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Autore: I_love_books    25/02/2013    4 recensioni
Questa ff su moonacre, film che adoro, si svolge all'incirca sei anni dopo il salvataggio della valle da parte di Maria.
La ragazza è stata costretta ad andarsene da casa sua, ad abbandonare tutto e tutti.
Come saranno i suoi rapporti con Robin? Il tempo li avrà cambiati?
Scopritelo leggendo. BUONA LETTURA!
N.B. All'inizio della storia Robin non avrà tredici anni, come è scritto nella trama ufficiale, ma diciassette
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin De Noir, Maria Merryweather, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da questo momento in poi cercherò di aggiornare una volta a settimana.

Così… almeno per mantenere una certa regolarità

Grazie alle persone che recensiscono e anche a quelle che leggono soltanto

I_love_books

 

Nella torre

 

Aveva caldo, non riusciva a respirare.

Socchiuse di poco le palpebre…e un fiotto di luce lo accecò, facendogli venire il mal di testa.

Provò ad alzare un braccio…e gli prese un crampo.

Aspettandosi di tutto allora, provò a muovere la mano…e sentì che qualcosa di morbido e liscio stava tra le sue dita. Qualcosa di piccolo, di…familiare, in un certo senso…

Riprovò ad aprire gli occhi e tentò di abituarsi alla luce che filtrava attraverso la tenda, ma con scarso successo.

La mano (ecco cos'era) dentro la sua si mosse veloce e sfuggì dalla sua debolissima presa.

Subito dopo sentì qualcosa di bagnato e gocciolante sulla fronte, e poi dei passi, dal rumore sempre più flebile.

Non ce la faceva più. Aveva bisogno di sapere.

Spalancò gli occhi e si guardò intorno.

Era in una stanza bianca e avorio, con il soffitto dipinto: un cielo blu, senza stelle, era sopra di lui.

Era stato disteso su un letto, accanto al quale era poggiato un secchio pieno di una strana acqua rossa. Che fosse…?

Si toccò la fronte, poi la nuca.

L'ultimo ricordo che aveva riguardava una brutta caduta all'indietro.

Doveva aver perso parecchio sangue. Da incidenti come quello non se ne usciva spesso vivi…

Si concentrò sul paesaggio che si riusciva ad intravedere dalle finestre. Era davvero in alto, almeno venticinque metri di altezza da terra.

Si tirò su, a sedere, e si sostenne sulla testiera del letto.

In quell'istante la porta si aprì piano con uno scricchiolio.

-Tu? Che ci fai tu qui…Ma…- balbettò il ragazzo, esterrefatto.

L'altra sorrise, un solo angolo della bocca tirato su. Un'espressione decisamente derisoria, per lui, che già se ne intendeva molto.

-Ora non fiatare, chiaro? Devo metterti questa- gli disse, con un intero rotolo di garze in mano, senza abbandonare il suo strano sorridere.

Qualche minuto dopo, Robin si ritrovò la testa completamente bendata.

-A-aspetta, perché l-lo h-hai…- la cosa non quadrava.

-Ero in debito con te- rispose semplicemente la ragazzina, con un'alzata di spalle. Poi iniziò ad alimentare il fuoco.

-N-non avevo notato c-che ci fosse u-un caminetto…È b-bello q-qui…-

Stavolta il mezzo ghigno che era sul viso di lei si trasformò in un vero sorriso, ma non lo diede a vedere. -Come mai eri qui da queste parti? Non dicevi che volevi andartene di qua…-

-Beh, sì, ecco…Ehi, ma tu come?…come…E poi perché dovresti essere in debito con me?- era sinceramente perplesso. Solo una persona, tra tutte quelle che aveva incontrato, poteva ritenersi debitrice…

Improvvisamente si sentì un grido -Maria!…Scendi…-

Lei si morse il labbro e arrossì. Poi corse fuori.

-No, aspetta…Fermati!…Non…-

Ma la sentì scendere per le scale.

Non passarono che dieci minuti, che ritornò, ma questa volta non doveva dire altro che -Non uscire di qui, per nessun motivo- e lui si ritrovò ad annuire. Ora sapeva dov'era. E doveva ascoltarla.

 

Di sotto, intanto, erano tutti riuniti attorno al tavolo per il pranzo.

Maurice era seduto, tutto contento, su una sedia rialzata e lo zio Benjamin, aiutato provvidenzialmente dalla signorina Heliotrope, era lì vicino ad imboccarlo.

Loveday, Digweed e Marmaduke stavano parlando -Non lo so, signora Merryweather…lei crede che sia salutevole?…Per lei, intendo…-

-Ma certo, Digweed, che discorsi sono? Non può mica succedere il finimondo per una volta, no?-

-Di…cosa state parlando, voi?…- Maria si intromise nella conversazione.

-Di una gita che faremo questo pomeriggio- le rispose Loveday, anticipando le proteste del domestico.

-Fantastico! Non vedo alcun impedimento, Digweed, perché dovrebbe essere pericoloso?- chiese.

Digweed sembrava nervoso -Signorina, è perché nei boschi si aggira un fuorilegge, una possibile minaccia per la vostra incolumità, e…-

-La mia incolumità? In che senso, non capisco…-

Loveday e Benjamin si scambiarono delle occhiate, poi, lo zio si schiarì la voce e iniziò -Vedi, mia cara, il giorno in cui te ne andasti c'era una persona che non sapeva della tua imminente partenza. Quella persona era Robin, il figlio di Coeur de Noir. Lui…non ha mai accettato questo fatto. Da lì è iniziato il suo vagabondare. Se ne è andato da casa sua ed è venuto a Londra, dove eri tu, non mi è mai stato chiaro il motivo. Poi…si è fatto una vita tutta sua e…-

Le ultime parole le ricordavano terribilmente quelle usate dal ragazzo, l'ultima volta che si erano visti. Le era parso incredibilmente triste.

-Ehm…zio…Voi lo perdonereste?- domandò con esitazione Maria, anche se sapeva come avrebbe risposto. Infatti l'uomo le disse -No, ci ha fatto troppo male, a cominciare da Loveday- la quale fissò insistentemente il pavimento in marmo.

-Io…torno subito…- e corse, precipitandosi su per la torre.

Le scale non le erano mai sembrate così tante.

Quando arrivò in cima vide il ritratto della Prima Principessa della Luna immancabilmente appeso alla parete. Sorrise, in ricordo alla sua ultima avventura a Moonacre.

Poi, all'improvviso, si riscosse dai suoi pensieri ed entrò nella sua camera.

Robin non si accorse che lei fosse entrata e continuò a giocherellare con un nastro blu.

Con soli tre passi gli si piazzò davanti -Come hai potuto ridurti così?- sembrava quasi un'accusa.

Il ragazzo non alzò lo sguardo. Sospirò, storcendo la bocca -Ehi, calma, calma, non è che ci vada così matto per la mia vita. Oramai è andata. E poi, come hai detto tu, chissà a chi può importare di me, giusto?-

-A me!- gli urlò contro, spaventandolo a tal punto da costringerlo a guardarla in faccia.

-Sì a me, De Noir, a me importa della disgustosa vita che conduci da sei anni. A me importa di quello che sei diventato, di come tu sia stato trattato, ma soprattutto mio caro, a me importa del fatto che tu possa pensare di non poterci fare niente, quando non è affatto vero.-

Per tutta la sua sfuriata lui si era aggrappato al copriletto, terrorizzato. -Ed è per questo che ti aiuterò a tornare una persona normale.- aggiunse infine.

-C-che? Una persona normale? Io? Oh no, assolutamente no. Non capisci che io sono un emarginato, che nessuno della famiglia, sia mia che tua, non vuole avere più niente a che fare con me? È impossibile…- sì, era vero. Non ci sperava più. Normalità, amore, affetto, queste parole non avevano alcun significato -Li ho delusi-.
Una lacrima gli scese lenta, seguendo il tratto della sua cicatrice, e gli arrivò al mento.

La ragazza la seguì con gli occhi, sentendosi in colpa.

-Perché lo hai fatto, perché sei scappato?- gli chiese, tutto d'un soffio.

-E tu perché te ne sei andata?- le domandò lui, per tutta risposta, lo sguardo duro, severo -Perché sei stata via per tutto questo tempo? Cosa ti ha fatto partire?-

Maria prese uno sgabello e vi si sedette, proprio di fronte al ragazzo. Si grattò il naso -Ecco…io non volevo tornare a Londra, abito qui adesso, ma dovevo finire gli studi da un'altra parte…così, in meno di poche ore mi sono ritrovata in una scuola qualunque, buia e triste, soprattutto senza poterti avvertire. Mi…mi sei mancato, Robin, davvero…-

Non credeva alle proprie orecchie. Sul serio lo aveva detto?

-Sul serio?- e la vide arrossire.

-Beh, sì…e tanto…Ehi, comunque tocca a te darmi la tua risposta. Perché sei scappato?- ripeté, tentando di cambiare argomento.

Fu il turno di Robin a cambiare colore -Perché…insomma…Perché non avevo alcun motivo per rimanere lì. O-ogni mio scopo di v-vita se ne e-era andato c-con te e…- ma si interruppe quando vide i suoi occhi sbarrati di sorpresa.

-Senti…lascia perdere, va bene? Ora è-è meglio che me ne vada, ti…ti ho rubato già troppo tempo, ti sei messa nei guai per colpa mia…- e provò ad alzarsi dal letto, ma lei lo fece sdraiare nuovamente con una spinta della mano. Era, ovviamente, troppo debole per fare resistenza.

-Ah no, non ci pensare nemmeno, De Noir, sei quasi morto dissanguato e vorresti rimetterti in piedi? Roba da matti!- finì con il mormorare, le mani nei capelli -No, tu rimani qui…e non voglio sentire scuse, sono stata chiara? Adesso io scendo un attimo…torno subito…-

-Come vuoi tu, Principessa…- bisbigliò, quando la porta era già chiusa.

Poi chiuse gli occhi, sorridendo al solo pensiero di non esserle indifferente. 

  
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