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Autore: The_Perfect_Sky_Is_Torn    01/03/2013    4 recensioni
Zayn e Bethie non si conoscono, non sanno niente l'uno dell'altro.
Sono nella stessa città, ma i mondi in cui vivono sono completamente opposti.
Eppure le loro vite finiscono per intrecciarsi, sotto il lieve sole di settembre.
La follia degli adulti li ha fatti incontrare.
Quella stessa follia cerca in tutti i modi di dividerli.
Ma dalla loro parte hanno un'arma che niente e nessuno al mondo può eguagliare.
Dalla loro hanno l'amore, che lotta le battaglie date da tutti per perse.
Ma basterà, nei giorni in cui sembra che l'universo ti stia remando contro?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO


ELIZABETH.
 
-E dire che sembra ancora agosto...- Pensava Elizabeth guardando fuori dalla finestra della sua camera.

In effetti,  il cielo era azzurro chiaro e terso come non lo si vedeva da giorni, e il sole splendeva e scaldava tanto che riportava i pensieri indietro, ad un’estate appena terminata.

La ragazza chiuse di scatto le tende, sospirando, e tornò a dedicarsi allo sgradevolissimo compito che la teneva segregata in casa, mentre avrebbe potuto uscire con le sue amiche e godersi quelli che, l’avrebbe potuto giurare, erano gli ultimi sprazzi di caldo della stagione. Mancava poco perché la sua cittadina tornasse al solito tempaccio grigio e umido, che opprimeva quella regione praticamente tutto l’anno, ad eccezione di un paio di settimane in piena estate. Riordinando le sue cose per la scuola, svogliatamente, Elizabeth si rendeva conto sempre più di come quel bel periodo fosse ormai passato.

Raccolse un blocco di quaderni nuovi di zecca, che se ne stavano in bilico in fondo al suo letto, e iniziò a scrivere su ognuno il proprio nome e la materia a cui erano destinati. Era sua madre a pretendere quella pratica, per quanto ogni anno se ne lamentasse. Tirò fuori dal cassetto della scrivania il suo astuccio azzurro, e ci infilò matite, penne e colori a legno, tutti rigorosamente appena usciti dalla cartoleria in centro. Finita anche quella procedura, sbuffando, si tirò sulle punte per arrivare a prendere lo zaino, rimasto ad impolverarsi sulla cima dell’armadio nei mesi precedenti; avutolo tra le mani lo lanciò sulla sedia, scocciata, e iniziò a preparare la cartella per la mattina seguente.

Delicatamente adagiata sul letto gemello al suo stava anche la sua divisa, fresca di bucato e stirata di tutto punto: aspettava solo di essere indossata. Anche quello opera di sua mamma, che non era stata per nulla contenta quando, un paio di anni prima, quegli stessi capi erano improvvisamente scomparsi poche ore prima dell’entrata in classe, ed erano poi saltati fuori sporchi e spiegazzati, tra le esclamazioni teatrali della stessa Elizabeth che si “dispiaceva” enormemente:

-Oddio, mamma, che peccato, dovrò mettere i jeans…-

E invece neppure quell’anno l’aveva scampata, e da quel momento non c’era più neanche da provare a fare una cosa simile: era controllata nei minimi particolari.

Non era affatto felice di tornare a scuola, no. E non perché avesse poi chissà quanti problemi con lo studio: riusciva ottimamente in tutte le materie senza fare alcuno sforzo. Semplicemente era la sua scuola a non andarle a genio. Per prima cosa doveva svegliarsi tutte le mattine alle sei, solo per prendere uno stupido bus e fare chilometri di strada grigia e impolverata in centro città, quando la metà dei suoi compagni stavano ancora dormendo; tutto questo, solo per poter arrivare in tempo alla “Classic Education School”. Era certamente una bella struttura, con tutti i suoi campi sportivi e le classi tinteggiate a nuovo ogni anno… Ma con tutta sincerità, che persone ci si poteva aspettare di trovare in un posto che aveva come motto “il luogo perfetto per un’educazione perfetta”?

La cosa che odiava di più della sua scuola, infatti, erano proprio loro, i suoi compagni. Creature che rasentavano la perfezione, divise sempre tirate a lucido, mai un capello fuori posto, una media impeccabile, sogni per il futuro quali “diventare avvocato” o “studiare medicina”… Il tipo di persone che sua madre amava, in fondo.

Ma lei? Cosa ci faceva lei lì in mezzo? Come avrebbe mai potuto sentirsi a suo agio o, peggio, farsi delle amicizie? Ogni anno che passava sola, in un angolino del corridoio durante la ricreazione, e sempre in un tavolo appartato in mensa, la domanda si faceva più pressante. Risposta tuttavia non c’era. La storia era sempre la stessa, e quello non sarebbe stato che un ennesimo, monotono capitolo.

–Elizabeth, hai finito di sistemare il tuo materiale scolastico?- La voce acuta di sua madre la fece rabbrividire.

“Il mio materiale scolastico”, pensò lei con ribrezzo. Sorvolando su quel termine, quanto mai irritante, quale di quelle cose si poteva definire davvero sua? Bah. Era solo una delle mille cose che la sua famiglia aveva deciso per lei.

–Certo, mamma.- Urlò giù per le scale, finendo tutto in fretta e furia.

–E ricordati che questa sera voglio vedere la tua luce spenta alle nove e mezza!- Puntualizzò severamente la stessa voce, dal fondo delle scale.

Elizabeth sbuffò. Non aveva voglia di discutere quel pomeriggio, neppure sul fatto che a sedici anni ancora doveva andare a letto all’orario di una bambina delle elementari. Si limitò ad assentire ancora una volta, mordicchiandosi il labbro. Guardando ancora una volta fuori dalla finestra, quel mondo che stava correndo avanti senza di lei, riuscì solo a pregare, chiunque la stesse ascoltando, perché facesse succedere qualcosa.

–Qualsiasi cosa, purchè succeda.- Terminò la sua supplica, scorrendo lo sguardo sulle case più lontane dalla sua, in periferia, dove non aveva mai potuto mettere piede.


 
 
ZAYN.
 
-Alza quelle braccia, su, muoviti!- Urlò Yaser, guardando con occhi acuti il figlio che, nel mezzo della stanza spoglia, obbedì senza fiatare.

Zayn si sentiva piuttosto stupido lì, con le braccia in alto, ma sapeva che non era mai un bene contraddire suo padre, soprattutto in un momento come quello. Si era provato la divisa che avrebbe dovuto indossare il giorno dopo, a scuola, e Yaser si era reso conto che gli andava parecchio larga. Certo, l’avevano ordinata via internet, usata, nel disperato tentativo di spendere il meno possibile.

-È normale che almeno qualcosa non vada bene, per il prezzo che ci hanno fatto.- Pensava il ragazzo tra se e se, evitando però di rendere pubblico il proprio parere. Evidentemente, infatti, non era ciò che pensava suo padre.

–Al diavolo, quei maledetti! Gliela rimandiamo indietro, altrochè! Io li denuncio, se la vedranno con me!- Tanto non l’avrebbe fatto, non lo faceva mai. Evitava il più possibile di avere a che fare con polizia e simili, dal momento che…

-Papà, p-per domani mi serve…- Sussurrò il ragazzo, cercando il più possibile di non far arrabbiare il genitore. Restava con le braccia alzate, per quanto gli si fossero ormai indolenzite, evitando qualsiasi gesto che avrebbe potuto far perdere la calma a Yaser. Per fortuna, quella volta il suo commento fu ben accettato.

–Ovviamente, accidenti a loro! Per un po’ te la tieni così, poi tra qualche giorno, quando si sarà calmato tutto sto casino, la rimandiamo indietro e chiediamo un’altra taglia.- Finito di parlare si bloccò un attimo per guardare il figlio che, basso e smilzo com’era, sembrava nuotare in un mare di stoffa blu e rossa.

–E abbassa quelle braccia, che sembri uno stupido!- Urlò poi come ultima cosa, per allontanarsi e finalmente mettersi calmo in poltrona, a bere una birra guardando la partita.

A quel punto Zayn, ancora tremante per la paura di una possibile sfuriata, non aspettò un solo secondo: cercando di non inciampare, prese con se il povero mucchietto dei suoi vestiti abituali e corse nella propria stanza, sospirando di sollievo. Quel giorno suo padre era in buona, altrimenti la faccenda non si sarebbe certo chiusa così. Si liberò velocemente della divisa, pensando con un misto di irritazione e tristezza che l’avrebbe indossata fin troppe volte dal giorno seguente.

Se solo pensava a quel primo giorno di scuola sentiva lo stomaco attorcigliarsi. Per quanto potessero essere in difficoltà economiche e letteralmente sommersi di bollette non pagate, suo padre non aveva sentito ragioni quando era stata ora di compilare l’iscrizione. L’aveva così messo in lista per la “Classic Education School”, un posto per ricchi e privilegiati che venivano scortati da genitori in Ferrari e potevano permettersi di tutto. E soprattutto era un posto per gente intelligentissima e con una media più che eccellente, fatta di sfilze di voti che lui non aveva mai neppure provato ad immaginare.

Non gli piaceva la scuola, anzi poteva dire di detestarla, e a quanto pare l’odio era reciproco… In tutti quegli anni non era stato bocciato solo perché, ne era certo, in tutto il casino che era la sua vita, un qualche santo vigilava almeno sulla sua istruzione. Ma neppure un mago con tanto di bacchetta, di quelli che si trovavano nei libri fantasy che cercava in tutti i modi di rimediare, per leggerli poi alla chetichella la sera tardi, grazie ad una pila, avrebbe potuto fare nulla contro suo padre.

E così il giorno dopo si sarebbe dovuto presentare a quella classe di ragazzi perfetti, senza nemmeno una cellula fuori posto, con il suo zainetto rattoppato, le matite mangiucchiate, una sfilza di sei presi per il rotto della cuffia e anche quella ridicola divisa di due taglie di troppo… Per fortuna, almeno il grosso livido che aveva sulla guancia aveva iniziato a svanire. Fino al giorno prima il suo viso era gonfio e con un’enorme macchia rossastra sotto l’occhio; in quel momento, per fortuna, il gonfiore era sparito e del rosso non restava che una traccia lievissima. Per il giorno dopo sarebbe scomparso, calcolò.

Zayn attraversò la stanza, con addosso solo una maglietta grigia, e andò alla finestra. Non che ci fosse molta alternativa, comunque.

Camera sua era una stanza spoglia, con solo un letto disordinato, un piccolo armadio con i suoi pochi vestiti e le scarpe, e la scrivania, traboccante di fogli di giornali vecchi con sopra disegni e fumetti, qualche quaderno di scuola e la sua benedetta collezione di fantasy, appena sei a dire la verità, ma che aveva comperato con molti anni di risparmi e che per lui valevano quanto un tesoro.

Sedendosi sul davanzale, completamente privo della paura di cadere giù, il ragazzo iniziò a dondolare le gambe, guardando lontano, verso il quartiere ricco della città e verso il centro, un luogo dove non aveva mai la possibilità di andare, se non poche volte l’anno. Guardò ancora più lontano e riuscì a scorgere il profilo di alcune villette in collina. Quelle si che erano di gente ricca, accidenti. A lui sembravano come castelli tanto erano grandi e curate. Pensò un attimo a chi ci potesse abitare, laggiù. Chissà se c’erano ragazzi come lui, che si preparavano al primo giorno di scuola.

–Certo,- Pensava –Per loro non sarà così complicato. Dev’essere tutto facile quando sei ricco.- E sospirando malinconico, immaginando tutte le cose che non avrebbe mai potuto avere, alzò lo sguardo al cielo e provò a fissare il sole, anche se sapeva bene che era un passatempo da stupidi.

Sentendo il calore sulla pelle, e vedendo quel cielo così azzurro e terso, sussurrò: -E dire che sembra ancora agosto…-




**SPAZIO ME**
Buongiorno a tutti! Questa è la prima FF che scrivo su questo sito e sono un po' agitata... Spero che possa piacere a qualcuno!! ;)
Visto che era l'inizio ho scritto un pezzo dal punto di vista di Elizabeth e uno dal punto di vista di Zayn, per far vedere un po' di quello che avrebbe parlato la storia; d'ora in avanti invece saranno divisi, ci sarà prima il capitolo di Elizabeth e successivamente quello di Zayn, e sarà così per un po'. :)
Spero che possa interessarvi e che lascerete magari una piccola recensione... <3
  
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