IV
Come una
forte emozione rende pericolosi gli oggetti sul tavolo da toletta
Trascorsero
ancora parecchi minuti di silenzio, minuti che noi impiegheremo per descrivere
un po’ come era fatta la camera in cui si trovavano Jean Valjean
e l’Ispettore Javert.
Era una di
quelle stanze piccole, tuttavia la scarsa mobilia la faceva sembrare molto più
spaziosa di quanto non fosse.
Difatti gli
unici mobili erano il letto addossato alla parete, poco discosto da questo un
tavolino da toletta molto semplice su cui era posato uno dei candelabri, e
sotto la finestra uno scrittoio, messo in quella posizione per sfruttare il più
possibile la luce del giorno o del lampione e fare così economia sulle candele.
In questo
contesto i due rimasero per qualche tempo, i loro profili delineati dalla luce
soffusa delle candele, finché Valjean non ritenne
opportuno tentare di nuovo di convincere Javert che
quell’ora della notte non era adatta agli interrogatori ed in generale a
qualunque altra attività che non fosse il sonno.
:-Ispettore…?-:
Quello lo
fermò con un gesto imperioso della mano, senza tuttavia osare alzare la testa.
:-Vi prego, Valjean… Ho bisogno di pensare-:
Eccome se
aveva bisogno di pensare!
Alla fine
aveva scoperto la verità su Valjean, ma a quale
prezzo!
Ciò che
prima gli sembrava solo un’enorme assurdità ora era reale e davanti a lui, ed
era una verità che lo annientava.
Era vero, Valjean era stato un galeotto, ma allo stesso tempo aveva
fatto del bene a tante persone e la Legge, perseguitandolo, si era dimostrata
ottusa, iniqua e meschina, e quel che era peggio era che quella Legge era lui
in persona, Javert!
Esaminando
quanto il suo agire verso Valjean fosse stato
ingiusto l’Ispettore si trovava a riesaminare tanti altri casi simili che gli
erano passati per le mani, e si chiedeva quanti altri errori avesse commesso e
quante altre vite avesse rovinato.
Il solo
pensiero lo atterriva e lui non poteva fare altro che nascondere il viso tra le
mani e tremare come in preda alla febbre o agli incubi.
Era perso in
una sorta di vertigine in cui si sentiva perso e peggio ancora tradito.
Lui che
aveva dedicato ogni singolo respiro a servire la Legge adesso scopriva che
questa era una cosa fredda e crudele, e che tutta una vita passata ad essere
irreprensibile non valeva un solo istante in cui Valjean
gli aveva detto “andate”. Allora la sua vita aveva mai avuto un senso?
Sarebbe
stato meglio che si fosse gettato nella Senna prima di arrivare a quella
drammatica verità, o ancora meglio sarebbe stato non aver voluto interrogare Valjean.
La
condizione di Javert era del tutto simile a quella di
Adamo quando, dopo aver insistito per
mangiare il frutto della conoscenza, scoprì la propria nudità e ne ebbe
vergogna.
D’improvviso
si alzò con uno scatto.
:-Devo
andarmene da qui!-:
Esclamò con
una voce che pareva uscire dall’oltretomba.
Valjean si alzò
anche lui e gli si mise di fronte.
Aveva
imparato a riconoscere i moti del cuore umano, e certo aveva intuito senza che Javert ne facesse parola quale profondo turbamento stava
attraversando l’Ispettore e quali potevano essere le sue intenzioni.
:-Andarvene?
E dove volete andare?-:
Non ebbe
risposta, allora lo afferrò per le spalle per scuoterlo da quello stato di
trance.
Alle volte
un uomo agisce d’istinto sicuro di provocare una certa reazione e credendo di
fare del bene, e invece ottiene una reazione completamente opposta che ha
conseguenze negative.
Valjean con il suo
gesto aveva inteso rassicurare l’Ispettore, come a fargli sentire che voleva
aiutarlo, invece Javert a quel contatto trasalì ed il
suo stato di terrore si fece più forte.
Nel suo
delirio gli sembrava di essere sospeso su di un abisso e che quelle mani forti
che gli stringevano le spalle fossero pronte tanto a trarlo in salvo verso la
luce quanto a scaraventarlo nell’inferno.
Si divincolò
con un grido e per tenersi in piedi si addossò alla parete.
C’era, lì
vicino, un tavolino da toletta e su di esso pochi oggetti, tra cui un rasoio;
su quello si fissò lo sguardo dell’ispettore come se non vedesse altro al mondo
che quella lama.
“Che ho
fatto? Mio Dio, che cosa ho fatto?”
Con un gesto
disperato afferrò il rasoio e, apertolo con uno scatto, se lo premette sulla
gola.
Era uno
spettacolo terribile a vedersi: pallido, scarmigliato, con occhi ardenti e
spalancati e quella lama affilata premuta sulla giugulare da una mano tremante.
Tuttavia
sentiva che non era suo diritto decidere di togliersi la vita: poiché aveva
offeso un uomo solo a quell’uomo spettava decidere del suo destino, proprio
come era successo tanti anni prima a Montreuil.
:-Una
parola, Valjean!-:
Gridò
sconvolto.
:-Buon Dio, Javert, cosa fate?-:
Valjean si slanciò
in avanti per togliergli il rasoio dalle mani, ma dovette fermarsi perché Javert
aveva premuto di più la lama come una minaccia.
:-Javert, posate quel rasoio-:
Gli disse
cercando di essere allo stesso tempo autoritario e rassicurante.
Javert scosse la
testa e quel movimento portò la lama ad incidere la pelle sotto il mento.
:-Una
parola! Monsieur Valjean, dite solo una parola!-:
Pretese ancora
Javert con un accento di feroce disperazione.
Valjean si passò
una mano sulla fronte senza sapere che fare. Gli sembrava che Javert gli stesse dicendo “Dite una parola ed io sarò
salvato” ed allo stesso tempo “Dite una parola ed io mi ucciderò qui davanti a
voi”
Intanto
lungo la lama aveva cominciato a scorrere una goccia di sangue.
:-Una
parola… Valjean… nient’altro che… una parola. Vi scongiuro-:
Rantolò Javert allo stremo delle forze.
Jean Valjean vide il sangue ed inorridì. Era colpa sua: sapeva
che quell’atteggiamento di Javert era dovuto alla sua
ossessione per lui, ed in definitiva lui aveva rovinato la vita a Javert non meno di quanto l’ispettore di polizia l’avesse
rovinata a lui.
Ma non era
mai stata questa la sua intenzione!
:-Ah, Javert! Perdono!-:
Esclamò.
Perdono!
Quella
parola scoppiò nella piccola stanza ed ebbe sull’Ispettore lo stesso effetto di
una fucilata.
Per pochi
attimi rimase immobile, poi, lentamente, la mano che stringeva il rasoio si
allentò e questo scivolò a terra conficcandosi nelle assi del pavimento con un
tonfo sordo.
Stavolta Valjean fu svelto a prenderlo e a lanciarlo dall’altro capo
della stanza.
Javert intanto era
scivolato lungo la parete e poi in ginocchio sul pavimento.
:-Perdono…
avete detto…-:
Disse come parlando
in sogno.
:-Io vi ho
braccato come un animale mentre tutto quello che voi facevate era aiutare le
persone. Anche me avete aiutato, mi avete salvato la vita… ed io ancora una
volta, stolto, cieco, non ho capito chi avevo davanti-:
I suoi occhi
smarriti erano fissi sul vuoto e si tormentava le mani.
Valjean si
inginocchiò a sua volta davanti a lui.
:-Via, Javert, tutto questo appartiene al passato ormai-:
Gli disse
con tono paterno, ma l’ispettore pareva non udire.
:-E dopo
quello che vi ho fatto… perdono!-:
L’Ispettore
ebbe un sussulto come se si fosse svegliato in quel momento.
La verità è
che, poiché il suo animo non aveva mai avuto esperienza di un affetto
qualsiasi, non riusciva neanche a concepire l’assoluta grandezza del perdono,
ma poi, a partire da quando Valjean gli aveva salvato
la vita e poi ascoltando la storia dell’argenteria del vescovo, aveva iniziato
a comprendere.
E quando Valjean aveva detto “perdono” quella parola aveva vibrato
dentro di lui in tutta la sua luce.
Proprio come
quando una gelida lastra di vetro viene investita da un getto di acqua bollente
ed istantaneamente si spacca in mille
pezzi, così quella parte dell’animo di Javert che
ancora resisteva al cambiamento, quella che era ancora dura, severa e sorda
alla pietà, a contatto con il calore umano di quella parola, si spezzò di
schianto ed egli crollò su se stesso gemendo :-Ah! Sono un miserabile!-:
Cantuccio dell’Autore
Giuro che
non sono una sadica (anche se da come ho maltrattato Javert
in questo capitolo potrebbe sembrare) è solo che i canoni della letteratura
ottocentesca richiedono appunto situazioni tragiche e stati d’animo estremi.
Ne
approfitto per ringraziare chi ha letto fino qui (almeno quelli che sono
sopravvissuti e non sono corsi a cercare un ponte da cui gettarsi) e grazie
anche a Ginevra Eneri
per aver messo la storia tra le preferite.