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Autore: charliesstrawberry    27/02/2013    10 recensioni
«Complimenti Styles, erano mesi che stavamo cercando di venire a capo della faccenda».
«Grazie capo», borbottò Harry imbarazzato grattandosi la nuca. Certe volte però avrebbe voluto avere una vita normale, essere un tipo normale che va in una scuola normale. Non il figlio di un ex agente della C.I.A. morto inspiegabilmente a causa di una banda di pazzi armati con uno strano e perverso senso dell’umorismo.
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«Devo portarti in un posto sicuro, questi sono gli ordini. Non discutere con me!» ribatté il ragazzo lanciandole un’occhiataccia.
«No, tu non discutere con me! Ti ho chiesto di dirmi dove…» lui tirò bruscamente il freno a mano: la macchina fece una mezza piroetta su se stessa e per poco non si ribaltò, generando una nuvola di polvere dal terreno sterrato su cui stavano andando come minimo a 180 all’ora.
«Perché diavolo non vuoi capire Charlie, devo proteggerti porca puttana!» si passò una mano tra i capelli bruni fissandola di traverso «non ho mai conosciuto nessuno più esasperante di te!»
--fanfiction a quattro mani con __OffTheChain--
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Twelve.

Robert Douglas era uno degli uomini d'affari più in vista di Seattle. Una casa da sogno, una famiglia da far invidia a quelle delle pubblicità dei dentifrici, una quantità innumerevole di carte di credito. Viveva una vita felice.
Si divideva equamente tra lavoro e famiglia, senza mai trascurare nulla: portava la figlia in campeggio da piccola, la domenica sera a volte rimaneva in casa in pigiama a guardare qualche film comico con la moglie, e restava comunque l'uomo più ricco della città.
Tutti lo conoscevano: finanziava una miriade di progetti locali e il suo nome appariva ovunque, perfino nelle barzellette e nei modi di dire comuni. “Roba che solo Douglas potrebbe permettersi!”, “Ma per chi mi hai preso, per Robert Douglas? Non li ho tutti questi soldi!”, e via dicendo. Ciò nonostante, Robert era ben voluto dagli abitanti di Seattle. Nell'immaginario comune era, sì, quel riccone con dieci automobili extra-lusso che abitava in una villa stratosferica, ma era anche l'uomo di buon cuore che aiutava i senzatetto con i suoi soldi, finanziava alcune scuole in difficoltà e faceva beneficenza agli ospedali per bambini con malattie terminali. Era “una brava persona”; uno che sguazzava nel denaro ma che, in fondo, non esitava ad aiutare il prossimo.
Poi, ovviamente, c'era anche chi lo considerava un avaro che “faceva solo scena” e a cui importava soltanto dei suoi amati soldi.
Ma Robert sapeva bene, e l'aveva imparato a dure spese lungo il corso della sua carriera, che non arrivi ad una posizione del genere senza farti qualche nemico: e lui, di nemici, ne aveva eccome, tanti quanti erano quelli che si fingevano suoi amici.
Tra gli avversari politici, quelli in campo finanziario, coloro che lo odiavano a prescindere perché era ricco, e i vandali che per gioco tentavano di fare irruzione in casa sua con lo scopo di rubacchiare qualcosa, l'uomo aveva collezionato una bella schiera di inimicizie. Eppure ciò non l'aveva mai preoccupato più di tanto, almeno fino a quando i suoi nemici rimanevano a lui noti.
Ma che fare quando non conosci l'identità di chi ti minaccia? Quando questo qualcuno si diverte con i tuoi sentimenti e le tue paure, come se stesse giocando al gioco dell'oca?
Da qualche settimana a quella parte, Robert riceveva misteriose lettere di minacce anonime. Non ci avrebbe fatto troppo caso, se non fosse stato che tutto ciò che aveva trovato scritto in quei fogliettini gialli dalle righe larghe (proprio come quelli di scuola), si era avverato in un batter d'occhio.
La prima volta non si era disturbato neanche a porvi attenzione: aveva trovato tra la posta quello strano fogliettino, che sembrava tanto un indizio del Monopoli, e l'aveva buttato via senza pensarci troppo.

Sei avanzato di due caselle, ma sei finito in fallo. Sarai costretto a tornare indietro di tre caselle e cancellare le tue azioni.
THE GAME.

Lì per lì Robert era rimasto perplesso e aveva riso, pensando che evidentemente qualche ragazzo aveva sbagliato indirizzo, nel tentativo di fare uno scherzo ad un amico.
Ma quella sera stessa in ufficio era accaduto un manicomio. Proprio come aveva predetto il bigliettino, i bilanci di tutte le sue azioni finanziarie erano stati cancellati. I computer erano impazziti, qualche hacker aveva avuto accesso al sistema, non si sapeva come, ed aveva eliminato migliaia di dollari con un solo click. Le segretarie di Douglas erano impazzite totalmente, ed erano state costrette a fare straordinari su straordinari per riprendere il lavoro perduto.
Robert non aveva subito collegato, ma era stato all'arrivo del secondo biglietto che aveva capito il nesso.

Anche se le azioni sono state cancellate, sei riuscito a recuperarle. Complimenti! Avanzi di sette caselle, ma i dadi sono stati davvero a tuo favore, stavolta?
THE GAME.

Il giorno dopo, una volta fuori dal suo ufficio, Robert scoprì che la sua Maserati non c'era più. Nessuno aveva visto niente, l'unica cosa che tutti sapevano era che prima l'automobile era parcheggiata lì, di fronte allo studio, e poi era svanita di colpo. Puff. Al suo posto, il proprietario aveva trovato due dadi da gioco, che mostravano il numero sette.
Fu con quell'episodio che Robert cominciò a sospettare che si trattasse di una faccenda seria. Dati cancellati, macchine rubate... di certo era più di una semplice banda di ragazzi scapestrati. Nonostante avesse denunciato il furto d'auto alla polizia poco più di un mese prima, ancora non c'era traccia della sua povera Maserati, e l'uomo non si aspettava di avere notizie in un futuro prossimo.
Il terzo biglietto arrivò ad una distanza abissale rispetto agli altri due, tanto che Robert aveva avuto il tempo di pensare che quella faccenda fosse conclusa definitivamente. E invece...

Stai avanzando sempre di più... Oh, sei appena passato dal Via. Devi pagare una tassa, altrimenti, come la macchina, perderai un'altra delle tue carte importanti.
THE GAME.

Il messaggio stavolta non era difficile da decifare: avrebbe dovuto pagare una somma di denaro, oppure... oppure qualcosa, o peggio, qualcuno a lui caro sarebbe scomparso. Era proprio questa la cosa frustrante: non sapere cosa proteggere, chi c'era sotto il mirino questa volta. Ma Robert non avrebbe corso questo rischio ancora, e non aveva esitato a contattare i servizi segreti in richiesta di protezione.
Gregory Spencer, il capo della C.I.A., venuto a conoscenza della sua situazione, lo aveva subito contattato personalmente, assicurandogli protezione dai suoi uomini migliori, e il massimo della segretezza.
«Veda, signor Douglas», aveva esordito Spencer in videoconferenza, «Il “The Game” è una segreta associazione a delinquere, in attività dal '98. Normalmente noi della C.I.A. non ci mettiamo molto a scovare i responsabili di questo genere di organizzazioni, eppure dopo quasi quindici anni non siamo ancora riusciti a scoprire chi c'è a capo di tutto questo. Sono un osso duro. Come avrà visto lei stesso, la pecurialità dell'organizzazione consiste nel trattare questo giro quasi come... un gioco. Le lettere di minacce sono piene di metafore e allusioni che richiamano i giochi da tavolo, e loro stessi a vicenda si chiamano “Giocatori”. Nonostante ciò serva anche e soprattutto per arricchirsi, è tutto un gioco per loro. Soltanto che giocano con le vite della gente».
Robert si aspettava che quelli della C.I.A. l'avrebbero tranquillizzato, e invece era accaduto tutto il contrario: grazie a loro si era scoperto in trappola, aveva realizzato di essere finito nella rete di un ragno pericoloso e giocherellone, che si divertiva a giocare con le vite umane.
Robert rabbrividì. Solo il pensiero che sua moglie, sua figlia e chiunque gli stava attorno avessero potuto essere in pericolo per colpa sua lo faceva sudare freddo. Più volte, durante quella lunga settimana, aveva pensato di mollare: di pagare quella maledetta mazzetta e lavarsene le mani definitivamente, perché questo era l'unico modo concreto che aveva di proteggere i suoi cari. E se anche quelli dei servizi segreti avevano provato a rassicurarlo, cos'altro gli rimaneva da fare? Aveva pensato e ripensato, e se ne vergognava molto, ma spesse volte era giunto alla conclusione che pagare una mazzetta adesso sarebbe stato meglio che pagare il riscatto di un rapimento un domani; o peggio, una bara mortuaria.
Robert rabbrividì ancora. Si voltò per guardarsi intorno, alla ricerca di qualche spiffero che poteva avergli provocato questa reazione, ma scoprì, a malincuore, che la paura era il vento più gelido.
Era notte fonda. Il cielo era così tetro e nuvoloso da non lasciare spazio neanche ad una stella. Dalla grande finestra del suo studio l'uomo fissava la stradina di fronte a casa sua con un'espressione apparentemente mite; in realtà, un groviglio di sensazioni lo attanagliava e gli chiudeva lo stomaco, impedendogli di mostrare alcuna emozione in particolare. Era ansioso. Spaventato. Irrequieto. Avvilito.
L'orologio segnava le tre di notte, e fuori la città era morta. In lontananza Robert scorgeva il centro della grande Seattle, sempre attivo: ma la zona residenziale in cui si ergeva la sua gigantesca villa andava a letto presto, proprio come un bambino piccolo che l'indomani ha scuola. Anche Robert normalmente, a quell'ora, si sarebbe ritrovato tranquillamente tra le braccia di Morfeo, nel caldo letto matrimoniale accanto alla sua dolce Eloise. Ma quella notte era rimasto in piedi, a misurare a grandi passi il perimetro del suo studio e a lanciare occhiate impazienti al di fuori della finestra, in direzione della strada. Era in attesa dell'arrivo di un'equipe molto particolare.
Malgrado i suoi istinti, volti a risolvere la faccenda il più presto possibile, Robert sapeva che pagare la mazzetta a quelli del The Game sarebbe stato un grosso errore, nonché un terribile atto di viltà: per cui si era affidato totalmente alle esperte mani della C.I.A., conscio del fatto che da solo non sarebbe mai riuscito a risolvere un bel niente.
Erano all'incirca le tre e mezza quando l'uomo udì uno squillo al cellulare, che era il segnale accordato. Sussultò. Erano già lì? Strano: non aveva visto nessuno arrivare fuori in strada. Si sporse nuovamente dalla finestra, ma non c'era traccia di anima viva né tanto meno di una nuova macchina posteggiata nel suo campo visivo.
Pur tuttavia, nel dubbio, scese le scale ed aprì la porta d'ingresso, come aveva accordato precedentemente di fare allo squillo del suo telefono. Con sua enorme sorpresa, sulla soglia si stanziava Gregory Spencer, che gli sorrideva benevolo, per la prima volta dal vivo, e con una schiera di persone al suo seguito.
«Prego, entrate». Robert si fece da parte in modo da farli entrare tutti: per primo avanzò Spencer, che aveva sicuramente l'espressione più normale tra quella sfilza di persone. Dietro di lui si fecero strada almeno... una dozzina di persone, calcolò approssimatamente Robert, con stupore. Non si aspettava certo di ricevere questo gran numero di persone come protezione.
Erano quasi tutti uomini, di stazza parecchio possente e con un'andatura più che autoritaria; c'erano anche due donne tra di loro, ma di certo non sfiguravano o smorzavano l'impressione di vigore del gruppo. L'uomo non poté fare a meno di notare l'abbigliamento impeccabile di ognuno di loro: avevano indosso dei completi con pantaloni e giacca neri, accompagnati da una camicia bianca, senza cravatta; le donne indossavano dei tailleur analoghi, anche se invece dei pantaloni portavano delle gonne, non troppo corte ma comunque abbastanza sagomate. Robert li osservò molto attentamente, e fu stupito dalle espressioni che tutti recavano in volto: sembravano apatici, freddi, eppure infondevano un senso di austerità calma, detenevano una sorta di atteggiamento intimidatorio che, però, da un lato conferiva anche una certa sicurezza. Nessuno sorrideva o si mostrava quanto meno cordiale. 
Robert si affrettò ad affiancare Spencer e fece velocemente strada al gruppo, verso il grande salone di casa Douglas. Si sedette ad uno degli enormi divani di pelle bianca della sala, indicando agli altri i posti liberi.
«Prego, accomodatevi», intimò.
Tuttavia solo Spencer si sedette nel divano di fronte al suo. Gli altri rimasero in piedi, disposti in una sorta di strano schieramento accanto a loro, con quelle espressioni di calmo distacco dipinte in volto.
«Bene, signor Douglas», esordì Spencer. «Per prima cosa vorrei scusarmi per l'orario; ma, come immagino sappia, il nostro lavoro non è esattamente facile da svolgere in pieno giorno».
Robert scosse la testa e si sforzò di mettere su un sorriso rilassato. «Ma si figuri».
Spencer lo guardò per qualche istante in silenzio, come se stesse pensando a qualcosa di più importante, poi riprese il discorso. «So che per adesso lei deve essere sconvolto, signor Douglas, ma le assicuro che questa squadra le garantirà il massimo della sicurezza».
Robert annuì, senza proferir parola e lanciò un'occhiata curiosa al gruppo di belle statuine che adesso popolava il suo salotto.
«Ecco, glieli presento. William, Jacob, Paul e Seth si occuperanno della sorveglianza del perimetro della sua villa», l'uomo indicò quattro energumeni che stavano in prima fila, ed in quel momento quei corpi megalomeni conferirono a Robert uno strano senso di sicurezza, di protezione. «Joshua e Alicia penseranno alle entrate più interne». A questo punto si fecero avanti un uomo dalla stazza altrettanto possente a quelli presentati prima, ed una delle due donne del gruppo. Robert fece un cenno d'assenso. «Thomas e Simon saranno invece responsabili del suo ufficio di lavoro, e di tutti i suoi dipendenti. Non abbandoneranno il luogo neanche un istante», continuò Spencer. Robert annuì ancora, sempre più sorpreso: non si aspettava di ricevere anche una protezione per il suo posto di lavoro e per chi lavorava per lui. «Sarah si prenderà cura della sicurezza di sua moglie», fece ancora l'uomo, mentre Robert osservava avanzare una donna sulla quarantina con un ordinatissimo caschetto di capelli castani ed un sorriso enigmatico. Sperò con tutto se stesso che questa Sarah fosse brava nel suo lavoro, perché non avrebbe sopportato di perdere la sua Eloise per colpa di quei criminali. Ma certo che era brava, si rispose subito da solo, era pur sempre un agente dei servizi segreti americani per un motivo. Spencer continuò. «Andrew e Bill saranno invece le sue guardie del corpo personali. Per lei abbiamo riservato i nostri agenti più esperti». Nonostante la voce di Spencer sembrasse sincera, Robert non poté fare a meno di guardare con un'aria scettica quel Bill, che si presentava come un uomo sulla sessantina, dagli occhi chiari e gentili – seppur sempre lontani ed austeri come quelli di tutti gli altri – ed un sottile strato di capelli bianchi sulla testa. Non era un po'... avanti con l'età, per essere un agente della C.I.A.? «Oh, ed infine abbiamo Harry», riprese Spencer, senza lasciargli il tempo di completare il suo pensiero. Solo ora Robert si accorse che l'ultima persona rimasta non era altro che un ragazzo. Probabilmente non ci aveva fatto caso prima per via delle espressioni così serie e professionali di tutti, e a causa di quel clima così “adulto”... ma era così che doveva essere. Quell'Harry aveva ancora i lineamenti di un bambino, la faccia pulita, i capelli un po' arruffati: doveva aver avuto diciassette, massimo diciott'anni. Che diavolo ci faceva un ragazzino in una squadra dei servizi segreti? Robert sollevò un sopracciglio, ancora più scettico di quanto non lo era stato riguardo all'anziano Bill. «Harry si occuperà di proteggere sua figlia Charlotte. So che cosa sta pensando ma, mi creda, non si faccia ingannare dalle apparenze. Harry sarà giovane, ma sa il fatto suo. Nonostante la sua età è riuscito a portare a termine casi dei quali neanche i nostri veterani erano venuti a capo. Se fosse stato qualcun altro, alla sua età, non avrei mai osato affidargli un caso così importante: ma di Harry ci fidiamo. Ed è perfettamente qualificato per affrontare una missione del genere».
Robert fissava il ragazzo e quello lo guardava di rimando, senza paura o alcuna insicurezza negli occhi. Sembrava sereno e forse anche un po' imbarazzato dalle parole del suo capo, pur tuttavia assumeva un'espressione che sembrava voler dire “Ho passato di peggio. Queste cose per me sono bazzecole”. E Robert volle credervi.
Tossicchiò. «Certamente... Certamente... Veda, signor Spencer, un furto d'auto non mi tocca minimamente. Tutto quello che voglio, però, è sapere che la mia famiglia è nelle giuste mani», si giustificò Robert.
«Sua figlia sarà al sicuro», una terza voce, calda e decisa, ma indubbiamente più giovanile, s'intromise. L'uomo fu sorpreso di sentire Harry parlare, forse perché era il primo di quel gruppo silenzioso, o meglio, muto, a proferir parola.
Annuì e sorrise al ragazzo, come a fargli capire che gli credeva; Harry non ricambiò.
«Perfetto», riprese Spencer battendo le mani per un istante, e sembrò rilassarsi su quel divano. «Abbiamo quattro sorveglianti per l'esterno della villa, due per le entrate più interne, due per il suo ufficio, due per lei, uno per sua moglie ed uno per sua figlia. In tutto dodici». Dodici, ripeté Robert mentalmente: allora il suo conto era corretto. «Non esiti a chiamare, nel caso avesse bisogno di qualcun altro. Le manderemo immediatamente altri agenti».
Robert fece un segno d'assenso. Tutta quella situazione era così assurda ed inverosimile che dovette chiudere gli occhi per qualche istante e cercare di fare mente locale.
«C'è un'altra cosa», dichiarò infine Douglas, mentre si stropicciava stancamente gli occhi. «Riguarda mia figlia Charlie».
Spencer annuì, mentre Harry assumeva un'aria interessata e professionale. «Dica pure».
«Mia moglie è a conoscenza delle minacce, ma la mia Charlie... Beh, non le ho detto nulla. Ha solo diciott'anni, sa com'è, tra la scuola e tutto il resto, non reggerebbe tanta pressione». Robert udì Harry sbuffare in maniera irriverente a queste parole, e subito dopo colse Spencer lanciargli un'occhiataccia assassina per richiamarlo all'ordine. «Quindi gradirei che ne rimanesse all'oscuro», concluse infine. Detto questo l'uomo guardò prima il ragazzo, poi Spencer.
«Non c'è problema», fece quest'ultimo. «Ognuno di questi agenti ha ricevuto delle informazioni particolari riguardanti la missione. Il piano riservato ad Harry è quello di farlo agire in incognito a prescindere. Siamo già penetrati nel database della scuola di sua figlia Charlotte, e l'abbiamo registrato come un nuovo studente. Inoltre abbiamo fatto in modo che tutte le sue ore di lezione combacino perfettamente con quelle di sua figlia, così che non sarà sola neanche un attimo». Robert aprì la bocca per la sorpresa. Beh, erano pur sempre i servizi segreti, pensò: se non fossero stati capaci loro di fare queste cose, chi altri? «Per Harry quindi non sarà un problema fare in modo che Charlotte non sappia di essere sorvegliata. È sempre stato molto discreto».
Robert annuì di nuovo, rasserenato da quelle parole e dall'espressione tranquilla del ragazzo. «Perfetto allora», confermò.
«Bene. Credo sia tutto», fece Spencer alzandosi di scatto dal divano, e Robert lo imitò per fargli strada verso la porta. Il primo controllò distrattamente l'orologio hi-tech che aveva al polso. «Meglio sbrigarsi, ho un aereo che mi aspetta ed una riunione alle sei del mattino».
Robert aprì la porta di casa, e una folata di vento gelido lo investì, cozzando con il riscaldamento della casa, sempre rigidamente acceso. «Grazie di tutto, signor Spencer».
Questo sorrise, e per la prima volta sembrò sorridere sinceramente, senza doversi forzare per cortesia. «Dovere, signor Douglas. È il nostro Stato per primo a chiederci di proteggere i suoi cittadini, ed è quello che facciamo. A partire da stasera non si dovrà più preoccupare del The Game; ce ne occuperemo noi, stia tranquillo», lo rassicurò l'uomo.
Robert sospirò e poi, qualche istante dopo, ripensando a quelle parole, assunse un'espressione incuriosita. «A partire da stasera?», domandò incredulo.
Spencer annuì tranquillamente. «E da quando, se no? La nostra squadra sta andando a posizionarsi proprio ora. Per quanto riguarda gli agenti addetti alla sua sicurezza personale e della sua famiglia, vale a dire Andrew, Bill, Sarah ed Harry – e qui indicò i quattro agenti rimasti dietro di lui – non le dispiace, vero, che stiano qui durante la notte?».
Robert aggrottò le sopracciglia. «Nel... nel mio salotto?», chiese confuso.
L'altro sollevò le spalle. «So che sono addetti alla sicurezza personale, ma ci sembrava quanto meno indelicato metterveli alle calcagna anche di notte: non farebbero altro che fissarvi dormire e sarebbe strano. Rimarranno vigili... ma possono farlo anche dal piano terra di casa sua, senza dover necessariamente violare la vostra privacy».
L'uomo annuì, sempre più confuso. «Certo, ma ho delle stanze per gli ospiti, al piano di sopra. Ci sono abbastanza letti per-»
«Suvvia, signor Douglas. I miei agenti non sono certo qui per dormire, la notte. Se mai avranno bisogno di qualche minuto di riposo, i suoi divani sono parecchio comodi». Robert sollevò un sopracciglio. Voleva davvero privare quelle dodici persone di dormire per... quanto?
Per quanto si sarebbe ritrovato in quello stato di allerta, con guardie del corpo da ogni parte, ed il terrore di perdere qualcuno di importante che cresceva un secondo dopo l'altro?

«Ovviamente, al vostro risveglio, lei, sua moglie e Charlotte non troverete alcuna traccia di loro. A maggior ragione ora che sanno di dover mantenere un profilo basso e non far capire nulla a sua figlia», aggiunse Spencer.
La mente di Robert a questo punto era un groviglio di informazioni senza un filo logico. Forse per l'ora, forse per il fatto che l'arrivo in casa propria di dodici spie dei servizi segreti in piena notte non è esattamente qualcosa che capita tutti i giorni, ma l'uomo sentiva la testa scoppiare, e le facoltà di parlare abbandonarlo gradualmente. «D'accordo», biascicò un'ultima volta, senza neanche far troppo caso a ciò a cui aveva appena acconsentito.
«Arrivederci, signor Douglas», fece Spencer pima di uscire, in un tono che gli parve fin troppo solenne.
«Arrivederci», disse poi Robert meccanicamente, mentre osservava l'uomo svanire nell'oscurità della notte.

*capitolo scritto da Carla. 


~Note. 
Salve bella gente! Prima di tutto vorremmo precisare una cosa che ci è sfuggita nel prologo, e cioè che è stato scritto da Anna (: mentre questo capitolo è scritto da Carla (ecco perché fa così schifo u.u).
Comuuuunque, vorremmo ringraziare tutti i 42 che hanno inserito la storia tra i seguiti e i 28 che l'avete messa nei preferiti. E ovviamente grazie a coloro che si sono fermati per recensire! Grazie mille, davvero, è tantissimo per una fanfiction che sia arrivata solo al prologo! :) Questo capitolo forse potrà risultare un po' monotono e noioso, ma era necessario per spiegare un po' la storia che c'era dietro in maniera più dettagliata, così che possiate capire meglio. Vi promettiamo però che dal prossimo capitolo in poi vedremo Harry nel pieno dell'azione (: 
Grazie ancora a chiunque ci degni d'attenzione, un bacio! - Carla&Anna.

   
 
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