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Autore: Scillan    25/02/2013    0 recensioni
Ci sono due generi di sogni.
Quello che viviamo da svegli e rappresentano i nostri desideri.
Quelli che viviamo quando quando chiudiamo gli occhi.
C'è chi vive a metà tra questi due esseri.
E poi, c'è chi li mangia.
Indistintamente
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dormiveglia

 

Avevo cinque anni ed ero all'ultimo anno della scuola materna. Spesso la nostra maestra ci rivolgeva domande che erano passate sulle bocche di tutti i grandi -Che scuola vorresti fare?-, -Chi è il tuo amichetto preferito?-, -Ti piace cantare? O preferisci disegnare, oppure ballare?- ma di sicuro quella che per le orecchie dei bambini era la più familiare era: -Che cosa vuoi fare da grande?-

 

Rimasi a guardarla stupito per qualche secondo -Da grande?- dissi. Lei mi sorrise, irritata, un po' come si fa ai bambini ritardati -Sì. Quando diventerai come mamma e papà, dovrai lavorare anche tu. Ti piacerebbe, non so, essere un calciatore? O un astronauta?- ripeté, scandendo bene le parole.

Ebbi la tentazione di schiacciarle il bel nasino che la aiutava a far scivolare una marea di uomini ai suoi piedi con il mio poco gentile pugnetto, ma mi ricordai la sgridata di mamma quando lo avevo fatto a Tom dopo che lui aveva tirato i capelli a una delle bambine della mia classe. - Ma io non voglio lavorare. Voglio giocare.- -Ma un giorno dovrai lavorare, tesoro. Tutti devono. Su dimmi cosa vorresti fare. Accetto qualsiasi risposta.- E doveva essere vero, visto che Lizzy le aveva appena detto di voler diventare un cavallo.

-Va bene anche un sogno.- disse per spronarmi anche se senza un minimo di entusiasmo. Subito ripresi interesse per la domanda che mi era sembrata tanto sciocca; i Sogni! Sognavo in continuazione! Di notte e di giorno, soprattutto. Sognavo di essere un eroe, di volare e vedere la mia casa dall'alto, di cavalcare un dinosauro o più semplicemente farmi avvolgere dall'abbraccio di mia madre e di mio padre, che tanto spesso erano via, alla scoperta di un mondo di cui non facevo realmente parte.

-Il mio sogno è quello di  avere tanti Sogni!- risposi con tutto l'entusiasmo di un bambino, aspettando che la maestra  mi facesse dei complimenti e magari mi desse anche una caramella. Invece quello che ricevetti fu solo uno sguardo di disprezzo: rimasi sconvolto, mai nessun adulto mi aveva guardato così. -Che sciocchezza! Non sono i sogni che ti fanno andare avanti nella vita. Imparalo presto moccioso.-

 

Crack..

 

Detto questo si girò e andò ad occuparsi di un altro bambino. Rimasi lì, a fissare il vuoto, per qualche minuto. Quelle parole così dure avevano rotto qualcosa dentro me e mi sentivo un po' come se mi avessero tolto il pavimento sotto i piedi. Quello sguardo gelido e pieno di disprezzo, che non riuscivo a capire, aveva lasciato un'impronta nella mia anima marchiandola indelebilmente. Quelle era sempre stata la mia convinzione, quello che in un certo senso pensano tutti i bambini e sanno perfettamente. Ma dopo un po’ di anni si capisce che si deve crescere e non si vive solo di sogni, e pian piano cominciano a dimenticare, come l'inchiostro quando viene messo nell'acqua. Io però non l'avevo dimenticato e davo per scontato che fosse così anche per gli altri...

 

 

 

Da quel giorno cominciai a capire come funzionava davvero il mondo; non era quello che pensavo io che dovevo dire, ma quello che la gente voleva sentirsi dire. Molto più facile essere parte di un tutto che essere da solo dall'altra parte del muro.

Cominciai a mentire, prima alla maestra, poi ai miei amici, ai miei genitori, e infine a me stesso. E più mentivo, più i miei sogni si sporcavano, svanivano. Di giorno cominciai a pensare a compiacere e a non lasciarmi più in balia dei sogni, poi, poco a poco, cominciai a non sognare più neanche la notte. Le mie notti erano ormai buie e sole. Non esercitai più la fantasia, il nutrimento dei sogni, e il mio vero “io” cominciò a tingersi di grigio ed indifferenza. A furia di dire quello che la gente voleva cominciai a perdermi nella mie stesse menzogne, senza trovare le vere risposte a quelle domande. E la cosa peggiore era che non mi importava. Ero ormai indifferente persino a me stesso.

Per undici anni mi sentii perso nel nulla, l'importante era solo andare avanti, retto solo da un lontano istinto di sopravvivenza. Niente che mi piaceva, niente che mi interessasse, fino a quando non la sentii, e la sua musica non mi entrò dentro, arrivando dove ormai neppure io riuscivo ad arrivare, rompendo un lucchetto che non sapevo di aver messo. E la mia vita cambiò, definitivamente.

 

 

Joi lasciò cadere i libri sul banco alla mia destra, e si accasciò nel modo più teatrale possibile, come al solito. Era appena finita la quinta ora con la professoressa Ernette, ed il mio amico aveva praticamente passato metà lezione in bagno, con la scusa del maldipancia, anche se il punto era che non riusciva a reggere l'ora di matematica, così come quella di storia, o italiano, biologia, o geografia... insomma, tutte quelle in cui c'era da studiare. Passava l'anno solo grazie al suo carattere adulatore, al suo sorriso da modello e ai soldi che i suoi sganciavamo ogni anno per non far fare al loro bel bambino una figura da asino.

-Sono esausto!- disse. Mi scappò un risolino -Immagino, dopo aver passato un'ora chiuso in bagno a leggere la Gazzetta dello Sport nascosta nel libro di matematica.-  Mi lanciò un'occhiata colpevole che avrebbe fatto svenire metà delle mie compagne di classe. - Sai come sono fatto. Non studierò mai davvero. Preferisco lo sport.- e si vedeva, avrei aggiunto io.

Era un mito in qualsiasi cosa che centrasse col correre, saltare, o andare dietro ad una palla; al contrario di me. A scuola se prendevo un sette era un miracolo ed il mio corpo esile e snello non era fatto per il troppo movimento. Spesso a causa del mio metro e ottantasette ero goffo ed impacciato, quasi il mondo fosse un vestito di qualche taglia di troppo, pesante ed enorme. L'unica cosa in cui ero davvero portato era la scienza, ma in un certo senso me ne vergognavo, di sapere tanti nomi a memoria e di riuscire a capire subito perché, combinando due sostanze avveniva una certa cosa e cosa comportava, così spesso davo la risposta sbagliata o non rispondevo affatto, per mantenere la media sul sei. La frase che mio zio sentiva più spesso ai ricevimenti generali era che l'intelligenza c'era, ma che non volevo applicarmi.

Come negare? Cogli anni mi ero costruito intorno una maschera, ragazzo normale, voto poco sopra alla sufficienza, simpatico nella media, strano nella media, divertente nella media. Insomma, niente di speciale, una persona comune in mezzo ad un gruppo di persone più o meno comuni.

-Senti, domani pomeriggio hai impegni?- mi chiese quasi guardingo, -No,- risposi -perché?-  - Sai che domani ci sono le audizioni per il Talent Show della scuola, e Cristina partecipa. So che queste cose non ti piacciono, però, che ne dici di andare a vederla? Dopo magari passiamo dalla sala da gioco.-

Era vero che non andavo matto per quelle esibizioni per masochisti dove gli sfigati partecipavano solo per sottolineare quanto lo fossero e per la reginetta della scuola, ma Joi ne era innamorato cotto. Avrebbe fatto di tutto per lei. A mio parere era la solita gallina che stava sul suo trono a lisciarsi le piume, mentre i galli strisciavano ai suoi piedi adoranti. Però in fondo Joi era abbastanza bello da riuscire ad attirare la sua attenzione. Era per questo che mi chiedevo perché fosse mio amico, anche se di certo non mi lamentavo.

-Perché no...- in fondo che sarebbe cambiato per me?

L'attimo dopo entrò il prof di italiano, chiudendo la conversazione.

Ancora non sapevo quanto sarebbe cambiato il mio mondo.


Note off: La mia prima storia EFP! Non si può dire che questa sia una delle mie prime creature, ne' quella cresciuta meglio, ma ci sono davvero affezionata, e al momento mi sento come una mamma che porta il proprio bimbo al primo giorno di scuola. Come lei so che crescerà, ovviamente, e ne ho un'idea. Un preavviso. Le mie storie sono lunghe. Davvero lunghe. E sebbene questo sia solo la prima parte di una trama che, davvero, andrà avanti per tanto, ammetto di avere bisgno di un po' di suppotro morale per portarla davvero avanti scrivendo e non pordomi in altri miei viaggi. Commentate! Commentate! Commentate!
Fatemi capire che qualcuno mi ascolta :3 

  
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