La voce di Jasper e il tocco della sua mano sul braccio mi fanno sobbalzare violentemente: cosa devo sbrigarmi a fare? Chi è che sta arrivando? Proprio non riesco a ricordare.
“Esme, tesoro…” Carlisle mi arriva silenziosamente alle spalle e mi cinge la vita con un braccio.
Intuisco che sta provando a dirmi qualcosa, ma il suono delle sue parole è lontano e confuso.
Sono distratta da quello che stanno facendo i miei figli, Jasper ed Emmett in particolare: dove hanno trovato quelle sbarre di ferro?
Perché le stanno segando e smussando, rendendole simili a paletti acuminati?
E perché Rosalie, che è appena emersa dalla porta dello scantinato scarmigliata e sporca d’olio come non mai, regge tra le braccia un enorme congegno che sembra realizzato con vari pezzi delle nostre automobili?
Mi volto verso il mio compagno, sperando che possa rispondere a quelli che sono i miei interrogativi, ma nel mentre un raggio di sole penetra da una fessura tra le tapparelle del salone, e io ho il primo déjà-vu:
quella mattina, tanti e tanti anni fa, fu proprio un raggio di sole a svegliarmi.
La nausea e l’orrore mi colgono, stravolgendo i miei lineamenti a tal punto che Carlisle ha un lieve sobbalzo e prova ad impedirmi di voltarmi e vedere quello che, comunque, ho già indovinato: nel bel mezzo del salone, Edward ed Emmett di sono aperti le vene delle braccia e stanno usando il loro sangue per sporcare la sommità e il fusto dei paletti di ferro che Jasper passa loro e Rosalie, una volta pronti, sistema sul congegno.
Ciò che attendiamo non è una visita di cortesia da parte dei nostri amici attorno al mondo, ma l’attacco dell’orda del branco Quileute. Stiamo per entrare in guerra.
E i miei bambini stanno per morire, ancora una volta.
Secondo déjà-vu: vivo nuovamente gli istanti di puro terrore mentre corro verso la culla di Miles, i miei disperati tentativi di rianimarlo, e al viso e al corpo del mio piccolino si sostituiscono, ora, quelli degli altri ragazzi.
Sento la bocca spalancarmisi in un urlo disperato e le mie unghie affondare ferocemente nelle guance e nel collo mentre, ovunque mi volti, vedo morte ed orrore: Rosalie impalata sulla sua trappola, trafitta a morte da non meno di una trentina di spuntoni; Emmett divorato vivo da un gigantesco lupo nero, Edward smembrato lentamente e sadicamente, la testa di Jasper, ancora stillante sangue e con la bocca spalancata in un silenzioso urlo senza fine, che rotola via lontana dal suo corpo.
L’orrore e il senso di impotenza mi avvolgono e paralizzano, almeno finchè la finestra centrale del salone non esplode verso l’interno, e tutta la stanza non è invasa da mostruosi canidi sbavanti.
Terzo déjà-vu: non appena ho capito che il mio cucciolo era morto qualcosa, nella mia testa, è deragliato e la mia sanità mentale è stata sbriciolata dal dolore. Sono impazzita poco a poco, giorno dopo giorno, fino a che non ho più retto e mi sono gettata da quello scoglio.
Anche ora è successa la stessa cosa e io sono nuovamente folle, ma di rabbia.
E questo cambierà tutto: la mia mente è salda, il mio corpo forte, la partita tutta da giocare. Ciò che si è frantumato, questa volta, è solo la mia apatica maschera di femmina mortale.
Respiro, osservo, compio il balzo.
Nessuno che abbia complottato contro la vita delle mie creature uscirà mai vivo di qua.