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Autore: Demsmuffin    28/02/2013    8 recensioni
Lui sorride. Sorride e io non faccio che pensare che con il suo sorriso che potrebbe illuminare l’intero l’universo. Il suo sorriso che farebbe sembrare luminoso il nero cupo della notte. Il suo sorriso che mi scioglie in mille pezzi. Il suo sorriso che non mi stanco mai di guardare. Il suo sorriso che rivolge a me. Io che ho la fortuna di poter ricevere quella rara meraviglia e a volte vorrei che non fosse così.
E allora i suoi occhi chiari si illuminano di felicità, roteano attorno senza vedere nulla e poi guardano me. I suoi occhi guardano me e io non so cosa fare.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo diciotto.

 

 
Il senso di colpa mi sta tormentando, queste ore di attesa mi stanno lentamente uccidendo. Ho solo vuoto dentro. Un vuoto in cui ho paura di cadere, vuoto che spero si riempia, vuoto che mi fa sentire freddo, nudo, spaventato, vuoto che mi porta a volerla farla finita una volta e per tutte, vuoto che mi impedisce di respirare. Ho solo buio, nero, ansia.
“Perché non cerchi di calmarti un po’, Harry?” Gemma cerca di sorridermi, prende il ghiaccio e me lo poggia sulla pancia. Louis arrotola la mia maglietta sporca, la passa a mia madre che la getta dall’altra parte della stanza, fregandosene altamente di sembrare decente. Si siede ai miei piedi e guarda Louis, sospirando.
“Calmarmi, certo.” Sussurro, fulminandola. Pensa davvero che posso calmarmi quando a mala pena posso muovermi, quando ho mandato una persona in ospedale, che è in coma, quando mi sento di aver deluso tutti e tutto? Perché non ci prova lei a restare calma al mio posto?
“Dico davvero, non agitarti.” Continua, mentre io digrigno i denti per il freddo. Muovo le gambe, in segno di protesta.
Il mio addome è gonfio, faccio fatica a respirare, ho paura. Ho una grande voglia di mandarla a quel paese, ma non voglio litigare, così chiudo gli occhi, cercando di ignorare il macello che ho in testa.

 

Harry camminava per il corridoio, doveva proprio andare in bagno, gli scappava. Era corso via dalla classe e adesso stava correndo anche nel corridoio. Perché quando serviva, il bagno sembrava sempre troppo lontano? Sbuffò, mentre girava l’angolo, ma si bloccò subito, quando vide due ragazzini davanti la porta del bagno. Loro non si accorsero di lui, sembravano persi nel loro mondo. 
Si sorridevano, avevano le mani l’una intrecciate all’altra, erano abbracciati, schiacciati al muro. Non davano retta a niente, solamente all’altro.
Harry strabuzzò gli occhi, trattenne il fiato quando li riconobbe. La voglia di voler andare via era più grande di lui, ma era come pietrificato. William rise, poggiò le labbra su quelle di Mattew, un gesto appena accennato. Che cosa stava succedendo? Perché i suoi due nemici, i ragazzi che lo picchiavano perché gli piacevano i maschi, si stavano baciando? Perché si tenevano per mano? Perché sembravano indifferenti al resto del mondo?

Le gambe di Harry vacillarono, fece un passo indietro per scappare, ma urtò un cestino lì vicino, facendolo cadere. Il fracasso che creò fu enorme e raggelò alla vista di William che si staccava da Mattew e che lo stava puntando. In un attimo il braccio di Harry era stretto dalla mano pesante e dura di William, il contatto era talmente forte che Harry dovette mordersi le labbra per non urlare.
“Che cosa hai visto?” Gli sussurrò William vicinissimo alla sua faccia, sperando che nessuno sentisse o vedesse. “Che cazzo hai visto, frocio?”
Harry non poteva credere alle sue parole. Frocio? Proprio lui lo aveva appena chiamato in quel modo? Proprio lui che un attimo prima stava baciando l’unica persona, a parte la sua famiglia, di cui gliene importasse qualcosa? Ma faceva sul serio o lo prendeva in giro?
“Senti chi parla.” Rispose Harry, mentre Mattew stava cercando invano di separarli. William gli lasciò andare il braccio, ma lo tirò per i capelli, ma Harry non protestò. Sopportò e basta.
“Hai visto il bacio? Non è così? Lo hai visto!” Harry poteva sentire il suo alito sulla sua bocca, poteva vedere i dettagli della sua pelle, il colore esatto dei suoi occhi, poteva vederlo in ogni singola parte.
“Lascialo stare, Will, andiamo.” Mattew cercò di staccarli, di salvare Harry nonostante in quel momento non lo stesse guardando perché, se l’avesse fatto, probabilmente sarebbe crollato.
Il riccio non ce la fece a stare zitto, doveva dire una cosa, doveva parlare.
“Ci siamo baciati ieri.” Balbettò Harry, parlando più con Mattew che con chiunque altro. “E’ successo solo ieri.” Non voleva frignare ancora, ma la delusione, la rabbia, la tristezza che provava erano troppe. Gli avrebbe volentieri fatto molto male, non avrebbe potuto perdonarlo. William scosse la testa, rifiutandosi di accettare quelle parole.
“Oltre che frocio sei anche bugiardo. Non ci credo, voi due non vi siete baciati. Diglielo Matt, diglielo.” Mattew voleva abbracciare Harry, voleva dire che sì, si erano baciati e che gli era piaciuto più di quanto volesse ammettere, voleva dire che aveva accettato le avance di William solo perché lui gli aveva promesso che non avrebbe più toccato Harry, voleva dire tantissime cose, ma scosse semplicemente la testa. Non poteva dare altrimenti. 

“E’ solamente uno stupido, Will. Io non bacio gli stupidi.” Mattew era quasi solenne. Poteva benissimo fermarsi qui, ma voleva rendere le cose più credibili così fece la cosa peggiore che potesse fare. Sputò addosso ad Harry, in faccia, dritto sull’occhio. William allora rise soddisfatto, trascinò Harry, sconvolto e sempre più tremante, in bagno e cominciò a picchiarlo, per pure divertimento. Mattew tornò semplicemente in classe, non voleva vedere cosa gli stessero facendo, non voleva perché avrebbe pianto e non doveva. Prima di andare, stampò un bacio a William, davanti lo sguardo attonito di Harry.
Harry soffriva. Soffriva per i pugni, per gli schiaffi, per le prese in giro, soffriva per troppe cose, ma principalmente, soffriva perché Mattew si era comportato così, perché lo aveva ignorato, perché aveva detto quelle cose terribili. Cosa aveva fatto lui di male? Aveva detto qualcosa che lo aveva fatto arrabbiare? Aveva fatto qualche gesto sbagliato?
“Andrai all’inferno, Styles.” E detto questo, William lo colpì più forte di quanto non avesse mai fatto e per l’ennesima volta. Harry sbatté la testa sul muro, non sentì nemmeno il dolore, chiuse gli occhi, vide solo il buio e il nulla.
William si allontanò subito quando vide che Harry era immobile. Respirando a fatica e cercando di ignorare i suoi sensi di colpa, si sciacquò la faccia, prese un respiro profondo, si stampò il suo solito sorriso strafottente sul viso ed uscì fuori, accertandosi che nessuno lo avesse visto.
  

 
 
“Harry!” Louis mi scuote, in apprensione. Mi accorgo che le mie guance sono bagnate, che Gemma e mia madre hanno la bocca aperta, gli occhi spalancati, gli sguardi straniti.
“Che cosa è successo?” Chiedo a Louis, perché è l’unico che può saperlo. Ma non appena chiedo, non appena Louis mi guarda, capisco che di nuovo, contro la mia volontà, ho avuto un flashback, il più tremendo di tutti. E rabbrividisco, realizzando che ho fatto proprio quello che lui ha fatto, anche se non direttamente, a me.  
“Più voglio non vederlo, più tento di non pensarci e lui mi appare ovunque. Sembra che lo faccia a posta.” Urlo allora, davanti a mia madre, mia sorella, Louis. Gli occhi mi pungono, scalcio con la gamba, impreco nella mia testa, mi passo una mano sul viso e prendo un respiro profondo.
“Lo sappiamo che ti ha provocato.” Esclama mia madre, pacatamente.
Nessuno di loro è arrabbiato con me, sono calmi e ragionevoli e io mi sento estremamente a disagio. Avrei preferito le loro urla, avrei preferito essere trattato come una qualunque altra persona che picchia un’altra, non così, non con comprensione, non essere guardato dalla polizia con compassione, non essere dichiarato come “mentalmente instabile” ed essere mandato a casa con la mia famiglia, per un po’ di risposo.
Non avrei voluto vedere mia madre parlare con un’altra psicologa, Louis avvicinarsi e dirle che non sarebbe più successo, dirle che ci avrebbero pensato loro, che tutto quello che mi serviva non era una strizzacervelli, ma la mia famiglia e solo tanto, tanto amore.
Non avrei voluto sentire mia sorella annuire e dire che mi capiva, che sarebbe andato tutto bene.
Perché loro non mi comprendono, nessuno di loro lo fa. E non andrà per niente tutto bene, lo sanno loro e lo so io, perché quindi continuano a mentire? Perché lo fanno?
“Non mi importa  che lo sappiate.” Le dico, cercando di essere calmo, nonostante i nervi a fior di pelle, le ossa doloranti e i ricordi vividi. “Voglio che capiate.” Aggiungo infine, mentre mia sorella gira il pezzo di ghiaccio dall’altra parte e lo sposta più a destra, nella parte più gonfia dello stomaco.
L’ho forse ucciso? Si risveglierà mai? E’ vivo o no? Che cosa ho fatto? Sono una persona orribile. Non merito questo mondo, non lo merito.
“Lo capisco invece e stai calmo non..” Inizia mia madre, ma la interrompo bruscamente.
“Oh fanculo! Non capisci, nessuno di voi capisce. Potrei averlo ucciso e mi dite di stare tranquillo. Non posso stare tranquillo, non posso. Ho fatto una cosa tremenda, tremenda, e nemmeno vi arrabbiate, la mia testa sta esplodendo, i sensi di colpa mi stanno uccidendo e voi mi dite di stare tranquillo!” Urlo ancora, agitando le gambe, gesticolando animatamente con le mie mani. E’ la seconda volta in un giorno che esplodo di rabbia, che vorrei prendere a pugni tutti quanti. E sono convinto che in me, e stavolta per davvero, ci sia qualcosa che non vada. 
Faccio cadere a terra il ghiaccio che mia sorella stava per spostare ancora, spingendo il suo braccio e quasi facendolo sbattere contro la gamba di mia madre.
Mi guardano attoniti, mentre io mi pento subito di aver parlato e mi accorgo del significato delle mie parole, pesanti e irrispettose. Stavolta nessuno sorride, non passano oltre, non mi abbracciano. Stavolta sono seriamente infastiditi e tutto quello che fanno è guardarsi tra di loro, con la mascella contratta.
“Cosa c’è? Non avete il coraggio di parlare? Se dovete dirmi qualcosa, se dovete rimproverarmi, rinfacciarmi tutto, fatelo. Non tiratevi indietro perché sono ‘mentalmente instabile’.” Imito la voce della poliziotta, acuta e fastidiosa, mentre dichiarava il mio “stato mentale”, giusto per mettere ancora più enfasi al discorso. Nessuno parla, tutti sembrano nervosi. Vorrei solo che mi prendessero a pugni, vorrei avere quello che mi merito, urla e disprezzo. Nonostante vorrei non aver mai avuto quelle reazioni e detto quelle parole, so che era la cosa giusta da fare: parlare. Parlare di quello che provo, di quello che sento.
Incapace di stare ancora lì, di ascoltare ancora il silenzio, di guardarli mentre cercano qualcosa da fare, me ne vado alzandomi dal divano e sbattendo la porta talmente forte da fare tremare le pareti.
Sento la voce di Louis che prova a chiamarmi, poi quella di mia sorella e mia madre che dicono di lasciarmi andare.
Mi rinchiudo nella mia stanza, lasciando che i mille pensieri mi confondano.
Qualcosa dentro di me mi spinge a provare di smettere di respirare, di provare a soffocarmi, di lasciarmi morire lentamente perché è quello che merito. Perché io ho mandato all’ospedale Mattew, io l’ho quasi ucciso, io ho picchiato qualcuno, io sono una persona orribile, non qualcun altro, io. Io e solamente io.
Louis è davvero convinto di potermi salvare? Pensa seriamente che io possa guarire, cambiare il mio modo di pensare, smettere di essere un ragazzino ferito, essere felice di nuovo? E’ solo un illuso, non è così?
Io cambierò mai?
Mi avvicino alla porta del mio bagno, la apro, la testa mi gira.
Che cosa ho fatto? Sono talmente fuori controllo, non sono consapevole di quello che provo, non ho quell’intelligenza che mi permette di capire quando e come esternare la mia rabbia, la mia disperazione, ogni cosa. Sto talmente male, sono talmente disperato da ritrovarmi a cercare ancora una volta una dannata limetta. Non chiamerò Louis, non urlerò sperando che lui ritorni, che mi guardi dicendo che è tutto okay. Io non voglio questo. Non voglio rompergli le scatole, voglio punire l’unica persona che incasina sempre tutto, me stesso.
Devo imparare. Devo capire. Devo essere più intelligente. Devo crescere. Devo cambiare. Devo smettere di essere tutto quello che sono adesso. Devo solamente smetterla.
Se spegnessi ogni mia emozione? Come si fa? Potrei cercare su Google. Sarebbe bello, no? Fare sparire per sempre il dolore, lasciare che i ricordi non mi tocchino minimamente, abbandonare la rabbia. Essere.. apatico, indifferente.
Magari con il tempo potrei farlo, ma.. smettere di amare Louis? Potrei mai riuscirci?  Se spengo ogni emozione, dovrei anche eliminare l’amore. Ma cos’è la vita senza amore? Senza lui?
L’amore comprende ogni emozione, anche dolore, sofferenza, tormento. E’ impossibile eliminare tutto tranne quello. E’ semplicemente.. impossibile.
Non c’è un’altra soluzione, allora? Devo andare avanti così. Non c’è modo che possa riuscirci.
Non riesco a farmi del male. Sono bloccato. Gliel’ho promesso. Non posso.
Eppure lei sta lì, su una delle vene del mio braccio più evidenti. E’ pronta, aspetta solo me. Le dita fremono, la testa gira, gli occhi bruciano. Sto lottando con ogni fibra di me stesso per non andare fino in fondo, per resistere. Ma ogni pugno di ieri mi viene alla mente, ricordo le urla, e insieme a quelli sento il dolore di ogni singolo momento della mia vita. Soffro.
Devo resistere, non posso deluderlo, non posso. Resisti Harry, fallo per Louis.
Prendo un respiro profondo, cercando di scacciare via ogni mio pensiero negativo, cercando nella mia memoria il suo volto, il suo respiro, le sue mani, le sue braccia, la sua voce.
Bussano alla porta, io sussulto.
“Harry?” Pensi al diavolo.. “Harry, sei lì?” Sta.. piangendo?
Colpisco leggermente la porta, come risposta. Lo sento sospirare.
“Lo so che sei arrabbiato e preoccupato, ma..” Strizzo gli occhi, lasciando che il mio cuore si riscaldi con le sue parole e che le lacrime cadano. “Tua madre e tua sorella mi stanno odiando, non vogliono che io sia qui, ma non riesco a lasciarti solo.” Colpisco ancora la porta, dicendogli, con quel gesto, un grazie. “Vuoi parlare?” Mi chiede, con un filo di voce.
Sì, sì, che voglio parlarti, Lou. Voglio abbracciarti, voglio baciarti, voglio averti ancora e ancora. Voglio che tu mi aiuti. Voglio te.
Ma, andando contro i miei stessi pensieri, scuoto la testa anche se lui non può vedermi e “Vai via.” mormoro, la limetta sulle vene, le braccia tremanti. Non voglio che mi veda ancora così, non voglio che sappia che sto crollando ancora una volta. Voglio che sia fiero di me, che sappia che posso farcela da solo, non che pensi che io sia ridicolo.
“Fai come vuoi.” Sento la sua voce farsi distaccata e fredda all’improvviso, i suoi passi allontanarsi. Guardo il mio braccio e capisco che non posso farlo, capisco che devo resistere, ma che da solo non ce la faccio, ho bisogno di lui. Per quanto abbia tentato di convincermi, non ci riesco.
“Lou.” Sussurro, ma lui è lontano, non mi sente. Ho bisogno di averlo qui con me, devo mettere da parte il mio stupido orgoglio, la mia stupida vergogna, devo lasciarmi salvare. Do un pugno al muro, facendomi seriamente male e gemendo di dolore, ma funziona. La porta si spalanca subito rivelando un Louis impaurito e dagli occhi spalancati. La mia mano pulsa così tanto che mi fa urlare. Provo a muoverla, ma mi immobilizzo subito.
“Oddio, Harry!” Emette un verso strozzato, mentre nota la limetta sul braccio. Si inginocchia davanti a me, colpisce la mia mano sana, la limetta cade senza sfiorarmi, il mio braccio in compenso è sano, si vedono solamente le cicatrici e i segni precedenti, ma nulla di fresco, nulla di così rosso da mettere paura.
Con un sospiro di sollievo mi stringe il braccio, guardandomi. Prende la mia mano dolorante e comincia a massaggiarla, mentre io piango in silenzio, guardandolo negli occhi, dicendogli tante, troppe cose.
“Cosa cazzo volevi fare?” E’ arrabbiato, non è più calmo, è agitato, nervoso. “Cosa cazzo avevi intenzione di fare?”
Tento di chiedergli scusa, ma scuoto la testa e basta.
“Stavo provando a resistere.” Faccio, lasciandomi massaggiare la mano, lasciando che Louis mi stampi un bacio sulla fronte. “Ci stavo provando davvero, credimi, Lou.” Spero che mi creda, spero che io non debba insistere di più, spero che capisca.
Lui annuisce, mi guarda, accenna un sorriso.
Non dice nulla, mi da un altro bacio, ma questa volta sul collo. Si alza sempre senza parlare, ma non mi lascia la mano dolorante e mi prende anche l’altra. Mi tira su delicatamente, guidandomi verso il mio letto.
Mi fa segno di sedermi, ma io ho capito, lo so perché non parla.
“Tu non mi credi.” Lascio andare le sue mani, faccio un passo indietro. “Tu non credi che io ci stessi davvero provando, come non credi che mi dispiaccia essermi lasciato prendere dalla rabbia, tu non mi credi.”
Louis aggrotta le sopracciglia, inclina la testa e “no, no, no.” Continua a ripetere sopra le mia parole. Sospira fortemente, si avvicina a me.
“Haz, ma certo che ti credo. Credo ad ogni parola che dici, lo so che ti dispiace, lo so che ci hai provato e..” Fa un passo verso di me.
“Dimostramelo. Dimostrami che ci credi.” Insisto, non convinto per niente delle sue negazioni.
“Come? Dimmelo e io lo faccio. Farò tutto quello che vuoi, dimmi solo cosa devo fare.” Ripete quelle parole miliardi di volte, fin quando io non gli faccio segno di stare zitto. Comincio a piangere. Piango perché fa male, perché le sue parole mi fanno pensare anche a cose che non c’entrano, perché il mio corpo sta urlando pietà, la mia mente sta scoppiando, il mio cuore batte e colpisce il mio petto come un martello. E allora lo so, so che cosa può fare, so come può aiutarmi.
“L-Lou..” Singhiozzo, piango, tremo, mentre lui, con la tipica espressione di chi non capisce nulla, mi adagia sul letto. “Fallo s-smettere.” Prendo il cuscino e lo lancio per terra, arrabbiato, disperato, infelice. “P-per favore, fai in m-modo che s-smetta.” Mi bagno i pantaloni, il petto, il viso, le mani. Mi bagno di lacrime amare che sono stanche di cadere, che non ce la fanno più, che hanno bisogno di una tregua.
“S-scusami. Mi dispiace.” Sussurro appena, mentre lui si avvicina lentamente a me. “F-Fallo smettere. F-fa m-male.” Ripeto ancora, incapace di non tremare. Si siede vicino a me, mi circonda con le sue braccia, comincia a coccolarmi come ha fatto tante volte. Baci, abbracci, carezze, sussurri, gesti silenziosi.
“Sh.” Le sue labbra sono sulle mie, mi tiene la mano, ormai gonfia e rossa, continua a massaggiarla. “Non piangere, tesoro, non piangere. Sono qui, sì, sono qui. Non farà più male adesso, sono qui.”
“No.” Ripeto. “Fa troppo male, m-male.” Singhiozzo tra l’incavo del suo collo.
“Amore, ascoltami, ascoltami.” Tenta lui, cominciando a cullarmi. “Inspira ed espira, avanti, ascoltami.”
Seguo le sue istruzioni, faccio respiri profondi, mi obbligo ad ascoltarlo. Dentro e fuori, dentro e fuori. “E’ facile, ce la puoi fare, Haz, coraggio.” E’ semplice, sì. Basta tranquillizzarsi, non è difficile. Devo solo ispirare ed espirare. “Bravo.” Il suo bacio sulla fronte mi aiuta a mantenere il respiro regolare, mi lascio andare sul suo corpo. “Ecco, ci sei.” Continua a rassicurarmi, senza smettere di cullarmi, lentamente.
Non so come faccia a farmi stare tranquillo, a farmi respirare senza difficoltà, a farmi calmare in un attimo, ma ci riesce. Respiro il suo profumo, bacio la sua pelle, mi accoccolo sul suo petto, ascolto solo lui, smetto di dare retta a me stesso. Ma c’è una domanda preme per uscire, nonostante vorrei tenerla dentro, non riesco.
“E se l’ho ucciso?” Lo guardo negli occhi, ma non lo lascio andare neanche per un secondo. Louis scuote la testa, dandomi ripetutamente baci sulle labbra.
“E’ vivo, lo so.” Muovo la mano sana sul suo viso, gli accarezzo la guancia.
“Come fai a saperlo?” Poggio la mia fronte sulla sua, Louis mi circonda con le sue braccia, mi stringe forte, io mi sento forte, adesso.
“Lo so e basta.” Io apro la bocca per contestare, ma lui preme le mie labbra con le sue, facendomi segno di non parlare. “Ti fidi di me, no?” Sospira forte, disegnando dei cerchi con il dito sulla mia schiena. Io annuisco, ansioso di scoprire le sue prossime parole. “Allora credimi. Lui sta bene, Haz. Sopravviverà.”
Incapace di controbattere, mi lascio baciare, mi lascio distendere sul letto, mi lascio nuovamente circondare dalle sue braccia.
“Fa ancora male?” Mi chiede, sorride a mala pena, mi rivolge uno sguardo triste.
Io scuoto la testa, ricambiando il mesto sorriso.
“Se io adesso mi addormento..” Sussurro al suo orecchio. “.. Quando mi sveglierò, tu sarai sempre qui?” Gli occhi vogliono restare chiusi, improvvisamente la stanchezza di ieri e di questa notte passata alla stazione di polizia e poi in ospedale, si fa improvvisamente viva.
“Non devi nemmeno chiedermelo. Io sarò sempre qui accanto a te, qualunque cosa succeda.” E adesso il sorriso di entrambi è sincero. Chiudo gli occhi mentre mi bacia piano e con calma, mentre anche il suo respiro si fa pesante, mentre ci accarezziamo. E dopo due minuti, dormiamo entrambi nelle braccia dell’altro.
 






Demsmuffin's corner
Al solito, mi odiate, lo so! Dovevo aggiornare martedì, ma non mi andava internet, dovevo aggiornare ieri sera ed ho avuto lo stesso problema, ma come sempre ce l'ho fatta! 
So.. Harry è in panico assoluto, il flashback è shock, Louis è l'amore e Mattew è in coma. Le cose sono come sempre disperate, ma quando Harry sta per scoppiare, Louis lo salva, as usual. Amo il mio modo in cui ci riesce e in cui si prende cura del suo piccolo boyfriend çwç
Chi di voi non lo ama? Omg. Io lo bacerei, se non fosse di proprietà di Styles. 
But, invece di perdermi in stupidi discorsi, voglio dedicare questo capitolo ad @hardolspants (su twitter, cercatela e followatela, è fantastica!) perché mi devo fare perdonare per il ritardo e perché le voglio bene <3
Recensite questo capitolo e please, fatelo in tanti perché io amo le vostre recensioni, pure se vi sembrano delle stupidate, io le amo, non fatevi complessi inutili!
Grazie anche a chi legge solamente perché gli fa fatica recensire, amo anche voi! 

Come sempre vi lascio il mio Twitter il mio Ask il mio Tumblr e novità assoluta.. il mio account di facebook! (non personale, ovvio) Mandatemi le richieste di amicizia, followatemi, domandatemi, solo.. non siate timidi, sono simpatica e gentile, awnh. ♥
Peace, love and Larry Stylinson, Sarah. ♥
(chiedo scusa se il capitolo fa schifo!)

 

   
 
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