
braccia prima di voltarsi con il sussurro di uno “Stai Attento” mancato ancora
nell’aria.
***
Jonathan
sentiva la mancanza di Dakota.
Gli
mancava vederla curiosare tra gli scaffali, gli mancava vederla seduta a
sfogliare le pagine di una libro, sentire la sua risata cristallina, il suo
calore.
Jonathan
non aveva nulla al di fuori di Dakota.
Gli
Alp non erano suoi amici e questo spaventava anche gli umani.
Jonathan
era un bibliotecario e gli Alp non diventavano bibliotecari.
Gli
Alp diventavano soldati, politici, assassini, cacciatori, non bibliotecari.
Quando
suo padre l’aveva cacciato di casa, Dakota ed il suo sorriso erano diventati la
sua ancora, la dimora in cui rifugiarsi.
E
ora lei non c’era più eppure c’era
perché tutto, ogni angolo, ogni granello di polvere in quella biblioteca
ricordava lei.
Lei
aveva fatto così tanto per lui e lui? Lui cosa aveva fatto per lei? Non era
nemmeno riuscita a salvarla.
Quando
era uscito in strada era già troppo tardi, lei giaceva lì, sulla neve, svenuta
o morta, in una pozza di sangue e loro la stavano già portando via. Non
importava quanto avesse strepitato, urlato e tirato pugni, aveva rimediato solo
una cicatrice sul collo e la notizia della sua morte.
Tradita
dai suoi stessi concittadini. Forse anche lui l’aveva tradita!
Non
era arrivato in tempo. Stupide ore, stupidi minuti, stupidi secondi, stupidi
attimi che erano corsi via e stupido lui che non era riuscito a raggiungerli.
Quel
Venerdì, senza Dakota ad aiutarlo, era uscito tardi dalla biblioteca.
Una
volta in strada capì che qualcosa non andava.
Le
guardie di Bezoar erano ovunque.
Non
era normale.
Difficilmente
Bezoar sguinzagliava tutte quelle guardie.
Ci
mise pochi secondi, giusto il tempo di osservare i soldati svoltare l’angolo
per capire dove stessero andando.
Ci
mise ancora meno per iniziare a correre.
Dakota
l’avrebbe odiato se avesse lasciato che facessero del male a sua madre e Will.
Quando
arrivò davanti casa della ragazza, stavano già portando via la donna, Bezoar
fissava Will piangere con un ghigno meschino.
-Bezoar!-
urlò. Gli occhi rossi del capo e delle sue guardie si puntarono su di lui. –
Lasciala in pace e prendi me-
-Non siamo agli Hunger Games, Jonathan. Non
puoi offrirti volontario- e il ghigno che increspava le sue labbra parve
allargarsi.
-Abbi
un minimo di pietà. Ha un figlio da crescere, gliene hai già tolto una. Io non
ho più niente da perdere. Puoi uccidermi subito se vuoi- Bezoar gli si avvicinò.
Gli girò intorno mentre sembrava che anche il vento si fosse zittito in attesa
del giudizio.
-Beckett…-
chiamò e Jonathan, anche se non avrebbe voluto, si ritrovò a rabbrividire.
–Prendi anche lui. Li prendiamo entrambi-
Jonathan
ricordava di essersi agitato parecchio e di aver urlato prima di essere colpito
sulla nuca e svenire.
In My World Made Of Lego:
Lo,
sono anni che non pubblico, ma, la scuola non mi ha dato un attimo di respiro
ed ora, grazie all’elezioni, torno a darvi il tormento.
Purtroppo
questo capitolo era troppo lungo per essere pubblicato intero, ma, preparatevi
perché nella seconda parte c’è il RATING ROSSO!!! (Balla la samba con
Shane).
Sono
curiosa di sapere cosa ne pensate dei nuovi personaggi e ringrazio:
LadyOrlando che è la mia
beta e spende parte del suo tempo prezioso a correggere questa storia,
FannyBrawne, Mimi311, Palli19, potters_continuous e homelesswriter per aver letto
e recensito.
Ringrazio,
ancora, chi leggerà e/o recensirà.
Alla
prossima.
Un
bacione,
-Dakota