Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: KiraKira90    25/02/2013    5 recensioni
Una profezia sul potere, una femmina testarda ed un principe orgoglioso...
Sullo sfondo di un'imminente battaglia i vecchi nemici devono unirsi e amicizie preziose rinsaldarsi.
Quattro anni dopo la morte di Naraku, l'avanzata di un esercito straniero si fa inesorabile e l'Ovest ha solo una scelta: resistere!
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Nuovo personaggio, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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25. Avvicinarsi

 

Lo aveva sentito chiaramente.
Quell’odore …
Dalle sue stesse sfumature …
Non potevano esserci dubbi: “Sesshomaru!”
Cosa ci faceva nella foresta del Goshinboku? E soprattutto perché l’odore del suo sangue ne imperniava l’aria?
La sua testa era gremita di pensieri e domande, ma non aveva tentato di darsi qualche spiegazione.
Al vibro di Tessaiga ogni esitazione era venuta meno e si era mosso, scattando verso la sua gemella.
Non una parola, non un consiglio, non un qualche riguardo … Aveva ignorato tutti e tutto, tranne quella preziosa informazione.
Correva con uno scatto estraneo agli uomini e con un’angoscia sconosciuta ai demoni. Non capiva il motivo per cui aveva reagito a quel modo, ma si rendeva conto che non avrebbe potuto fare diversamente. Era pur sempre l’odore di suo fratello.
Per quanto odio e risentimento potesse provare non avrebbe mai potuto ignorarlo.

L’albero sacro si faceva sempre più vicino e la sua curiosità più grande. Era vivo?

 

***

 

Non osava abbassare le lame, nonostante stesse seguendo degli innocui petali danzanti.
Aveva obbedito: stava seguendo il vento, ma il luogo in cui si stava inoltrando le era fastidiosamente sconosciuto.
In particolare, temeva chi o cosa si sarebbe trovata di fronte … Cosa poteva volere da lei?
Sempre di più si avvicinava al cuore della foresta e lo capiva dalla vegetazione sempre più fitta e dalla luce sempre più tenue.
Perché aveva fatto una simile sciocchezza?
Poteva trattarsi di qualsiasi cosa: di una trappola del nemico, di un oni in cerca di un pasto o di spore che davano allucinazioni, eppure …
Quella voce … le era parsa gentile, proprio come il suono delle foglie scosse dalla brezza. L’aveva spinta ad accettare il suo invito ma ora lei si corrucciava.
Fidarsi di qualcuno o qualcosa la spaventava a morte. Lo aveva fatto in passato, ma questa si era dimostrata sempre mal riposta.
Anche quell’ultima volta aveva sperato, ma lui …
Scosse il capo irritata: Sesshomaru era morto, doveva smetterla di pensarlo!
Non l’avrebbe portata da nessuna parte il compiangerlo. Era al presente che doveva pensare. Era per il presente che doveva lottare.
Si concentrò su questo con tutte le sue forze e proseguì la sua marcia. Pareva farsi sempre più buio …
Più volte si chiese perché stava continuando ad avanzare nonostante tutti i suoi dubbi. Più volte li ignorò.
Poi, dopo ancora pochi passi, la vide: una radura con al centro un unico imponente tronco e luce, tanta luce nonostante i suoi rami imponenti.
I petali e il vento danzarono lì attorno, giocando con le sue foglie. “Che bel suono …” si ritrovò a pensare.
Era uno strano luogo. C’era una strana e naturale referenza per quell’albero. Nulla cresceva ai suoi piedi, se non erba bassa e verde.
Gli uccelli intonavano canzoni e si appollaiavano di ramo in ramo, ma non sui suoi …
C’era una strana energia. Una strana forza che le attraversò il corpo non appena posò un piede su quel terreno. Che fosse lui?
Non attese a lungo una risposta. Sentì un lieve tremore e uno scricchiolare di corteccia, come se si stesse per staccare, poi lo vide. Un volto rugoso, incastonato al centro del tronco ...
Si ritrovò impietrita.

“Fanciulla dai capelli dorati che fuggi dal tuo castello, non temermi …”

 

***

 

L’odore era ancora più forte standogli lì vicino. Gli stava davanti agli occhi. A terra. Immobile.
Non osava avvicinarsi e tentava in tutti i modi di carpire segni vitali in lui.
Cercò di fargli arrivare il suo odore. Sicuramente non se ne starebbe stato lì a farsi “compatire” da lui. Lo avrebbe cacciato, forse avrebbe tentato di ucciderlo, ma almeno si sarebbe mosso. Sarebbe stato il vecchio e solito Sesshomaru. Il fratello peggiore che un mezzo-demone potesse avere. Ma lui non si muoveva neanche così ...
Non poteva credere che qualcuno fosse riuscito a ridurlo in quello stato. Un sol colpo pareva avergli inferto una serissima ferita.
Il candore del suo manto era tremendamente scarlatto e Inuyasha sentì un tremendo disagio.
“Sesshomaru?!” cercò di chiamarlo, ma fu ignorato.
“Sesshomaru!” riprovò con più veemenza, correndogli accanto. Ora consapevole della critica situazione.
Aveva perso molto sangue ed era più pallido del solito. “Sesshomaru?”
Com’era possibile che lui … ?
Impacciato sul da farsi si tolse la casacca fatta col pelo di Hinezumi e tentò di premerla contro la ferita, ma …
“Non. Ho. Bi. Sogno. Del. Tuo. Aiuto.” Pronunciò a stento quella frase, fissando Inuyasha con gli occhi appena socchiusi. L’hanyou se ne sorprese, pensando a quanto potesse essere cocciuto persino in quelle condizioni. “Stupido! Vuoi morire, forse?” s’infuriò.
“La. Scia. Mi. So. Lo.” Si limitò a rispondere, poi richiuse gli occhi, sfinito.
Inuyasha capiva che in quel momento lui era l’ultima persona che desiderava incontrare, ma non avrebbe potuto far finta di niente …
Non ne sarebbe stato in grado …

“Inuyasha?” La voce di Kagome lo raggiunse, atterrando fra i cespugli in groppa a Kirara.
Inuyasha era ancora inginocchiato davanti al fratello, ormai preda di un profondo sonno.
Miroku fu il primo a scendere dalla nekomata, facendo alcuni passi in sua direzione. Lei ne seguì l’esempio.
“La divina Kagome mi ha raccontato dell’odore di …” quella vista lo zittì di soprassalto.
“Miroku? Inuyasha?” li guardò interrogativa. “Che vi prende?” poi guardò meglio in direzione dell’hanyou e inorridì. “Sesshomaru?!”

***

La perfezione. Il rigore. La potenza. L’ubbidienza ...
Komori ammirava soddisfatto l’efficienza del loro esercito, ghignante su una delle torri della loro fortezza.
Li aveva fatti schierare appositamente, su ordine del loro Signore, ed ora la distesa del loro schieramento pareva immensa.
L’Ovest non poteva avere speranza e loro del resto non avrebbero avuto pietà alcuna. Lui per primo avrebbe decapitato le teste dei generali rimasti.
Che meravigliosa carneficina si prospettava. Poteva già sentire l’odore del sangue e il rumore delle ossa in frantumi. Quale goduria …
“Komori.” la fastidiosa femmina lo distolse da quell’inebriante immagine.
“Tomoe … ” pronunciò quel nome disgustato. “Quale spiacevole incombenza ti manda qui da me?”
“Il Padrone vuole che il tuo brutto muso lo aggiorni sui preparativi …” rispose stizzita.
“Come desidera …” gli sibilò in volto. “Annunciami pure.”
La youkai lo guardò schifata, limitandosi a tornare sui suoi passi. Komori la seguiva ad una certa distanza, ma il suo fetido respiro pareva raggiungerla. Con quale essere lascivo e abominevole si ritrovava a collaborare …
Lo disprezzava, forse quanto o più dell’
Au, ma come il suo Signore, lei per prima sapeva quanto a lui fosse fedele. Un parassita che si nutre delle carneficine e del sangue che il suo padrone gli offre. Come avrebbe potuto non essergli grato?
Era quasi una droga per lui. La sofferenza altrui gli procurava una macabra soddisfazione. Lo compiaceva e lo appagava.
Un essere fin troppo abominevole, anche per lei, ma indubbiamente utile. Lo avrebbe sopportato per il bene del suo amato Signore. L’unico che davvero contasse in quell’inferno di spade e grida. L’unico che per lei contasse qualcosa.
“Strano che non ti abbia chiesto di divenire lei …” la stuzzicò sadico. “Pare apprezzarti di più nei suoi panni.” Ridacchiò divertito.
“Peccato, invece, che tu debba per forza restare il viscido verme che sei!” gli rispose a tono, visibilmente colpita da quelle parole.
Lo scorpione s’imperniò di quell’odio e se ne compiacque. Purtroppo non poté continuare quel gioco a lungo. Erano ormai giunti alle stanze del Generale e lui si leccò i baffi nell’attesa dei prossimi ordini. Tutto faceva presagire il peggio e la sola idea gli fece ribollire il sangue.
Entrambi entrarono nell’imponente sala, ricca di drappi, sfarzo e ricchezza depredati. La somma figura era al centro, mentre tre ancelle lo vestivano minuziosamente. Gli annodarono la cinta dell’hakama, fermando il kimono, e poi passarono all’armatura. Fu stretto in una corazza lamellare nera, di un colore profondo ed intenso. Ogni singola placca era intarsiata in oro, creando nell’insieme splendidi arabeschi.
Tomoe gli si avvicinò con confidenza, annunciando tacitamente la presenza di Komori.
Il dai-youkai non si volse neppure, lasciando che le serve svolgessero il loro lavoro.
“L’esercito è pronto?” La voce era chiara e pacata, nonostante si percepisse la decisione della richiesta.
“Sì, mio Signore. Scalpita ai vostri ordini …” Lo scorpione per primo fremeva nell’attesa.
“Bene. È tempo di muoversi.” ordinò, mentre ultimavano la sua vestizione. Strinsero la cinta, fissando le protezioni per le gambe, ma non si azzardarono a toccare le armi. Gli porsero l’elmo e sistemarono il mantello. Poi il Generale dell’Est si avvicinò al tavolo su cui erano posate e strinse il Dao* al fianco. Brandì il Guan dao* e lo fece volteggiare in aria con destrezza. “Sarà bello potermi sgranchire le ossa.” commentò distrattamente, ammirando la lama lucente dell’alabarda.
Tomoe ne contemplò il vigore incrociando i suoi occhi scuri. Parevano insoddisfatti ...
“L’esercito deve vederti. Avresti già dovuto mutare il tuo aspetto.” La riprese.
Quelle parole divertirono immensamente Komori che si ritrovò a osservare la mutaforma in cerca di un qualche segno di fastidio o irritazione sul viso.
La demone carpì gli sguardi malevoli e non volle dargli soddisfazione. “Avete ragione, chiedo scusa.” Cercò di rispondere cortesemente, nonostante il moto di tristezza che le stringeva il petto.
Il Signore parve intuire la situazione e congedò sbrigativo Komori. “Assicurati che sia tutto sistemato. Niente sorprese o la tua testa volerà!”
Lo scorpione fece morire il ghigno di soddisfazione nei confronti della yasha e intimorito si limitò ad ubbidire.
Tomoe fece un lieve inchino, appropinquandosi.
“Non ti ho congedato.”
La bloccò sul posto. Non trovava piacevole dover restare ancora al suo cospetto. Non con quel turbinio di emozioni contrastanti ...
Il Generale la raggiunse e la strinse al petto, freddamente. Non l’aveva mai stretta in altro modo.
“Tu sai quanto sei preziosa ora che lei non c’è, vero?”
Tomoe si rannicchiò fra le sue braccia, cercando di trarre un qualche calore da parte sua.
“Non saremmo riusciti ad arrivare fin qui senza di te …” aggiunse, riuscendo a farla annuire.
“Bene. Non dubitarne mai …”
Tomoe annuì di nuovo, ma nella sua testa regnava un unico pensiero e lo ripeté più volte.
“Ora che Mya non c’è …”
Lo sapeva benissimo …

 

 - continua -

 

 

ANGOLINO AUTRICE: Saluti e chiarimenti

Sorpresaaaaa! Avete visto? Aggiornamento record secondo i miei standard da lumaca! XD
La verità è che ho una voglia matta di finire questa fan fiction e devo approfittare del momento libero il più possibile!
Ringrazio di cuore i recensori del passato capitolo e invito i lettori a dirmi la loro su quello appena letto! =)
Bando ai convenevoli e veniamo alle cose (per me) più interessanti:


Dao:
è una categoria di armi bianche manesche del tipo spada, rientranti sia nella tipologia della scimitarra che in quella della sciabola. Il dao ha lama ricurva e monofilare, con filo sul lato convesso e, solitamente, con contro-taglio accentuato. L’impugnatura tendenzialmente è ad una mano, anche se esistono tipi di dao a due mani utilizzati per lo più nella cavalleria cinese. In Cina, il dao è conosciuto come una delle quattro principali armi delle arti marziali, insieme al gun, al giang e al jian.

 


Guan dao:
è un'arma inastata cinese. È composta da una massiccia lama monofilare con dorso dalla linea frastagliata, fissata su di un'impugnatura lignea di circa 1,5 m. Il nome dell'arma deriva da dao, la scimitarra cinese, la cui forma è ripresa nella lama, e dal generale Guan Yu, che secondo la mitologia cinese fu il primo maestro nell'uso di questo tipo di arma: guan dao significa quindi "scimitarra di Guan". La caratteristica principale dell'arma sono gli attacchi circolari, che sfruttano la lunghezza dell'arma e la rotondità della lama.
Il
 guan dao viene oggi utilizzato in diverse arti marziali cinesi.



Le armature cinesi erano molto semplici se paragonate alle complicate armature dei samurai. Erano formate da lamelle incastrate fra loro con dei lacci.
Forse non lo saprete, ma trovare dettagliate informazioni online sulle armature cinesi, non è stata una passeggiata! O.O
Mi sono dovuta affidare a molte immagini, poche nozioni qua e là ed a spudorata fantasia. Ringrazio i film di Mulan e I Tre Regni! (XD)

Detto questo, spero di aver soddisfatto almeno un po’ le vostre curiosità. =)

Alla prossima. KissKiss KiraKira90

   
 
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