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Autore: AsfodeloSpirito17662    26/02/2013    5 recensioni
Doveva ubriacarsi. Non c'era altro modo di affrontare quella grigia, grigissima tragedia. Il punch scivolò giù nella gola che una vera bellezza! Forse un po' troppo bene, tant'è che lo stomaco iniziò a bruciargli come avesse inghiottito un fiammifero. Lasciò cadere il bicchiere di plastica vuoto a terra e si appoggiò al muro durante un giramento particolarmente crudele. Era alla maledetta festa della confraternita dei Camelot, Arthur Pendragon era lì da qualche parte a strusciarsi in mezzo alla bolgia ubriaco come una melanzana e lui, che finalmente era riuscito a trovarsi nello stesso posto alla stessa ora e non perché avevano lezione insieme, era vestito da donna!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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SESTO CAPITOLO


Arthur si accodò accanto a Merlin, adocchiando i vassoi di cibo protetti da una membrana di vetro trasparente ed esposti ordinatamente per gli studenti. L'odore di minestrone gli fece storcere il naso e si buttò subito a sbirciare il secondo, più in là del tipo che stava accanto a Merlin. Dietro di lui, dopo qualche attimo, si accodò anche Freya.


"Di nuovo a pranzo insieme? Per due giorni consecutivi?" domandò la ragazza, cristallina, mentre prendeva i tovaglioli con le posate di plastica e le metteva sul vassoio. Merlin si sporse oltre la spalla di Arthur e la adocchiò con un cipiglio vagamente minatorio. Freya era ovviamente all'oscuro di tutto, ma aveva una mente maledettamente penetrante.

E con penetrante intendo penetrante. Nel senso che se c'è qualcosa che le puzza penetra le tue difese mentali finché tu per disperazione non ti butti implorante ai suoi piedi e le chiedi di smetterla di sottoporti a terrorismo psicologico.


Lei gli sorrise strizzando l'occhio "Fatti più in là, Merlin, che la gente sta aspettando!"


Il ragazzo notò come quello davanti a lui fosse avanzato di qualche passo e cancellò quel vantaggio in due secondi, seguito subito a ruota da un impaziente Arthur.


Che novità. Fosse per lui mangerebbe anche i tavolini, pensò, proprio mentre il diretto interessato sbuffava con insofferenza. Se c'era un'altra cosa che mandava il biondo ai matti, quella era aspettare; quando Pendragon voleva qualcosa, pretendeva di averla subito. Merlin, invece, era abituato in maniera decisamente diversa, perché proveniva da una famiglia tutt'altro che agiata; aveva dovuto sudare per ogni cosa che era riuscito ad ottenere, compresa la borsa di studio che gli aveva permesso di iscriversi a quel college.

Con la coda dell'occhio non gli sfuggì come, all'improvviso e nel bel mezzo di un attacco di impazienza cronica, Arthur avesse voltato la testa verso Freya, osservandola come la stesse vedendo davvero per la prima volta; strinse le labbra in una linea sottile, senza ricambiare il saluto di Mary che gli stava giusto chiedendo che cosa volesse per pranzo.

Del laudano da poter mettere nell'acqua di Pendragon, per piacere. Grazie tante.


"Freya..." disse il primato di imbecillità asinina, con un sorriso sbilenco sulle labbra "Ti trovo bene, oggi. Hai cambiato pettinatura?" concluse, socchiudendo le palpebre con aria vagamente predatoria.

Regola numero tre del buon stratega: confondi la preda con elogi di ogni genere.


Merlin si schiaffò una mano sulla faccia.

Con indifferenza, Freya aveva continuato a sistemare il bicchiere con l'acqua ed il pane incartato sul suo vassoio. Poi, leggiadra come una farfalla, aveva sollevato gli occhi sul volto di Arthur ed aveva steso le labbra in uno di quei sorrisi che sapevano sciogliere le ginocchia.


"Non fartelo passare neanche per l'anticamera del cervello, Pendragon" esclamò candidamente, sbattendo le ciglia un paio di volte. Il sorriso che Arthur si era spalmato sulla faccia sparì con la velocità di un battito d'ali, sostituito da un'espressione quasi offesa.

Gli Albion sono maledettamente difficili da raggirare. Ed io ne ho uno a destra ed uno a sinistra. Parto bene, insomma.


Tra le altre cose, Freya era 'famosa' per essere sempre stata una ragazza tutta d'un pezzo, che non si era mai lasciata distrarre dal suo obbiettivo primario e cioè laurearsi con il massimo dei voti (se la stava cavando piuttosto bene da quel punto di vista).

Arthur avanzò di un paio di passi, adocchiando disgustato la sbobba che Merlin aveva scelto come prima portata. Lanciò uno sguardo raggelante a Mary, che aveva già iniziato a fare il piatto anche per lui senza nemmeno avergli chiesto che cosa volesse e quando la donna intercettò i suoi occhi, sbuffò come avrebbe fatto una madre davanti al figlio troppo viziato.


"Arthur, non esiste! Sono due giorni che non prendi il contorno, devi mangiare un po' di verdura!"


Prepotentemente, Mary gli piazzò il piatto con il minestrone sul vassoio e Pendragon lo guardò come fosse stato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel giro di qualche secondo. Freya rise sommessamente senza neanche tentare di nasconderlo, seguita da un decisamente più rilassato Merlin (compreso che le labbra di Freya non costituivano una minaccia, era tornato carino e coccoloso). Non solo gli Albion l'avevano circondato, ma si prendevano anche gioco di lui! Era inammissibile!


"Non fare quella faccia, Pendragon" disse la ragazza, sorridendo alla cuoca ed accettando di buon grado la sua porzione fumante "Se fossi stata davvero io la ragazza della festa ti avrei baciato da un pezzo, non credi? O forse no. Trattandosi di me probabilmente avrei cercato di indurmi un'amnesia fulminante" corrugò la fronte, con un cipiglio serioso.


Merlin ed Arthur si voltarono verso di lei contemporaneamente, il secondo con un'espressione confusa sul volto. Sentiva che Freya aveva altro da dire, infatti (dopo averli invitati ad avanzare ancora ed esortati a perdere questo vizio di bloccare la fila), aveva ripreso a parlare.


"Tutto il college sa della perdita della tua sanità mentale. Tutto” sottolineò, “Quindi..." Freya gli diede una lieve spallata (fatti più in là!) ed Arthur neanche si accorse dell'arrosto di maiale che gli venne messo sul vassoio "... Sicuramente anche la persona che cerchi ne sarà a conoscenza. Se avesse voluto farsi trovare sarebbe già venuta lei stessa, da te, non credi?" inarcò le sopracciglia, sondandolo con uno sguardo eloquente.

Merlin aveva preso il vassoio oramai pieno di tutto, ma era rimasto accanto a loro, con uno strato di sudore freddo ad imperlargli la fronte celata dalla frangia scomposta. Stava mantenendo un controllo che definire stoico sarebbe stato riduttivo. Non gli piaceva la piega che stava prendendo quel discorso e soprattutto non gli piaceva il modo in cui Freya l'aveva adocchiato attentamente, tra una congettura e l'altra. L'unica cosa che poteva sapere, era che stava aiutando Arthur in quell'insana ricerca. Tutto lì.

Devo sbarazzarmi di lei. Devo farlo adesso. Fatti venire un'idea, Merlin, un'idea brillante. Mi sento tanto un serial killer in incognito.


Senza neanche starci a pensare, Arthur si avviò insieme a lei verso i tavoli, troppo preso da quello che la ragazza stava dicendo. Merlin ingoiò un'imprecazione, seguendoli in silenzio, ma con il cervello fumante dallo sforzo di partorire un lampo di genio.


"Le possibilità sono poche, Pendragon. O la ragazza non vuole farsi trovare e magari ha ritenuto solo un errore quello che è successo alla festa... O era troppo ubriaca per ricordare cosa le è successo, quindi potrebbe non avere la più pallida idea di averti effettivamente baciato... O non frequenta l'università e questo farebbe di lei un'imbucata bella e buona, ma in questo caso non può sapere di quello che ti sei messo in testa di fare. Oppure... " raggiunsero un tavolo vicino le finestre e Freya si fermò, sfumando le parole con una certa tensione. Quando si voltò verso di loro, i suoi occhi castani indugiarono su Merlin.


"Oppure?" la incitò Arthur, con un tono di voce non interpretabile.


"Oppure non è-"


"Corbezzoli!" esclamò Merlin, con un tono intriso di urgenza, poggiando il vassoio sul tavolo senza cura "Arthur, la ragazza delle tredici e ventisette minuti! L'ho dimenticata!" gli tolse il pranzo dalle mani, poggiandolo proprio accanto al suo, poi gli afferrò il gomito "Vieni, se ci sbrighiamo magari riusciamo ancora ad intercettarla!"


Arthur sbatté le palpebre e troppo confuso per opporre resistenza, si lasciò trascinare via da un Merlin maledettamente determinato (l'istinto di sopravvivenza primordiale aveva avuto la meglio sulla sua ragionevolezza). Mentre abbandonavano la mensa, il moro poté avvertire chiaramente lo sguardo di Freya puntato sulla sua schiena.

Su una scala da uno a dieci, quanto diavolo potrà essere efficiente il suo intuito? Ti prego, Dio, fa che sia uno. Mi dispiace di averti dato del gay la sera della festa, sul serio. Giuro che non lo farò mai, mai più.


*


Morgana entrò con aria trafelata nell'area ristoro del college. La borsa stracolma di libri che le pendeva pesante da una spalla, le aveva stropicciato tutta la maglietta grigio fumo; i capelli intorno al viso erano meno ordinati del solito e lo sguardo sembrava trasudare una certa ansia. Quando giunse in prossimità dei tavolini, rallentò volutamente l'andatura e si fermò qualche secondo. Notò che poco più avanti sedeva un ragazzo del quarto anno, un certo John o Jack, che diavolo ne sapeva lei?; stava sorseggiando qualcosa, intento a guardare chissà che sul suo computer portatile.

Lo sguardo chiaro di Morgana scivolò oltre, non era lui che le interessava. Quando inquadrò il bancone, vide Mordred darle le spalle, poggiato lì con entrambi i gomiti, la posa piuttosto rilassata. La ragazza arricciò la punta del naso ed alzò le mani, sistemando i capelli alla meno peggio; spostò la cinghia della borsa da una spalla all'altra e lisciò la maglietta stropicciata. Le dita accarezzarono la pelle del volto, come a voler cancellare qualsiasi segno di affaticamento. Non aveva intenzione di dare a vedere che, dopo aver ricevuto il suo messaggio, aveva praticamente volato per raggiungerlo al bar!

Io non mi scapicollo! Le ragazze di buona famiglia come me, non fanno queste cose. E' pericoloso! E se stamattina avessi deciso di mettermi lo stivale con il tacco, mh? Se l'avessi fatto e mi fossi ammazzata nella fretta di venire qui? Come l'avremmo messa, Duirvir? Dimmi, come?


Prese un respiro profondo ed atteggiandosi a chi si era preso tutto il tempo del mondo per arrivare sino a lì, si lasciò cadere su uno sgabello una volta raggiunto il bancone. Mordred non la degnò di uno sguardo, troppo intento a fissare il tabellone dei panini appeso in alto, una guancia affondata nel palmo della mano, l'aria assorta.

A Morgana vibrò pericolosamente la palpebra destra.

Con un gesto palesemente stizzito, poggiò brutalmente la borsa sul bancone, che fece un tonfo bello pesante, considerata la quantità oscena di cultura che aveva l'onore di contenere. La ragazza lanciò un altro sguardo a Mordred, ma quello non aveva fatto una piega.

Adesso lo afferro per i capelli e gli frantumo la testa sul bancone.


Sbuffò come una locomotiva in corsa "Terra chiama Duirvir!" esclamò, piantando le mani sui fianchi magri. Restò a fissarlo con un'intensità davvero imbarazzante, al che quello, voltando di poco la faccia verso di lei senza neanche avere la decenza di toglierla dalla mano, inarcò le sopracciglia.


"Ho capito che sei qui, non c'è bisogno di essere così rumorosa. Dammi un attimo, mi stai togliendo la concentrazione" commentò, tornando ad osservare la lista dei panini previsti dal menu quel giorno. Morgana, interdetta, sfarfallò le ciglia con una di quelle espressioni un po' babbee che solo una o due volte l'anno potevi vederle sulla faccia. Forse Mordred avrebbe dovuto scattarle un'altra fotografia.


"Rumorosa?!" sbottò, mentre sulle labbra di Duirvir affiorava un enigmatico sorriso da stronzetto. Ma Morgana non era mai stata tipa da lasciar correre certi dettagli (in realtà non era mai anche stata tipa da correre in generale. Infatti l'aveva specificato, che non si era scapicollata per raggiungerlo, no?).


"E adesso cos'hai da ridere?!"


Con un sospiro, Mordred si tirò indietro e drizzò la schiena, abbandonando con pigrizia le mani sul grembo "Rido perché sapevo che avresti inveito in quella maniera. Per l'esattezza, avevo giusto cominciato un conto alla rovescia e tu hai urlacchiato nell'esatto momento in cui ho pensato zero. Non lo trovi divertente?"


Stese le labbra in quel sorriso che lesta, Morgana, aveva imparato ad attribuirgli: luminoso, pulito, perfido. Se non lo si conosceva, si sarebbe potuti rimanere traumatizzati dal candore e la spontaneità di quel volto giovane ed in un certo qual modo affascinante; per sua fortuna, però, Morgana l'aveva inquadrato sin troppo bene e sapeva che dietro quel la vita è una gioia, io amo il mondo quindi il mondo deve amarmi per par condicio si nascondeva una mente diabolicamente machiavellica come poche volte ne aveva viste in vita sua.

Ovviamente io ancora detengo il primato. E te ne accorgerai, Duirvir, ti assicuro che lo farai.


La ragazza strinse le labbra in una linea sottile ed ingoiò una notevole sequela di insulti, perché nonostante la spada di Damocle che le pendeva sul collo, aveva ancora una reputazione da mantenere. Cercando dentro di sé, con gran fatica, qualche granello di karma mistico, incrociò le braccia contro il petto e lo pungolò con uno sguardo che la diceva lunga sulle sue intenzioni di mostrarsi più carina nei suoi riguardi.

Te lo faccio vedere io, carino. Dovrò sentirti implorare pietà prima che mi passi. E, pensa, la settimana prossima avrò il ciclo. Come riesco a macchinare vendette con le mestruazioni, non riesco mai negli altri giorni del mese. Il ciclo è istruttivo. Il ciclo ispira la parte malvagia che c'è in me. Hai le ore contate, mio caro.


"Quindi? Cos'era tutta questa fretta? Questa 'questione di vita o di morte, vale a dire la sopravvivenza della tua reputazione'? Devi ricorrere ai ricatti per riuscire a rubare un po' del mio tempo, non ti senti tremendamente sfigato?"


Il sorriso di Mordred non si incrinò neanche di una virgola. Si strinse nelle spalle rispondendo con un diplomatico, schietto, cristallino no.


"Mi sento tremendamente figo, invece, se proprio vuoi saperlo. Voglio dire... sto ricattando te. Mi spiego? Anche se la parola ricattare non mi piace... direi piuttosto, incentivare. Suona meglio, non è vero? Considerando che siamo in vena di confessioni oneste, dimmi: come ti fa sentire l'idea che ad incentivarti sia... com'è che avevi detto? Un bamboccio?" Mordred tornò a poggiare i gomiti sul bancone e spalmò di nuovo la guancia sul palmo della mano, con un'espressione così serafica che Morgana sentì il suo fragile karma vacillare pericolosamente. Non poteva perdere il controllo con un ragazzino, era una persona matura, lei.


"Se lo fai è perché te lo sto permettendo"


Forse non avrebbe dovuto dirlo.

Un lampo pericoloso attraversò gli occhi chiari del ragazzo che le sedeva accanto; Mordred socchiuse le palpebre, lo sguardo divenne tagliente ed il sorriso più sprezzante, come avesse appena vinto qualcosa grazie all'astuzia.


"Davvero?" domandò, leccando ogni parola con un piacere quasi osceno "E perché mi permetti di fare una cosa del genere?"


La inchiodò sullo sgabello con un'occhiata eloquente. Aveva detto la cosa sbagliata, ma se ne era resa conto troppo tardi ed il cervello (per l'appunto machiavellico) di Mordred, ci aveva subito ricamato sopra, con l'aggiunta di merletti e fiocchettini vari. Morgana si irrigidì, ma sostenne il suo sguardo senza un briciolo di tentennamento; quella lieve sfumatura che assunsero le sue guance, era qualcosa fuori dal suo controllo. Ma si trattava di indignazione, mica di imbarazzo.


"Non mi aspettavo niente di diverso dalla tua mente contorta, Duirvir, tranne che un'errata interpretazione delle mie parole. Come non ti sai smentire tu, nessuno lo fa, davvero. E' una gioia avere certe costanti nella vita" anche lei era capace di sfoggiare sorrisi radiosi, ma più falsi di una moneta da tre euro. Se Mordred aveva davvero pensato di star giocando da solo a quella partita, si era sbagliato di grosso. O forse era Morgana a non rendersi conto che Duirvir non aveva mai voluto giocare da solo.


"Ti permetterò di cavartela in questo modo solamente perché sono affamato. Ed è qui che entri in scena tu" Mordred la puntò con entrambi gli indici, i pollici alzati verso l'alto "Sono indeciso tra il sandwich con l'insalata di pollo con maionese e ketchup e quello con l'insalata di pollo senza ketchup. Che faccio?"


Morgana seguì il suo sguardo verso il tabellone, restando interdetta. Sfarfallò le ciglia due o tre volte e tornò a guardare lui, improvvisamente derubata di tutte le sue doti espressive. La sua faccia da quel momento in poi non fu più interpretabile.


"Mi hai fatta quasi ammazzare per... decidere con quale panino spero che il destino ti faccia morire soffocato?"

A parte che mi sento sinceramente disgustata. Ma dove si è mai vista l'insalata di pollo con il ketchup... che orrore!


"Ah-ah-ah! Più carina Banshee, più carina" la redarguì, sventolando l'indice avanti e indietro come stesse rimproverando una bambina. Morgana si morse la lingua, prima di sorridere amabilmente.


"Perdonami" esclamò e la voce risultò carezzevole come mai lo era stata nei suoi riguardi "Hai ragione. Volevi sapere che cosa fare?"


"Sì, un suggerimento mi potrebbe essere d'aiuto"


"Sparati"


Saltò giù dallo sgabello e raccattò rabbiosamente la borsa. Mordred la guardava con un cipiglio contrariato, ma non disse niente, preferendo piuttosto passare ai fatti. Estrasse dalla tasca della giacca una foto a caso e la spiaccicò sul bancone, richiamando il barista con un fischio amichevole.


"Ehy Ben!" gli fece cenno di avvicinarsi "Voglio farti vedere una cosa!"


Morgana sgranò gli occhi e prima che potesse succedere qualsiasi cosa, si avventò sul ragazzo e tentò di strappargli la foto dalle mani. Lui si mise a ridere di gran gusto, lasciandole fare un po' quel che diavolo voleva, perché tanto l'originale ce l'ho sempre io. Avviluppata a Mordred nel tentativo di risalire lungo il suo braccio per prendere la foto, Morgana strinse i denti e sembrò ringhiare. Duirvir alzò le sopracciglia, con un sorriso da presa in giro sul volto angelico e si chinò a sfiorare la punta del naso di Morgana con il suo, per pura provocazione.

Forse dovrei smetterla di tirare tanto la corda. Ma non è colpa mia se lei rende tutto così maledettamente divertente. Ci penserò. Domani. O dopodomani. O mai.


"Senza!" sputò fuori la ragazza, allontanandosi bruscamente per issare la borsa sulla spalla, strofinando il naso con una mano, neanche fosse stata infettata da una malattia rara e terribile.


"Come scusa?" Mordred tornò a sedersi sullo sgabello, corrugando la fronte con aria confusa.


"Senza ketchup" ripeté e fece una fatica immensa per parlare e nel frattempo cercare di non usare oggetti contundenti su di lui.

Com'è possibile che in cinque minuti questo tipo riesca a farmele vorticare così vertiginosamente? E' disumano!


Mordred annuì con aria maledettamente soddisfatta "Ora va meglio" commentò, restando ad osservarla mentre si allontanava dal bar senza degnarlo più di mezzo sguardo o parola, zigzagando tra i tavolini a passo marziale. Ma a lui andava bene così. Ci volevano giorni per espugnare una fortezza, lui lo sapeva bene. Ultimamente un po' cavaliere ci si sentiva, in effetti. E Morgana era quella fortezza.


*


Lancelot si mosse nervosamente sulla panca, strusciando involontariamente i piedi a terra. Guardò il solco che aveva fatto con la scarpa nel rimasuglio di carbonella(1) e gli sembrò la cosa più interessante vista fino a quel momento. L'odore della polvere ferrosa gli piaceva, ma non era abbastanza per metterlo a suo agio. Guardò l'orologio da polso, constatando che l'ora di pranzo era oramai passata da un po' e che Gwen si stava sicuramente chiedendo dove diavolo fosse finito. Come a voler confermare i suoi sospetti, la coscia destra vibrò di nuovo: era appena arrivato l'ennesimo sms.

Mi sta facendo una cura elettro stimolante, per la miseria. La chiamavano Ansia. Se non rispondo subito si fa prendere dal panico!


Gli si strinse il cuore a quel pensiero; l'idea di poter essere causa di preoccupazioni per la sua trottolina gli faceva contrarre lo stomaco. Inumidì le labbra secche quasi quanto la gola e si azzardò ad alzare gli occhi scuri su di lui: adesso aveva messo da parte il maglio(1) ed aveva invece impugnato il martello(1). La fucina(1), rovente grazie alla carbonella, aveva reso l'aria pesante e calda. Lancelot inghiottì a vuoto, mentre il baluginio del ferro illuminato dalla lampada al neon, si rifletteva nei suoi occhi scuri. Lui gli sorrise e Lance tentò di stiracchiare le labbra.


"Che cos'hai, ragazzo? Ti vedo pallido, oggi" commentò l'uomo, iniziando a martellare con movimenti decisi il ferro per forgiarlo a regola d'arte; doveva essere la parte alta di qualche cancellata, viste le estremità appuntite che l'uomo stava modellando con attenzione. Lancelot si passò una mano dietro il collo, infilando le dita oltre il colletto della camicia come a volerlo allargare.

No, niente. E' che questo coso che batte su e giù mi mette un po' di ansia. Ma non è perché sto uscendo con sua figlia.


"Si figuri. Lei piuttosto, come... come va con... sa, quella cosa..." incespicò nelle parole, non molto sicuro di poter essere libero di parlarne. Quando il fabbro lo guardò, smettendo di forgiare il ferro, improvvisamente il martello gli sembrò una prospettiva più divina dell'essere osservato in quel modo penetrante. Si mosse di nuovo insofferente sulla panca, mentre l'aria calda della stanza gli faceva colare una goccia di sudore lungo la tempia destra. Là dentro sembrava essere agosto.


"Va" commentò l'uomo, schietto, raggrumando le labbra in un'espressione un po' pensierosa "Sai, solitamente cerco di non pensarci. Non voglio godermi gli ultimi giorni che mi restano con il pensiero che lo siano. Sei d'accordo?"


Lancelot si ritrovò ad annuire con aria mesta, dandosi del cretino per aver fatto una domanda del genere.


"L'estroflessione endocrinale del neurone trasversale di Thor(2) non perdona, ragazzo. E' una malattia talmente rara che i dottori hanno serie difficoltà nel pronunciarla. Io, invece... bé. Ho dovuto imparare per forza. Quando una cosa ti riguarda così da vicino..." sospirò con dolore, mollando il martello sulla fucina. Lancelot si sentì di botto più sereno.


"Prima inizi con le visioni" continuò il fabbro, sedendosi accanto a lui pesantemente, con l'aria di uno che stava combattendo una guerra sapendo di non poterla vincere "Poi inizi a sentire le voci, segno che il cervello non riesce più a collegare i neuroni nel verso giusto. Dopo le voci iniziano i tremolii delle sopracciglia, delle orecchie e dei peli del naso... e quando arrivano quelli, ragazzo... ti resta davvero poco tempo..." abbassò sconsolato gli occhi per terra, appoggiando una mano aperta all'altezza del cuore.


"Tutte queste stranezze aiutano la malattia a rendere questo coso qui, debole come un fuscello. Qualsiasi sorpresa, negativa o positiva che sia, potrebbe mandarmi al creatore prima del previsto. Qualsiasi” tenne a sottolineare.


La mia bambina... non potrei immaginare come ne soffrirebbe la mia bambina! Sono la sua unica famiglia, mi adora e non so se riuscirebbe ad affrontare una cosa del genere prima del tempo. Lasciamo che la malattia faccia il suo corso... giusto, Lake?"


A Lancelot sembrava di sentire il suo, di cuore, a voler raggiungere il creatore. Come poteva prendere sottogamba la richiesta disperata di un uomo moribondo? Gli aveva chiesto, mesi prima, quando Gwen si trovava in Francia, che se davvero voleva stare con sua figlia allora avrebbe dovuto corteggiarla come un vero uomo, senza metterle una mano addosso, non prima del matrimonio per lo meno. Lance sarebbe scoppiato a ridere con poco ritegno, ovviamente, se quello non l'avesse di conseguenza informato della sua precaria condizione di salute. A quel punto la voglia di ridere gli era scesa sotto le scarpe. Tom (così si chiamava il fabbro), aveva quindi avanzato la sua richiesta con la disperazione di un uomo che esprime l'ultimo desiderio prima di morire. Lancelot amava Gwen più del pane con la nutella, più di sua madre, sua nonna e sua zia. E come poteva dire di no a suo padre, l'uomo che l'aveva cresciuta e messa al mondo e che ora andava incontro alla morte con un sorriso rassegnato sulle labbra solo per non veder piangere troppo la sua bambina?

Come posso rifiutarmi di assecondarlo sapendo che la mia risposta potrebbe fargli venire un infarto e stroncarlo prima del previsto?! Non posso uccidere il padre di Gwen, non posso! Così lei non mi rivolgerà parola per tutta l'eternità (che è un tempo molto lungo) ed io mi lascerò morire sotto il ponte di Londra senza più alcuno scopo nella vita!


"Certo... certo che è giusto" si ritrovò quindi a rispondere, con un tono di voce roco. Schiarì la gola alla meno peggio e lasciò che l'altro lo avvolgesse per le spalle con un braccio, una pacca paterna ad accompagnare quel gesto affettuoso.


"La stai corteggiando come si deve?" si informò quello, con un cipiglio poco rassicurante. Forse il martello era ancora un po' troppo a portata di mano.


"Sissignore. Le ho raccolto dei fiori, le ho cantato una canzone, le ho organizzato una cena a lume di candela... E pure un pic-nic!"

Il fatto che non abbia portato a termine nemmeno una di queste dimostrazioni di amore posso anche risparmiarglielo. Sia mai che il cuore non dovesse reggere nemmeno a questo shock...


Tom annuì con aria soddisfatta, paccheggiando un'altra volta la spalla di Lance. Lì dentro si moriva di caldo ed il ragazzo sentiva la camicia appiccicarsi sulla schiena; Tom sembrava piuttosto abituato, invece, ma era anche vero che faceva quel lavoro da tutta una vita. La parola vita gli riportò alla mente che il fabbro stava per morire e si sentì uno schifo.

Certo che di malattie maledette ne esistono davvero tante... Come questa roba di Thor. Deve essere orribile sentire i peli del naso che tremano... Starnutire ogni cinque secondi... Mmmh, brutta storia amico, brutta storia...


"Perché non le cucini qualcosa di buono? Alle ragazze piacciono queste cose. E mangiare vi distrarrà dalle tentazioni della carne. Perché tu ti stai purificando, per il matrimonio, vero Lake?" la presa sulla sua spalla cominciò improvvisamente ad assomigliare a quella di una tenaglia. Lance voltò lentamente la testa verso di lui, ritrovandosi ad osservare il suo volto da una distanza praticamente irrisoria. Il padre di Gwen lo stava sezionando con attenzione scientifica, causandogli un brivido spiacevole lungo la spina dorsale.

In generale era l'essere così appiccicato ad un altro uomo, a risultargli spiacevole. Ma la morsa ferrea delle dita di Tom ci metteva il suo bel carico da cento.

Annuì meccanicamente più di una volta, atterrito dalla linea dura che aveva assunto la mascella del fabbro. L'uomo sfoderò un sorriso giulivo, sfondando un altro po' la spalla di Lancelot con qualche pacca in più.


"Dì un po', Lake... Perché ti sei portato dietro un asino? Volevo chiedertelo già da un po', in effetti..."


Il ragazzo sgranò gli occhi e si voltò per seguire lo sguardo di Tom che andava oltre le sue spalle. Asino? Quale asino?

Oh mio Dio... le visioni... le visioni sono già cominciate!


*


"Dovrei legarti sul paglione(3) ed usarti come bersaglio, Merlin" sibilò Arthur, dirigendosi a passo di marcia verso la mensa, seguito da un cupo Emrys con gli occhi blu in tempesta. Si era lasciato trascinare da quell'idiota fino ai laboratori, ma della ragazza dell'una e ventisette minuti neanche l'ombra.

Certo, siamo arrivati lì all'una e ventinove! Un ritardo mostruoso! E ho saltato il pranzo! Se mi hanno fatto sparire il vassoio dal tavolo faccio una maledetta strage! E divorerò lui, tanto per cominciare!


C'erano poche cose che rendevano Arthur Pendragon un ragazzo poco ragionevole; una di quelle, era il cibo. Il sacrosanto, beneamato cibo. E quando Arthur aveva fame, niente e nessuno poteva intromettersi tra lui ed il suo cibo, neanche la maledetta ragazza dell'una e ventisette che non aveva avuto nemmeno la decenza di farsi trovare dove diavolo doveva essere! Sbuffò, senza neanche sincerarsi di controllare se Merlin lo stesse effettivamente seguendo o meno. In quel momento, l'unica cosa a cui il biondo riusciva a pensare, era l'arrosto che lo aspettava (oramai sicuramente freddo) nel suo piatto.

Glielo faccio scaldare io, il mio arrosto. Costringerò Emrys ad alitarci sopra finché non fumerà, per la miseria.


"Arthur, non è colpa mia! Gli imprevisti succedono, magari neanche ci è andata, oggi, all'ora di laboratorio!" tentò di biascicare Merlin, roteando gli occhi verso il cielo con esasperazione. Sapeva che quell'asino babbeo si sarebbe arrabbiato, ma era un prezzo che poteva pagare se confrontato alla prospettiva di avere di nuovo a che fare con la lingua lunga di Freya. Il ragazzo sperò ardentemente che la compagna se ne fosse già andata dalla mensa, altrimenti avrebbe dovuto inventarsi di nuovo qualcos'altro per tenerla lontana da Pendragon (ed a quel punto lui l'avrebbe ucciso sul serio).

Involontariamente, si immaginò legato al paglione di tiro con l'arco come un salame e con una mela in bocca. Rabbrividì dall'orrore.

Giovane laureando trovato morto in circostante assai bizzarre. La polizia ha già avviato le indagini per smascherare l'identità del misterioso assassino. Fonti sicure affermano di aver visto un asino sulla scena del crimine intorno all'ora stimata del decesso...


Perso in quei macabri pensieri, non si accorse che Arthur si era fermato all'improvviso e che lo stava osservando con un cipiglio poco sereno. Fu quindi inevitabile andare a sbattergli contro come un babbeo. Merlin sbatté le palpebre con aria stralunata e lo guardò interdetto, il silenzio ad aumentare la sensazione di pericolo che già l'idea del paglione gli aveva fatto strisciare sotto la pelle.


"Sai, stavo pensando a quello che ha detto Freya..." iniziò il biondo, piantando i pugni chiusi sui fianchi e stringendo brevemente le labbra "Devo ammettere che il suo ragionamento non fa una piega. Dimmi, Merlin, dovrei lasciar perdere secondo te?"


Il moro boccheggiò, trovandosi puntati addosso gli occhi azzurri di Arthur, che lo osservavano fin troppo seriamente. Era chiaro che il biondo ci tenesse sul serio a conoscere il suo parere, quindi Merlin scartò da subito l'idea di dare una risposta poco pertinente. Si grattò la massa di capelli neri sulla testa e rimase in silenzio per lunghi istanti, combattuto interiormente da un vortice di emozioni contrastanti, che gli facevano bruciare lo stomaco.

Sì, devi lasciar perdere, perché sono un essere umano e non ne posso più di vederti baciare questo mondo e pure quell'altro, per la miseria!


Ma Merlin non era mai stato una persona egoista e men che meno sarebbe potuto diventarlo con il ragazzo che amava. Sospirò, ed allargò un po' le braccia verso l'esterno, con un pizzico di rassegnazione. Madre Natura l'aveva fatto idiota e come tale, quindi, sapeva comportarsi.

Nel mio caso, idiota, equivale a dire masochista. Oramai è questo il mio destino, devo solo accettarlo.


"Non devi lasciar perdere, Arthur" commentò, con un sospiro "Freya ha anche detto che c'è la possibilità che la ragazza non ricordi cos'è successo. O che non faccia parte di questa università. Quindi è possibile che non sappia che la stai cercando. Non ascoltare solo quello che ti pare, quando la gente ti parla..."


Il biondo abbassò brevemente lo sguardo sul pavimento di pietra del corridoio, con aria piuttosto pensierosa. Merlin avrebbe venduto un rene pur di sapere cosa gli stava passando per il cervello. La curiosità lo divorava.


"Sai... Mio padre mi dice sempre che se non sai come andare avanti, devi fermarti un attimo e provare a ripartire dall'inizio..." Arthur alzò gli occhi e tornò ad osservare l'altro, l'espressione pensierosa che veniva visibilmente contaminata da una certa determinazione. Merlin corrugò la fronte con aria interrogativa.


"Ho deciso di ripetere la festa e tu verrai con me per supportarmi" affermò Pendragon, con tono categorico, il cipiglio battagliero di chi si stava preparando a vincere una guerra. Voltò le spalle al moro e ricominciò a marciare verso la mensa, decisamente meno depresso di prima.

Merlin restò fermo imbambolato in mezzo al corridoio, gli occhi blu puntati sulla schiena del regal babbeo (la parola festa gli aveva fatto avere un flash della corona di Burger King che l'altro aveva indossato all'ultima cui avevano partecipato) che si allontanava da lui. Se in quel momento l'avesse investito un treno, difficilmente se ne sarebbe accorto. Aveva avvertito chiaramente le viscere dello stomaco sbrogliarsi e calare verso le ginocchia.

Un'altra festa.

Ancora!

Ma avrebbe dovuto parteciparvi in veste di Merlin, quel giro, e non come la 'principessa' vestita di verde.

Non devo bere pensò intensamente, con un nodo alla gola, Stavolta, non devo bere.


*


Quando Morgana entrò nell'aula del club di rievocazioni storiche, quel pomeriggio, trovò Mordred seduto compostamente su una sedia, intento a leggere un libro. Teneva gli occhi bassi ed aveva una guancia affondata nel palmo di una mano. Era talmente assorto nella lettura che non si accorse dell'arrivo della ragazza.

Morgana trattenne uno sbuffo insofferente, non ne poteva più di vederlo così spesso nell'arco di una giornata. In realtà non ne poteva più di lui in generale e, con la carta del ricatto, si era definitivamente giocato la possibilità di starle simpatico.

Restò ferma sulla soglia dell'aula, osservando come le particelle di polvere, rese visibili dal fascio di luce che entrava dalla finestra, galleggiassero pigramente intorno al suo corpo.

Quando non si atteggiava a stronzo di prima categoria e non aveva stampata sulla faccia quell'espressione da figlio di una buona donna che era solito avere con lei, diventava quasi interessante da guardare. Quasi. Nonostante l'antipatia innegabile che provava nei suoi confronti, sarebbe stata una bugiarda a dire che Mordred non fosse un bel ragazzo, perché lo era.

In silenzio, si chiese cosa sarebbe potuto succedere se lui non fosse stato più piccolo di lei.

Unì le labbra brevemente, con un cipiglio infastidito.

Questo qui mi ricatta ed io vado a pensare certe cose. Certo, Morgana, sei di una coerenza bestiale, davvero. Sarà pure carino ma l'istinto omicida nei suoi riguardi mi resta comunque.


Mentre schiariva discretamente la gola per rendere palese la sua presenza, si disse che non avrebbe mai ammesso ad alta voce che provava dell'interesse per lui: un interesse dovuto al modo in cui sapeva tenerle testa, come nessun altro aveva mai saputo fare. Lui la incuriosiva e la stimolava a dare il meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) di sé, quello era un dato di fatto.

Mordred alzò gli occhi dal libro e le sorrise con tranquillità, piegando l'angolo di una pagina per non perdere il segno. Appoggiò i gomiti sul tavolo e le fece cenno di sedersi accanto a lui.


"Hai per caso chiesto ad Emrys di scaricare la lista dei miei orari?" chiese Morgana, con leggera ironia, poggiando la borsa sul tavolo e scostando una sedia per prendere posto. Aveva deciso che arrabbiarsi con lui in continuazione le avrebbe soltanto fatto venire un sacco di rughe, minando così la sua perfezione.

No, mediterò vendetta nella piena pace dei sensi. Non ti permetterò di calpestare il mio karma.


Mordred corrugò la fronte con aria interrogativa "Di che stai parlando?" domandò, non avendo la più pallida idea di chi fosse questo Emrys. Morgana sventolò una mano per aria con noncuranza, invitandolo a lasciar perdere; poggiò la schiena contro la spalliera della sedia ed incrociò le braccia, con un vago sorriso sarcastico sulle labbra ben disegnate.


"A cosa devo l'onore della tua presenza al club? Vuoi iscriverti?"


Mordred inarcò le sopracciglia, l'altra sembrava averlo quasi preso in giro con la particolare inflessione che aveva assunto il tono della sua voce.


"Se anche fosse?" domandò lui, ma si capiva bene che non stava dicendo sul serio. Frugò nella borsa per qualche secondo ed estrasse quello che a Morgana parve un volantino(4). Ne ebbe la certezza quando Mordred lo allungò sul tavolo, verso di lei. La ragazza adocchiò i colori tremendi, che non c'entravano niente l'uno con l'altro e la scrittura frettolosa. Era stato fatto evidentemente a mano e poi fotocopiato.


CONFRATERNITA DEI CAMELOT

Festa in Maschera: IL RITORNO


Visto il grande successo riscosso dal primo girone, i Camelot sono lieti di annunciare una prossima replica!

Al contrario della scorsa volta, l'accesso sarà permesso a chiunque voglia partecipare. Non verranno quindi distribuiti i classici guanti(5).

Unica regola: munirsi di travestimento!


Per Lancelot e chiunque voglia imitarlo: (evitiamo le oscenità dello scorso anno, come venire ricoperti di glitter per imitare Edward Cullen, grazie).

La festa si terrà il giorno xx/xx/ alle ore xx. Vi aspettiamo!


Confraternita Camelot


Conosceva quella scrittura. La conosceva molto bene, considerando che la doveva interpretare almeno tre volte al mese per far evirare dal quaderno le minchiate che suo fratello scriveva tra gli appunti.


"Mio fratello sa essere imbarazzante a volte, lo ammetto" commentò blandamente, poggiando il volantino sul tavolo "Quindi? Hai paura che Valiant attenti di nuovo alla mia virtù?"


Mordred riprese il volantino e lo mise nella borsa "Ha cominciato a distribuirli questo pomeriggio. La signora Lindsey, della segreteria, ad un certo punto è scoppiata a piangere perché con tutte le fotocopie che Arthur ha fatto nel giro di dieci minuti, ha mandato in palla la stampante" si lasciò scappare una risata leggera e poggiò di nuovo i gomiti sul tavolo. Morgana non poté fare a meno di stiracchiare le labbra, ma non era preoccupata: gliene avrebbero potuto comprare altre trenta di quelle stampanti (trenta, giusto per restare su un basso profilo).


"Da cosa ti vestirai?" le domandò il ragazzo e Morgana percepì chiaramente sul viso i suoi occhi attenti. Si strinse nelle spalle.


"Non lo so, perché ti interessa? Vuoi di nuovo farmi la paternale su come decido di andare vestita ad una festa?" il tono di voce risultò sarcastico e sferzante e ricambiò il suo sguardo nella medesima maniera. Sembrava si stessero sfidando tacitamente.

Tra l'altro, chi ti dice che ci andrò? Potrebbe non andarmi. Potrei avere da fare. Potrei dover studiare... Seh. E' dal primo anno che non salto una festa. Sei poco credibile, Morgana.


"Devo saperlo" riprese lui, candidamente "Così saprò quale costume scegliere. L'idea dell'abbinamento dei personaggi mi piace, non mi va di fare una cosa diversa dalla tua"


Il rumore di un disco interrotto bruscamente, invase la testa di Morgana. Sfarfallò le ciglia e lo guardò palesemente interdetta. Prego?


"Non puoi costringermi a venire con te" esclamò, sentendo la rabbia già scaldarle il volto.

No Morgana, no. Le rughe, ricordati le rughe! E il karma!


Mordred fece un piccolo sorriso quieto ed abbassò gli occhi per qualche istante. In quegli attimi di silenzio, la giovane Pendragon pensò finalmente di averlo offeso sul serio.

Ovviamente si sbagliava.


"Non ti sto costringendo, infatti" disse lentamente il moro, rigirandosi una penna tra le dita con distrazione, ma senza alzare lo sguardo "Puoi scegliere. Vieni con me, oppure sai cosa succederà. Ma hai comunque due opzioni, se vorrai scegliere la seconda me ne farò una ragione..."


Morgana inspirò silenziosamente, fissandolo con un'intensità imbarazzante, anche se lui non la stava guardando. Stavolta Mordred non si era posto verso di lei con un sorriso sprezzante a piegare le labbra, né con aria angelica e non colpevole; le aveva parlato come se, andare alla festa insieme, fosse per lui una cosa ovvia e normale. La ragazza tentò di sentirsi infastidita con tutte le sue forze, ma la mancanza della classica arroganza da parte di Mordred, l'aveva presa in contro piede. Non se l'aspettava.

Sì, la questione del ricatto era stata messa di nuovo in ballo, ma non le era parso che a Duirvir avesse fatto piacere sfoderare quella carta, in quel momento. E perché non la stava guardando? Lui la guardava, sempre.

Frugò nella borsa rumorosamente e con la coda dell'occhio beccò l'altro che la sbirciava oltre i ciuffi ricci della frangia; dopo qualche attimo, estrasse un quaderno e staccò un foglio. Senza tante cerimonie, strappò la penna dalle mani di Mordred e scrisse qualcosa sulle righe al centro, prima di allungarlo verso di lui.

Quando il ragazzo lesse cosa c'era scritto, sorrise; la luce del tramonto che entrava dalla finestra era morbida, sui suoi capelli scuri.

Morgana si rese conto solo dopo qualche istante, di star sorridendo a sua volta.


*


Gwen perse un po' della sua carica battagliera, quando giunse in prossimità delle cucine della mensa. Uno strano odore di bruciato aveva iniziato via via a farsi più forte, nel corridoio che conduceva alle sue porte. Aveva cercato Lancelot ovunque e non aveva fatto altro per tutto il giorno, ma il suo ragazzo non si era degnato di rispondere nemmeno alle sue chiamate; si era invece limitato a mandarle uno striminzito sms per informarla che stava bene e da quel momento, era sparito dalla faccia della terra.

Raccogliendo informazioni in giro peggio di un'investigatrice dell'FBI, era riuscita a scoprire che l'ultima volta che era stato visto, era accaduto nei pressi della mensa.

Oramai l'ora di cena era vicina e Lance aveva un buon rapporto con il personale delle cucine, tant'è che delle volte (sotto banco) preparavano per lui cose che gli piacevano particolarmente. Con il suo caratteristico sorriso sincero, la simpatia e la spontaneità, Lancelot era in grado di conquistare il cuore del mondo intero.

Gwen ci aveva messo un po', prima di riuscire a scendere a patti con quel particolare modo di essere del suo uomo.

Sono gelosa e allora? Il mio ragazzo è un figo, tutti lo amano e dovrebbe starmi bene? Ma anche no.


Dopo aver ispezionato la sala dove c'erano i tavoli e le sedie, poi i bagni adiacenti, aveva concluso che l'unico posto dove poteva ancora guardare, erano proprio le cucine. Ecco perché, quindi, in quel momento si ritrovava a spingerne la porta con il cuore in gola, la palpitazione un po' troppo accelerata e quella strana patina di presentimento tempestoso che, da inizio anno, sembrava non averla lasciata mai un secondo, neanche per farla dormire in pace.

Quando mise piede all'interno, venne immediatamente investita da una fumata abbondante e l'odore di bruciato divenne quasi insopportabile. Tossì un paio di volte, mettendo la manica della maglietta davanti la bocca ed il naso, ma con tutto quel fumo non riuscì a vedere granché.


"Lance?!" esclamò, con tono di voce titubante e soffocato dal cotone della maglia. Mosse qualche passo incerto verso la finestra, per aprire le ante e far uscire un po' di fumo. Solo in quel momento si accorse di un suono basso, stridulo e monocorde, come uno gniiiiiiiiiiiiiiiiiiii che non aveva interruzioni.

Mentre l'aria fredda autunnale entrava nella cucina per stemperare un po' l'odore pesante del bruciato, Gwen cercò di vederci meglio attraverso quella nebbia che era il fumo. Dovette aspettare qualche istante, prima di riuscire a fare il punto della situazione (o almeno a provarci).

Per prima cosa, realizzò che il fumo era fuoriuscito dal forno.

E già un mistero, l'abbiamo risolto.

Per seconda cosa, notò che fortunatamente era spento e che in giro non c'erano incendi in corso, anche se la colonna portante del forno, da bianca era diventata nera per colpa di una fiammata.

Secondo mistero risolto. Ma la piega degli eventi puzza più del bruciato.

Per terza cosa, si avvide di un individuo che correva in cerchio intorno al piano di lavoro in acciaio che capeggiava al centro della cucina. Era lui a fare quella sorta di rumore stranissimo, a labbra unite, con la faccia completamente nera.

All'improvviso, l'individuo si fermò, afferrò il bordo del tavolo con entrambe le mani e calò giù la testa di colpo, dando di sua spontanea volontà una poderosa craniata.

Gwen squittì dalla sorpresa, portando tutte e due le mani davanti la bocca.

Quando l'uomo rialzò la testa ed incontrò gli occhi cioccolato di Gwen che lo guardavano allarmati, la ragazza svelò il quarto ed ultimo mistero.

Si trattava di Lance.

Lance con la faccia sporca di nero e dei rivoli di fumo che salivano verso l'alto, partendo dalle sopracciglia. Sopracciglia che non c'erano più.

Gwen squittì un'altra volta, raggiungendo acuti che non avrebbe neanche mai potuto sognare.


"CHE DOLORE!" gridò Lance con tono di voce ultraterreno e le lacrime agli occhi; sotto il nero della fiammata si intravedeva un volto arrossato per l'evidente ustione. Lo gniiii che aveva intonato come una sorta di mantra, probabilmente era servito a bloccare tutte le bestemmie che gli erano passate per il cervello. Gwen restò ferma immobile, gli occhi ancora sgranati. Si sentiva come fosse diventata granitica tutto d'un botto.


"MANGIA I BISCOTTI!" urlò ancora il ragazzo, preda di una sofferenza indicibile e non commentabile, con la disperazione insita nel tono della voce; allungò verso di lei un vassoio con una roba strana sopra, delle piccole pallette carbonizzate che tutto sembravano fuorché biscotti "LI HO FATTI PER TE!"


Gwen avrebbe voluto piangere.

Si avvicinò titubante al tavolo dove c'era il vassoio e, con mano tremante, ne prese uno tra le dita. Il biscotto, una volta sollevato, le si polverizzò sul palmo della mano (era troppo carbonizzato). Un ruggito di gioia le invase il petto. Non poteva mangiarli!


"Lance..." pigolò lei ad un certo punto, sentendosi impotente e completamente spaesata davanti la sua faccia bruciacchiata. Guardò il vuoto totale che le sue sopracciglia avevano lasciato sulla fronte ed unì le labbra con espressione greve, mortalmente preoccupata. Probabilmente, quando lui aveva aperto il forno per controllare i biscotti, la fiammata l'aveva investito in pieno. Ma a quanti diavolo di gradi l'aveva impostato?!

Forse dovrei costringerlo ad andare da uno psicologo... qualcuno che lo aiuti, insomma...


Il ragazzo aveva una faccia allucinata, ma non osava muovere un muscolo, perché ogni movimento gli causava bruciore.

A quel punto Gwen, con il cellulare, compose il numero dell'infermeria del college.

E sperò ardentemente che la maggioranza degli studenti fosse rinchiusa nei dormitori a cambiarsi per la cena.

















NOTE DELL'AUTORE: Vorrei specificare che, anticamente, negli appunti che avevo scritto sul quaderno (riguardo questo capitolo, testuali parole) c'era questo: Merlin sbrocca e decide di non aiutare più Arthur. Nel capitolo del compleanno di Gwaine, Merlin avrebbe dovuto tentare il suicidio più demenziale della storia, spinto dalla depressione, cosa che non è accaduta. Questo per farvi capire che sugli appunti che ho, molte cose sono diverse da come realmente stanno andando XD quando si scrive, o almeno quando io scrivo, il parere cambia e gli eventi prendono vita da soli, decidono autonomamente come svolgersi. Io non so se è normale che una storia abbia tutto questo potere decisionale, mi sento un po' strumentalizzata. Forse dovrei fargli causa.

RoseSly, forse non ti rendi conto del trauma che mi hai causato con 'sta storia di Edward Cullen XD Un ringraziamento esplicito a Ryta Holmes perché mi beta coraggiosamente la storia ù_ù e poi a tutti voi che la leggete e la commentate: lo sentite il mio amore? LO SENTITE? IO VI AMO! TUTTI! Oh. Non c'è bisogno di numerare i preferiti/seguiti/ricordati, ma sono sempre in aumento. Ed io ho finito tutte le lacrime di gioia per colpa vostra. Ma continuo ad amarvi. Volevo fare delle specifiche su Freya e Mordred. Partendo da lei: so che nella serie l'hanno dipinta come una ragazza dolce e fiduciosa, ma il suo personaggio è stato trattato pochissimo, quindi mi sono presa la libertà di reinterpretare un po' il suo carattere come più mi conveniva, per esigenze di trama. Stesso discorso per Mordred: all'inizio, quando diventa cavaliere, è tutto lindo e pinto, ingenuo ed innocente, ma se passa alla parte oscura del potere un motivo ci sarà. Quindi per me, in lui, ci sono luci ed ombre. Cerco di restare IC ma non sempre mi risulta cosa facile. Passando oltre:


(1) La carbonella è il carbone. La fucina è una specie di piano di lavoro per i fabbri. Il maglio ed il martello sono alcuni degli strumenti che un fabbro utilizza.

(2) La malattia è chiaramente inventata XD

(3) Il paglione è un... coso... fatto di paglia (XD) tutta compatta dove sopra ci si appiccica il foglio del bersaglio che le frecce tirate devono centrare... Si usa soltanto in alcuni tipi di gare. Arthur al posto del foglio vorrebbe appiccicarci Merlin. Tenero lui <3

(4) Adesso capirete la disperazione di Morgana quando deve tradurre gli appunti di Arthur: http://i188.photobucket.com/albums/z206/AlexisKathlyneMalfoy/volantinoarthur_zps9086d175.jpg

(5) Nel college c'è l'usanza di distribuire guanti di particolari colori a chi è invitato a partecipare alle feste organizzate dai Camelot. Il colore dei guanti cambia a seconda del tipo di festa. Ho scelto questo indumento perché anticamente c'era l'usanza di sfidare a duello una persona schiaffeggiandola in volto con un guanto. In questo caso il duello non c'entra niente, ma è il collegamento che l'oggetto ha con tradizioni passate ad essermi piaciuto.


Ssssciao beLi!


   
 
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