Ore 7.14, Lunedì 25 febbraio La sveglia, come ogni mattina, iniziò a suonare, e, come ogni mattina, la gettai giù dal comodino. Ero ancora stanca e non avevo intenzione di alzarmi dal letto,nemmeno se ci fosse stato un terremoto. Nonostante la mia svogliatezza mi alzai e mi precipitai in bagno, prima che mio fratello lo occupasse. Come sempre mi misi ad “ammirare” la mia faccia. Dovete sapere che io non appartengo a quel tipo di ragazze che sembrano modelle. Sono alta, ma sono anche robusta e costantemente vengo presa in giro per il mio peso. Non sono bionda e non ho occhi azzurri, ma bensì ho i capelli neri e gli occhi color cacca. Ritornando a quella mattina, comunque, mi posizionai davanti allo specchio e mi lavai la faccia dai residui di trucco del giorno precedente. Passavo sempre una ventina di minuti davanti al mio riflesso cercando di apparire un po’ più carina, ma i risultati erano deludenti. Alle 7.48 ero pronta per incamminarmi verso scuola. Indossavo una delle mie felpe preferite, un paio di jeans e le mie amate Converse. Con lo zaino in spalla uscii fuori, nella gelida mattina di febbraio e andai verso l’inferno. La scuola era molto vicina alla mia casa. Frequentavo il terzo anno del Liceo Scientifico e devo ammettere che quella scuola la odiavo, oltre che per le materie (come matematica e latino), i professori non mi sopportavano e non avevo un solo amico tra tutti i miei compagni. La mia classe era composta da 11 maschi e 10 femmine: i ragazzi non mi degnavano nemmeno di uno sguardo, e se dovevano rivolgermi parola, era solo per prendermi in giro; le ragazze erano oche, nel vero senso della parola (ogni tanto starnazzavano in classe). Arrivata a destinazione entrai in classe e mi fiondai a sedere mentre gli altri socializzavano tra loro. Ero talmente esclusa dalla classe che ero l’unica a non avere un compagno di banco. Verso le 8.20 entrò la professoressa di inglese, amavo quella donna, era l’unica a capirmi (forse perché a inglese avevo la media del 9) e, dopo essersi seduta ci annunciò che tra qualche minuto sarebbe arrivato un nuovo alunno direttamente dal Pakistan. Non fece in tempo a finire di parlare che un ragazzo a me sconosciuto entrò in classe e venne a sedersi vicino a me. Quel momento fu il più imbarazzante della mia vita. Lui mi fissava ed io ero arrossita, forse per la vicinanza con un ragazzo o forse perché avevo i suoi occhi puntati sul mio viso. Cercai di fare l’indifferente ma dopo poco lui attaccò bottone. << Ciao, io sono Zayn >> disse. risposi abbozzando un sorriso. La prof ci richiamò perché prestassimo attenzione alla sua lezione e Zayn smise di fissarmi anche se mi accorsi che durante tutta l’ora mi guardava con la coda dell’occhio.