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Autore: fuxiotta95    26/02/2013    4 recensioni
(continuazione di "il nostro piccolo miracolo")
paura, angoscia, dolore... quante cose si possono provare durante il parto, ma appena senti quell'urlo disperato che é il canto della vita tutto cambia, vero Sakuma?
Genere: Introspettivo, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Joe/Koujirou
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Mpreg
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Sakuma era da poco entrato nel nono mese, l’ansia si faceva largo in lui cosi come la paura di non essere pronto e man mano che il grande giorno si avvicinava il terrore aumentava.
Era un giorno di metá Agosto, il caldo soffocava la cittadina, molti si erano giá rifugiati al mare e chi non poteva permetterselo trovava rifugio nelle piscine comunali. Sakuma se ne stava coricato sullo sdraio in veranda, il vento caldo gli accarezzava la pelle facendogli muovere appena le ciocche azzurrine, gli occhi socchiusi, la canottiera alzata in modo che il sole potesse scaldargli la pelle tirata del pancione, l’elastico dei pantaloncini scivolato al di sotto del basso ventre non riuscendo ad avvolgergli la vita, le caviglie incrociate, le dita che delicatamente girano in torno all’ombellico a bottoncino e disegnavano linee immaginarie allontanandosi da esso per poi tornare di nuovo a girargli intorno; ad un tratto un calcio sotto la pelle lo fece fermare, aprí gli occhi, si accarezzó il ventre quasi come se stesse accarezzando la morbida guancia del neonato
-Ti sei svegliato?-
Sussurró continuando con quel gesto materno, troppo materno per un ragazzo, ma che a lui veniva cosi naturale, un altro calcio come segno di risposta, sospiro continuando ad accarezzarsi il ventre, alzo gli occhi al cielo e si incanto a guardare l’azzurro intenso che caratterizzava quella meravigliosa giornata, un altro calcio attiro la sua attenzione
-Shhhh, sono qui…-
Sussurró alzando appena la testa dal cuscino che aveva rubato dalla sala per rimanere piú comodo, chiuse nuovamente gli occhi per assaporare a pieno quel momento da solo con il suo bambino, ogni volta che fermava le mani riceveva un calcio, a volte i piedini rimanevano puntati sotto la pelle lasciando intravedere la loro sagoma, ognuno di quei calci era un invito a dargli attenzioni, a parlargli, giá da tempo lui e Genda si erano accorti che ogni volta che l’azzurrino smetteva di parlare o di toccarsi la pancia il bambino prendeva a tirare calci; sorrise felice del fatto che al piccolo piacesse la sua voce. Prese il cellulare che aveva appoggiato al suolo, osservo il display per vedere se Genda gli avesse mandato qualche messaggio, giro con il dito sul menu prima di schiacciare l’icona della macchina fotografica, mise la modalità video e smise di toccarsi il ventre, rimase fermo inquadrando il pancione fino a che un altro calcio non lo colpi facendo intravedere una piccola bozza sulla pelle tirata, sorrise e blocco la registrazione
-Ora facciamo vedere a papá che fai i capricci~-
Canticchio cercando nella rubrica il numero di Genda, sorrise a ripensare alla parola “papá”, invio l’mms prima di tornare ad accarezzarsi il ventre. Amava Genda, ma adorava poter rimanere da solo con il proprio pancione, solo con il suo piccolo, assaporare il loro momento, era egoistico il pensiero che fino al momento del parto la gravidanza era solo l’oro, sua e del suo piccolo, Genda non poteva entrare nel loro mondo che si era creato fin dal primo momento in cui aveva visto l’ecografia, per quanto si sforzasse non poteva provare ció che Sakuma provava.
 
(Sakuma)
Decisi di andare a vedere se mia mamma avesse bisogno di una mano per le pulizie, da quando aveva saputo che ero in cinta mi aveva incatenato al letto obbligandomi a non fare il minimo sforzo, certo la lieta notizia aveva lasciato tutti i nostri conoscenti a bocca aperta, ma le future nonne si erano subito messe al lavoro per prepararmi a diventare mamma, mentre i futuri nonni giá temevano le possibili spese che avrebbero dovuto affrontare, ma per loro fortuna Genda si era messo di impegno fino a trovare lavoro come vice mister dei pulcini per poter pagare il grosso delle spese e per di piú stare con i bambini lo preparava a ció che lo aspettava. Mi misi seduto prima di alzarmi lentamente, ma appena fui ritto sulle gambe sentii un liquido caldo colarmi lungo l’intero coscia, giunse fino alle ginocchia e poi alle caviglie, abbassai lo sguardo ma il pancione mi impediva di vedere, feci un passo in avanti, mi voltai e vidi un liquido incolore tranne per alcune venature rosse, subito dopo un dolore lancinante mi percorse il ventre, mi sorressi allo stipite della porta d’ingresso
-MAMMA!-
Urlai istintivamente, in pochi secondi mia mamma corse fino alla veranda spaventata dal mio urlo pieno di dolore, si mise una mano sulla bocca prima di voltarsi verso l’interno della casa per chiamare mio padre che subito accorse, senza troppe cerimonie mi prese in braccio e mi portó alla macchina, riuscí a vedere mia mamma scomparire dietro la porta della sala per poi riapparire con in mano il borsone che avevo preparato un mese prima. Mio padre mi poso delicatamente sul sedile posteriore e velocemente raggiunse il posto di guida, in neanche un secondo mia madre fú al suo fianco, una nuova fitta mi fece piegare in due, era come se qualcuno tirasse i miei muscoli fino a farli strappare, compresi che quelle dovevano essere le famose contrazioni di cui le donne del corso premama avevano timore; vidi mia mamma digitare  un numero a me troppo famigliare
-Sono io Genda, sí, sí, a Sakuma si sono rotte le acque stiamo andando all’ospedale, ok ti aspettiamo la!-
-GENDAAAA-
 
(Genda)
L’urlo di dolore di Sakuma mi giunse dall’altra parte dell’apparecchio, mi voltai a guardare il mio datore di lavoro intento a ritirare i palloni che i bambini avevano usato per giocare in acqua, durante l’estate li portavamo in piscina, lo vidi lasciare la rete e tirare fuori dalla tasca dei pantaloncini le chiavi della propria auto, senza proferire parola ci dirigemmo alla vettura
-Passami Sakuma per favore-
Attesi qualche istante finché non sentí la sua voce distrutta dal dolore chiamarmi
-Amore, tranquillo, io arrivo lo giuro, tu continua a respirare come ti hanno insegnato al corso, spingi!-
Subito mi tappai la bocca, ma l’errore lo avevo ormai commesso, mi schiaffeggiai la fronte
-CHE CAZZO SPINGO?-
-Scusa…-
Sussurrai completamente rosso in viso, sentí il mio accompagnatore ridere di nascosto mentre metteva in moto l’auto, mi fece segno di mettere fuori dal finestrino una maglietta bianca che era nel cruscotto, la canottierina che uno dei bambini aveva dimenticato, eseguii il suo ordine e in questo modo la gente ci lascio passare.
Giungemmo di fronte all’ospedale, saltando giú dalla macchina ringraziai il mio accompagnatore e corsi verso la grande entrata, sorrisi appena vidi la vettura della famiglia Jirou parcheggiata di fronte all’ingresso, accelerai ulteriormente finché non vidi un’infermiera intenta a far accomodare il mio amato su una sedia a rotelle, mi avvicinai prendendo il viso di Sakuma tra le mani e gli baciai la fronte
-“SPINGI”, COME CAVOLO TI È VENUTO IN MENTE?-
Mi urló mentre si piegava in due per il dolore, sorrisi soffiandogli sulla fronte imperlata di sudore. Entrammo velocemente nell’ospedale e salimmo fino al terzo piano per giungere al reparto maternitá, venimmo condotti alla stanza che avrebbe ospitato il mio amato e il nostro bambino. L’osservai mentre due infermiere lo spogliavano per mettergli il camice sterile, gli sorrisi mentre respirava lentamente e si contorceva per il dolore, un’infermiera mi porse il camice che avrei dovuto indossare per assistere al cesario. Mentre mi cambiavo entro nella stanza l’ostetrica che sorridendo mi si avvicinó
-Pronto Papá?-
Annui sorridendo
-Mi raccomando, durante l’operazione ci sará un tendina sopra il petto di Sakuma per impedirvi di vedere dove incideremo, voglio che tu non guardi mai dove opero io, perché se no devo far portare una barella anche per te!-
M’informo ridendo, gli sorrisi ed annui, ormai non stavo piú nella pelle, la donna si avvicino a Sakuma e gli accarezzo la guancia, un’altra infermiera giunse con un carrello con sopra una siringa con un ago molto spesso e un sottile tubicino in plastica, sbiancai ricordandomi che al corso premam ci avevano illustrato la procedura dell’anestesia epidurale accennando anche alle possibili complicazioni che potevano insorgere, ma Sakuma voleva sentire il primo pianto del nostro bambino e io non ero riuscito a convincerlo a fare l’anestesia totale
-Ora, Sakuma, ti faremo coricare su un fianco per farti l’epidurale, devi stare assolutamente fermo-
Le due infermiere aiutarono Sakuma a stendersi sul letto, l’ostetrica mi fece segno di mettermi di fronte al mio amato, mi avvicinai e mi piegai cosi da poter essere a pochi centimetri dal suo viso
-Ti amo…-
Gli sussurrai accarezzandogli la guancia calda, mi guardo continuando a respirare, alzai appena lo guardo e vidi l’ostetrica avvicinarsi con la siringa in mano, tornai a puntare il mio sguardo in quello di Sakuma per distrarlo, ma appena la siringa gli penetro la carne e raggiunse lo spazio frá due vertebre urlo di dolore, gli baciai la fronte
-Shhh, va tutto bene, sei coraggiosissimo-
Gli sussurrai vedendo che neanche una lacrima gli rigava il volto, al contrario io volevo scoppiare a piangere vedendolo soffrire in quel modo.
 
(Sakuma)
Dopo il dolore dell’epidurale era giunto il momento di affrontare la sfida piú grande: il cesario. Intorno a me, oltre all’ostetrica, si trovavano diverse infermiere; mi venne posizionata sul petto una tendina azzurra molto alta che mi impediva di vedere al di lá, non sentivo niente dalle spalle in giú, solo piccole pressioni. Genda era vicino a me, mi accarezzava dolcemente la guancia tirandomi in dietro la frangia, di tanto in tanto mi posava dei teneri baci sulla fronte e sulla benda
-Possiamo incominciare, bisturi!-
Sbiancai non appena vidi una corta lama lucente venir passata al chirurgo, chiusi gli occhi e  sentí una leggera pressione nel sotto ventre, i miei occhi viaggiarono in cerca di quelli di Genda che mi accolsero permettendomi di sprofondare nelle sue iridi blu mare. Alzai appena la testa sperando di riuscire a vedere cosa stava succedendo, i medici parlavano tra di loro con il loro paroloni scientifici
-Non mi hai detto come lo vuoi chiamare-
Mi sussurró il mio amato cercando di distrarmi da quei leggeri tocchi che avvertivo
-Non lo só-
Risposi continuando a guardare il suo viso dai lineamenti gentili. In quei nove mesi avevo scoperto che la scelta del nome era la parte piú difficile, quando nasci qualcuno ha giá scelto come chiamarti e tu non ti soffermi mai a pensare quanto debba essere stato difficile trovare un nome che ti calzasse a pennello, avevo passato giorni interi a sfogliare vecchi libri che mia madre e quella di Genda mi avevano regalato, ogni nome, secondo quei libri, portava con sé un significato profondo, ricordo che non trovando il mio mi girai verso mia madre chiedendogli da dove lo avesse preso e lei mi rispose che gli era venuto in mente non appena aveva visto il mio viso paffuto, di conseguenza avevo voluto lasciare quella scelta al tempo. Non sapevo quanti minuti fossero passati ricordo solo che ad un certo punto l’ostetrica aveva esultato nel vedere il bambino non appena aveva inciso l’utero e io avevo sospirato di sollievo non vedendo l’ora di poterlo stringere a me, Genda aveva sorriso come non mai
-Eccoci!-
Genda rizzo la schiena e guardo l’ostetrica che teneva in braccio il bambino, per mia sfortuna la tendina mi impediva di vederlo, guardai Genda che si volto a fissarmi continuando a sorridere mentre due lacrime di gioia gli percorrevano il viso
-È stupendo amore-
Mi disse baciandomi la fronte, il parlottare dei medici riempiva la stanza, sentivo l’ansia crescere dentro di me, perché non piangeva?-
-Perché non piange?-
Chiesi osservando le infermiere che circondavano un enorme lavello in acciaio, l’ostetrica, che stava mettendo i punti dove aveva inciso, mi guardo sorridendo da dietro la mascherina
-Stai tranquillo è normale, ora gli puliscono il nasino e sentirai che polmoni-
Mi rassicuro pulendomi la zona operata, attesi continuando a tenere lo sguardo verso il gruppo di infermiere, anche Genda continuava a guardare verso il lavello
-Papá vuoi tagliare il cordone?-
Mi bacio la fronte prima di avvicinarsi al lavello, lo vidi tremante mentre la mano dell’ostetrica guidava la sua che teneva le forbici chirurgiche, scoppio a ridere di gioia non appena riuscí a tagliare quel filamento di carne che prima rendeva me e il bambino una cosa unica; il mio amato torno vicino a me e mi bacio le labbra. Persi un battito non appena un urlo di disperazione riempi la stanza, le infermiere iniziarono a ridere, alcune incitavano quell’urlo, compresi che quella era la voce del mio bambino, inizia a piangere di gioia, quell’urlo disperato era il canto della vita, quei singhiozzi smorzati erano il segno che mi stava chiamando
-SONO QUI!-
Urlai continuando a piangere e iniziando a ridere, un’infermiera mi tolse la tendina mentre un’altra si avvicinava con un fagottino azzurro in braccio, lentamente tolse quel asciugamano azzurro e finalmente potei vedere il mio bambino che con la bocca spalancata continuava ad urlare e a dimenarsi, notai che aveva giá molti capelli rossicci e la carnagione quasi uguale la mia ma piú chiara
-Ecco ora andiamo dalla mamma-
Me lo poso delicatamente sul petto, facendo in modo che il suo pancino fosse in contatto con il mio sterno cosi che potesse sentire il mio battito cardiaco che  in quel momento era fuori da ogni parametro, appena senti il mio calore smise di piangere e si lascio cullare dal mio respiro irregolare per via del pianto e della gioia
-Parlagli Sakuma-
M’incoraggio Genda accarezzandogli la schiena
-Sei sveglio?-
Gli domandai trattenendo a stento la gioia che rendeva la mia voce alta, il piccolo mosse i pugnetti, un piedino mi colpi la costola facendomi ridere, quel vizio non lo avrebbe mai perso
-Sai chi sono?-
Rimase in mobile, mi zitti per vedere che reazione avrebbe avuto, un altro calcio sulla costola
-Lo sa… lo sai-
Iniziai a piangere mentre Genda dolcemente sorrideva.
 
(Genda)
Non riuscivo a smettere di sorridere, Sakuma era raggiante, tutto il dolore che aveva provato era sparito ora cera solo la gioia, le lacrime che gli rigavano il volto erano luminose come cristalli, il piccolo continuava a calciare come ad incitare Sakuma a parlare
-Sei la cosa piú bella del mondo…-
Gli sussurró, alzo un braccio posando la mano sulla mia che era sulla schiena del piccolo, mi guardo sorridendo
-Siete le cose piú belle del mondo-
Affermo sorridendo, lo baciai con passione prima di tornare a guardare il frutto del nostro amore
-Hey piccolo, sai ho passato intere notti a pensare a come chiamarti mentre tu scalciavi ogni volta che non ti davo attenzioni…ho decis,o ti chiamerai Joseph, sei il nostro piccolo miracolo Joseph-
-È un nome stupendo amore-
Lo baciai nuovamente, le sue labbra si tirarono nuovamente in un sorriso per via del fatto che Joseph gli aveva tirato un altro calcio.
Era passata un’ora dal cesario, Sakuma dormiva beatamente nella camera dell’ospedale, il bambino nella culla vicino al letto, me ne stavo seduto su una sedia di plastica ad ammirare entrambe le mie ragioni di vita. I genitori del mio amato erano giá andati via per permetterci di restare da soli, i miei erano riusciti a passare dopo il lavoro, ma sia Sakuma che il bambino erano crollati per la stanchezza. Accarezzai la guancia del mio amore osservando i suoi capelli spettinati, le labbra schiuse, sorrisi nel vederlo storcere il naso quando glielo sfiorai. Sentí un leggero mugugno e osservai la culla notando che il piccolo si stava muovendo, mi alzai e mi affacciai a quella struttura in plastica, Joseph stava li con gli occhi spalancati, lo presi in braccio mettendogli a posto la tutina che le infermiere gli avevano messo
-Ora ti faccio vedere una cosa stupenda-
Gli sussurrai avvicinandomi lentamente al letto, lo alzai appena per metterlo dritto cosi ché potesse guardare nella direzione in cui volevo che guardasse
-Ti sei giá innamorato della sua voce, ma sappi che molto presto ti innamorerai del suo viso luminoso, dei suoi occhi color oro e scommetto che di notte ti divertirai a stringere nelle tue dita paffute le sue ciocche azzurrine-
Osservai Sakuma che dormiva con un sorriso a disegnargli le labbra
-Lo vedi quel sorriso? È tutto per te-
Joseph mosse i pugnetti, sapevo che non riusciva a vedere chiaramente il mio amato, molto probabilmente vedeva solo un’ombra informe, ma ero certo che mi stava ascoltando e nella sua mente pensava alla dolce voce che per nove mesi lo aveva cullato
-Spesso ti chiederai perché la tua mamma sia diversa dalle altre, ma sappi che lui ti ama come ogni madre ama il proprio figlio, spesso litigherete, arriverai quasi ad odiarlo, ma sappi che lui sará sempre pronto ad abbracciarti ogni volta che  ne avrai bisogno e cosi anche io-
Mi sfioro la guancia e presi quel gesto come un segno che aveva capito, gli baciai la fronte sorridendo. Una nuova vita stava per iniziare per me e Sakuma, sarebbe stato difficile, ma insieme avremo sfrontato tutto, per noi, per il nostro Joseph.
 
Ora sei qui con noi…

Ora sei qui con noi…

Ora sono qui…perché voi mi avete desiderato…grazie, mamma e papá

 
SPAZIO AUTRICE
Il mio senso di maternitá mi impressiona O.o ho voluto fare il parto, sí perché oggi in classe ci pensavo, sempre nell’ora di diritto, e quindi ecco a voi questa follia…*piange*
-Come sei emotiva-
*guarda malamente Gilbert* a sí? Gilbird è morto!
-NOOOO il mio povero Gilbird, il mio uccellino, il mio unico amico!!!-
Muhahahaha
Coooomunque spero che la storia vi sia piaciuta, ringrazio chi ha recensito “il nostro piccolo miracolo” sia in modo positivo, che mi incitá a scrivere, che in modo negativo, che mi aiuta a migliorarmi! J
Vi mando un bacione *SMAK*
*afferra Riku_Akiri* tutta per te!
Bacioni dalla vostra pazza, emotiva, fuxiotta95
  
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