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Autore: afep    01/03/2013    3 recensioni
Non è facile ricostruirsi una vita a Skyrim. Soprattutto se non hai altro che una spada ed un segreto nel cuore. Soprattutto se sei straniera.
Ed è quando ti illudi di essere al sicuro che ti accorgi che, per quanto tu possa aver chiuso con il passato, il passato non ha ancora chiuso con te. E che sei in pericolo
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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La grande casa dei compagni non era affatto come Iselin si era immaginata.
La sua struttura a cupola le ricordava le navi che aveva visto nei porti di Leyawiin, Taneth e Daggerfall, ed era ben lontana dalle solide mura di pietra che costituivano la sede della Gilda dei Guerrieri di Bruma.
Vi si accedeva tramite una scalinata, quasi fosse un tempio, e torreggiava sugli altri edifici con la grave dignità di un vecchio guerriero tra giovani scudieri.
Una volta varcate le porte Iselin ebbe modo di vedere che l’interno era altrettanto maestoso. Stendardi rosso cupo erano appesi su travi e pali di legno intagliato, sventolando lievi attorno a una lunga tavola imbandita, e armi dall'aria vissuta erano affisse alle pareti. La grande sala di Jorrvaskr era illuminata in buona parte da un unico fuoco, che ardeva gagliardamente nella fossa al centro esatto della stanza.
Mentre osservava tutto questo Iselin sapeva di avere la bocca aperta per la meraviglia e di sembrare una sciocca, ma non le importava. Quel posto le piaceva, e avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per restarvi il più a lungo possibile.
Il corso dei suoi pensieri venne interrotto bruscamente quando alcuni colpi sordi le giunsero alle orecchie, accompagnate da grida di incitamento.
Pochi passi più in là, in un angolo al di là della tavola, una donna e un Elfo Scuro avevano ingaggiato una lotta senza esclusioni di colpi. Calci, pugni, gomiti e ginocchia colpivano ogni possibile punto scoperto dell’avversario, mentre uomini e donne intorno li incitavano con grugniti e alte esclamazioni di incoraggiamento.
Iselin era confusa. A Bruma disponevano di una stanza creata apposta per i combattimenti, in cui tutti i Guerrieri potevano lottare o azzuffarsi a loro piacimento. Quella lotta nata accanto al tavolo imbandito le pareva selvaggia, quasi senza scopo.
Finalmente i due contendenti si separarono, complimentandosi a vicenda per i colpi che avevano ricevuto. La donna sanguinava da un labbro, e l’Elfo esibiva un occhio che stava cominciando a gonfiarsi in maniera preoccupante.
Uno degli uomini che aveva assistito alla rissa si voltò per tornare ai suoi affari, e fu allora che notò la giovane donna in piedi vicino all’entrata.
“E tu chi saresti?" Sbottò aspramente, visibilmente infastidito. "Non vogliamo vagabondi, qui. Vattene subito.” Le intimò.
“Non sono una vagabonda.” Iselin sollevò la testa con fierezza, e in quel momento realizzò di aver perduto l’elmo. Doveva esserle caduto mentre lottava con il gigante. “Sono qui per parlare con Kodlak.”
L’uomo la squadrò da capo a piedi, quindi scrollò le spalle.
“Eccone un'altro." Bofonchiò tra sé, ma assicurandosi di parlare a voce abbastanza alta da farsi udire dalla ragazza. "Troverai Kodlak negli alloggi di Jorrvaskr, sotto la sala principale. Vai, e spera che ti stia aspettando.” Le disse, prima di allontanarsi.
Fingendo di non aver notato l’ostilità dell’uomo, Iselin fece come le era stato detto. Percorse la passatoia rialzata che girava tutto intorno al perimetro della sala, sentendo su di sé gli sguardi degli altri occupanti della stanza, e raggiunse una scala che scendeva nei meandri di Jorrvaskr.
Aveva appena oltrepassato la porta ai piedi della scalinata quando venne fermata da un’anziana donna, che le si fece incontro con aria di scusa.
“Mi prendo cura dei guerrieri di Jorrvaskr da moltissimo tempo.” Cominciò, squadrandola con una curiosità bonaria. “Ma il tuo volto mi è nuovo. Come ti chiami, mia cara?”
Iselin sorrise sollevata. La dolcezza che trapelava dalle parole della donna era un balsamo per il suo animo ferito.
“Mi chiamo Iselin, Signora." Le rispose con tutte le buone maniere di cui era capace. "Sono stata mandata qui per parlare con Kodlak. Sa indicarmi dove posso trovarlo?”.
“Nulla di più facile.” La donna si voltò per indicarle il lungo corridoio che si estendeva alle sua spalle. “Laggiù troverai Kodlak Biancomanto. È l’uomo anziano con la barba bianca.”
“La ringrazio Signora…”
“Tilma. E lascia che ti dica che non mi chiamavano Signora da… oh, da troppo tempo perché io possa ricordarlo. Sei proprio una ragazzina educata, cara.” Dicendo questo, Tilma allungò una mano per darle un buffetto sul braccio e le voltò le spalle, recuperando la scopa che aveva appoggiato al muro per riprendere a spazzare.
Iselin sorrise e proseguì lungo il corridoio come le aveva suggerito Tilma, mentre i suoi stivali battevano un ritmo ovattato sul folto tappeto disteso in terra.
In fondo al passaggio era chiaramente visibile quella che pareva una elegante anticamera ben illuminata, da cui proveniva il rumore di una conversazione dal tono grave. Mano a mano che si avvicinava, Iselin riuscì a distinguere le parole, così come gli uomini seduti nella stanza.
“…ma sento ancora il richiamo del sangue.” Stava dicendo un uomo. Giovane, con folti capelli neri e occhi come il ghiaccio, era piuttosto attraente e somigliava in maniera davvero incredibile al guerriero che aveva combattuto il gigante fuori dalle mura.
“Lo sentiamo tutti, è il peso che dobbiamo portare. Ma possiamo superarlo.” Un vecchio, con una folta barba bianca come la neve, batté una mano sulla spalla del più giovane con fare consolatorio.
“Io e mio fratello, naturalmente, siamo con te. Ma  non so se gli altri si muoveranno così facilmente.”
“Lascia che ci pensi io…” Il vecchio si interruppe, notando per la prima volta la presenza di Iselin in piedi sotto l’arco di pietra.
“Perdonate il disturbo.” Cominciò la ragazza, a disagio. Sentiva su di sé gli occhi del giovane, duri e brucianti come metallo rovente. “Sto cercando Kodlak Biancomanto. Voglio unirmi ai Compagni.”
A quelle parole, l’uomo dai capelli neri sbuffò con aria infastidita.
“Splendido, un altro ambizioso visitatore. Pensi di arrivare qui e unirti a noi così facilmente?” Esclamò, caustico.
Il vecchio Kodlak gli fece cenno di tacere con una mano e si rivolse alla ragazza, che si teneva ancora a distanza di sicurezza.
“E così, una persona sconosciuta entra nella nostra sala. Vieni, fatti dare un’occhiata.” Iselin si avvicinò a Kodlak, lasciando che lui la studiasse da capo a piedi. “Uhm...si, forse. Vedo della forza di spirito, in te.”
“Maestro, non starai davvero pensando di accettarla!” Disse il giovane, incredulo.
“Non sono il maestro di nessuno Vilkas, e l’ultima volte che ho controllato, avevamo dei letti liberi a Jorrvaskr.”
Iselin non poté trattenersi dal lanciare uno sguardo trionfante all’uomo chiamato Vilkas, che sedeva alle sue spalle. Le fiamme delle candele guizzarono in risposta a una corrente d’aria riflettendosi nei suoi occhi verdi, facendoli brillare come due fuochi nella notte.
“Chiedo scusa, ma forse non è il momento giusto per accettare una nuova recluta. Inoltre, non so nulla di questa forestiera.” Vilkas si appoggiò con un gomito sul bordo del tavolo. Kodlak sospirò stancamente.
“Questo non ha importanza. Che vengano persone importanti o meno, in cerca di fama o per provare il loro valore, non fa differenza. Quello che conta veramente, è il loro cuore.”
“E il loro braccio.” Terminò Vilkas con una certa soddisfazione, flettendo un bicipite.
“Certo, certo...come te la cavi in battaglia, fanciulla?”
Iselin sorrise tra sé, come un gatto che ha messo in trappola il topo. “So il fatto mio.” Disse con sicurezza.
Il vecchio Kodlak annuì piano, continuando a studiarla.
“Forse. Questo è Vilkas, ti metterà alla prova.” Con un gesto della mano indicò il giovane che gli sedeva davanti, quindi si rivolse direttamente a lui. “Vilkas, portala in cortile e vedi cosa sa fare”
Come se quella concessione gli costasse un’enorme fatica, Vilkas si alzò e si incamminò lungo il corridoio, senza preoccuparsi che Iselin lo seguisse o meno.
Procedettero in relativo silenzio, sfilando davanti agli sguardi incuriositi degli altri Compagni riuniti nella sala principale di Jorrvaskr.
Vilkas condusse Iselin all’esterno, attraverso una porta che dava sul retro della costruzione. Una volta raggiunto il cortile, rimosse spada e scudo da uno dei manichini di allenamento allineati contro il muro.
“Il vecchio ha detto di esaminarti, quindi muoviamoci. Sferra qualche attacco contro di me. Fammi vedere come ti muovi.” I suoi occhi corsero ancora una volta lungo il corpo snello di Iselin e un leggero sorriso gli aleggiò sulle labbra. “Non preoccuparti, ho la pelle dura.” La incoraggiò.
La donna davanti a lui rise, sguainando la sua spada. “Oh, anch’io.” Disse, e prima che il suo avversario potesse rendersene conto, attaccò.
Vilkas non si aspettava un simile affondo, ma si riebbe velocemente dalla sorpresa e lo parò con lo scudo. Il contraccolpo che ne ricevette fu più forte di quanto pensasse, e istintivamente passò al contrattacco.
Iselin si abbassò, lasciando che la lama spazzasse l’aria dove un attimo prima c’era la sua testa, e si spostò rapidamente per attaccare Vilkas sul fianco lasciato scoperto.
Ci fu un doppio brillare di lame, un movimento convulso, e i due contendenti si separarono con un balzo.
Iselin sollevò una mano e si sfiorò uno zigomo. Quando la ritirò, le dita erano lievemente macchiate di sangue.
“A quanto vedo, siamo pari.” Disse con noncuranza.
Vilkas abbassò lo sguardo sul fianco. La spada di Iselin aveva squarciato l’unico punto scoperto dell’armatura, provocandogli un lungo taglio superficiale.
“Non male.” Concesse, cercando di nascondere il suo disappunto. “Ma la prossima volta non sarà così facile. Per ora sei ancora un cucciolo, recluta, quindi dovrai fare quello che ti diciamo.” Vilkas lanciò con malagrazia spada e scudo in un angolo e afferrò l’impugnatura che faceva capolino da dietro la sua schiena. “Ecco la mia spada. Portala a Eorlund per farla affilare, e fa’ attenzione. Probabilmente vale più di te.” Sibilò.
Iselin lo guardò mentre risaliva i gradini e spingeva il pesante battente di legno decorato per tornare a Jorrvaskr. Il graffio sullo zigomo le bruciava in maniera fastidiosa.
Quando la porta fu richiusa con un colpo secco abbassò lo sguardo sulla spada che teneva tra le braccia.
Era una bella arma a due mani, pesante, con la lama opaca segnata da numerose tacche, lasciate dalle lame che si erano accanite sul suo proprietario. Vilkas doveva aver partecipato a molte battaglie, impugnandola.
In quel preciso istante si rese conto di non avere idea di chi fosse Eorlund, né di dove trovarlo. Era sul punto di seguire lo scontroso Compagno quando le porte si spalancarono, e una piccola folla si riversò nel cortile.
“Eccola.”
“È questa qui?”
“Non mi sembra granché.”
“Ma cosa dici? Non vedi che braccia?”
“Non posso credere che ci sia riuscita.”
I Compagni di Jorrvaskr accerchiarono Iselin come un gruppo di uccellini curiosi, continuando a parlare tra loro e cercando di sovrastarsi l’un l’altro alzando la voce.
“Dì, è vero che hai mandato Vilkas con il sedere per terra?” Chiese un uomo dall’aria truce e con una gran cicatrice sul volto. Iselin riconobbe il guerriero che l’aveva scambiata per una vagabonda.
“Niente affatto. Ci siamo battuti, ma non è stato niente di eccezionale. Io l’ho ferito, e lui ha ferito me.”
Il vecchio guerriero le rivolse un ghigno complice e le batté una mano sulla spalla.
“Non è cosa da poco, ragazza. Io sono Skjor.”
“Iselin.” Rispose lei, stringendo la mano che le veniva porta. In meno di un attimo si ritrovò sommersa dai Compagni, che si fecero avanti declamando a gran voce i loro nomi e subissandola di domande.
“Finitela, sembrate un branco di lupi affamati.” Aela comparve al fianco di Skjor e disperse la folla con un semplice gesto del braccio. “Da domani avrete tutto il tempo per infastidirla. Tu…Iselin, esatto? Finché Kodlak non si pronuncia, non ti sarà assegnato un letto; ma puoi dormire nella sala di Jorrvaskr, se non hai altro posto dove andare.”
“Grazie.” Iselin sorrise sollevata, ripensando alle braci che ardevano nella fossa per il fuoco e al soffitto solido che avrebbe avuto sopra la testa. “Se non è un problema, andrei subito. Ma prima, sapreste dirmi chi è Eorlund e dove posso trovarlo?”
“Eorlund Manto Grigio è il fabbro della Forgia Celeste.” Skjor indicò in alto, verso la fucina che si intravedeva dal cortile. “Lo troverai lassù domattina.”
“Basta chiacchiere, Skjor.” Disse Aela “Scommetto che la nostra nuova recluta è stanca. E anche io lo sono.” Aggiunse, con un sorriso enigmatico


 
L’indomani mattina, Iselin salì alla Forgia Celeste con la spada di Vilkas tra le braccia.
Eorlund Manto Grigio, il fabbro, era un uomo di età avanzata e di grande forza. Accolse con benevolenza la nuova recluta dei Compagni, e si dimostrò più che felice di darle qualche consiglio mentre affilava la spada alla mola. Quando ebbe finito le consegnò uno scudo, pregandola di riportarlo ad Aela.
“Non ho tempo per andare su e giù dalla Forgia. Sarebbe un bel gesto nei confronti di un vecchio, se potessi portarlo tu.”
“Non c’è problema.” Iselin si infilò lo scudo al braccio. “Prima che vada, vorrei chiederti se hai una spada da vendermi, in modo da poter sostituire questa.” Così dicendo, fece un cenno verso il fodero che le pendeva al fianco sinistro.
Eorlund si fece pensoso e tese la mano. “Posso vederla?” La ragazza estrasse la spada e gliela porse dalla parte dell’impugnatura.
Il fabbro osservò la lama da tutte le angolazioni, ne valutò la bilanciatura e passò il pollice per controllarne il filo. Dopo aver compiuto qualche arabesco nell’aria la sollevò per osservarne il riflesso alla luce del sole.
“È un’arma superlativa. Ma non riconosco il marchio di fabbrica. Chi l’ha forgiata?”
“Non so dirlo. Questa spada appartiene alla mia famiglia da generazioni.” Rispose Iselin, e così avrebbe terminato, se Eorlund non avesse insistito per saperne di più.
“Centinaia di anni fa, prima della crisi dell’Oblivion, uno dei miei antenati viaggiò fino a Hammerfell.” Disse, misurando bene le parole. “Laggiù combatté al fianco degli Orchi, salvando una Roccaforte dai nemici. Per ringraziarlo, il Capitano lo nominò consanguineo e gli donò una spada, plasmata dall’acciaio più resistente, nella migliore forgia dal suo più abile Mastro Fabbro.”
Gli occhi di Eorlun luccicarono incantati dalla magnificenza della lama.
“Questa storia può solo aggiungere altro fascino a una lama già perfetta. Perché mai vorresti sostituire un simile capolavoro con una spada da quattro soldi?”
Iselin scosse il capo restia, accorgendosi così di Vilkas, che la fissava dal cortile con aria pensosa. Un sorriso le increspò le labbra.
“Per combattere ad armi pari con Vilkas. Chissà, magari se avessi una spada scadente e un braccio legato dietro alla schiena, potrebbe riuscire a battermi.”
Eorlun scoppiò a ridere, reggendosi il ventre.
“Mi piace il tuo modo di pensare, ragazza. Adesso va’. Tieni la tua spada, e non ti azzardare a cambiarla.”
 


Masticando l’ultimo boccone di pane, Vilkas uscì in cortile.
Aveva riparato l’armatura e la camicia di tela che portava al di sotto, ma la ferita continuava a dargli fastidio. Era un taglio superficiale, poco più che un graffio, eppure il continuo sfregamento contro i vestiti lo stava facendo impazzire.
Con impazienza, afferrò una mela dal tavolo e la morse, masticando pensoso. La nuova recluta era veloce, e più abile di quanto sembrasse a una prima occhiata. Ripensando al loro breve combattimento, Vilkas non poté fare a meno di prendersela con sé stesso.
Si era distratto come un idiota, lasciando che un bel viso e un corpo flessuoso gli facessero perdere la concentrazione. Sbuffando piano dal naso, prese un altro morso.
Sollevò il capo verso la Forgia Celeste, e vide la donna che lo aveva battuto tanto facilmente. Teneva il suo spadone sottobraccio e uno scudo appeso all’incavo del gomito, e guardava Eorlund che faceva roteare una spada lucente.
Ora che aveva il tempo di osservarla con più attenzione, dovette riconoscere con sé stesso che non avrebbe potuto evitare di distrarsi. La giovane era davvero attraente, e nei suoi tratti si poteva scorgere quella bellezza delicata e regale di cui cantano gli aedi e i bardi. I suoi occhi, che Vilkas ricordava splendidi e tentatori, erano visibili anche a quella distanza.
Come se avesse sentito lo sguardo dell’uomo su di sé, la ragazza si volse e lo guardò dall’alto. Gli angoli delle sue labbra si stirarono in un sorriso furbo e disse qualcosa che fece ridere Eorlund.
Infine, quella graziosa e infida creatura decise di scendere dalla Forgia Celeste. Vilkas la osservò marciare nella sua direzione, cercando di mantenere un’aria impassibile. La ragazza si fermò a pochi passi di distanza e gli tese la spada, senza una parola.
Il giovane guerriero prese l’arma, la sollevò e la controllò con occhio critico.
“Affilata, è affilata. Ma ha bisogno di essere lucidata.” Disse, pronto a darle un altro incarico, ma lei lo prese in contropiede.
“Sono d’accordo. Uno straccio e un po’ d’olio di gomito, e otterrai un ottimo risultato.” Ribatté, e rivolgendogli un sorriso di scherno sparì all’interno di Jorrvaskr.
Vilkas fissò per un attimo la porta chiusa, immobile. Infine, scuotendo il capo sbottò in una risata.
Non si aspettava che la ragazza riuscisse ad avere l’ultima parola.
Staccò un altro morso dalla mela, senza smettere di sorridere.
Sarebbe stato interessante averla intorno.
 
 
 
 
 
 


 
Ecco a voi il quarto capitolo. Lo so, è più lungo dei precedenti, ma non mi sembrava giusto tagliarlo.
Avrete notato che ho usato in parte i dialoghi del videogioco, modificandoli quel tanto che bastava per renderli più verosimili e adatti alla mia storia.
È un espediente che userò spesso anche più avanti, quindi non me ne vogliate se alcune volte le frasi non corrispondono.
Grazie a tutti voi, che continuate silenziosamente a seguirmi.
Una marea di baci,
afep
  
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