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Autore: ornylumi    25/02/2013    8 recensioni
Bellatrix ha diciotto anni, è una giovane e promettente allieva al servizio di un Lord Voldemort nei primi anni della sua ascesa. Una sera, la ragazza viene convocata dal suo padrone per un'esercitazione del tutto singolare, che metterà a dura prova la sua forza e il suo autocontrollo. Messa davanti ai propri limiti, dovrà fare i conti con i motivi che l'hanno spinta a quella scelta e, soprattutto, con le conseguenze che ne deriveranno.
--Seconda classificata al contest "La Bellezza di una coppia" di Venenum e Christine23--
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Come cristallo

 

Non sapevo perché mi avesse chiamata. Quella sera, nel bel mezzo del ricevimento a casa Lestrange, avevo in mente solo le distrazioni sfrenate della mia giovinezza, e in corpo il troppo vino che avevo bevuto. Soltanto così, perdendo in parte il controllo di me stessa, riuscivo a non pensare al mio Signore e a ciò che ero e non ero per lui, al mio avambraccio ancora inspiegabilmente candido dopo anni di addestramento. Avery mi venne incontro mentre discutevo di cose futili con Rod e Rabastan, con un’espressione seria in volto che poco si addiceva a una festa. Sentii che mi chiamava in disparte e lo lasciai fare, allontanandomi dai nostri amici comuni e senza interessarmi davvero a ciò che aveva da dire.

“Il Signore Oscuro vuole che tu lo raggiunga. Adesso”.

A sentire il suo nome cambiò tutto, con la velocità di una folata di vento. Tornai improvvisamente lucida e misi a fuoco il ragazzo davanti a me, pronta a maledirlo senza pietà se si fosse trattato di uno scherzo. Ma Avery non sembrava affatto scherzare; era stupito quanto me di quella richiesta, giunta da chissà dove e in chissà quale modo. Normalmente, le visite al Signore Oscuro avvenivano in momenti precisi e pianificati da tempo.

“A casa sua?” chiesi scioccamente, ben sapendo che, se si fosse trattato di un posto diverso, Avery me l’avrebbe comunicato. Benché me lo aspettassi, il mio cuore perse un colpo quando lo vidi annuire: ero stata ricevuta molte volte dal mio padrone, anche da sola, ma sentivo che quella sera c’era qualcosa di diverso.

“Vado subito”. Lanciai uno sguardo veloce a Rod, che mi fissava di sottecchi senza capire cosa stesse succedendo, poi mi Smaterializzai senza alcuna spiegazione. Sapevo che quella richiesta non gli sarebbe piaciuta, avrebbe fatto mille domande facendomi perdere tempo prezioso, così preferii lasciare ad Avery il compito di informarlo. Rod era invidioso di me, lo era da sempre; fin da quando avevo sedici anni, le mie innate capacità magiche superavano di gran lunga le sue, e sommate all’impegno che mettevo nelle lezioni riuscivano a farmi primeggiare anche tra i Mangiamorte. L’Oscuro Signore si fidava di me e, benché non avessi ancora il Marchio, mi affidava già piccole missioni da svolgere. Ogni singola volta che accadeva, Rod rovinava la mia gioia chiedendomi perché dovessi andare da sola, o perché quel compito non fosse stato affidato a un mago più adulto ed esperto. Non aveva il fegato di chiederlo al Signore Oscuro stesso, così tormentava me con le sue paranoie senza ammettere ciò che davvero voleva: essere lui il suo favorito, trovarsi al mio posto e vantarsene con gli altri. Questo soltanto sapevo di Rod, non credevo che i suoi atteggiamenti potessero nascondere la gelosia. Non ancora.

La strada mi sembrò tremendamente scura e fredda dopo le luci della festa, ma non me ne lasciai intimorire. Sapevo che lì, a pochi passi, c’era lui ad aspettarmi, e questo bastava a riscaldarmi più del vino che avevo in corpo. Negli ultimi tempi, mano a mano che la sua fama aumentava, il mio Signore era costretto a cambiare spesso dimora, e soltanto i Mangiamorte più fidati sapevano dove trovarlo. Ero orgogliosa di far parte di quella cerchia, ma avrei voluto approfittarne di più e fargli visita ogni giorno, con la scusa delle lezioni di Arti Oscure o per chiedere, ancora una volta, quando avrei ricevuto il Marchio. Purtroppo non potevo osare tanto, così passavo i giorni nell’attesa di essere ricevuta. Curioso che, proprio quando non me l’aspettavo, avesse deciso di vedermi; quasi volesse cogliermi impreparata.

La porta antica e cigolante si spalancò al mio passaggio, senza che neppure avessi sfiorato la bacchetta. Guardai da un lato all’altro della strada e, solo quando fui certa che non ci fosse nessuno, entrai.

Mi stava aspettando nel suo studio, una stanza troppo piccola e inadatta alla grandezza del suo occupante. Mi fermai sulla soglia e lo guardai, seduto accanto al fuoco, immerso nella lettura di un libro come se non mi avesse sentita arrivare. Fingeva indifferenza ma sapeva che ero lì, ne ero certa; non c’era niente che non sapesse di me e della mia vita, e questo, piuttosto che spaventarmi, mi esaltava.

“Mio Signore…” lo chiamai piano, reclamando la sua attenzione. Si prese tutto il tempo che voleva prima di alzare lo sguardo su di me, lentamente, studiandomi. I suoi occhi erano neri come la notte e misteriosamente schizzati di rosso, gli stessi che mi avevano rapita sette anni prima dalle pagine di un libro sui Prefetti.

“Mi avete fatta chiamare?” aggiunsi, dato che non parlava. Con la sua consueta calma annuì, facendomi cenno di entrare e di chiudere la porta.

Obbedii. Mi avvicinai di qualche passo e lasciai che mi guardasse ancora, questa volta dalla testa ai piedi, forse rimirando il vestito della festa. Non ero mai stata elegante in sua presenza, bastava una veste nera e semplice per i nostri incontri, specie quando diventava sporca e sudata dopo gli estenuanti allenamenti. Fui felice che quella volta fosse diverso: mi sentivo bella, la mia vanità femminile era più appagata che mai dal modo in cui mi stava guardando. Ma non sapevo perché mi importasse, non ancora.

Finalmente mise da parte il libro e mi parlò, con la sua voce melliflua: “Temo di averti disturbata, Bellatrix. Da come sei vestita, immagino che ci fosse un ricevimento”.

Che bugiardo, pensai tra me. Sapeva benissimo dov’ero stata, conosceva tutti i dettagli dei nostri spostamenti. Sorrisi spontaneamente e gli risposi: “Nessun disturbo, mio Signore. Qualsiasi cosa vogliate è più importante di una stupida festa”.

Un’ombra di sorriso passò anche sul suo volto, ma fu breve. Subito dopo tornò serio a fissarmi, leggendo nei miei occhi ammirati tutto ciò che mi passava per la testa: i miei dubbi, le mie emozioni.

“Voltati” disse infine, cogliendomi totalmente di sorpresa. Staccai gli occhi da lui e mi girai verso il lato opposto della stanza, notando nient’altro che la parete e i consueti oggetti magici.

“Voglio che ti eserciti” dichiarò, ponendo fine con quella frase alle mie incertezze. Mi aveva chiamata per un motivo del tutto normale, farmi da maestro nelle Arti Oscure. Era ciò che mi aspettavo, ma qualcosa dentro di me fece un rumore di vetro rotto. “Niente di troppo difficile, devi distruggere quelle fiale”.

Mi accorsi solo allora che c’era un ripiano di legno, pieno di boccette scintillanti di vario tipo e dimensione. Mi voltai di nuovo senza poter contenere la sorpresa: mi aveva chiamata a quell’ora per un esercizio tanto stupido? Qualcosa che sapevo fare anche ad occhi chiusi, fin dai tempi della scuola? Non riuscivo a capire.

“Stupita?” mi domandò, ben conoscendo la risposta. “Credo che un ripasso sia necessario, ogni tanto. Potresti avere delle carenze inaspettate”.

Quel discorso non aveva alcun senso, ne ero certa. Avevo imparato l’Occlumanzia e a resistere a una maledizione Imperius, sapevo torturare e uccidere con incantesimi non verbali… Come potevo avere carenze in una prova tanto sciocca? Non dubitavo che il mio Signore avesse un secondo fine, ma non riuscivo a immaginare quale.

“Se è quello che volete…” mi rassegnai infine, voltandomi di nuovo verso la parete e impugnando la bacchetta. Scoprii che la mano mi tremava leggermente, mentre la puntavo in direzione della prima fiala; forse era colpa dell’alcool, o di quello che temevo mi aspettasse dopo aver lanciato l’incantesimo. Sembravano ampolle assolutamente vuote, ma potevano nascondere un sortilegio imprevisto.

Recitai la formula nella mente e subito dopo la boccetta esplose in mille pezzi. Avevo scelto un semplicissimo Diffindo ed era bastato, nonostante il vino e le incertezze. Sorrisi soddisfatta in direzione del mio padrone, pensando che il suo scopo fosse proprio quello: valutare la mia lucidità dopo la festa.

“Continua” mi invitò, e ancora una volta obbedii. Ora che mi sentivo più sicura di me feci ancor meno fatica a far esplodere la seconda: mille frammenti di cristallo invasero il ripiano e il pavimento, con maggior violenza della prima volta. Prima che potessi procedere, sentii che il mio Signore si stava alzando e veniva verso di me. Pensai che volesse complimentarsi, e con questo pensiero felice distrussi la terza boccetta.

Fu allora che mi accorsi di ciò che stava accadendo: lui mi era vicino, sì, ma troppo vicino. Si appoggiava con il suo corpo al mio, sentivo il suo petto premere contro la mia schiena e il suo fiato caldo stuzzicarmi l’orecchio, mentre mi sussurrava: “Continua”.

Continuai, ma non ero più lucida come un attimo prima. Quel contatto inspiegabile mi emozionava, sentivo il mio cuore accelerare i battiti e martellare quasi all’unisono col suo. Anche la quarta fiala esplose, ma con meno vigore: capii che il corpo del mio Signore aveva più effetto dei vini elfici.

Subito dopo sentii le sue mani afferrarmi i fianchi, spingendomi maggiormente contro di lui. Rimasi impietrita per qualche secondo, chiedendomi se davvero quello che percepivo era dovuto alla sua eccitazione. Mi voltai a guardarlo sentendomi avvampare, ma la sua espressione era fredda e impassibile non meno del solito. Mi disse ancora di continuare, e di nuovo tornai a concentrarmi.

La boccetta vibrò per qualche istante prima di rompersi, strappandomi un gemito di sorpresa. La mia potenza stava calando, in condizioni normali non avrebbe mai avuto quel comportamento. Le mani del mio Signore, intanto, salivano ad accarezzarmi il ventre e si fermarono appena sotto il seno.

Ormai avevo capito il suo scopo: stava cercando di deconcentrarmi e usava se stesso per farlo. Neppure io sapevo, fino a quel momento, che effetto potesse avere su di me senza neanche usare la magia, accendendo la mia libidine come nessun altro aveva mai fatto. La mia mente cavalcò da sé prima che potessi frenarla, ricordando i sogni proibiti che mi accompagnavano di notte e che al mattino fingevo di dimenticare, convincendomi di non desiderarli davvero. Ma lasciarmi andare era un lusso che non mi potevo permettere: quella era solo un’esercitazione, come aveva chiarito all’inizio. Non sarebbe andato oltre, non mi avrebbe fatta sua regalandomi ciò che neppure sapevo di desiderare così tanto. Perciò continuai a colpire, con incantesimi sempre più deboli, una boccetta dopo l’altra, ignorando la mia pelle che si accendeva a ogni tocco.

Quando credevo che mi avrebbe risparmiato il peggio, ebbi l’ennesima conferma di quanto fosse spietato: mi abbassò con forza una spallina del vestito e mi ritrovai improvvisamente seminuda, esposta a lui, che senza alcuna remora prese a toccarmi il seno e a stuzzicare i capezzoli. Sollevai la testa per guardarlo, consapevole dei miei occhi imploranti e carichi di desiderio, ma mi costrinse a voltarmi ancora e a non distrarmi da ciò che stavo facendo.

Un’altra boccetta cadde dal ripiano, ma era rotta solo per metà. Avrei voluto fermarmi e lasciare che continuasse, perché sapevo che quando avessi finito quel lavoro mi avrebbe lasciata sola, e tutto sarebbe terminato così com’era iniziato. Ma poteva finire allo stesso modo se mi fossi arresa, forse addirittura peggio: avrei fallito, deluso le sue aspettative e per questo sarei stata punita. Ero in balia di ogni suo volere e ogni sua decisione, in lotta con il mio stesso desiderio di lui, con la speranza e la paura che smettesse di toccarmi.

Si staccò finalmente dal mio seno e sperai – temetti – che quella tortura fosse finita; ma c’erano ancora due fiale integre e sapevo che non poteva succedere. Prima che osassi immaginare la sua prossima mossa, sentii che mi stava sollevando la gonna e accarezzando una gamba all’altezza del ginocchio. Con terrore, mi voltai di nuovo per chiedergli di smettere, di non sottopormi a una prova tanto penosa… E il suo viso era tanto vicino al mio che avrei potuto baciarlo.

“Mio Signore…” lo pregai quasi piangendo, mentre sentivo la mia intimità inumidirsi e implorare le sue dita. Mi odiai per la mia stupidità, per aver sottovalutato una prova che si era rivelata maledettamente difficile.

“Non riesci a continuare, Bella?” mi chiese, prendendosi gioco di me. “Allora è vero che hai delle carenze. E poi mi chiedi perché non sei ancora una Mangiamorte…”

“No, non è così…” sussurrai, senza sapere come convincerlo delle mie capacità. Aveva avuto ragione, come sempre: conosceva i miei punti deboli meglio di me stessa.

“Allora dimostralo” mi impose, afferrando il mio viso con la mano libera e voltandolo di nuovo in avanti, verso l’unica cosa che gli interessava. Al contrario, le fiale erano ormai l’ultimo dei miei pensieri.

Non so come feci a non impazzire, a far cadere quella penultima boccetta. Occorsero tre tentativi prima di riuscirci e il risultato fu più deludente dei precedenti. Intanto, come ormai mi aspettavo, la sua mano risaliva la mia coscia e si fermò poco prima dell’inguine.

“Vi prego!” gridai quasi, abbandonandomi contro il suo petto e implorando la sua pietà. Sapevo che, se mi avesse toccata lì, non avrei resistito. L’ultima fiala non si sarebbe neanche scalfita, il mio Signore avrebbe considerato la prova non superata e a me non sarebbe rimasto nulla, né la speranza di ricevere il Marchio, né quella di ricevere lui. Mi aveva colta così impreparata perché era il mio padrone, sì, l’uomo che veneravo sopra ogni altro, ma anche perché non avevo ancora avuto rapporti sessuali; non desideravo nessuno fino al punto di concedermi, percepivo la voglia che gli uomini avevano di me come un tentativo di possedermi, e questa sola idea mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Ma con il mio Signore no, era diverso: gli appartenevo, volevo essere soggiogata da lui in qualunque modo desiderasse, subire il suo dolore e persino le torture che mi infliggeva. Non mi ero chiesta cosa significasse tutto questo desiderio, questo volersi annullare per lui… Lo capii solo in quel momento.

Forse il mio padrone ebbe un po’ di compassione per me, forse aveva semplicemente deciso così fin dall’inizio, ma non volle concedermi il piacere più grande. Si fermò sotto l’inguine, accarezzando l’interno della gamba, fino a che il punto non divenne tanto sensibile da farmi male. Sentivo i nervi elettrizzarsi sotto le sue dita, accontentarsi di quel tocco tanto vicino al pube perché consapevoli di non poter avere altro. Restai vittima di quell’estatica tortura finché mi fu concesso, fino a quando non sentii il mio Signore irrigidirsi e capii che dovevo agire. Non so davvero dove trovai la forza di riaprire gli occhi, mettere a fuoco il mio ultimo ostacolo e tentare di colpirlo: puntai la bacchetta, pronunciai a voce alta la formula per facilitarmi e sperai che la magia non mi abbandonasse. La fiala dondolò un paio di volte, apparentemente integra; poi, una crepa piccolissima e miracolosa si fece strada nel cristallo e lo solcò per l’intera lunghezza, fino a spaccarlo. Gli ultimi cocci si riversarono a terra e il ripiano tornò vuoto: avevo superato la prova.

Restai immobile, senza quasi respirare né voltarmi di nuovo, mentre le dita sottili del mio padrone indugiavano ancora sulla mia pelle. Lo sentii respirare vicino al mio orecchio, e dopo istanti che parvero eterni mi sussurrò: “Brava”.

Con un ultimo, fugace gesto che avrei ricordato per tutta la vita, volle darmi la sua ricompensa per quell’insperato successo: la sua mano si spostò al centro delle mie gambe, premette con le dita sulla parte più sensibile e si allontanò immediatamente, provocandomi un gemito di sorpresa e piacere. Ero bagnata come non mi era mai capitato di essere, e mi chiesi se l’avesse notato anche lui attraverso quell’intimo troppo sottile. Si staccò bruscamente da me, lasciandomi più sola che mai, con la pelle che ardeva di un desiderio non appagato.

Restai a guardarlo ancora, immobile, senza sapere che cosa fare, fino a quando non mi disse di rivestirmi. Allora lisciai la gonna e sollevai la spallina, benché in realtà avrei voluto spogliarmi di tutto, essere violata di nuovo dalle sue mani e dai suoi occhi di fuoco. Abbassai lo sguardo, sapendo che non era necessario leggermi dentro per notare quanto fossi eccitata e sconvolta.

“Come vedi” iniziò, con lo stesso tono calmo di poco prima, come se non fosse successo nulla “c’è qualcosa su cui devi ancora migliorare. Non sempre ci si trova lucidi e preparati durante un combattimento, l’autocontrollo è fondamentale quanto la potenza degli incantesimi. Oggi ti ho chiesto solo di distruggere oggetti e ci sei riuscita con difficoltà. Cosa avresti fatto, se ti avessi proposto una Maledizione Senza Perdono?”

La domanda era retorica, entrambi conoscevamo la risposta: avrei fallito miseramente.

“Riproveremo” aggiunse, tornando a farmi battere il cuore. Avrei voluto chiedergli di farlo adesso, subito, ma fu ben chiaro che il mio Signore aveva altre intenzioni; si avvicinò alla porta e indossò il mantello, preparandosi a uscire.

“Andate via?” gli chiesi, senza riuscire a nascondere la mia delusione. “Dove?”

Non me lo disse, ma rispose con un ghigno. Quando era già fuori dalla stanza, aggiunse soltanto: “Lo sai, Bella”.

La stanza divenne di colpo vuota e silenziosa, di un silenzio assordante. Mi accovacciai a terra, tra la miriade di cristalli rotti, e scoprii di sentirmi esattamente come loro, resti di una bellezza fragile e lacerata. Sì, sapevo dove stava andando: a placare con un’altra donna l’eccitazione che gli avevo causato io. Una meno importante, meno aristocratica di me, che non doveva essere addestrata per servirlo e poteva semplicemente essere usata. Invidiai quella donna quanto non avrei mai creduto possibile; al diavolo la magia, l’onore, la cerchia dei Mangiamorte, se tutto questo teneva il mio corpo lontano dal suo. Ora che sapevo cosa volesse dire, capii di desiderarlo sopra ogni altra cosa: non il mago, non il suo infinito potere, ma lui.

Gli occhi iniziarono a inumidirsi, e per placare almeno in parte la mia solitudine sfiorai con la mano la stessa parte che aveva toccato lui, ma senza darmi neanche lontanamente lo stesso piacere. Sentivo ancora il suo corpo addosso e desideravo che quella sensazione non finisse mai. A poco a poco, quell’idea che si era fatta strada dentro di me prese completamente il controllo, lasciandomi senza fiato.

Lo amo. Lo dissi alla stanza, ai frammenti di cristallo, a me stessa per convincermi ad accettarlo. Negarlo non sarebbe servito, non bastava più.

Lo amo, ripetei, e lui lo sa.

Lo sa e me la farà pagare.

Avrei dovuto sapere che niente era casuale, né quel genere di prova né il momento in cui mi ci aveva sottoposta. Strapparmi di colpo dal ricevimento, dalla spensieratezza, da un breve attimo di vita senza di lui, era un modo per rivendicare il suo possesso su di me. Aveva compreso appieno l’unica cosa che poteva indebolirmi e l’aveva sfruttata, per rendermi ancora più vicina al suo ideale di strega.

Per qualche istante pensai di aver sbagliato tutto: non avrei mai dovuto reclamare i suoi insegnamenti, pretendere di diventare una strega perfetta e combattere per preservare la mia stirpe. Non era questa la strada giusta, se i miei desideri di donna superavano enormemente quelli di potere. Ma poi, mi chiesi, che cosa sarei stata per lui? Una come tante, da sfruttare per una notte e non rivedere mai più? Non era neppure questo che volevo, no… Ma stargli accanto, servirlo per l’intera mia vita e gioire di ogni piccola cosa che avesse voluto donarmi. Questo era il senso di tutto, questa la ragione del mio essere lì.

Così asciugai le lacrime, mi rialzai a fatica e gettai via con un calcio i resti di quell’ultima fiala che mi era costata così tanto. Mille volte avrebbe potuto sottopormi a quella prova e mille volte l’avrei superata: le mie debolezze non dovevano frenarmi e non ci sarebbero riuscite, perché io, e solo io, ero destinata a diventare la sua strega migliore; solo io ero importante.

Le labbra mi si piegarono in un sorriso un po’ isterico, un po’ masochista, al pensiero di ciò che ancora mi aspettava. L’uomo che adoravo, il mio maestro e padrone, una volta di più avrebbe ottenuto quello che voleva.


Note:

Per farmi perdonare del vergognoso ritardo con gli aggiornamenti de La Rosa Sanguigna (be', o almeno provarci..) pubblico questa shot che avevo pronta secoli fa, ma che per un motivo o per l'altro non avevo ancora pubblicato.

E' stata una sfida, in effetti, in quanto per i temi trattati si discosta non poco da quello che scrivo di solito, all'inizio non ero neppure certa di volerla pubblicare… Ma al contest ha ricevuto un giudizio piuttosto buono, così mi sono convinta! Spero possa piacervi, nonostante la presenza velata di erotismo che di solito non traspare dalle mie storie.

Una piccola nota per chi avesse già letto l'altra shot, Senza far rumore: lì accennavo al fatto che Voldemort facesse esercitare Bellatrix nei momenti in cui era meno lucida… Be', ecco cosa avevo in mente :) Riporto qui il giudizio del contest, considerando che ho cambiato qualcosina e che alcune imprecisioni erano dovute alla formattazione della mail. Ciao e grazie di aver letto!

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Seconda Classificata
Orny con “Come cristallo”

Grammatica, lessico, sintassi: 8/10
-- ben sapendo che se si fosse trattato di un posto diverso Avery me l’avrebbe comunicato. (virgole mancanti dopo “che” e “diverso”)
-- superavano di gran lunga le sue, e sommate all’impegno che mettevo nelle lezioni riuscivano (virgola mancante dopo “lezioni”; nonostante tu ci hai detto di considerare le virgole prima della e scelte stilistiche, purtroppo in questo caso è sbagliata)
-- L’Oscuro Signore si fidava di me,e benché non avessi ancora il Marchio mi affidava già piccole missioni da svolgere. / Mi disse ancora di continuare, e di nuovo tornai a concentrarmi. / Guardai da un lato all’altro della strada, e solo quando fui certa che non ci fosse nessuno entrai. (oltre a mancare lo spazio – solo nella prima frase, ma ti segnerò quelle che non vanno qui – c’è lo stesso errore di prima)
-- da sola, o perché (errata la virgola prima della congiunzione o)
-- con le sue paranoie senza ammettere ciò che davvero voleva (virgola mancante dopo “paranoie”)
-- Da come sei vestita immagino che ci fosse un ricevimento”. (virgola mancante dopo “vestita”)
-- notandonient’altro (manca lo spazio)
-- Mi voltai di nuovo senza poter contenere la sorpresa (virgola mancante dopo “nuovo”)
-- unsortilegio / formulanella / Diffindoedera / cristallo invasero / lasciatasola / divennetanto / ditasulla / subito,ma / cristallirotti / stessopiacere / amo,ripetei, / più?Non / piùavrebbe (spazio mancante)
-- Ora che mi sentivo più sicura di me feci ancor meno (virgola mancante dopo “me”)
-- sentii che il mio Signore si stava alzando e veniva verso di me. (stava venendo, non veniva)
-- capii che il corpo che il mio Signore aveva più effetto dei vini elfici. (manca il verbo)
-- chiedendomi se davvero quello che percepivo era dovuto alla sua eccitazione (fosse dovuto)
-- che senza alcuna remora prese a toccarmi il seno e a stuzzicare i capezzoli. (virgole mancanti dopo “che” e “remora”)
-- ma mi costrinse a voltarmi ancora e a non distrarmi da ciò che stavo facendo. (soggetti confusi)
-- Ma poteva finire allo stesso modo se mi fossi arresa (avrebbe potuto)
-- Dimostrarlo (dimostralo)
-- né la speranza di ricevere il Marchio, né quella di ricevere lui. (è errore la virgola prima del né)
-- sensibilee (sensibile e)
-- benché in realtà avrei voluto spogliarmi di tutto (volessi)
-- preparati durante un combattimento, l’autocontrollo è fondamentale quanto la potenza degli incantesimi. (in questo caso, avresti dovuto utilizzare un punto o il punto e virgola)


Stile: 8/10
Decisamente, hai uno stile più che discreto. Non abbiamo avuto nessuna difficoltà a leggerlo e, oltre a essere scorrevole, è oltremodo piacevole alla mente: ecco, se dovessimo usare un aggettivo, diremmo sicuramente stimolante. Poche pecche ti hanno impedito di raggiungere la perfezione. Intanto ci congratuliamo con te, perché è doveroso.
-- riuscivo a non pensare al mio Signore (all’Oscuro: nessuno lo chiama effettivamente Signore. Messo così mi ricorda più Dio, che Voldemort)
-- il mio cuore perse un colpo (frase molto colloquiale, inoltre è fin troppo abusata nel fandom)
-- I suoi occhi erano neri come la notte e misteriosamente schizzati di rosso (schizzati non è esattamente la parola giusta)
-- La mia potenza stava calando, in condizioni normali non avrebbe mai avuto quel comportamento. (credo che la frase sia strutturata male. Comunque non si può attribuire il comportamento alla potenza ed è questo che la rende incerta)
-- La mia mente cavalcò da sé prima che potessi frenarla (utilizzo improprio della parola cavalcare)
-- né la speranza di ricevere il Marchio, né quella di ricevere lui. (tecnicamente, non si può ricevere una persona, non in questo caso, dove ha un significato diverso e contrapposto a quello che esprime il verbo ricevere)


Caratterizzazione: 7.5/10
Si percepisce che la storia è ambientata in un non ben precisato passato e che la tua Bellatrix è piuttosto giovane, forse appena uscita da Hogwarts. Ma ha già alcune delle caratteristiche a noi familiari: il desiderio di eccellere tra tutti e la sua completa devozione verso l’Oscuro. Hai parlato anche delle sue debolezze e dei suoi desideri, rendendola ai nostri occhi sicuramente più umana di quella originale, ma non meno folle. Voldemort, che non abbiamo capito se fosse ancora dotato del suo aspetto umano o non (abbiamo immaginato di sì), è pure abbastanza IC, anche se non ce lo vediamo molto a provare del desiderio sessuale verso Bellatrix, dato che abbiamo sempre pensato ad un rapporto platonico tra i due (e solamente ricambiato da lei).


Credibilità: 7/10
Come dicevamo prima, non crediamo che Voldemort si sarebbe comportato così, ma non per questo abbiamo trovato insensato o inadatto ciò che hai scritto. Una pecca che non ti ha permesso di avere un voto più alto è che tu hai descritto Bellatrix ancora vergine, ma estremamente desiderosa di essere posseduta dal Signore Oscuro. Per quanto amore e desiderio possa provare per lui, stiamo sempre parlando di una fanciulla illibata che dovrebbe avere un po’ di timore e meno sicurezza.


Pairing: 7/10
Non siamo delle grandi amanti del pairing, però non lo disdegniamo. In questa storia ce li hai fatti apprezzare più di quel che immaginavamo, nonostante si trattasse di amore non corrisposto che, solo secondo nostro gusto personale, non ci piace tantissimo come tema.


Originalità: 8/10
Tra le storie partecipanti la tua è una di quelle più originali. Complimenti per l’idea e per aver pensato di ambientarla prima che Bellatrix diventasse Mangiamorte. Hai usato un bel pretesto per fare interagire i due personaggi, senza far apparire il tutto forzato.


Trama/Narrazione: 7/10
Una trama abbastanza particolare. Una Bellatrix giovane, che si sottopone volontariamente alle “dolci torture” di Voldemort. La narrazione scorre fino alla fine senza particolari intoppi; i tempi narrativi sono ben gestiti. L’unica cosa che ti impedisce di raggiungere un punteggio più elevato è che ogni tanto cade la tensione, si allenta: ci allontaniamo dal fulcro della storia.


Sviluppo del prompt: 7,5/10
Hai voluto paragonare la fragilità di Bellatrix al cristallo e, anche se non lo dici mai esplicitamente, nella storia si percepisce questa tua volontà. E sei riuscita nel tuo scopo, però pensiamo che avresti potuto sfruttare di più il prompt. Sembra che tu abbia cercato di adattarlo il meglio possibile, visto che la storia all’inizio era leggermente diversa (come ci dicesti): forse è questo che ce lo ha fatto sembrare un po’ forzato. Nulla di grave però, sei riuscita lo stesso a cavartela.


Gradimento personale di Venenum: 7/10
L’ho trovata molto di mio gradimento e l’ho apprezzata, sinceramente. Ero un po’ scettica su questo pairing, ma tu, tramite la trama innovativa e il tuo stile assolutamente particolare, mi hai conquistata. Particolare lode alla caratterizzazione di Bellatrix, che non ho solo ammirato, ma anche approvato.


Gradimento personale di Christine23: 7/10
Ho trovato la storia piacevole da leggere, il ritmo è incalzante ed è stato facile immedesimarsi in Bellatrix. Sei riuscita a farmi stare col fiato sospeso. Ho provato la stessa tensione, nella scena dell’esercitazione, domandomi che cosa sarebbe successo dopo. Mi sarebbe piaciuto leggere di più, lo ammetto, sono un’amante delle shot chilometriche, ahimè, quindi sono rimasta un po’ insoddisfatta da questo punto di vista. Ad ogni modo, non è facile accontentare i miei gusti, perciò ti faccio i miei complimenti.


Media Gradimento Personale: 7/10
Tot: 67/90


   
 
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