Il giorno prima non mi era andata molto bene la ricerca della mia nuova preda, forse perché ero partita con il piede sbagliato e avevo pensato ad un Finn come mio probabile fidanzato. Dio, mi saliva il disgusto solo a ripensarci. Camminando lentamente per i corridoi a testa alta e con lo sguardo fiero, mi guardavo attorno, cercando qualcuno che potesse essere anche solo un sei sulla mia classifica personale della decenza. Non chiedevo molto, solo qualcuno che potesse interessarmi fisicamente e, chissà, magari anche mentalmente. Non volevo un idiota al mio fianco. Aprii l'armadietto e misi i miei libri apposto, per poi chiuderlo piano e allontanarmi da lì, con la testa piena di pensieri, come mio solito. Lentamente raggiunsi il campo da football, sedendo sulle scalinate, aggiustandomi la gonna con una mano e tenendo ferma la coda di cavallo che si muoveva per via del vento. Il mio sguardo si posò su quei ragazzi che, schifosamente sudati, correvano e si lanciavano una palla dalla forma ambigua. Insomma, come poteva essere chiamata palla una cosa a forma allungata? E dal colore sospetto, poi. Allontanai i miei pensieri dalla palla e li portai su un'altra rotta, mentre anche lo sguardo si spostava. Eccolo lì, il ragazzo che cercavo. Ryder Lynn. Giocatore di football, ragazzo sensibile e premuroso, ma con quella strana scintilla negli occhi che mi diceva che c'era qualcosa di ambiguo anche in lui e non solo nella palla che teneva in mano. Mi sporsi in avanti e assottigliai lo sguardo. A parte la dentatura alla Timmy Turner non c'era nulla che non andasse in lui. O forse qualcosa c'era. Fu un lampo, come l'altro giorno, e mi ritrovai ad immaginare il mio futuro.

Il letto era grande e comodo, le lenzuola erano morbide e profumate, ma poco mi importava del letto e delle lenzuola in quel momento. Sopra di me si trovava lui, le sue labbra sul mio collo e il suo corpo a stretto contatto con il mio. Le mie mani che si muovevano sulla sua schiena, accarezzandola lentamente, quando, all'improvviso, successe: lui mi chiamò Marley.

Sbattei piano le palpebre, poi sospirai e mi alzai, scuotendo la testa. Ecco cosa c'era che non andava in lui: era innamorato perso di Marley. Cosa dovevo fare? Lasciarne uno e prendermene un altro che sbavava dietro a miss occhi da cerbiatta e sorriso da procione? No, assolutamente.