Mémoires
“Eri
bellissima.”
Tsunade
sorrise, posando la cornice sul ripiano impolverato.
“Tu
il solito buzzurro.”
Un
sospiro, il suono di un corpo che si lascia sprofondare su una vecchia poltrona
inutilizzata da troppo tempo.
“È
passata un’eternità dall’ultima volta.”
La
donna si accostò al letto, osservando distratta la scia brillante lasciata
sulla superficie levigata del mobile dal passaggio delle sue dita.
Poi
avvicinò la mano al viso, i polpastrelli scuriti da un alone grigio.
“Qui
tutto è rimasto come un tempo.”mormorò nostalgica.
“Sbagli.”
I
femminili occhi castani vagarono incerti nella stanza, cercando l’errato
dettaglio.
Due
mani possenti sbatterono docilmente i braccioli della poltrona.
“La
polvere non c’era.”
Tsunade
scosse la testa.
“Sei
il solito dobe, Jiraya.”
Due
sospiri, lievi, simultanei. Poi silenzio.
“Non
avrei mai immaginato di tornare qui dentro. Ero certa che fosse stato assegnato
ad un altro ninja.”
“Il
vecchio Sarutobi non voleva che venisse
utilizzato ancora. Troppi ricordi.”
Ricordi.
Immagini
confuse nelle loro menti. Dolorose fitte nei loro
cuori.
La
donna sfiorò le candide lenzuola, lanciando nell’area particelle dorate mentre
sedeva sul comodo giaciglio.
Jiraya pose gli occhi sulla tesa schiena dell’antica
compagna.
Quante
volte lo sguardo bramoso s’era posato sulle bionde chiome, solo per un istante.
Sempre
per un istante.
“Buffo.
Ci siamo seduti negli stessi posti d’allora.”
Gli
occhi scuri si posarono su quelli castani.
“Tsunade,
dovresti saperlo che siamo esseri abitudinari.”
Abitudine,
automazione.
Lo
sguardo d’entrambi vagò fino allo sgualcito tavolo, perfetto vertice d’un triangolo equilatero.
Un
sogghigno, rimembranze passate.
“Se
solo Orochimaru vedesse in che stato è ridotto.”
“Diverrebbe
sicuramente isterico.” Concluse l’uomo.
Scintilla
negli occhi, gioia antica.
“Ti
minacciava ogni volta che tentavi d’avvicinarti. Non avrebbe mai retto lo shock
di vedere le sue perfette relazioni rovinate.”
Jiraya incrociò le braccia, offeso.
“E tu gli davi pure corda. In tutti i sensi. Non serviva
affatto legarmi.”
“Jiraya, avevi già rovesciato tre ampolle d’inchiostro. Non
potevo certo lasciare che combinassi altri danni.”
Sbuffi
e risate, memorie dei tempi andati.
“Questo
era il posto perfetto, eravamo solo noi tre e nessun’altro,
ricordi?”
Tsunade
abbassò lo sguardo.
“Potrei
mai dimenticarlo?”
Un
gruppo, tre personalità, tre compagni, tre amici.
Complementari
ed opposti, non potevano far altro che attrarsi reciprocamente, in un legame
sempre più intenso.
Destinato
a durare per sempre.
O a spezzarsi indelebilmente.
Jiraya afferrò la consumata cornice. Tre volti ad
osservarlo sorridenti.
“Decisamente
Orochimaru era il più brutto.”
Risata
argentina, dono del presente.
“Decisamente
non riesci ancora ad accettare che lui fosse affascinate anche con un litro di
vernice addosso, mentre tu rimanevi sempre una testa a riccio.”
“Oh
certo. Parla colei che minacciò di radere al suolo tutto, se nella foto avesse avuto anche solo una macchia di bianco sulla sua
delicata pelle.”
Tsunade
sorrise.
“Già.”
L’espressione
irata scomparve, lasciando al suo posto un ghigno di scherno.
“Già.”
Un
sorriso sincero, donato dalla gioia dell’affetto fra tre personalità contrarie,
si aggiunse.
Due
pallide labbra, schermate dal mondo da un’impolverata vetrata, sembrarono
muoversi per una semplice, ripetuta parola.
“Già.”