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Autore: giambo    25/02/2013    4 recensioni
Storia di come il bracchetto Snoopy e l'uccellino Woodstock si sono incontrati per la prima volta.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Snoopy, Woodstock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Primo incontro


 

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La prima volta che Woodstock vide Snoopy rimase abbastanza perplesso.

Era una giornata calda e luminosa. Una giornata di fine primavera. La prima primavera per Woodstcok. Aveva scoperto che era una bella stagione, con gli alberi pieni di fiori colorati, e i prati verdi e rigogliosi.

Ma era anche molto triste. Era stato costretto ad abbandonare il nido. Sua mamma gli aveva detto che era abbastanza grande per cavarsela da solo, ma il piccolo uccellino non era molto convinto di ciò. Tutto gli pareva così grande e sconosciuto davanti ai suoi occhi. Ogni giorno era una nuova scoperta per quel piccolo uccellino che svolazzava per la prima volta nel vasto mondo.

Ma la notte si sentiva solo. Tanto solo. Si era costruito un proprio nido, ma gli pareva freddo e vuoto senza la compagnia dei suoi fratelli e della sua mamma. Si sentiva sperduto senza di lei. Che lo coccolava, lo proteggeva e lo istruiva per sopravvivere nel mondo che c'era fuori dal nido.

Ogni cosa poteva nascondere un potenziale pericolo. Così gli aveva sempre detto la sua mamma. E lui, da bravo uccellino, doveva sempre essere prudente quando vedeva cose nuove perché avrebbero potuto nascondere un pericolo.

Eppure, a prima vista, quella cosa non sembrava pericolosa.

Era una specie di...albero? A Woodstock non sembrava simile ad alcun albero da lui visto prima di allora. Ma era fatto di legno, pur essendo di un vivace color rosso, e forse si trattava di un albero a lui sconosciuto. In ogni caso, Woodstock la trovava gradevole. Il colore rosso gli piaceva, e anche la cima lunga e sagomata sembrava confortevole.

L'unica cosa che stonava però, era la cosa che si trovava sulla cima di quello strano albero.

Era una cosa lunga ed immensa. La più grande che avesse mai visto. Occupava tutta la cima di quello strano albero. Era bianca, con una folta peluria che la ricopriva. La forma poi era, secondo Woodstock, assolutamente innaturale. Al posto delle ali infatti, quella cosa possedeva delle specie di zampe, solo molto più grosse e larghe. Inoltre, come se le stranezze non fossero abbastanza, quell'essere, perché di un essere vivente si trattava dato che si muoveva in assenza di vento, possedeva le stesse identiche zampe grasse e larghe anche sugli arti posteriori. Il muso poi era veramente assurdo: lungo e secco, terminava con una pallina nera che non stava mai ferma. Era l'essere più bizzarro che Woodstock avesse mai visto nella sua breve vita. Ed essendo bizzarro, poteva anche trattarsi di un potenziale pericolo.

Passò qualche minuto, Woodstock attese che quell'essere immenso si muovesse, per poter capire se rappresentava un pericolo oppure no, ma il tempo passava e di movimenti neanche l'ombra. Pareva profondamente addormentato. L'uccellino si disse che poteva essere l'occasione per superare quello strano albero ed il suo ancor più strano abitante per andare ad esplorare il mondo che stava al dì là. Ma la cosa lo terrorizzava. Dietro quell'albero vedeva immensi alberi cavi di tutte le dimensioni e forme che, molto probabilmente, nascondevano esseri ancora più grandi, bizzarri e pericolosi di quello che aveva davanti agli occhi.

Doveva farsi coraggio. In fondo, che ci voleva? Aveva le ali, sarebbe bastato volare sopra quell'albero, che era stranamente basso, e quel gigante bianco non gli avrebbe potuto fare niente.

Sì, avrebbe fatto così. In fondo lui era un uccellino coraggioso. Non doveva aver paura.

Tuttavia, una volta spiccato il volo, Woodstock non fu più così sicuro di aver fatto la scelta giusta.

Volare non era mai stato il suo forte. Era faticoso. E le sue piccole ali non erano ancora abbastanza robuste per sorreggerlo su lunghi tratti. E così, senza poter neanche realizzare cosa stava accadendo, le sue ali cedettero di colpo proprio quando stava sorvolando sopra il gigante addormentato.

Non appena ebbe toccato la pancia di quel colosso, quest'ultimo si mosse. La pallina nera che aveva in fondo al muso si contrasse velocemente, mentre due occhi neri come il carbone, grandi ognuno quanto lui, si aprirono di colpo, irritati dal sole e dal peso che aveva sullo stomaco. Lentamente, il gigante si sedette, facendo cadere sulla cima dello strano albero il terrorizzato Woodstock che, tremante, si domandava se quella gigantesca e crudele creatura l'avrebbe mangiato subito, oppure lo avrebbe prima torturato.

La gigantesca creatura in questione però non sembrava essersi resa conto di avere un intruso. Dopo essersi grattata la testa con una zampa, essa sbadigliò. Uno sbadiglio enorme che fece mostrare al piccolo uccellino le sue fauci in tutta la loro maestosità. Vedendole, il povero Woodstock poco mancò che svenisse dalla paura. I denti di quella creatura erano lunghi e acuminati e, sicuramente, lo avrebbero sbranato in pochi istanti.

In quell'istante, però, Snoopy si accorse di quel piccolo uccellino che lo fissava tremante di paura.

“E tu chi sei?” domandò perplesso il bracchetto.

Woodstock non rispose. Prima di tutto era troppo terrorizzato per spiccare parola. In secondo luogo, non era sicuro che quel coso gigantesco potesse capirlo.

“Sei timido per caso? Capisco, in questo caso, comincio io: io mi chiamo Snoopy e sono un bracchetto.” dichiarò il cane osservando con occhio curioso quel minuscolo e buffo esserino.

“E tu invece che cosa sei?”

Quella domanda fece sparire parzialmente la paura di Woodstock. Perplesso, l'uccellino ci pensò su un attimo.

Che cosa era lui? Un uccello no? Eppure l'altro aveva usato un nome diverso per definirsi. Un nome più...più particolare.

Bracchetto. Così aveva detto quel gigante. Lui era un bracchetto.

E lui invece che cosa era?

Vedendo Snoopy che ancora lo osservava, in attesa di una risposta, Woodstock decise di provare a parlargli. In fondo, se lui riusciva a comprenderlo, perché quel colosso non avrebbe dovuto capire lui? Con un filo di voce, l'uccellino gli comunicò che lui era un uccello. Davanti a quella risposta, l'altro parve perplesso.

“Mah! Questo l'avevo capito. Ma quello che non capisco è a quale razza tu appartieni.”

Razza? Che parola era mai quella? Woodstock non aveva mai sentito prima d'ora quella parola. Cosa significava quella parola? L'uccellino ci rimuginò a lungo su quel quesito, ma non riuscì ad arrivare ad una risposta soddisfacente. Alla fine, decise di domandarlo al bracchetto che, prontamente, rispose subito.

“Una razza è una categoria al quale appartieni. Prendi me: io sono un cane, ma sono anche un bracchetto che è una delle tante razze di cani che esistono. Anche se la mia è, ovviamente, la migliore in assoluto.”

Woodstock rimase sbalordito nell'ascoltare Snoppy. Le parole del bracchetto gli aprirono un mondo del tutto nuovo. Quindi lui non era solamente un uccello, ma apparteneva anche ad una razza in particolare! Quale scoperta! Ora doveva assolutamente scoprire a quale razze lui apparteneva. Solo che non aveva idea di come fare! Sconfortato, l'uccellino assunse un'espressione triste.

Davanti a quell'espressione Snoopy si intenerì. Quel buffo esserino gli stava già simpatico, e si accorse, sorpreso, di stare male nel vederlo tutte triste ed abbacchiato.

“Che cosa ti prende? Ho detto qualcosa che non va?”

Giù di corda, Woodstock gli comunicò che non sapeva come fare per scoprire a quale razza apparteneva.

“Beh, capisco che questo è un problema.” dichiarò il bracchetto. “Però tu sei ancora così piccolo! Sono sicuro che con il tempo, crescendo, lo scoprirai.”

Quelle parole rinfrancarono immediatamente Woodstock. L'uccellino spalancò lentamente gli occhi mentre una nuova consapevolezza si impadronì di lui. Quello che quel grosso bestione bianco gli stava dicendo era vero. Lui era così piccolo! Aveva ancora così tanto da vedere, da vivere, da conoscere. Aveva tutto il tempo per conoscere a quale razza apparteneva, perché angustiarsi così tanto per una cosa che avrebbe alla fine trovato?

Mentre Woodstock arrivava lentamente, ma inesorabilmente, a quella consapevolezza, Snoopy si stiracchiò e sbadigliò per la seconda volta. Questa volta Woodstock non ebbe paura. Quel grosso e gentile bracchetto non poteva incutere paura pensò l'uccellino felice. Era contento di aver incontrato un essere così simpatico.

“Beh, scusami ma devo riprendere il mio pisolino pomeridiano.” dichiarò il cane sbadigliando per la terza volta. Tuttavia, a metà di quello sbadiglio, il bracchetto ebbe un'idea.

“Perché non passi il pisolino da me? Sai, è piacevole dormire in compagnia.”

Sentendo quelle parole, Woodstock si rabbuiò immediatamente. Ma per chi l'aveva preso? Per uno stupido? Quella era una trappola bella e buona. E lui, da bravo uccellino, non ci sarebbe cascato.

Scosse la testa con vigore. Gli dispiaceva andarsene, ma quella era una trappola. E lui le trappole le doveva evitare.

Vedendo quel buffo uccello rifiutare il suo invito, Snoopy si limitò ad accettare la sua volontà. Un po' gli dispiaceva, ma se quel microbo voleva andarsene da lì non poteva impedirglielo.

“Ok, se proprio non ti va...” in quell'istante, cane ed uccello si guardarono negli occhi. Quel contatto li cambiò. Una sensazione scaturì dai profondi recessi delle loro anime. Una sensazione che, con la potenza di un tornado, riempì le loro menti, urlando loro di non farlo. Di non lasciarsi. Di non permettere al caso di distruggere tutto ciò che stava per nascere.

Entrambi rimasero profondamente turbati. Staccarono velocemente il contatto visivo, abbassando il muso verso terra, e rimanendo in silenzio per alcuni lunghissimi, snervanti minuti.

Poi, lentamente, Snoopy alzò lo sguardo. Rimase stupito nel vedere quello strano uccellino fissarlo. Si sentiva cambiato. Quello che aveva provato non gli era mai capitato prima d'ora. Sentiva che, in qualche modo, fosse destino che lui e quel buffo uccellino si incontrassero. Così come era destino che ora lui non se ne andasse.

“Sei...sei proprio sicuro di non voler restare?” domandò con fare esitante.

Woodstock lo guardò con fare indecifrabile. Sembrava sconvolto. Come se anche lui avesse provato le stesse identiche emozioni. Poi, lentamente, l'uccellino fece un lento segno affermativo con la testa. Anche se, prima di coricarsi, aggiunse che dopo se ne sarebbe andato.

Woodstock non aveva mai detto una bugia prima di allora. Né mai ne disse una dopo. Ma quel giorno, per la prima ed unica volta della sua vita, pronunciò una bugia.

Perché lui, l'uccellino senza razza, e Snoopy, l'assurdo bracchetto, da quel giorno furono uniti dalla catena più forte del mondo.

Quella dell'amicizia.

 

Fine

  
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