Così nacque (Storia
del loro amore).
Neve.
Fredda, bianca, ghiacciata.
Invernale.
Quali di questi
aggettivi useresti per descriverla, Harry?
Poi arriva lei. E
non è più neve.
E’ solo
calda, limpida estate.
Sala
comune
dei Grifondoro.
Quinto anno.
Harry, la sua
pergamena, e il fuoco.
Così caldo, confortante quasi, in quella fredda giornata.
Fuori nevica,
ma lui non ci fa caso. Anzi, ad un’occhiata più
accorta, sembra
quasi che faccia di tutto per non guardare fuori dalla finestra. Le sue
pupille
– nerissime – evitano lo scintillante manto bianco
che ricopre gran parte del
parco di Hogwarts. E si concentrano, insieme alle iridi di un verde
splendente,
sul tema di Piton, quello che avrebbe dovuto fare il giorno prima ma
che ha
ritardato il più possibile. Che strano. Lui non ha mai
odiato la neve. O sì?
I pensieri
però si perdono in una soffiata di vento perché
Ron Weasley parla.
Ma Harry non ascolta.
“P-puoi
ripetere, Ron? Non ti ho sentito.”
“ Ho
detto che me ne vado a letto, amico.”
Il suo
sbadiglio esageratamente manifestato sembra far venire sonno perfino a
lui, Harry. “E, credimi, anche tu dovresti. Sembra che ti sia
caduto il mondo
sulle spalle…”. Ma subito si pente
dell’ultima frase. Imbarazzato, le orecchie
improvvisamente arrossate, si alza impacciato, bofonchia un
“’notte”, e
improvvisamente nella Sala Comune c’è solo lui. E
la sua pergamena – ancora vuota,
tra l’altro.
Eh,
già. Sembra che il mondo gli sia caduto davvero sulle
spalle. Chissà come
mai, si chiede.
Forse
perché nessuno crede a quello che dice, forse
perché tutti lo credono
pazzo, ma magari è solo perché Silente lo ignora
ogni volta che lui prova a
rivolgergli la parola – ma questa è solo la sua impressione, ovviamente.
Allora
perché diavolo mi sento così solo?
Tutte le
domande si perdono nella sua mente, e lui le lascia andare via,
perché
è stanco di trattenerle. E poi… tutto diventa
buio.
Quando apre
gli occhi, gli sembra di stare nella posizione più scomoda
del
mondo. Il collo fa male, e sembra anche che qualcuno gli abbia posato
una
coperta addosso. Di lana. Soffice e
assolutamente calda. Sembra anche che
qualcosa – un rumore, forse – sia durato fino a
qualche istante prima che lui
sollevasse le palpebre. Gli occhi, infine, mettono a fuoco una figura
seduta
accanto a lui, che lo osserva attentamente.
“Hermione”
mugugna lui, sollevandosi un po’ con la schiena. La coperta
cade a
terra, e lei si affretta a risollevarla e a piegarla accuratamente. Ha
posate
sulle ginocchia la sua pergamena e una piuma. Harry si strofina gli
occhi e nota
che lei è stranamente imbarazzata.
“Ehm…
ciao, Harry. Io s-stavo…
be’…” Lui abbassa lo sguardo e nota che
la sua
pergamena non è più bianca e immacolata, ma
completamente scritta, della sua
calligrafia minuta e precisa che sembra quasi sia stata ricamata
appositamente
per quel pezzo di carta.
“Tu…
mi hai scritto il tema.” Non è una domanda, ma
Hermione sembra non farci
caso.
“Sì…
cioè… Ecco, ti ho visto lì, che ti eri
addormentato, e in questi giorni
sei così stanco
– com’era
bella quando i riflessi del fuoco creavano giochi di luce sulla sua
pelle –
e, be', oggi mi sembravi particolarmente, ehm…sfinito
– un
ciuffo di capelli castano le ricade sulla fronte, ma lei lo posa
nervosamente
dietro l’orecchio –
perciò ho pensato che forse avevi bisogno di una mano,
e – perché
lo ha fatto, perché ha
spostato quel ciuffo, è una cosa che avrebbe dovuto fare
lui…–
quindi sono
scesa a vedere se avevi finito il tema, e visto che effettivamente la
pergamena
era ancora bianca…- e improvvisamente
lui si ritrova a pensare a come sarebbe sfiorare quei capelli, quel
viso, immergersi
in quegli occhi che
lo scrutano –
ho
deciso di… ehm…”. Harry si rende
improvvisamente conto della sua mano alzata inconsciamente
a mezz’aria, che si dirige lenta al viso di Hermione. Sbatte
le palpebre e si
blocca, poi la mano ricade, come morta, sul tessuto duro della
poltrona. Lei ha
un’espressione ansiosa sul viso, ha osservato tutti i suoi
movimenti, la mano e
il suo abbandono, ed è lì che Harry si sente
improvvisamente stupido.
Cosa diavolo
gli è venuto in mente?
Perché
ha avuto quello strano, morboso impulso di sfiorarle la guancia?
Scuote la
testa e si alza bruscamente.
“Ehm…
be’, grazie, Hermione, ma non ce n’era
bisogno… avrei finito il tema da
solo…”
“Oh,
andiamo, Harry”,
adesso sembra
perfino scocciata “Pensi per caso che io sia ceca? O sorda?
Me ne sono accorta
che in questi giorni sei meno attento del solito, e si direbbe che non
riesci
neanche a dormire, dalle occhiaie che hai…” Ora
anche lei è in piedi, e lo
scruta così profondamente da squarciargli l’anima
“Ma lo capisco, so che c’è
una marea di cose di cui devi essere preoccupato, Sirius, Silente, e
quegli
incubi terrificanti, ma… vorrei solo che per un momento tu
la smettessi di
preoccuparti e fossi un po’ più sereno.”
Ora
è Harry ad essere imbarazzato, e si dirige alla finestra
appannata dal
ghiaccio, evitando il suo viso e la sua apprensione per concentrarsi
sulla neve
che scende dal cielo più plumbeo che abbia mai ricoperto
Hogwarts, quella neve
che fino a qualche minuto fa – o forse ora, non ricorda
quanto tempo sia
passato -, ha fatto di tutto per evitare.
“Andrai
a sciare” sussurra senza preavviso. Gli è uscito
così, non se n’è
nemmeno accorto. Ma l’ha detto, e ora dal pallido riflesso
sul vetro la vede
avvicinarsi.
“Cosa?”.
“Queste
vacanze di Natale. Andrai a sciare con i tuoi, me l’hai detto
tu”.
“Sì…
e allora?” aggrotta le sopracciglia, studiando la schiena di
Harry.
Lui non
risponde, si volta lentamente e poi s’incammina verso di lei.
Hermione
fa un passo indietro, ma non ce n’é bisogno,
perché lui la supera senza
degnarla di uno sguardo e si ferma alla fine della scalinata che
conduce al
dormitorio maschile.
“Io
vado a dormire” dice a bassa voce mentre le volta le spalle
“Grazie per il
tema.”
Sarebbe andato
via, senza neanche sapere perché, se non avesse sentito un
singhiozzo provenire da lei.
“Harry,
aspetta!” e la sua voce sembra così disperata
che lui non può andarsene,
non può lasciarla lì, con le lacrime agli occhi.
Perciò si volta, evitando con
tutte le forze i suoi occhi nocciola.
“Harry…
lo so, sono stata brusca, non volevo dirtelo in quel modo,
scusa…”
“Piantala
di scusarti, Hermione!” anche queste parole sfuggono al suo
controllo, e anche questa volta si pente di aver aperto bocca, ma ormai
è
troppo tardi, non riesce più a fermarsi, e si sfoga
sull’ultima persona su cui
avrebbe voluto sfogarsi.
“Piantala,
va bene? Io… non riesco a sopportarlo! Non riesco neanche a
guardarti in viso che tu assumi subito quell’espressione di
compatimento, e io
lo odio, ok? Odio che tu…”
“Ma
Harry, io non ti…”
“E
INVECE SI’! E’ quello che fai, Hermione, ma io non
lo sopporto, e non voglio
che tu mi consideri un debole, o un pazzo, ne ho
abbastanza…”
“Harry,
se
tu mi ascoltassi un secondo…”
“…
perché mi bastano già loro, tutti loro,
che non mi credono, e non m’importa nemmeno, possono anche
considerarmi un
idiota, ma tu
no,
non voglio che tu
ti senta dispiaciuta per me, non voglio che tu abbia pietà
di me!!”
la sua voce sovrasta quella di Hermione, lei è
rannicchiata accanto alla parete mentre lui si agita e cammina, e tutto
questo
solo per non guardarla, solo per non sfiorare i suoi occhi velati di
lacrime…
“Harry,
io non provo affatto pietà per te, voglio solamente
aiutarti, sono tua
amica e lo sai, quindi…”
“E
io non voglio che tu mi aiuti! ”lui
è davanti a lei, non riesce a
trattenersi e stavolta la mano si muove e sbatte violentemente contro
la parete
a pochi centimetri dal viso di Hermione, facendola sobbalzare e facendo
sì che
le lacrime scendano e solchino la sua pelle. Lei chiude gli occhi,
continua a
singhiozzare e stavolta nessuno dei due parla. Il respiro di Harry ora
è
veloce, ansante, e mentre lascia ricadere la mano per una seconda volta
si
chiede perché diavolo abbia reagito
così, perché non ha senso, perché
forse, in fondo, lui ha bisogno di lei. E lui
questo lo sa benissimo. Dopo pochi secondi lei si calma e apre gli
occhi.
Stavolta non è più preoccupata, né
arrabbiata, ma forse non lo è mai stata. Dai
suoi occhi Harry capisce che in lei c’è una lotta,
ha un impulso che non riesce
a frenare. E non lo frena. Prende il viso di Harry tra le mani,
alzandosi in
punta di piedi, e lo bacia.
Così.
Senza
preavviso, senza una parola. Fa la stessa cosa che Harry avrebbe dovuto
fare da subito. E Harry, Harry che fino a qualche secondo fa stava
urlando,
Harry che si sentiva solo e angosciato, ora può chiudere gli
occhi per un istante ed essere
sereno,
come lei
vuole.
Lui si
avvicina e risponde a quell’improvvisato incontro di labbra
– calde,
morbide, dolci – , dapprima con violenza, ha aspettato troppo
a lungo, e la
sensualità e la forza di quel bacio si pacano a poco a poco
e tutto si
concentra sulle carezze, sui profumi, sul tocco leggerissimo dei loro
respiri.
Finalmente lui
può sfiorarla, sfiorare la sua pelle, il collo, i capelli.
E adesso,
Harry? Dov’è finito il ghiaccio, dove ha spirato
il vento freddo che
ti cingeva?
Sorride e
finalmente può tornare a respirare mentre la gelida,
argentea neve della
sua anima si scioglie al più dolce dei raggi di sole.
E per un
istante l’estate illumina anche il suo cuore.