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Autore: franceskik    28/02/2013    4 recensioni
Louis incontrerà per dieci volte una psicologa con cui parlerà del suo passato e cercherà risposte per il suo presente. Inizialmente è freddo e distaccato, ha paura del giudizio di una persona che non conosce. Non vuole raccontare il motivo del suo "mutamento psichico".
Al solo nome "Harry.." Louis abbassa lo sguardo e fugge via dal discorso.
[Ogni capitolo è un incontro con la psicologa.]
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiuse la cerniera della sua valigia Gucci.
Si promise, poco tempo prima, di non piangere. Ma gli occhi pizzicavano, la gola era secca e respirava a fondo per lasciare che i singhiozzi venissero inghiottiti.
Giurò a se stesso che prima o poi ce l'avrebbe fatta, cosi fu.
Passò un mese dopo l'ultimo incontro con la psicologa. Un mese di pensieri, rancori, sangue, dolore. Un mese di sorrisi, anche. Sogni. Ambizioni. Desideri. Voglia di star bene.
C'è un tempo per tutto, pensò Louis.
Un tempo per star male.
Uno per ricordare.
Un tempo per star bene, uno per dimenticare.
Adesso l'orologio segnava le 11.30 di un Sabato mattina. Era il suo tempo di star bene. Lo sapeva. Doveva semplicemente coglierlo al volo, perchè forse, non sarebbe tornato.

Afferrò la sua valigia. Era la loro casa, una casa di ricordi e d'emozioni, di sofferenza e d'amore.
Sarebbe stata sempre quella casa speciale nel cuore di Louis. Sarebbero stati sempre i ricordi a demolirlo, ma era arrivato il momento d'andare avanti, costruire mattone per mattone un nuovo muro dove appendere altre storie, altre esperienze, altre delusioni perchè no, ma anche altre vittorie.

Aprì la porta, lanciando un ultimo sguardo al rosso della parete in cui, una volta, c'erano le loro foto.
Sorrise.
E poi se ne andò, lasciando tutto alle spalle.
Avrebbe preso il primo volo, avrebbe volato fino alla meta.
Louis era stato un ragazzo modesto nella vita. Aveva ottenuto tanto, ma era abituato a donare tutto.
Aveva errato tante volte. Si era punito. Aveva risbagliato. Pensò perfino d'esser arrivato al culmine quando tentò di porre fine a tutto.
Ma fu così modesto ed umile da accettare un aiuto e ora, ora Louis Tomlinson era rinato.

L'areoporto aveva uno strano odore.
Si sentiva il rumore di passi, delle rotelle delle valigie percorrere il corridoio. Si sentivano le risate della gente, le lacrime di chi doveva partire.
Era un mondo a sè, quello. La mamma che abbracciava il figlio che tornava e il padre che, sorrideva alla bambina, promettendogli di rivederla presto.
Louis era solo, decise di esserlo. Odiava gli addii, rendevano tutto più difficile. Era questa la sua concezione non del tutto sbagliata.

"Volo 5289 in partenza. Prego i gentili passeggeri di avvicinarsi all'area controlli."

Quella voce metallica.
Dio, stava segnalando la sua fine in quel mondo. La sua rinascita.
La stessa voce che pose lo stop al suo saluto con Harry quando decise di andarsene. La stessa che adesso gli stava consigliando d'andare.
Louis afferrò la sua valigia.
Passò l'area controlli.

Ciao Londra.

***

"E' per lei, dottoressa." L'infermiera le consegnò una busta. "Grazie Charlotte." Gentile come sempre Katylin.
Entrò nel suo studio. Aveva ancora un'ora libera, poi ci sarebbe stato il primo appuntamento della giornata. Decise di aprire la busta.
Una lettera.

"Salve Dottoressa,
Sono proprio io: quel ragazzo che l'ha fatta dannare, sì. Quel giovane dalla corazza di ferro e il cuore di legno. Sono proprio io, Louis.
Spero stia bene. E' da un po' che non ci vediamo. Devo dire che mi è mancato parlare con lei, ma forse è stato meglio così.
Vorrei dirle tante cose. Vorrei sempre dire tante cose, ma non ho ancora capito perchè mi risulti così difficile, forse perchè alla fine, sono troppo debole.
Parto col farle sapere che il viaggio intrapeso con lei è stato tortuoso, a volte difficile, altre stressante.
E' stato la mia ancora di salvezza, il mio lago nel bel mezzo del deserto, la mia luce in fondo al tunnel buio.
Grazie, dottoressa. Grazie per avermi offerto due orecchie capaci di ascoltarmi, una bocca con la quale sorridermi e un abbraccio caldo, sempre pronto.
Grazie per avermi offerto una mano con la quale poter tornare in superficie, proprio quando pensavo di aver toccato il fondo.
Sa, dottoressa, sui miei polsi ci sono delle cicatrici che non andranno mai via.
Nella mia mente ci sono ricordi che neppure il vento più forte, riuscirà a eliminare. Ma è giusto così, alla fine.
E' parte del mio passato, di ciò che sono stato. Guarderò le mie braccia con un sorriso d'orgoglio, pensando che sì, ce l'ho fatta.
Ci vorrà del tempo per guarire del tutto, forse non guarirò neppure mai totalmente. Ma sono pronto a mettermi in gioco, a sfidare il destino, pronto ad una nuova vita.

Ho deciso di partire. Mi trasferirò a Boston, forse ho trovato lavoro nel teatro. E' sempre stato parte del mio sogno recitare.
Sa che al liceo mi dilettavo in alcune messe in scena? Non me la cavavo male, ma dovrò rispolverare alcune tecnice del mestiere.
Ho voglia di respirare un'aria nuova. Ho voglia di esplorare nuovi territori e varcare confini che pensavo non riuscissi a oltrepassare.
Non parlo di confini territoriali. Parlo della mia paura di sentirmi solo, del terrore che possa non uscire dallo stato in cui mi trovo.
Ma ce la farò, sì, ce la farò. Lei mi ha insegnato ad avere fiducia in me. E' il primo passo di un percorso da intraprendere per stare meglio. Non trova?
A Boston costruirò nuove fondamenta, nuova vita, nuovi sorrisi.
Le scriverò, le manderò alcune foto. Merita di vedere come riuscirò a stare bene. Lo merita, sarà solamente merito suo, sa?

Le piacciono le gomme da masticare?
A quattro anni, mia mamma mi disse una cosa. Ho impiegato ventidue anni per capirla.
Mi disse "Sai Louis, siamo come le gomme da masticare. Partiamo piccole, già formate. Cresciamo, della misura che vogliamo, come ci interessa diventare. Poi scoppiamo e ci rinnoviamo. Più grandi di prima, ancora migliori. Ancora più belle."
Ho sempre stimato mia madre, dottoressa. Un giorno avrò un bambino, le dirò questa frase a quattro anni. La capirà a ventisei, dopo sofferenze a cui io non potrò far niente. Ma ci riuscirà e arriverà un giorno in cui abbracciandomi, sarà fiero di me.

Mentre lei starà leggendo questa lettera, probabilmente sarò seduto su un sedile di un aereo di linea.
Avevo paura di volare, ma poi grazie al mio lavoro la fobia è stata superata.
Dottoressa, le cose passano. Col tempo, con l'esperienza, con un chiodo che scaccia l'altro, in un modo o in un altro passano.
Non se ne vanno, mai. Ma si superano. Si può tornare indietro e ritrovarle sulla propria strada, ma ne vale davvero la pena?

Beh, vede: non le ho detto neppure un millesimo di ciò che avrei dovuto e avrei voluto dirle.
Ma forse, il destino vuole che le debba spedire altre centinaia di lettere.
Grazie Katylin, grazie per aver reso la mia vita migliore.

Il suo paziente preferito.
Louis."

Aveva passato tanti casi, visto tanti problemi e visitato tanti pazienti, Katylin.
Ma Louis Tomlinson aveva due occhi diversi da tutti gli altri. Due occhi che non si penetravano, due occhi talmente abituati a far finta di star bene che anche per lei, anche per una delle migliori psicologhe inglesi, era difficile osservare. Due occhi bellissimi, vogliosi di migliorare, di star bene, di vincere su ogni ferita.

Louis Tomlinson meritava tutto il bene di questo mondo.

"Dottoressa?" L'infermiera entrò. "Ci sarebbero questi fascico.." Si bloccò. "Sta piangendo, dottoressa?" Chiese preoccupata.
Katylin sorrise, asciugandosi le lacrime.
"Mai stata più felice e orgogliosa di piangere, Charlotte."




sooorry for the late, babes.
Comunque, ecco l'ultimo capitolo.
Ci sarà l'epilogo, in cui spiegherò un po' di cose. Non ve lo perdete, belle!
Spero vi piaccia, sinceramente a me fa schifo. Ma sapete bene che questa storia non è stata il mio massimo, mi dispiace, davvero.
Lasciatemi una recensione se vi va.
Grazie a tutti coloro che si sono dedicati alla lettura di questa Fan Fiction. Grazie, col cuore.
-Fra.
  
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