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Autore: GhostFace    27/02/2013    2 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Crilin e Yamcha, un po' tesi ma nel complesso calmi, erano seduti nella sala d'aspetto della Drako Tra.co., “I draghi dei trasporti”, come recitava lo slogan dell'azienda. Uno slogan abbastanza stupido, in verità, specialmente per chi nella vita ha visto dei veri draghi miracolosi dal vivo; tuttavia, quando si cerca lavoro, non è saggio fare gli schizzinosi per via dello slogan aziendale.
I due allievi di Muten erano lì appunto in cerca di lavoro. Quando aveva raccontato a Yamcha e Bulma del suo grande progetto di vita, Crilin aveva esternato la necessità di raggranellare soldi, necessari per avviare quel tipo di impresa. Bulma, col suo solito spirito da crocerossina, gli aveva offerto un consistente prestito; ovviamente non erano i soldi che le mancavano. Il pelato, però, aveva dignitosamente rifiutato quel tipo di aiuto, sostenendo che avrebbe voluto cavarsela da solo almeno in quell'occasione, costruire qualcosa da zero senza che nessuno gli regalasse niente; a quanto sembrava, era stato toccato dal mito del self-made man. Accettò però un consiglio: la giovane lo indirizzò verso una multinazionale che aveva la sede centrale nella Città dell'Ovest, la Drako Tra.co. per l'appunto, specializzata nel settore dei trasporti e delle spedizioni anche su scala internazionale, interessata ad assumere uomini di fatica. Era un'azienda leader nel suo settore, molto famosa per via del suo ampio volume d'affari. Anche la Capsule Corporation usufruiva dei suoi servizi.
Alcuni giorni dopo, in seguito ad un'accurata riflessione, Yamcha aveva dichiarato all'amico che avrebbe voluto condividere quel progetto, lavorare fianco a fianco con lui e portare avanti insieme a lui l'attività. Crilin accettò questo tipo di sostegno: quella non era una generosa elemosina, ma il desiderio del compagno fidato di una vita di combattimento che, come lui, aveva voglia di mettersi in gioco. «E poi in due faremo prima a racimolare i soldi che ci servono, non credi?» Crilin acconsentì di buon grado, senza pensarci due volte: un amico è sempre un amico. Gli propose addirittura di andare a sostenere insieme il colloquio di lavoro.
Finalmente la segretaria, una formosa ragazza dai capelli color carota in camicetta e minigonna, li accolse. Secondo quanto aveva raccontato Bulma, Mr. Drako, il titolare dell'impresa, quando poteva si divertiva a selezionare personalmente i suoi dipendenti, per il puro gusto di metterli in soggezione e far capire che, se volevano lavorare per lui, dovevano abituarsi alla sua superiorità; gli piaceva sottolineare il proprio ruolo con ironica superbia. “È  un po' stronzo, ma in fondo è onesto e sa rispettare i buoni lavoratori, quando se lo meritano”, questo era stato il giudizio complessivo da parte della ragazza di Yamcha.
Mr. Drako era seduto alla sua lussuosa scrivania; in effetti, i due amici notarono con la coda dell'occhio che non solo la scrivania, ma tutto l'arredamento era lussuoso. La scrivania era di un qualche legno pregiato che i due non riconobbero, e coperta da una lastra di vetro trasparente perfettamente lucidato, su cui era poggiato un completo set da scrivania, un elaborato posacenere in pietra scolpita e un astuccio in legno chiaro e lucido, forse un portasigari. Addossato ad una parete, c'era un lungo mobile in legno a scomparti, e alle spalle del ricco imprenditore una massiccia libreria in legno. E poi, cavalli: il riccone doveva avere una vera ossessione per questi animali. Ce n'erano statuette più o meno piccole su tutti i mobili, in metallo o in marmo, qualcuna in legno, un cavallo di pietra accanto al mobile a scomparti, e persino un grande dipinto con un cavallo alato appeso al muro. Si concentrarono su Drako che, come si è detto, era seduto alla scrivania, compostamente adagiato sulla poltrona in pelle nera; la segretaria che li aveva accolti si era andata a posizionare a fianco al suo datore di lavoro, tenendo in mano alcuni fogli di carta, sicuramente documenti d'ufficio. Il boss era un uomo tarchiato, dai capelli grigiastri e con due basette folte e larghe. Abitualmente doveva portare un cappello marrone da cowboy, che in quel momento, trovandosi l'uomo in un luogo chiuso, giaceva sulla scrivania.
“In effetti la faccia da uomo d'affari furbastro ce l'ha proprio...” fu la prima impressione di Yamcha.
Furono invitati ad accomodarsi sulle sedie poste davanti alla poltrona. Poi, ostentando bene il contenuto dell'astuccio ligneo sulla scrivania, Drako prese e un sigaro e se lo accese, accennando ai restanti sigari con tono saccente: «Questi ovviamente NON sono per voi.»
«Non fumiamo, grazie.» osservò Crilin, con tono neutro ed attento a non urtare la suscettibilità del suo potenziale capo.
«Vuoi forse insinuare che sbaglio a fumare perché fa male alla salute?»
«No, no... ognuno è libero di fare come vuole...»
«Allora stai dicendo che faccio bene a fumare perché fa bene alla salute!»
Crilin, un po' confuso, penso fra sé: “Ma è matto?!”, ma dalle sue labbra uscì solo: «No, dico solo che i sigari sono suoi, lei è libero di fumarli e, siccome noi non fumiamo, non siamo interessati a farle compagnia.»
Un ghigno di soddisfazione sarcastica si disegnò sul volto di Drako, che probabilmente si stava divertendo. Yamcha in quel momento ebbe la sensazione che quel colloquio fosse una specie di test psicologico. «Veniamo a noi, giovani. Ditemi chi siete, cosa volete e chi vi manda...»
«Io mi chiamo Yamcha, piacere.»
«Io sono Crilin. Veniamo qua in cerca di lavoro presso la sua azienda, e non abbiamo nessuna raccomandazione...» dichiarò Crilin, che si era preparato quella frase per non mostrarsi esitante, ma soprattutto badando a non menzionare Bulma e la Capsule Corporation. Non voleva usare la fama dell'amica, pezzo grosso dell'economia mondiale, come un facile appiglio.
«La mia segretaria mi accennava al fatto che non avete portato un curriculum vitae... cominciamo male.»
«Sì, signore, perché di fatto non sapremmo cosa mettere come esperienze lavorative... siamo in cerca di una prima esperienza...» spiegò Yamcha in lieve imbarazzo. Avrebbero potuto stilare il curriculum inserendovi la loro esperienza nelle arti marziali, ma preferivano poter chiarire personalmente a voce i motivi sulla loro carenza di esperienze lavorative.
«Male, male, molto male.» ripeté Drako, chiaramente intenzionato a mettere a dura prova i nervi dei due candidati. «Non ci siamo proprio... spiegatemi perché dovrei assumervi.»
«Abbiamo una certa esperienza nelle arti marziali... ci siamo anche allenati molto fin da quando eravamo giovanissimi ed ormai abbiamo una notevole forza fisica... in passato abbiamo anche partecipato a diverse edizioni del torneo Tenkaichi.» intervenne prontamente Crilin.
«Non seguo quegli sport.» ribatté seccamente il riccone, con un lieve tono di noia. «Mi interessano solo le corse di cavalli, e ogni tanto ci scommetto su.» La bella segretaria increspò le labbra, coprendole con un paio di dita della mano: tratteneva il riso sotto i baffi. Fu chiaro ai due compagni che l'imprenditore li stava mettendo alla prova per vedere se avrebbero dato di matto.
«Beh, comunque entrambi abbiamo sempre superato la fase delle eliminatorie, quindi tanto male non dovremmo essere! Sulla nostra forza fisica si può fare completo affidamento!» osservò Yamcha sforzandosi di apparire simpatico.
Drako rise sguaiatamente: «Sì, sì, voi due mi piacete! Ho deciso di prendervi, sarete utili in magazzino come assistenti col carico e scarico delle merci. E poi, da qualche parte dovrete pur cominciare a fare esperienza.» Poi, rivoltosi alla sua dipendente, disse con voce fintamente severa: «Forza, consegna i moduli a questi baldi giovanotti e spiega orari di lavoro, stipendio e ferie, tutto! Cerca di essere chiara, non devono sussistere dubbi!» e accompagnò le sue istruzioni con una bella pacca sul sedere della ragazza, che arrossì.
La bella segretaria si avvicinò e illustrò per bene le condizioni di lavoro. Le cose si erano evolute in quel modo con tanta rapidità che i due amici, scambiandosi uno sguardo, chiesero al loro nuovo datore di lavoro un minuto per discutere fra loro. Una volta in disparte, i due si scambiarono un paio di idee.
«Hai visto la paga? Per me è una miseria!» commentò Yamcha.
«Già... di questo passo, ci vorrà una vita per raggiungere la somma che ci serve...» rispose Crilin un po' sfiduciato. «Ma cosa dovremmo fare? Con lo scarso curriculum che abbiamo...»
«E se andassimo a lavorare per un po' in un'altra palestra già avviata? Con le credenziali che abbiamo...»
«Sarebbe come mettersi al servizio di un altro maestro... io non ci sto. E poi, anche quando apriremo la nostra, si direbbe in giro che siamo allievi di quell'altro, e Muten passerebbe in secondo piano.»
«Hai ragione... e allora, che si fa?» Dopo qualche istante di silenzio, a Yamcha venne in mente un'idea; la espose all'amico e decisero di andare a parlare nuovamente col capo.
«Embè? Ci avete già ripensato?» chiese l'uomo.
«Le piacciono le scommesse, vero? Volevamo proporne una...»
L'uomo drizzò le orecchie come antenne; forse la sua seconda ossessione, dopo i cavalli, erano le scommesse... passatempo godibile, per chi ha soldi da spendere. «Sentiamo...» disse mentre, sfoggiando un largo sorriso, si accarezzava la basettona destra.
«Scommettiamo che... io e Crilin riusciremo a portare a termine dieci consegne a testa entro la fine della giornata? Scelga lei la destinazione.» propose Yamcha di slancio.
«Interessante... Però dieci consegne potete anche arrivare a farle, usando dei potenti jet... non è una cifra sufficiente.»
«Aspetti, non ho finito: consegneremo tutto a mano, in qualunque parte del mondo – scelga lei le destinazioni. Vogliamo darci la zappa sui piedi... non dieci, ma quindici pacchi! E non importano nemmeno le dimensioni! Li scelga belli grossi, quei pacchi da consegnare. Il tutto senza mezzi di trasporto. Noi faremo firmare la ricevuta di consegna ad ogni singolo destinatario, così lei avrà la prova che i suoi pacchi non sono stati gettati in mare. Naturalmente può contattare i suoi clienti e ricevere da loro la testimonianza della nostra efficienza.»
«Ancora più interessante! E quale sarebbe la posta in gioco?» L’imprenditore era incuriosito, specialmente perché Yamcha si mostrava estremamente sicuro delle proprie possibilità.
«Ovviamente non ci guadagneremmo nulla, noi, se le chiedessimo in posta solo uno stipendio aumentato rispetto a quello che già prendono i suoi dipendenti per questi lavori... quindi le chiediamo di assumerci come addetti al trasporto. Salario triplicato. In caso contrario, pagheremo l’equivalente in denaro di tutti i pacchi che lei sceglierà di affidarci per le consegne. Che ne dice?» domandò Yamcha conclusivamente, con accento provocatorio.
Drako e la sua assistente ristettero a guardare con tanto d'occhi il ragazzo con le cicatrici e il pelato. Quindi scoppiarono a ridere. «Potevate dirlo che eravate venuti qua a cazzeggiare... che stronzi!» commentò l'uomo d'affari, lacrimando tra una risata e l'altra, completamente ignaro delle capacità sovrumane dei nostri due eroi.
«Veramente siamo seri...» mormorò a mezza voce Crilin.
«Ma allora siete pazzi... sapevo che il mondo ne è pieno, ma che venissero fin qui a chiedermi lavoro, non ci avrei mai creduto...» rispose sgomento il riccastro. Anche la giovane assistente rimase sconvolta.
«Scusi, ma cosa le costa metterci alla prova!?» esclamò Crilin.
«Mi costa che se mi sfasciate il contenuto dei vari pacchi, mi dovrete risarcire fino all'ultimo centesimo! Chi li sentirebbe poi i clienti? Non voglio nemmeno pensarci, le cause legali fioccherebbero... Lo sapete questo, o no?? Altro che scommessa!» sbraitò l'uomo.
«Allora le promettiamo che, se danneggeremo il contenuto anche di un solo pacchetto, per quanto possa essere prezioso glielo ripagheremo, anche a costo di indebitarci a vita.» si impegnò Crilin, che aveva fatto di quella battaglia un punto di onore. Drako ci pensò un po', poi si risolse a parlare: «Voglio giocare un po'... fatemi vedere che sapete fare, coraggio!»
Non ci dilungheremo sui particolari di quella giornata decisiva. L’imprenditore volle mettere per iscritto i termini della scommessa, e selezionò accuratamente le quindici consegne, in modo da renderle difficilissime. Diremo solo che – com'era prevedibile - i due allievi di Muten adempirono alla loro impresa, impegnandosi a fondo. Nulla riuscì a fermarli: né il sole, né l'afa, né la pioggia, il vento o la neve; a fine giornata, quando si ripresentarono stanchi e sudati al cospetto del loro ricco imprenditore, avevano un mazzo di ricevute firmate pronte a testimoniare le avvenute consegne. L'assunzione era assicurata. Quando se ne furono andati, Drako si lasciò andare ad una risata soddisfatta. «Ah ah ah! Incredibile! Oggi abbiamo fatto un ottimo acquisto! Quei due bastardi sono dei giovanotti davvero in gamba!»
Quanto tornarono alla Capsule Corporation, raccontarono tutto a Pual, Olong e Bulma. Mentre i primi due si dichiararono felici ed orgogliosi del successo dei due amici, Bulma – pur congratulandosi con l'amico e con il fidanzato – in cuor suo avvertiva un qualche ostacolo che le impediva di accettare questa svolta da parte di Yamcha. Riteneva che un comportamento simile fosse tremendamente fuori dal suo personaggio. Sì, perché - quando si conosce da lungo tempo una persona - molto spesso si finisce per cucirgli addosso un personaggio che non coincide esattamente con la realtà per quella che è, per cui ci si aspetta che quel personaggio agisca secondo un copione preconfezionato. Tuttavia, grazie al cielo, a volte i personaggi sfuggono alla logica del copione, proprio come stava facendo Yamcha in quel periodo. Il vero timore di Bulma era che il giovane stesse agendo in quel modo per distanziarsi da lei, in reazione alla proposta di matrimonio di pochi giorni prima. Si chiese sospirando: “Sarà vero che vuole realizzare qualcosa di suo? Lo scopriremo solo vivendo...” Che ne sarebbe stato di loro due, ora che quest'avventura stava diventando una storia vera...? Bulma sperò tanto che Yamcha fosse sincero, e stabilì di non voler vedere doppi fini in quello che poteva essere un suo nobile progetto.
 
Era il giorno concordato, per Tenshinhan e Jiaozi. L'appuntamento era fissato di buon mattino alla periferia di Vodka Town, un borgo sito a nord-est del grande continente. Arrivati sul posto, Tenshinhan e Jiaozi si fermarono a contemplare quel terreno. Era un'ampia area, arida e incoltivabile, tuttavia ideale per la costruzione di una grande palestra di arti marziali; l'avevano trovata dopo una ricerca durata alcune settimane, girovagando per varie città in cerca di informazioni. Avevano chiesto un colloquio col sindaco, per illustrargli il nuovo progetto e chiedere l'autorizzazione; in quell'occasione il primo cittadino spiegò loro che si trattava di un terreno adibito ad uso pubblico, che in teoria tutti i cittadini avrebbero potuto coltivare, ma che di fatto giaceva abbandonato perché era talmente sterile che nemmeno le sterpaglie riuscivano ad attecchire. Il sindaco, un ometto insicuro di mezza età, si mostrò titubante nel concedere l'autorizzazione; cedette quando si rese conto che i suoi due interlocutori erano dei veri esperti di arti marziali. Quel giorno, i due amici si trovavano là, davanti all'appezzamento su cui quel giorno sarebbe iniziato a sorgere il loro futuro, mattone su mattone: infatti, erano là per aspettare l'arrivo dei manovali e del progettista, per l'inizio dei lavori di costruzione. Ai due futuri maestri piaceva l'idea che, su quel terreno improduttivo dal punto di vista agricolo, loro due avrebbero fatto crescere qualcosa di grande, anche metaforicamente. Il treocchi era riuscito a scucire all'impresa edile un accordo: con i risparmi dell'attività di commercio compiuta da lui e da Jiaozi in quei mesi e negli anni precedenti, Tenshinhan era stato in grado di pagare un consistente anticipo; avrebbe pagato il resto a rate, con i guadagni del commercio che avrebbero svolto nei mesi a seguire e, successivamente, con le tariffe di iscrizione degli allievi paganti.
Vodka Town era una cittadina poco estesa, vagamente orientaleggiante, a cui faceva da sfondo una cornice di montagne innevate per buona parte dell'anno; uno dei quei centri abitati dove le notizie si diffondono facilmente. Non a caso, Tenshinhan e Jiaozi trovarono sul posto già un piccolo drappello di abitanti del luogo che erano venuti a curiosare; nel giro di breve tempo, il numero di curiosi si era moltiplicato e si esprimeva in un chiacchiericcio animato. Cominciarono ad arrivare i mezzi di trasporto dei manovali. I due amici avevano appena iniziato a dare il buongiorno al progettista e al capocantiere, che si udirono arrivare al galoppo due pittoreschi personaggi, in groppa a due bisonti. I nuovi arrivati frenarono le loro bestie e saltarono giù in maniera rozza: già dall'atteggiamento da gradassi si capiva che avevano intenzione di attaccare briga e di polemizzare.
«Buongiorno a tutti, 'mpari miei.» esordì il primo. Si trattava di un omaccione corpulento grosso e grezzo, alto quanto Tenshinhan ma dalla corporatura più tozza e massiccia, dall'accento montanaro e dall'aspetto vagamente mongolo o siberiano, con un paio di folti baffoni neri e dagli occhi a mandorla, un po' stempiato e con i lunghi capelli neri oleosi all'indietro, con tipici abiti in pelle foderati di pelliccia all'interno.
«Ciao, 'mpari.» gli fece eco l'altro, con lo stesso accento, ma con voce nasale e squillante come un clacson. Per completare la degna coppia da film, quest'altro era secco secco, con gli zigomi sporgenti, alto quanto il compare e con lineamenti mongoli; gli mancava qualche dente davanti, ed indossava abiti simili a quelli del suo compare. Complessivamente era brutto come la fame; cosa non da poco, portava con sé una lunga katana nel fodero che indossava sulla schiena. Entrambi indossavano un enorme fazzolettone arancione annodato che copriva loro il collo e le spalle.
«Dunque erano vere le voci che giravano in città... siete voi due i capi di tutta questa situazione qua?» chiese l'omaccione, disegnando con il grosso dito indice dei cerchi nell'aria indicando l'area circostante.
«Sì... siamo noi che abbiamo affidato l'incarico di avviare i lavori per costruire la nostra nuova palestra. Il sindaco ci ha dato il via libera.» rispose Tenshinhan spartanamente. D’istinto, quei due elementi non gli piacevano.
«Bene, benissimo, mi fa piacere per voi, 'mpari.» replicò il tipo magro sghignazzando.
«Peccato che la vostra idea ci dia fastidio e, quindi, non potrete realizzarla. Mi spiego?» continuò l'energumeno.
«Per quale motivo? Innanzitutto diteci chi siete.» ordinò con tono neutro il treocchi, seccato dall'atteggiamento volutamente tracotante dei due. Jiaozi li osservava con la sua innata espressione impassibile, mentre dalla folla riunita alle loro spalle si sentiva un brusio nervoso, dominato dallo stupore generale e dalla diffidenza verso Tenshinhan e Jiaozi, quei due stranieri che sfidavano così i due più uomini forti della zona.
«Io mi chiamo Tung e questo cazzone qua è il mio 'mpare, Uska. Mettiamo in chiaro che da queste parti i più forti siamo noi e le leggi qua le facciamo noi, quindi vi conviene adeguarvi.» Il più grosso dei due aveva fatto proprio una bella introduzione, non c'è che dire.
«E adeguarvi vuol dire che si fa come diciamo noi e voi non dovete rompere il cazzo, va bene?» rimbeccò il magro Uska.
Tenshinhan arrivò tra sé ad una conclusione: “Ecco perché il sindaco esitava tanto, prima di concederci l'autorizzazione... ma poi ha saputo che eravamo esperti di arti marziali in grado di difendersi, e questo ha contribuito a farlo decidere a nostro favore...”
«Vediamo se capisco cosa volete dire. Siccome siete i più forti della città, pensate di avere il diritto di girare a testa alta e di tiranneggiare il prossimo. Per un puro capriccio, poi, impedite alla gente faccia ciò che desidera; così dominate tutti incutendo terrore con la violenza fisica. Giusto?» domandò infine Tenshinhan, in chiusura di una serie di constatazioni che aveva fatto con tono accusatorio e sarcastico.
«Bravo, treocchi. Vedo che sei un tipo intelligente... quindi, se tu e il tuo amico pupazzo qua di fianco sarete abbastanza svegli da accettare il mio consiglio, vi conviene proprio togliervi dalle scatole e non farvi più vedere. Così non vi torceremo un capello.» dichiarò tronfio Tung, senza cogliere il tono di accusa con cui Tenshinhan aveva parlato. Prepotente sì, ma non doveva essere troppo sveglio.
«Ahah!» rise con voce da cornacchia Uska. «Mi fai morire dal ridere, 'mpare, quando fai ad un pelato la battuta sul non torcere un capello!»
«Grazie, 'mpare. Come vi chiamate voi due, treocchi?» chiese Tung.
«Tenshinhan e Jiaozi.» rispose per lui Jiaozi.
«Figa oh, ma allora il pupazzo parla! Ma è un pupazzo automatico o sei tu a manovrarlo, treocchi?» chiese Uska scioccato.
Nel frattempo Tung si stava lisciando i baffoni, pensieroso. Dove aveva già sentito quei due nomi? Non gli suonavano nuovi. «Ma certo! Mi ricordo di voi! Avete partecipato al torneo Tenkaichi e vi siete qualificati bene... ricordi, Uska?»
Uska rifletté un po', poi gli tornò alla mente il ricordo dei tornei seguiti in tv diversi anni prima. «Sì che mi ricordo! Abbiamo visto tutte le edizioni... fino a quando lo sospesero per via delle devastazioni causate da quel cazzo di mostro verde!» Sui volti dei due amici mongoli si dipinse un espressione affranta; le loro bocche contratte esprimevano sofferenza. «Il nostro sogno era partecipare, ma quando finalmente avevamo raggiunto un buon livello di potenza, l'hanno sospeso! Che ingiustizia!» si lagnò Tung con tono di rimpianto.
Uska ribatté: «Eravate forti! Ma adesso noi lo siamo di più! Gira voce che viviate da eremiti su qualche montagna, eh? Cosa siete, una coppia di concubini?»
Tenshinhan lo squadrò malissimo. Gli dava fastidio che qualcuno potesse fare insinuazioni sul rapporto tra lui e il suo piccolo, caro Jiaozi.
A quel punto un vecchietto si fece avanti. «Io mi ricordo di voi due per altri motivi. Mi ricordo che tempo fa giravate da queste parti e imbrogliavate la gente perbene con le vostre truffe... per non parlare delle risse che avete scatenato e della gente a cui davate botte. Eravate allievi di quel farabutto dell'Eremita della Gru...» rinfacciò l'anziano con tono stizzito, puntando verso i due amici un indice tremante. «... che poi era il fratello di quel delinquente di Taobaibai, il killer di fama internazionale!» confermò un altro vecchio, intervenuto a sostegno del primo. Si diffuse un brusio di sottofondo: la gente guardava Tenshinhan e Jiaozi di sottecchi, e mormorava contro di loro sottovoce, con diffidenza.
«Condivido appieno tutte le vostre ingiurie contro quei due disgraziati!» proruppe Tenshinhan inaspettatamente, con convinzione. «Da anni io e il mio amico abbiamo rotto i rapporti con il maestro, e se siamo qui oggi è solo perché vogliamo riabilitare la nostra vecchia scuola agli occhi del mondo!»
«Chissenefrega!» esclamò Tung. «Per me siete proprio due bastardoni!» Poi, aspirando energicamente il catarro dalla gola, Tung sputò all'indirizzo del volto di Tenshinhan. Poco prima di entrare in collisione col naso del treocchi, tuttavia, lo sputo si fermò a mezz'aria, restando sospeso come una disgustosa massa globulare giallo-verdognola. Subito Jiaozi mosse il proprio indice destro e quella saliva informe andò a schiantarsi sul viso di Tung, facendolo traballare all'indietro. Il pubblico rimase stupito.
«È stato il pupazzo!» esclamò Uska sconvolto, mentre il suo amico si puliva grossolanamente il viso con la manica del giaccone. «Infatti, ricordo che al torneo aveva un potere speciale...!» mormorò Tung, continuando: «Basta coi giochi di magia! Si dice che una volta foste forti... ma ora come staranno le cose? È da tanto che vivete appartati lassù» disse con maliziosa insinuazione. «La nostra fama non vi sarà giunta, non potete sapere che qua ormai gli imbattibili campioni siamo noi. O sbaglio? Forza... fatti sotto, 'mpare! Tu, invece» disse rivolgendosi all'amico «dai una sistemata come si deve al pupo, ok?» Con un cenno di assenso, i due si scambiarono un cinque.
«Non mi batto contro un somaro chiaramente più debole di me. Andatevene via e lasciate in pace questo paese.» replicò schiettamente Ten, senza raccogliere le provocazioni. Tung chiuse la sua tozza manaccia a pugno e colpì al massimo della sua forza il naso del treocchi, il quale non batte completamente ciglio. Poi Tenshinhan afferrò il polso dell'avversario, lo spostò verso l'alto e cominciò a sollevarlo verso l'alto per poi sbatterlo al suolo a destra e a sinistra, ripetutamente. «E questa non è nemmeno la centesima parte della mia forza. Spero sia tutto chiaro.» asserì, per poi lasciargli il polso, facendolo crollare a terra intontito. Nel giro di pochi minuti, fu pieno di lividi e tumefazioni.
Contemporaneamente, Uska aveva sguainato la katana ed aveva cominciato a correre all'impazzata verso Jiaozi. Quando fu sul punto di affettarlo con un fendente, il piccolo combattente si scansò senza scomporsi affatto; poi aprì il palmo di una manina e lo bloccò con la telecinesi, mentre con l'altra manina riuscì ad aprire forzatamente le mani chiuse dell'avversario, che lasciarono cadere a terra la katana. «Non si gioca coi coltelli.» sentenziò ironicamente Jiaozi, per poi levitare verso il nemico e colpirlo delicatamente con un micidiale calcio al mento che gli fece fare un volo di qualche decina di metri. «Tutto fumo e niente arrosto.» disse Jiaozi, voltandosi verso l'amico treocchi, per trovarlo sorridente.
I due delinquenti, malconci, doloranti e sanguinanti, salirono in groppa ai loro bisonti, gridando: «Addio, 'mpari!»; possiamo dire che non furono mai più rivisti in quella zona. Poi il piccoletto si alzò in volo davanti alla folla dei cittadini e, formando una V di vittoria con le dita della manina bianca, affermò: «Visto? Le arti marziali sono utili per difendersi dagli scellerati come quei due! Speriamo che vi iscriverete alla nostra palestra, così vi insegneremo tutto quello che si può!»
La folla era allibita.
A quel punto, in maniera del tutto sorprendente, Tenshinhan si gettò sulle proprie ginocchia, abbassò il viso fino al terreno e parlò: «Se dovremo stare qua e vivere a contatto con voi, vogliamo acquisire a tutti i costi la vostra fiducia! Vi chiediamo scusa per tutte le malefatte che abbiamo commesso in passato verso la vostra comunità... e se possiamo aiutarvi in ogni modo, chiedetecelo! Abbiamo un'unica ambizione, ormai: insegnare le arti marziali a chiunque sarà animato da sentimenti onesti!» Detto ciò, tacque.
La cittadinanza di Vodka Town a poco a poco era andata nella sua quasi totalità ad ingrossare le fila del pubblico. Davanti ad un atto di umiltà così plateale, che non sarebbe stato credibile se Tenshinhan non fosse stato in buona fede, tutti lo acclamarono fragorosamente. Il sindaco, fattosi largo tra la calca, aiutò il treocchi a risollevarsi in posizione eretta e gli strinse la mano calorosamente. I due compagni avevano liberato la città da due aguzzini che la opprimevano con la loro tirannica prepotenza, e ora venivano salutati come eroi e benevolmente accolti dalla comunità. Il combattente dai tre occhi si era dimostrato un uomo d'onore, e preannunciava di essere un atleta anche migliore. Del resto è sempre comodo avere dei paladini pronti all'azione che vivono a due passi da noi, no? Quel giorno stesso, i muratori diedero inizio ai lavori con estremo piacere: non avevano dubbi che, vista la potenza fisica del treocchi e del suo amichetto nanerottolo, la palestra avrebbe avuto grande successo e avrebbe fatto affari d'oro.
 
Abbandoniamo per un momento la Terra perché - nel periodo in cui si stavano svolgendo i fatti appena raccontati - sul lontano pianeta Frost si stavano ponendo delle premesse fondamentali per il futuro della Terra e degli amici di Goku. Frost era il pianeta natio della famiglia di Freezer e Re Cold, nonché di Cooler, da alcuni mesi divenuto nuovo re. Le morti del padre e del fratello gli avevano infatti dato il via libera all'eredità paterna e, in quanto primogenito ed unico superstite della casata, poteva ascendere alla corona senza concorrenza. Frost era un pianeta piuttosto anomalo, se raffrontato con la Terra: molte rocce, pochi specchi e corsi d'acqua, un territorio per gran parte incoltivabile. I suoi panorami erano dominati da colori tenui ed incantevoli: il cielo al culmine del mattino era di una pallida tonalità rosata; i pochi alberi che avevano posto radici su quel suolo aspro avevano tronchi azzurrini; la scarsa vegetazione arbustiva spaziava dal bianco candido al giallo chiaro. Persino le rocce più volgari e comuni avevano colori chiari: quelle più scure arrivavano al giallo intenso: nulla a che vedere con i toni bruni e terrei che caratterizzavano la stragrande maggioranza dei pianeti dell’universo. A modo suo, era un mondo molto bello e suggestivo da visitare, ma la sua peculiare conformazione geologica lo aveva reso insufficiente per la sussistenza di coloro che lo popolavano. Per questo qualche millennio prima i suoi abitanti, che erano per natura in numero ridotto e che difficilmente sarebbero aumentati, avevano imparato a sfruttare la propria abnorme forza spirituale per volare; il che, unito alla loro eccezionale capacità di sopravvivere nello spazio aperto, ne aveva fatto una razza di famigerati conquistatori di galassie, a scapito degli altri pianeti.
Quel pianeta aveva dato i natali a Freezer e ai suoi familiari a partire dai loro antenati più ancestrali. Oltre ad essere la patria e il pianeta prediletto della più potente dinastia regnante dell’universo, il fatto di essere un corpo celeste molto peculiare lo aveva reso immune allo sfruttamento economico, e la poca tecnologia installatavi serviva solo a farlo funzionare come capitale imperiale. Era il centro dell'impero fin dai tempi in cui Chilled, iniziatore della politica di conquista, aveva ribattezzato il pianeta in onore di suo padre Frost, in modo che tutti i suoi discendenti potessero allegoricamente definirsi “i figli di Frost”.
Nella sala del trono dello splendido ed austero palazzo imperiale, Re Cooler era assiso sul magnifico trono di pietra grigio chiaro dai riflessi iridescenti, un materiale autoctono tanto prezioso quanto pressoché sconosciuto alle popolazioni dell'universo. Era ormai la creatura più potente dell'universo; per donare enfasi all'incredibile potenza di cui egli era il privilegiato possessore, aveva scelto di mantenere a tempo pieno il suo vero aspetto, che suo fratello Freezer sfoderava solo in casi eccezionali, per non perdere il controllo della propria forza. Cooler, invece, riusciva a mantenere quelle sembianze senza dispersione di energia, né sforzo di contenimento. Era sempre stato per costituzione più alto e più possente di Freezer; a differenza del fratello, che nel suo aspetto originale era “a tinta unita”, Cooler appariva esteriormente di due colori: la sua pelle naturale era viola, ma alcune porzioni del corpo erano rivestite da coperture ossee color ghiaccio in corrispondenza del petto, delle spalle e di avambracci, stinchi e polpacci; il cranio, anch'esso color ghiaccio, era sormontato da una lucida placca blu, che si intonava con la sua tipica battle suit blu notte, con spalline dorate, alle quali era infisso un ampio mantello rosso, simbolo della dignità regale. La sua superbia, fin dai tempi in cui era ancora un erede al trono, lo aveva indotto a stabilire per legge che nessuno dei suoi dipendenti potesse indossare una battle suit con due spalline: tutti i soldati e gli ufficiali dovevano portarne una sola, in segno di asimmetria e quindi di imperfezione. Egli era l'unico che poteva vantare il diritto di essere perfetto.
Quel giorno aveva in programma di ricevere alcuni suoi soldati, per pianificare una missione di fondamentale importanza. Era quello il giorno in cui Kodinya aveva finalmente ottenuto un'udienza con il suo sovrano, ed ora si apprestava ad entrare nella sala delle udienze.

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L’ANGOLO DELL’AUTORE
Sorpresa! Ebbene, ha fatto la sua comparsa anche Cooler, quindi nella storia ci sarà anche lui.
Qualche curiosità...
  • il nome Drako è scelto tanto per fare assonanza con tra.co. (transport company);
  • i nomi Tung e Uska sono presi da Tunguska, che è una zona della Russia dalle parti della Siberia;
  • per quanto riguarda Vodka Town, ho pensato che se nel mondo di DB esiste Ginger Town, anche la Vodka ci può stare :-D ;
  • le riflessioni di Bulma su Yamcha sono una mezza citazione dalla canzone "Con il nastro rosa" di Lucio Battisti. L’ho messa così, tanto per scherzare;
  •  il nome del pianeta di Freezer e famiglia è una mia libera scelta, vuol dire "gelo" in inglese. Invece Chilled l'ho preso da uno special su Bardack, il padre di Goku, che si trasforma in Super Saiyan per
combattere appunto l'antenato di Freezer, Chilled.
  
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