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Autore: ELY215    24/02/2013    2 recensioni
"Non ci siamo capiti, il fatto che io sia gentile con te non vuol dire che tu possa alzare i toni con me!”
mi urlò contro
Feci un passo indietro, nuovamente terrorizzata.
Mi afferrò per un braccio e mi riportò nella stanza dove mi trovavo prima, spingendomi con irruenza sul letto,tanto che pensai al peggio, poi sparì dalla mia vista.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Per i giorni seguenti rimasi in quella stanza, su quella sedia. Venivo slegata solamente quando mi veniva portato qualcosa da mangiare, a intervalli regolari e quando venivo portata in bagno. Le uniche persone che vedevo  erano uomini vestiti di nero con un passamontagna sulla testa. Tutti uguali. Nessuna parola, nessun segno distintivo e nessun gesto gentile. Nulla.
E di David nessuna traccia. Ero sola, la paura iniziale aveva lasciato spazio alla disperazione.
Non riuscivo a capire il senso di tutto quello che mi stava accadendo.  Non riuscivo a capire i diversi tipi di trattamento subiti in quei giorni di prigionia. Prima, i modi di fare quasi protettivi di un ragazzo bellissimo, poi la brutalità degli “uomini neri”. Gli uomini neri, la loro visione mi ricordava tanto le storielle che mia madre mi raccontava per farmi mangiare le verdure o per farmi andare a letto quando ero piccola
“Mangia le verdure o verrà l’uomo nero a prenderti mentre dormi!” diceva.
E l’uomo nero era arrivato, a distanza di anni, ma era arrivato e faceva molta più paura di quel che poteva immaginare la mente di una bambina.
Una sera però, uno degli uomini col passamontagna entrò nella stanza, subito i suoi due occhi azzurro ghiaccio attirarono la mia attenzione,era David. Mi slegò, poi, dopo avermi tolto lo scotch dalla bocca, con delicatezza, prese i miei polsi tra le mani e alzò lo sguardo verso di me, i suoi occhi dentro ai miei.
“Mi dispiace!” sussurrò.
Delle lacrime silenziose rigarono il mio viso
“Non avrei voluto lasciarti qui, sola con loro! Adesso ci sarò io, e per un po’ di giorni loro non saranno qui!”
Non avevo forza, né voglia di parlargli. Ero in uno stato di trance.
Lui mi prese in braccio di peso e, facendo attenzione a non farmi sbattere contro le pareti, mi portò nella camera dove ero stata la prima sera, poi mi poggiò delicatamente sul letto.
Chiusi gli occhi.
Mi svegliai il mattino seguente, David era seduto su una sedia e mi guardava.
“Hai tremato tutta la notte! Ho cercato di coprirti come potevo!”
Solo in quel momento feci caso al giubbotto di pelle che avevo addosso.
“Ti ho ordinato un cappuccino e una briosche, nel caso avessi fame!”
Rimasi rannicchiata sul letto, senza emettere un fiato.
David mi si avvicinò e mi tese la mano.
“Vieni, ti accompagno in bagno”
Mi alzai piano, mi sentivo debole e vulnerabile.
Varcai la porta del bagno e arrivai davanti allo specchio, ero ridotta uno straccio, il mio viso era scavato e delle grandi occhiaie mi contornavano gli occhi gonfi.
Mi sciacquai la faccia con dell’acqua tiepida, mi toccai i polsi, facevano male.
Erano comparsi dei segni di abrasione, li passai sotto l’acqua tiepida provando un minimo piacere.
Quando ebbi finito, David mi fece mangiare e pian piano recuperai le forze.
“Va meglio?”
Annuii.
“Ce la fai a parlare?”
“Sì!” sussurrai
“Mi dispiace, credimi!”
“Perché provi compassione per me?” dissi alzando leggermente il tono di voce
Lui abbassò lo sguardo, poi tornò a me
“Perché non posso vedere una persona ridotta così!”
“Perché allora continui ad aiutarli?
“Perché devo..”
“Ti prego, lasciami tornare a casa!”
“Non posso!” i suoi occhi celesti sembravano chiedere pietà
Rimasi in silenzio, David si avvicinò a me e mi baciò la fronte. Le sue labbra soffici sulla pelle mi fecero rabbrividire e quella vicinanza così improvvisa, che da un lato mi faceva paura e dall’altro mi rassicurava, portò il mio cuore ad accelerare il battito.
“Sei così bella, Ashley!” disse piano “Avrei tanto voluto conoscerti in una situazione diversa da questa!” aggiunse poi, scostandosi da me
Quelle parole mi lasciarono stupefatta, rimasi nuovamente in silenzio.
“Ti va di parlarmi un po’ di te?”
“Cosa vuoi sapere?”
“Dimmi quel che vuoi che io sappia di te!”
“E se io non volessi farti sapere nulla di me?”
“La scelta è tua, io volevo solo fare due chiacchiere!”
Non gli diedi una risposta, ma quando lo vidi alzarsi e dirigersi verso l’altra stanza parlai, gli raccontai dei miei genitori, di Anne e Anthony Mikaelson, di lei che era avvocato penalista e di lui, il proprietario di una grande azienda.
Lui tornò accanto a me
“Ma questo probabilmente già lo sai…” dissi infine cercando il suo sguardo
I suoi occhi color ghiaccio dissero molto anche se dalla sua bocca non uscì un fiato.
Notai che il nostro era un gioco del silenzio e che entrambi avevamo il potere di lasciare senza parole l’altro. Lui, aveva il potere reale del gioco e avrebbe potuto interromperlo in ogni momento lasciandomi tornare a casa o facendomi del male e io, non potevo far altro che calcare sul senso di colpa che intravedevo in lui, cercando di aprirmi un varco nella sua anima.
“Volete i loro soldi?” continuai
“Non posso parlartene Ashley!”
“Avete già chiesto il riscatto?” avevo intenzione di insistere fino ad ottenere una risposta
“Non posso!”
“Per favore David, sono rimasta da sola in questo buco per giorni, senza nessuna speranza di rivedere la mia famiglia e i miei amici! Ho bisogno di sapere! Non dirò agli altri uomini quello che mi dirai, rimarrà un segreto tra me e te!”
“Ashley, io…” gli presi la mano e lo guardai  dritto negli occhi ancora una volta
“David, ti prego!”
“Hanno già chiesto il riscatto..” disse
“Quanto tempo fa? Mio padre non ha ancora pagato?”
“Non sono i soldi che vogliono da tuo padre, Ashley..”
“E cosa allora?”
Lui ritirò la sua mano, lasciando le mie vuote
“Basta, non posso dirti di più!”
Decisi di non forzare David ulteriormente, aveva detto che sarebbe rimasto un po’ di giorni solo con me, avrei avuto altre occasioni per fare domande e inoltre, non volevo farlo infuriare, come già era successo, perché era l’unico da cui ricevevo un po’ di umanità ed era una necessità, per me, in quella situazione.
  
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