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Autore: _yulen_    27/02/2013    2 recensioni
Era tempo che volevo fare una FF su CoD ma per un motivo o per l'altro ho sempre rimandato perchè non avevo l'ispirazione. Poi mi sono resa conto che il CoD non si vedono quasi mai ragazze e quindi ho deciso di inserirne una io anche perchè secondo me è una cosa ingiusta U__U
Fine della Terza Guerra Mondiale, Praga. Una ragazza, ex spia e ora Spetsnaz, è in giro per la città alla ricerca di sopravvissuti e si imbatte nel corpo quasi senza vita di un soldato.
Una nuova guerra all'orizzonte e un'altro nemico da affrontare. Sembra che per la Task Force 141, alla quale poi si aggiungerà anche la stessa ragazza, la pace non sia destinata a durare molto e anche il mondo, guarda il sole sorgere all'alba di una nuova guerra.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Eravamo arrivati e quel piccolo villaggio sembrava ancora più desolato di quanto non fosse in realtà.
C’erano poche case e la Chiesa abbandonata che mi sarebbe servita come riparo, intorno c’erano solo campi per la coltivazione.
Alzai gli occhi al cielo, era sera e la luna splendeva illuminando quel paesaggio. Visto da un’altra prospettiva e in un momento migliore, sarebbe stato anche un paesaggio carino ma i due gradi mi fecero ricredere. Ero abituata e temperature ben più fredde, una volta mi ritrovai a dover partecipare a una missione in una città in Siberia la cui temperatura era inferiore ai 40 gradi, fu la mia prima missione, ero un semplice soldato ed ero ancora inesperta. Il freddo non era nulla in confronto al dolore al polmone bucato da due costole rotte, e il forte trauma alla testa non mi aiutava. Mi sono svegliata due giorni dopo in un letto d’ospedale dove le pareti bianche mi mettevano una terribile angoscia. I medici mi dissero che ero stata fortunata, che qualcuno mi aveva protetta. Dopo che mi ripresi, tornai a Mosca per ringraziare mia madre. In quel momento non mi importava se qualcuno mi avesse presa, dovevo ringraziarla per avermi salvata. Quella fu solo la seconda volta in cui rischiai di morire.
Abbassai lo sguardo verso Nikita intento a trafficare con qualcosa di non ben identificato. Lui aveva la mania di smanettare con qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.
-Ty dolzhna uyti seychas zhe. Skoro zdes’ budyet (Devi andartene ora. Presto saranno qui)-dissi con la schiena appoggiata al tronco di un albero.
-Kto? (Chi?)-chiese sedendosi affianco a me.
Mi guardò curioso in attesa di una spiegazione.
Risposi alzando le spalle e capì che era un argomento che non volevo trattare.
-Peretiy k Moskve. Ya tebya dogonyu kak tol’ko mogu(Vai a Mosca. Ti raggiungo appena posso)-disse rialzandosi.
-Moskva? (Mosca?)-
Ora ero io quella curiosa.
-Peretyi na staryy sklady, ofisy na vtorom etazhe. (Vai al vecchio magazzino, uffici del secondo piano)-
-O chem ty govorish? (Di che stai parlando?)-
-Aleksandr. On ne prinimal ochenʹ khorosho smerti Makarova. U nego yestʹ chto-to na ume (Aleksandr.
Non ha preso molto bene la morte di Makarov. Ha qualcosa in mente)-
Sobbalzai e poi sentii il cuore chiudersi in una morsa. Com’era possibile che fosse ancora vivo quando io stessa lo vidi cadere a peso morto da una scogliera?
Scacciai quei pensieri e prima che Nikita se ne andasse, lo fermai.
-Vstrechu vas vnutri (Ci vediamo dentro)-dissi.
Annuì e dopo avermi abbracciata, sparì nella gelida sera.
I miei sospetti erano fondati, sapevo che la guerra non era finita e che dietro c’era il suo zampino. I bombardamenti sul Giappone erano opera sua ma non ne capivo l’interesse e per quello che riguardava i cinesi in Canada, ero sicura che voleva attaccare l’America e creare un conflitto all’interno del suolo americano per avere meno lavoro e occuparsi di altro. Lo sapevo perché era la stessa cosa che avrei fatto io. Io e lui eravamo come una mente unica, pensavamo e agivamo allo stesso modo. Credevo che fosse una cosa buona ma non lo era affatto. Mi stava solo usando per i suoi scopi.
Sospirai gettando la testa all’indietro, le cose sarebbero peggiorate, me lo sentivo. Dovevo andare a Mosca il più presto possibile e cercare Aleksandr anche se non sapevo che scusa inventarmi con Price. Non potevo semplicemente dirgli di muoverci verso la capitale e ispezionare un magazzino in disuso.
Guardai l’orologio. Ero lì da più di un’ora e stavo gelando. Se non si fossero dati una mossa li avrei lasciati lì, poi li vidi arrivare.
-E il ritardo a cos’è dovuto?-chiesi.
-Alle truppe che controllavano la zona-rispose Soap.
-In cosa consisteva il carico?-chiese Price guardandomi.
Pensai a qualcosa che potesse essere una risposta soddisfacente, ma mi era difficile mentire se qualcuno mi fissava con quello sguardo. Era come se sapesse già tutto e aspettasse solo una mia risposta.
-Ero troppo occupata a non farmi ammazzare per capire cosa stessero trasportando-mentii distogliendo lo sguardo.
Era la prima volta che non riuscivo a mentire con qualcuno eppure per me era una cosa facile farlo.
Guardai le stelle per capire da che parte andare, non potevo avere anche loro in mezzo ai piedi. Non quella volta almeno.
Tornare a Mosca non mi avrebbe fatto bene. Quella città era il mio cimitero personale dove ogni anno tornavo per piangere su quattro tombe. Due erano quelle dei miei genitori, le altre erano quelle di mio marito e di mio figlio. Quel gesto era l’ultimo briciolo di umanità che mi rimaneva. Da allora solo poche persone riuscirono a vedere la vecchia Selena, quella felice e spensierata. Nikita e Ivan erano le uniche, loro non si aspettavano di certo che sorridessi dopo tutto quello che passai ma cercarono ugualmente di tirarmi su il morale anche se il risultato era negativo. Ivan era la persona a me più vicina, quella che si preoccupava per me anche solo per un raffreddore ed è una cosa comprensibile visto il legame indissolubile che ci legava.
-E ora che facciamo?-chiese Soap.
-I convogli nemici che abbiamo trovato andavano verso la Russia-rispose Price, poi guardò me.
Sbuffai. Mentire con loro era inutile.
-E va bene. Stanno andando a Mosca in un vecchio magazzino-risposi.
Mi rialzai levandomi il terriccio dai pantaloni.
-È più una specie di deposito armi. Era ed è ancora usato dagli ultranazionalisti non solo come armeria ma anche come prigione e per questo è molto sorvegliato. Oltre alle celle, c’è una stanza per la videosorveglianza-dissi con finta calma.
Ero terribilmente agitata, per il fatto che ero rimasta con loro più di quanto potessi prevedere. Il piano era che me ne sarei andata una volta che Soap si sarebbe ripreso e invece ero ancora lì.
-E il tuo piano per entrare?-chiese Price.
-Non ne ho ancora uno-risposi.
-Ci inventeremo qualcosa sull’elicottero. Dico a Nikolai di venirci a prendere-disse.      
Annuii e mi isolai. Respirai a pieni polmoni quell’aria gelida e per un momento mi sentii bene. Era una cosa che non mi capitava da un po’, vivevo una vita frenetica e non mi ero mai presa un momento tutto per me per rallentare un attimo e farmi apprezzare tutte quelle piccole cose a cui ormai non davo più peso. Nulla contava nulla per me a parte la mia vita.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere contro il tronco di un albero. Era tutto silenzioso, non mi stupii visto il paesino piccolo ma a parte il vento che passava tra le foglie degli alberi producendo un lieve brusio e il latrato di qualche cane, non c’erano altri suoni.
Guardai l’orologio. Nikita se n’era andato circa da tre ore ed era completamente da solo. Forse avrei dovuto farlo rimanere lì con me.
Riaprii gli occhi e guardai il cielo stellato. Sentii una nota di nostalgia, mia madre mi chiamava “moya malenʹkaya zvezda”, vuol dire mia piccola stella. Era il suo modo di chiamarmi, me lo diede quando nacqui in una fredda notte come quella, diceva che la prima cosa che ha visto dopo il mio volto erano le stelle e ha aggiunto quel “piccola” per via della mia costituzione. Ero minuscola, questo lo ammetto anche io, ero una specie di molla sempre in movimento. Mia madre si ostinava a farmi mettere gonnelline e vestitini vari che io puntualmente facevo apposta a rovinare per mettermi un paio di pantaloni e andare a divertirmi insieme a mio fratello. Ho sempre avuto quel modo di comportarmi che mi caratterizzava, che mi distingueva dalle altre bambine della mia età e questa cosa è rimasta con me.
-Si può sapere cos’è successo?-
Alzai lo sguardo per incontrare quello di Soap e mi lasciai sfuggire una risata.
-È stata una vostra idea di mandarmi in avanscoperta, non c’è da meravigliarsi se volevano farmi fuori-risposi.
-È stata di Price-
Alzai le spalle. Mi era sembrata una mossa stupida ma ero un soldato, prendevo ordini e li eseguivo anche se non mi piacevano. Questo mi ricordava molto le accuse di insubordinazione che collezionai durante i primi anni e le varie punizioni che mi aspettarono e che mi rifiutavo di fare. Solo dopo due settimane di altro addestramento ai limiti dell’umano decisi di darmi una regolata.
Stavo per aggiungere altro ma Nikolai atterrò lì vicino facendomi cambiare idea.
Mi alzai per salire sull’elicottero e inventarmi un piano anche se ero più che sicura che qualcuno lo avrebbe cambiato. 
   
 
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