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Autore: ripple    24/02/2013    4 recensioni
Avete presente il mondo di Percy Jackson? Ok, certo che si.
Ora, vi ricordate come finisce la prima serie? Si? Bene, perché è da lì che tutto parte, per la precisione due anni dopo.
Immaginate che Percy abbia una sorella con una storia un po' strana e misteriosa. Sorella da parte di padre, ovviamente.
Vi potrebbe interessare? Dai, allora: leggete, leggete, e fatemi sentire la vostra voce! (vale a dire, recensite)
NON TENGO IN CONSIDERAZIONE LA SECONDA SERIE, E NON PROVATE A SPOILERARMI NIENTE, VISTO CHE ANCORA NON L'HO LETTA!
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Figlia di Poseidone ψ


Capitolo 3
Ah, e c’è anche mia madre…


 

Dopo la mia ultima frase si girò, sempre molto lentamente.
Rick è un ragazzo con molto autocontrollo. Scommetto che se fosse stato un minimo più impulsivo, mi avrebbe già scagliato contro un fulmine. Ma io dovevo pur accertarmi che avessi ‘poteri magici’, no? E poi quello del bagno è stato un imprevisto, non era mia intenzione inzupparlo completamente.
– Così adesso pensi che forse potresti essere la figlia del dio del mare? Che altra prova ti serve, scusa? – Per poco non scoppiavo a ridere. No, seriamente. In quello stato sembrava un pulcino bagnato, e visto che stava contenendo la rabbia, un pulcino bagnato arrabbiato. Ditemi voi se non vi sarebbe sembrato buffo.
– Mah, non saprei… Però potresti sempre spiegarmi altre cose riguardo a questa… nuova storia.
– Che ne dici se prima mi asciughi? – Ha detto, asciughi? Io?
– Chi, io? Ma se non so neanche come si usa un phon! Non potresti pensarci da solo, scusa?
Si alzò, ed iniziò a strizzarsi la maglietta. – Perché non ci provi tu? Fai allenamento, così. 

– Allenamento per cosa?
– Credi che quelli siano gli unici mostri in circolazione? Ti dovrai far trovare veramente preparata la prossima volta.
– A proposito di questo. Quando eravamo vicino al bar, mi hai detto che non potevo aiutarti perché non ero pronta. Quando hai incrociato il mio sguardo, alla fontana, non solo non eri sorpreso, ma ti aspettavi che io ti aiutassi. E sapevi anche come ti avrei aiutato! Non a caso hai lasciato ‘per me’ i due Lestrigatti den…
– Lestrigoni.
Lestrigoni! Dentro all’acqua.

Non so come, ma ero riuscita ad accettare il fatto che fossi una semidea in pochissimo tempo, ma senza rendermene veramente conto.
Sorrise e mi rispose. – Secondo te avresti potuto fare quella cosa con l’acqua anche da morta? – Stavo per replicare, ma non me lo permise. – Sì, perché non credo che avresti fatto una bella fine se i Lestrigoni ti avessero vista. Invece, ho pensato bene di farti restare in fondo, da parte, dove avresti avuto la tua occasione.
– Come facevi a sapere che ti avrei seguito ugualmente, anche se mi avevi detto di non farlo?
Per tutta risposta alzò un sopracciglio.
– D’accordo, ho capito! Da questo punto di vista sono abbastanza prevedibile, lo ammetto – Feci roteare gli occhi e incrociai nuovamente le braccia. – Prevenuto. – borbottai.
– Bene, ora che finalmente abbiamo trovato una cosa su cui siamo d’accordo, potresti…
– Oh mamma, quanto sei assillante! No, non mi va di asciugarti. Mi dispiace ma dovrai restare così. – Mi guardai intorno. – Ora che si fa?
– Ah, non preoccuparti. Ti capisco se non te la senti.
– Io non… Non è che non me la sento! Non voglio prendere ordini da nessuno! Tantomeno da te!
– Va bene… Cerca solo di non farlo diventare il tuo difetto fatale. 

– Difetto fatale? – ripetei. – Potresti per favore, e dico per favore, non usare termini che non conosco a meno che il tuo fine non sia di spiegarmene il significato? Mi dai veramente sui nervi quando fai il saputello so-tutto-sulla-mitologia-greca-e-tu-no! – Ad un certo punto mi sentii afferrare per le braccia che stavo agitando in aria in preda al nervosismo. Mi bloccai immediatamente.
– Ti dai una calmata? – Poi imitò una voce isterica. – Mi dai veramente sui nervi quando ti agiti così.
Cercai di liberarmi, ma era molto più forte e fermo di quanto mandasse a vedere. Però era ancora tutto bagnato, e mi venne un’idea. Mi concentrai e, non so esattamente come, riuscii ad attirare tutta l’acqua via dal suo corpo facendola scivolare fino ai suoi pugni. Da qui mi fu facile sfilare le braccia dalla sua presa.
Una volta libera mi massaggiai un po’ i punti che Rick mi aveva stretto.
– Mh. Niente male, Gray. E grazie per l’asciugatina, ci voleva proprio. – Si accarezzò i vestiti che sembravano essere stati appena ritirati dalla lavanderia.
D’un tratto mi resi conto che, a parte essermi liberata, avevo ritirato tutta l’acqua dai vestiti e, sempre senza rendermene conto, l’avevo completamente asciugato.
Da dentro mi salii una tremenda rabbia. Io odio essere presa in giro. E lui l’aveva appena fatto. Mi accorsi che stava anche sorridendo, beffardo. Non riuscii a trattenermi. – TU! – Alzò lo sguardo, impassibile. – COME TI SEI PERMESSO?! – Gli puntai minacciosa un dito in faccia, che lui abbassò con noncuranza.
– Non prendertela. Ti assicuro che ti ci abituerai subito a non essere la più furba del Campo.
– Ah, no! Non vorrai mica portarmi in qualche posto sconosciuto e pieno di tizi antipatici come te?! Guarda che io di qui non mi muovo!
Rick si mise a sedere, sospirando, sul bordo della fontana, ma si rialzò di scatto quasi subito, come se avesse ricordato quello che era successo cinque minuti prima. Passarono degli attimi di silenzio.
– Lo sai? Non so proprio come comportarmi con te. – disse infine.
– Te lo dico io come comportarti: rispondi alle mie domande. Una-per-una. E non fare il misterioso e niente giri di parole o mezze risposte. Non ho la minima intenzione di partire senza neanche sapere a cosa sto andando in contro.
Allargò le braccia in segno di resa. – Come ti pare.
Soddisfatta, iniziai a contare sulle dita. Non sapevo esattamente quante cose gli avrei chiesto, ma contavo sul fatto che una domanda tirasse l’altra.
– Primo: come hai fatto a trovarmi?
Ridacchiò. – Be', sinceramente non credo che siano molte le persone che riescano a vedere i mostri, qui a Roma.
Sgranai gli occhi. – Non sapevi che aspetto avessi?
– No. Sapevo solo che ti avrei trovata in questa città.
– Ma se io non fossi rimasta fuori scuola non ci saremmo mai rincontrati e tu non mi avresti mai trovato…
– E questo chi l’ha detto, l’Oracolo? ‘Dai tempo al tempo’… Mai sentito?
– Da quant’è che mi stavi cercando?
– Uhm… direi si e no… una settimana.
Una settimana?!
– Sì. Dai, andiamo avanti. Non voglio essere ancora qui quando altri mostri ci fiuteranno.
– Ma non hai quella tua spada stramba che appare dal nulla?
Si fece scappare una risatina. – Non appare dal nulla, Penny. – Alzò la mano destra e indicò l’anello che aveva al dito, e che scoprii solo dopo essere di titanio. Aveva una testa d'aquila al centro. Immagino simboleggi il regno di suo padre, il cielo. – Guarda – Mi scanso con l’altro braccio e poi sembrò che una scarica elettrica gli percorse il braccio fino ad arrivare alla mano. A questo punto gli occhi dell’aquila si illuminarono come due lampadine che si accendono, e in un attimo l’anello si trasformò in una bellissima spada lucente che già era stretta in un pugno. – Ti presento Fulmine.
Rimasi totalmente a bocca aperta. – Wow…
Rise. – Dovresti vedere la tua faccia! Sembri un pesce lesso!
A quelle parole mi ripresi immediatamente. – Mi stai prendendo in giro? No, dimmelo subito se mi stai prendendo in giro, perché non mi piace neanche un po’ che le persone mi prendano in giro!
– Questo lo avevo notato. – Indicò le mie mani strette in dei pugni che mi facevano sbiancare le nocche e il mio volto impegnato ad avere un’espressione alquanto infuriata. Ci mancava solo che mi sventolasse davanti agli occhi un telo rosso e vi potevate anche risparmiare il biglietto per andare a vedere una corrida.
– Senti tu, sto iniziando a non sopportarti veramente più!
– Oh, sai che sorpresa. – Non so in che modo esattamente, ma ritrasse la spada, e ne rimase solo quell’anello.
– E non fare il sarcastico! Sai benissimo che non lo sopporto! – La sua faccia restò impassibile. Si studiò le unghie di una mano.
– Non è colpa mia se non sopporti niente e nessuno – Aprii bocca con l’intenzione di protestare ancora una volta, ma fu più veloce lui. Mi poggiò le mani sulle spalle e mi sussurrò con voce calma: – Cambiamo discorso, okay? Hai finito le domande e adesso sei decisa ad andare in questo posto sicuro?
Contai fino a cinque per calmarmi cercando di scacciare dalla mente l’idea di rovesciargli l’intera fontana addosso.
Calma. Stai calma e respira.
Sentii il fumo uscirmi dalle orecchie.
Strinsi più forte i pugni e mormorai a denti stretti: – Non-toccarmi. Leva immediatamente quelle sudice mani dalle mie spalle, o giuro che non risponderò delle mie azioni.
Almeno un po’ devo averlo intimorito - sì, quanto farebbe un gatto con un leone - perché le sue mani si spostarono dalle mie spalle ai suoi fianchi.
– Grazie, Rick. Ora, se non ti dispiace – Girai i tacchi e iniziai ad incamminarmi verso casa.
– Dove stai andando? Non sai come si arriva al Campo – Non gli risposi e continuai lungo la mia strada. Sentii dei passi dietro di me ed intuii chi fosse. – Non sei ancora convinta? Davvero, spiegami cosa devo fare per fare in modo di potarti via di qui!
Decisi di bloccarmi a guardarlo. – Proprio niente. Adesso me ne vado a casa a parlare con mia madre. – e mi riavviai.
Ecco, in quel momento avevo iniziato a rendermi conto di aver bisogno di una... conferma da parte di qualcuno di cui mi fidavo.
Non rispose. Camminò al mio fianco senza fiatare per circa venti minuti, quando arrivammo davanti al portone del mio palazzo. Ficcai una mano nella tasca del mio giacchetto e ne estrassi le chiavi, aprii la serratura ed entrammo. Stessa cosa feci con la porta dell’appartamento al piano di sotto.
– Davvero vivi qua sotto?
Risposi senza quasi neanche pensarci. – Sì, purtroppo. – Si voltò a guardarmi e mi rivolse un’occhiata di compassione e comprensione insieme. Se riusciva a capirmi dopotutto non doveva essere così stupido come sembrava.
Spalancai lentamente la porta e sbirciai in casa. – Mamma? Ci sei?
Dal corridoio apparve una bella signora, un po’ grassottella ma bella. Mia madre.
– Penny! Che cos’è successo, perché non sei a scuola?
Devo dire che fisicamente non gli assomiglio molto, e neanche caratterialmente. Lei è dolce e premurosa, io acida e isterica. Però andiamo piuttosto d’accordo, perché ci vogliamo bene e ci rispettiamo a vicenda.
– Ecco… Possiamo parlare? E credo anche che tu debba conoscere una persona. – Entrai totalmente in casa e invitai Rick a fare lo stesso. – Lui è Rick, mamma – Esitai un po’ prima di continuare. – Figlio di Zeus.
Ancora adesso non so descrivere l’espressione che si dipinse sul volto di mia madre. Era completamente scioccata, forse perché avrei dovuto usare più tatto, ma non so essere meno diretta di così. Nei suoi occhi non trovai stupore, bensì realizzazione. La realizzazione che io adesso sapevo, immagino. Quindi lei già sapeva chi ero io veramente eccetera, eccetera… Mi sforzai di stare nei suoi panni, cercare di capire perché non mi aveva mai detto niente, ma non ci arrivai.
– Perché? – Credo avesse capito benissimo la domanda, ma non riuscii a fermarmi. – Perché non mi hai mai detto niente? Io non mi sarei arrabbiata, non...
– No, no! Penelope, non è come credi, ci sono dei motivi più che validi. Penelope. Penny, ascoltami! – Ma non ci riuscivo, non riuscivo ad ascoltarla. Generalmente odio piangere e faccio tutto il possibile per evitarlo, ma quella volta non me ne resi neanche conto. Le lacrime uscirono tutte insieme, senza preavviso e in abbondanza. Ma non era perché mi sentivo tradita da mia madre, o almeno, non solo per quello. È che avevo passato tutta la mia vita alle prese con i soliti, stupidi problemi adolescenziali, e quella mattina ero andata a scuola con l’intenzione di fare il compito di matematica per cui non mi ero nemmeno preparata; poi sarei tornata a casa e avrei chiacchierato con mia madre. Come al solito. Invece, in meno di un’ora, avevo conosciuto un semidio, congelato due giganti cannibali e scoperto di essere figlia di un dio dell’Olimpo. Figlia di Poseidone. Io sono la figlia di Poseidone. Santo Zeus, non ero pronta. Non potevo sopportare tutto questo, non è roba che sapevo gestire. Io non sapevo gestire niente. Avevo paura. Ecco perché piangevo. Avevo semplicemente paura.
Perché? – ripetei. E questa volta non era un “perché non me lo hai mai detto?”, ma più un “perché succede tutto questo? Perché mi sta succedendo tutto questo?”.
– Oh, tesoro – Sentii delle braccia avvolgermi, ma in quel momento non potevo sopportare il più che minimo tocco, quindi mi sfilai dall’abbraccio e iniziai a correre. Corsi, senza nemmeno una meta. Corsi semplicemente più forte che potevo .
Mi fermai solo quando mi accorsi che le gambe iniziavano a perdere colpi, i muscoli bruciavano e avevo completamente finito le mie scorte di ossigeno.
Non riuscivo a pensare. Mi lasciai cadere, appoggiai la schiena ad un muro e chiusi gli occhi. Non avevo idea di dove fossi, ero solo stanca. Stanca di tutto.
 

***

 
Del mio sogno non ricordo molto, solo buio, buio e poi ad un tratto tanti colori. Ero finita in bel posto, con case, campi e tante persone,ed erano tutti ragazzi e ragazze. Era bello, ma lontano, come un sogno. E in effetti stavo proprio sognando. Ma visto che odio sognare cose che non posso avere o realizzare, mi concentrai al massimo per svegliarmi. E ci riuscii, solo che appena fui uscita dal regno dei sogni, mi resi conto di essere sdraiata. Però non era morbido come il letto di casa, né duro come il marciapiede di una strada. Quelle su cui avevo la testa poggiata erano gambe. Come se avessi avuto una molla al posto della spina dorsale, scattai a sedere, ma fui colta da un forte giramento di testa, che mi fece perdere l’equilibrio.
– Penny! – Due mani mi afferrarono saldamente le braccia e mi aiutarono a ristabilirmi.
Mi aspettai di incrociare due occhi grigi e decisi, ma appena riuscii a mettere a fuoco me ne ritrovai davanti un paio davvero… spettacolari. Erano di un azzurro speciale, mischiato a del verde alga, che davano un senso di marino. Davvero molto simili ai miei.
– Ehi Penny, come ti senti?
– Chi… Chi diamine sei?
Il ragazzo che avevo di fronte mi sorrise dolcemente. – Sono Percy. Percy Jackson. – Allentò la presa e mi guardò dritto negli occhi. Mi sentii totalmente disarmata, come se da un momento all’altro potessi abbandonarmi ad un suo abbraccio e sperare di sparirvi. – Tuo fratello.




 

Notes;


Quanto è passato? Due ere, dite? Be’, l’importante è che sono riuscita ad aggiornare, no?
Insomma, spero solo che vi sia piaciuto.
Per farmi perdonare ho due sorpresine che credo apprezzerete.
- L’anello di Rick.
Penny. (ebbene sì, gente, ho trovato la sua sosia. Più o meno)
E poi, anche se non ha molto senso, ho creato questi due avatar:
- L'avatar di Rick.
- L'avatar di Penny.
Vi mando tanti baci e ve ne recapito il triplo per le tantissime recensioni che mi avete lasciato al capitolo precedente. Io vi amo alla follia, sappiatelo.
Angie.
   
 
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