Love save the
pain.
The
way You touch, I loser control and shiver deep
inside.
Bella’s
Pov.
Correvo.
Le mie gambe erano riuscite ad essere più veloci di quanto
pensassi. La sabbia,
ostacolava la mia corsa, ma mi sentivo libera. I polmoni bruciavano per
via
della corsa, ma sul mio viso un sincero, bizzarro e stupido sorriso
aleggiava senz’ombra
di dolore.
C’erano
delle rose blu. C’erano infiniti campi di grano.
C’era mia mamma, Edward,
Alice, Angela e Jacob che mi guardavano con una luce felice negli
occhi. I miei
capelli, al vento mi rendevano più libera di quanto il mio
subconscio potesse
credere. Correvo, senza capire il perché, senza capire quale
era la mia meta.
All’orizzonte,
un’ombra faceva bella mostra di sé. Una risata
arrivava al mio udito e un moto
di sorpresa si prese gioco di me quando avevo realizzato che era la mia
voce.
Anch’essa libera, spensierata, sincera e stranamente felice.
Mano a
mano che mi avvicinavo riuscivo
a vedere
l’ombra. Era un uomo, alto, non troppo snello, sorrideva
toccandosi i baffi.
Era
lui.
Finalmente
era lui.
Nemmeno
quella sorpresa aveva fatto cedere la mia corsa. Dopo cinque minuti ero
finalmente arrivata a destinazione.
“Papà!
Papà!”- Urlavo sorpresa che quella parola, - che
non avrei mai e poi mai
creduto potesse farlo- uscì
dalle mie
labbra. Invece lo avevo detto, ero riuscita a dire
‘Papà’. Guardavo i suoi
occhi, sempre innamorati della sua piccola bambina che ormai era
cresciuta. Una
lacrima aveva solcato il mio volto. Una lacrima libera, sincera,
felice, non
più solitaria.
Lo
avevo abbracciato, sorpresa di non aver sentito il suo odore.
“Papà.”-
Mormoravo in preda all’eccitazione di averlo di nuovo con me.
Forse il destino
mi aveva miracolata.
“Piccola
Bells.”- Mi aveva risposto, a quella che apparentemente non
era una domanda,
piangendo.
“Ascoltami.
Andrà tutto bene. Io so che sarò per sempre nel
tuo cuore, come tu lo sei e lo
sarai nel mio. Vivi amore mio. La vita è bella quanto
brutta. La vita è
infinita quanto breve-”
“Ma..”-
Lo avevo interrotto beccandomi la sua occhiata tra
l’arrabbiato e il divertito.
“Ti
voglio bene mia piccola Bells.” -Aveva detto un attimo prima
di posare le sue
labbra, ruvide, a causa della barba, sulla mia tempia. Poi come neve al
sole
era sparito.
“No!”-
Urlo con tutto il fiato che i miei polmoni possono
essere capace di produrre.
Sembrava così reale!
Quanto mi rendo conto che è questa la realtà, i
singhiozzi
si prendono la mia mente, il mio corpo, il mio cuore, la mia anima.
“Oh…mio…dio!”- Non capivo
più nulla. Ancora una volta me lo
hanno strappato via. Ancora una volta me lo sono
fatta sparire dalle mie braccia.
Ancora una volta il dolore ha il coltello dalla parte del
manico.
“Bella!”- La voce di Edward raggiunge il mio udito,
è
disperata, spaventata.
Mi copro il viso con le mani, non riuscendo – pur
provandoci- a placare i singhiozzi.
“Bella. Calmati.”- Mormora con le labbra sui miei
capelli.
“No! No Edward! Me lo hanno portato
via…Me..l…hanno…port..via”-
Lefrasi erano sconnesse, sentivo un blocco nel
petto che schiacciava la mia voce. Mi sento distrutta come se mi fosse
passato
un treno a tutta velocitò addosso. Schiacciandomi il cuore.
Avrei dovuto immaginare che era tutto un sogno, Avrei dovuto
immaginare che quello era un universo parallelo. La mia mente
– comandata dal
dolore- si era presa di nuovo gioco di me.
“Ssh. Dormi piccolo tesoro.”- Mormora Edward
cullandomi. I
miei occhi freddi e umidi si chiudono. E semplicemente con la voce di
Edward mi
addormento, disperata, sfrenata ed emotivamente esausta.
**
“E
questo è tutto.”- Sussurro ad Alice, dopo averle
raccontato tutta la mia storia, dall’inizio ad adesso. Lei
come ottima
interlocutrice ha ascoltato in silenzio, ogni tanto una piccola lacrima
scendeva dal suo viso. Forse per pietà, forse
perché la mia storia è troppo
dolorosa, forse perché sentendo la mia voce che
all’ombra di quel racconto
tremava, o forse perché in agguato c’era qualche
singhiozzo che
cercava di smorzare la mia voce.
Dicono che ogni avvenimento ha una sua trama, dicono che
ogni avvenimento ha una causa, dicono che ogni avvenimento a cose e
persone è o
non è puramente casuale.
Casualità o meno la mia vita è stata distrutta.
Il fato o
chiunque comandi il nostro cammino, ha deciso che la mia strada deve
essere
trascorsa in mezzo al dolore. Che la vita non è facile per
nessuno. La mia non
è assolutamente vita.
I libri mi hanno insegnato che vivere male può andare bene,
non vivere completamente però no. Ed io non vado bene,
perché non vivo, perché
non ho la possibilità di vivere.
Chiunque ha perso dei cari. Tante persone di ogni età sono
cresciuti con un solo genitore. Io non lo accetto. Non accetto di non
aver
vissuto mio padre.
Ricordo che era buono. Che sorrideva sempre. Che mi amava,
come ogni padre ama i propri figli. Che aveva uno sguardo stralunato il
giorno
in cui è andato via per sempre. Poi basta. I ricordi brutti
ci saranno per
sempre, i belli sono quelli che scompariscono sempre.
Dicono che appoggiarsi al ricordo non è bene. Dicono che i
ricordi sono piccole sfumature che al momento sbagliato tornano nella
nostra
mente.
Io invece avrei preferito vivere nel ricordo. Almeno avrei
vissuto davvero.
“E’ terribile Bella.”- Dice Alice mentre
deglutisce. Io
annuisco guardando lo spigolo del divano – della suite- dove
io e Alice ci
siamo accomodate.
Non so bene il
motivo
che mi ha spinta a raccontare tutto ad Alice. Forse è stata
la
disperazione, forse
il mio bisogno di
riuscire a parlare con lei. Alice. L’unica persona con cui mi
sento in sintonia
oltre Jake e Angela. L’unica persona che, in questo periodo,
insieme a suo
fratello riesce a farmi sorridere sinceramente.
“Non so cosa si dice in questi casi. Quindi faccio meglio a
stare zitta. Voglio solo farti presente che io ci sono. Come amica,
come
sorella, come-” La sua voce viene interrotta dal mio
abbraccio di gratitudine.
Non so se Alice ed io saremo amiche per sempre. Sono stanca
di pensare agli avvenimenti che può causare un mio gesto,
una mia parola. Ho
capito che nel bene e nel male certe cose succedono senza causa, senza
apparente motivo.
“Tu, invece, raccontami qualcosa.”- Sussurro.
Sorrido
cercando di tornare la Bella solare.
“Jasper vuole conoscere i miei genitori.”- Dopo
questa affermazione/rivelazione
avvampa, cosa non del tutto da Alice. Io le sorrido teneramente.
“Non vuoi?”- Le chiedo sicura di non essere
invadente,
termine che è assolutamente escluso dal vocabolario di Alice.
“Non è questo, è solo che. Ho paura che
lui non piaccia ai
miei.”
“E perché?”- Chiedo inorridita. I
genitori di Alice sono
persone fantastiche. Hanno accettato me dopo tutto. Rifletto un attimo.
No!
Quando mi hanno conosciuta io e Edward non eravamo nulla.
“Perché sono gelosi. Insomma Jasper proviene da
una famiglia
agiata come la mia. E’ molto educato e riservato. Non vorrei
che però la
gelosia potesse rovinare tutto.”- Ammette con una punta di
amarezza nella voce.
La mia famiglia non è per niente agiata! Cosa dovrei fare
allora io? Merda.
“Oh Alice! Capisco. E’ solo che dovresti provare,
insomma,
se è una cosa seria non puoi nasconderla per sempre. Anzi
meglio prima, ti
togli un peso.”-Cerco di essere più razionale
possibile, anche se al momento
mi risulta difficile.
“Vedremo.”- Mormora dando una rapida occhiata al
cellulare.
“Io vado Bella. Ci sentiamo domani okay?”- Annuisco
e le
poso un piccolo bacio sulla guancia.
“A domani. E sta’ tranquilla. Andrà
tutto bene!”- Urlo
mentre Alice si chiude la porta alle spalle.
Andrà tutto bene un corno!
Aspetta, aspetta, ASPETTA! Edward non mi ha mai parlato di
un colloquio con i suoi genitori. Se non di lavoro, ovviamente suo
padre è il
mio secondo capo. Sbuffo passandomi una mano tra i capelli.
La mia insicurezza bussa nel mio cervello, pronta e in
azione.
“Sono fottuta.”- Mormoro a me stessa.
Ho sempre avuto la paura di non piacere a nessuno. Anche se
la gente che conosco mi dice che sono adorabile, simpatica, riservata.
Il fatto è che ogni donna è così.
C’è a chi non piace il
proprio corpo, c’è chi ha paura di dire o fare
sempre qualcosa di sbagliato e
poi c’è, chi, come me, ha paura di entrambe le
cose.
Il mio corpo è apparentemente indecente. Sono magra, nelle
braccia e nelle gambe e il torace non è male. Il seno, per i
miei gusti troppo
sproporzionato. Insomma peso cinquanta chili e ho una quarta!
Goffaggine è mio il secondo nome. Le brutte figure fatte
grazie a essa non si possono classificare.
Quando qualcuno mi rivolge delle domande avvampo, le
orecchie diventano bollenti, inizio a sudare e la voce mi trema come se
dovessi
piangere da un secondo all’altro.
Chi vorrebbe una sfigata del genere in famiglia?
Accendo la tv per far scemare gli insulti che rivolgo a me
stessa. Faccio un po’ di zapping e mi fermo quando noto i Bon
Jovi sullo
schermo. Il mio sorriso si allarga e mi metto in piedi sul divano.
Ma chi se ne frega! Io sono così, chi mi accetta bene,
sennò
andrà a farsi benedire.
Alzo il volume e inizio a muovere il mio corpo a ritmo di
musica.
“She says; We've got to
hold on to what we've got .'Cause it doesn't make a
difference. If we make
it or not . We've got each other and that's a lot for
love, we'll
give it a shot.”- Canto
liberandomi, per pochi attimi, dal mondo
di negatività che mi circonda.
Quando la canzone finisce abbasso il volume. Un brivido
attraversa la mia schiena, quando mi accorgo che il respiro di qualcuno
è
addosso al mio collo. Giro il viso e un abbaglio di occhi verdi
scintillanti
colpisce il mio sguardo. Sorrido imbarazzata sicura che Edward abbia
assistito
al mio stupido teatrino.
“Ciao.”- Sussurra appoggiando le sue labbra alle
mie.
Assaporo la morbidezza di quelle labbra che mi attirano
anche solo guardandole. La mia lingua esplora la sua e un calore,
familiare da
qualche giorno, si impossessa del mio corpo rubando anche la mia mente.
Mi
porta in un universo parallelo. E per alcuni attimi il mio cuore sta
bene.
Avvolgo le braccia nel suo collo e schiaccio il suo corpo contro il
mio. E con
un semplice contatto mi sento a casa. Mentre mi bacia lo sento nelle
viscere,
nel profondo della mia anima che un tempo credevo annientata del tutto.
“Lo farai di nuovo?”- Mi chiede accarezzandomi la
guancia
con le nocche. Lo guardo interrogativamente non capendo cosa vuole
dirmi.
“Ballare e cantare…”- La frase dovrebbe
suonare divertente.
Ma nella sua voce c’è una punta di tenerezza.
“Sai per un momento mi hai fatto dimenticare lo schifo che
mi circonda. E’ stato bello vederti in quel momento.
Così spensierata, libera.
Se-”
“Per te lo farò sempre.”- Mormoro nel
suo orecchio
mordendolo dolcemente.
**
Dopo cena siamo
entrambi seduti sul divano. Io guardo un
film, di cui non ricordo il nome né la trama. Edward, come
ogni sera, è sul
computer. E’ passata già una settimana da quando
hanno presentato l’istanza al
giudice, ancora non ci sono novità.
Mentre guardo, invano, la tv, il mio cellulare squilla. Sono
le undici di notte!
“Pronto?”
“Pronto
Bella! Come va da quelle parti?” Sorrido al
suono di quella
voce familiare quanto rassicurante.
“Jake! Che piacere sentirti! Io tutto bene, e tu?”
“Magnificamente!
Mi sono appena laureato dolcezza. Come dovrei stare?”
“Oh…Congratulazioni
Jake. Sono così fiera di te!”- Sussurro
con le lacrime agli occhi. Jacob è come se fosse mio
fratello. Da piccoli ci
siamo sempre trovati insieme, indipendentemente dalle situazioni. I
nostri
coetanei erano pienamente convinti che prima o poi ci saremmo sposati.
Quando
al Liceo si venne a sapere dell’orientamento sessuale di
Jake, a molti prese un
colpo. A me non è cambiato nulla. E’ rimasto
sempre il mio Jake, la causa dei
miei sorrisi sinceri. Almeno fino a qualche mese fa.
“E
dimmi Bells! Raccontami qualcosa!”
“Vorrei
vederti quando torno.” -Mormoro, ho bisogno di un
consiglio alla ‘Jake’.
“Quando
torni?”
“Ehm.
Non lo so ancora. Facciamo così, se-”.
“Posso raggiungerti a
Seattle.” -Mi interrompe euforicamente.
“No! Ci vedremo a casa. Non preoccuparti non dovrebbe
mancare molto.” -Non voglio che spenda dei soldi in modo
così inutile. Infondo
Billy – suo padre- ha fatto dei sacrifici per farlo studiare,
e le loro
condizioni familiari non sono per niente agiate.
“Sempre
testarda!”
“Sempre
me stessa” Ribatto sorridendo.
“Va
bene Bells, ci sentiamo tra qualche giorno. A presto. Ti voglio bene
Orava.”
“Ti
voglio tanto bene anch’io Jake. A presto.”
Erano anni che non mi chiamava ‘Orava’,
che, significa scoiattolo in Finlandese. Quando ci siamo
conosciuti, mi ha fatto un piccolo interrogatorio. Nel suo questionario
c’era
anche la domanda ‘animale preferito?’ ed io avevo
risposto scoiattolo. Quando
poi ha iniziato ad interessarsi al Finlandese, Orava era diventato il
mio
secondo nome.
“Chi era?”- Mormora distrattamente Edward.
“Jake.” -Quando il nome del mio migliore amico esce
dalle
mie labbra, uno sbuffo appositamente sonoro fuori esce dalle sue
labbra. Io lo
guardo incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio.
“Qualcosa non va?”- Chiedo non troppo severamente.
“Come mai ti ha chiamata?”
“Così! Non c’è un motivo.
E’ il mio migliore amico. Può
chiamarmi quando vuole”.
“Oh certo.”- Alza la mano in segno di resa e torna
al suo
computer.
Sbuffando senza un motivo preciso mi dirigo in bagno. Pronta
per la doccia e per andare a letto.
Mi manca casa mia. Mi manca sentire mia mamma che mi chiede
di mangiare.
Mi manca il sole che sfiora le mie spalle. Mi manca il
fioraio che ogni mattina, prima di arrivare al lavoro mi chiede
‘come va?’. Mi
manca il tabaccaio che mi implora tutti i giorni di smettere di fumare.
Mi mancano
i miei cd, che stupidamente non ho portato con me. Mi manca piantonarmi
alla
scrivania e scrivere relazioni per Edward o Carlisle.
Carlisle. Chissà se non mi licenzierà a tronco
dopo aver
saputo il mio rapporto con Edward.
Sospiro ed entro nel box doccia.
“Buonanotte.” -Sussurro ad Edward- dopo
un’ora dalla mia
doccia- ancora al pc.
“’Notte.” -Mormora senza alzare lo
sguardo verso di me.
Lunatico. Ecco la parola che mi viene in mente. Sbuffo tra
me e mi siedo sul letto. Prendo il libro, che, oggi mi ha regalato
Alice.
‘L’ombra del vento- Carlos Ruiz
Zafòn’. Accendo la piccola abat-jour che si
trova nel comodino e mi immergo nella lettura.
Mentre Daniel viene avvicinato dall’uomo che porta le vesti
di un personaggio, di
uno dei romanzi di
Carax sento Edward schiarirsi la voce.
Abbasso il libro e aspetto che parli.
“Scusa.”
“Per cosa esattamente?” -Gli chiedo, dopo aver
fatto una
piccola piega sulla pagina a mo’ di segnalibro e chiuderlo
sperando di
riaprirlo tra qualche attimo.
“Per il mio comportamento.”- Lo guardo e gli
sorrido. In
fondo non che abbia fatto chissà cosa.
“Vieni a letto?”- Sussurro con voce roca, senza
essermi resa
conto immediatamente di quanto roca fosse.
“Tra un po’. Ahm, domani ho un appuntamento con
l’avvocato
Price.”- Annuisco e lo guardo mentre si gira per tornare dal
salottino. Si è
cambiato, indossa il pantalone della tuta che, fascia perfettamente
quel sedere
così solido e dal morso facile. Dovrebbe assicurarselo a
parere mio! Scuoto la
testa e riapro il libro.
“L’ombra del vento.” -Rispondo
ipnotizzata tra le righe del
libro.
“Mh.”
“Devi dirmi qualcosa?”- Chiedo dolcemente
abbassando il
libro.
“Ehm.”- Le sue guance si imporporano di rosso.
E’ strano e
allo stesso tempo adorabile il modo in cui si dimostra ancora timido,
dopo
avermi conosciuto, almeno un pochino, sessualmente. Adesso si vergogna
anche a
venire a letto con me.
“Vieni a letto ora?”- Annuisce e mi rivolge un
sorriso
dolce.
Si avvicina e si sdraia al mio fianco.
Poso il libro e lo guardo.
“Vuoi che spenga la luce?”- Lui alza le spalle e mi
guarda.
“Che succede Edward? E’ tutto il giorno che sei un
po’…come
dire, strano!”
“Penso che a volte tu sia solo un sogno.
Un’illusione. Non
voglio perderti mai Bella.”- Dice velocemente come se potesse
divorare
quell’ultima frase.
“Non mi perderai. Perché io non voglio perdere
te.”- Mormoro
un attimo prima di perdermi tra le sue labbra e nel suo inebriante
profumo di
petali di rose blu.
Quell’odore che mi fa perdere la ragione facendomi dominare
dall’istinto. Lo sento nel profondo di me stessa. La mia
gamba avvolge il suo
fianco e i bacini si ritrovano.
Mi sono sempre chiesta come sarebbe fare del sesso con
Edward. Ma, mai ho potuto immaginare me insieme a lui. Forse per la mia
scarsa
autostima, forse perché la frase detta da lui stesso poco fa
rispecchia anche
me.
Un’illusione.
E se
fosse tutto davvero un’illusione? Come ne uscirei?.
E mentre le sue mani vogliose ma al tempo stesso dolci,
vagano sul mio corpo mi rendo conto che lui è qui,
è reale, che è impossibile
provare certe cose anche solo con un semplice e delicato tocco.
Restiamo abbracciati senza stancarci di esserlo. Come se
abbracciare il corpo dell’altro fosse naturale.
“Buonanotte piccola mia.”- Sussurra al mio orecchio
senza
staccarsi da me.
“Buonanotte Edward.”
E felicemente abbracciata a una delle persone, che, nella
mia vita è diventata qualcosa di più del semplice
essenziale, mi addormento.
**
Tornerò
presto. Prega per noi che ci siano buone notizie.
Ti voglio
bene.
Edward.
Mentre sorseggio
il mio caffè, fisso il biglietto che ho
trovato sul comodino appena sveglia.
Ero così stanca che nemmeno ho sentito il freddo che si era
impadronito di me al distacco delle sue braccia dal mio corpo.
Accendo una sigaretta e guardo Seattle alle dieci del
mattino. E’ una bellissima città, lo ammetto, ma
non più della mia adorata Los
Angeles.
Prendo il cellulare e decido di chiamare mia mamma.
Mi chiede quando torno, che le manco, che ci sarà una
sorpresa al mio ritorno. Mi racconta di Fred ‘ il
droghiere’ che ha finalmente
accettato il fidanzato della figlia. Scoppio a ridere nel sentire mia
madre
raccontarmi i fatti giornalieri. Scoppio a ridere anche
perché erano anni che
la sua voce non era più così accesa. Un moto di
depressione si fa spazio nella
mia mente. E se fosse così sollevata perché io
sono lontana? Nel senso che non
ha costantemente la visione di me che mi autodistruggo sulla spiaggia.
Non ho mai realmente pensato al dolore in più che le
infliggevo ogni volta. Non mi sono mai chiesta cosa ne pensasse lei di
quelle
‘visite’ giornaliere. Ho sempre e solo alimentato
il mio dolore che al tempo
stesso era la cura ad esso, noncurante di quello che facevo a mia madre.
La donna che ha lottato per farmi crescere nel modo migliore
possibile.
La donna che non si è fatta trascinare dal baratro in
presenza della figlia orfana di padre.
La donna che ancora oggi non si preoccupa di sé, del suo
dolore, della sua perdita, per non farla pesare sulla nostra casa.
La donna che mi racconta, mi ricorda il grande uomo che era
mio padre.
La donna che ama sua figlia più della sua stessa vita.
“Bella! Si torna a casa!”- La voce di Edward mi fa
sussultare.
Lo guardo sorridente.
“Come? Co-”
“Bella! Non c’è più bisogno
di restare qui. L’istanza è
stata accettata dal giudice. Ci contatterà entro sei mesi
per la data del
nostro processo!”- E’ felice. Sorrido contagiata e
lo abbraccio.
“Sono contenta per te!”- Sussurro abbracciandolo
più forte e
baciandogli il petto. Lui inspira il profumo dei miei capelli.
“Dai! Fai la valigia. Facciamo una doccia e
partiamo!” Anche
lui è contento di tornare a casa ovviamente. Ma una volta
arrivati non ci
mancherà quella piccola routine, di noi due costantemente
insieme, che si era
creata?
Mentre Edward entra in bagno un’idea si paralizza nella mia
mente.
Prendo quell’indumento che avevo detto di aver comprato
senza secondi fini e lo indosso, sicura di essere già rossa
come un peperone.
Mi avvicino, cauta, in bagno e apro la porta. Ringraziandolo
per non averla chiusa a chiave. Quando entro riesco ad intravedere la
sagoma di
Edward sulla doccia.
Un calore al mio basso ventre si propaga inebriandomi la
mente. Oddio! Non credo di poterlo fare.
Muoviti! Urlo a
me stessa.
Apro il box doccia e Edward osserva me e la mia mise con una
sguardo pieno di ardore e con gli occhi fuori dalle orbite.
“Voglio fare una cosa prima di andare via.”-
Sussurro sotto
il suo sguardo passionalmente dolce.
Sono viva! Yes.
Ho avuto dei piccoli problemini, che, mi hanno rubato tempo
e ispirazione.
Perdonatemi. Spero che siete rimaste qui, spero di non aver
deluso nessuno.
Devo andare!
Ps: Avete mai letto l’ombra del vento? Se è no
fatelo!
Ps2: Secondo voi che sorpresa attende Bella al suo rientro?
:p
A presto.
Roby <3