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Autore: cardi    01/03/2013    0 recensioni
Dal Capitolo 2: "Stavo per svoltare l’angolo quando qualcuno mi si pose davanti, qualcuno che conoscevo già. Il ragazzo posò il braccio sul muro accanto a me e mi tagliò la strada “Chi è ?” disse, curioso indicando Manuel.
Sbuffai “Mio figlio” inventando. “Fortunato il papà allora!” disse e pizzicò la guancia di Manuel con le due dita. Beh.. devo ammettere che la posizione in cui si era messo non aiutava a oppormi ma passai sotto il suo braccio e svoltai l’angolo sistemandomi una ciocca dei ricci biondi che era volata via dalla coda. "
Dal Terzo Capitolo: "Aprii la porta e mi stampò un bacio secco sulla guancia “Sogni d’oro!” con un passo il biondino-moro scomparse nella sua cabina e io rimasi lì, impalata sentendo ancora le sue labbra sulla mia guancia. "
ISPIRATA AD UNA STORIA VERA
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 3

Mi alzai dal lettino della nave un po’ sollevata di avere una scusa per separarmi da quella mezza specie di cosiddetto “letto”. Le onde si alzavano e si abbassavano dall’oblò e la Luna era alta in cielo, segno che doveva mancare poco alla mezzanotte e mezza. Ma la nave era ancora in subbuglio, tanta la gente che non riusciva a dormire. C’era chi non sopportava il letto e si lamentava, chi non sopportava chi non sopportava il letto e si lamentava e chi non riusciva a dormire perché quelle due di prima litigavano, insomma era tutto un giro complicato.

Girai la maniglia della porta e mi ritrovai nel buio, realizzai poi che non ero diventata cieca ma che qualcuno mi aveva tirato in faccia un coso nero, freddo e bagnaticcio... Me lo sfilai dalla testa e lo buttai a terra sulle Converse di qualcuno. Misi a fuoco e vidi che era un giacchetto.. il MIO giacchetto porca banana. “Oh santoddio il mio giacchetto!” e lo raccolsi per terra tutto fradicio. Davanti a me una voce stridula da donna urlò “Le mie scarpeee!!!!!”  come una femminuccia. Rimasi perplessa nel vedere il solito ragazzo con una faccia traumatizzata guardare le sue scarpe. Nemmeno io, che ero una femmina in piena regola, sapevo urlare in un modo così acuto! Sentii una fitta di gelosia..

“Il mio giacchetto.” Puntualizzai e poi lui isterico emise un gridolino indicando a palmi aperti e con tutte e due le mani verso il basso trattenendo un urlo in modo strambo “Le mie scarpe”

Alzai un sopracciglio e scoppiai in una risata buttando la testa indietro come un pazza e senza un minimo di vergogna buttai lì “Ma sei gay?”

Ci fu un attimo di silenzio in cui lui si riscosse e mosse la testa con il ciuffo che dondolò in avanti e in una frazione di secondo eliminò lo spazio che c’era tra di noi con un balzo.

Arrossi violentemente diventando del colore delle sue converse rosse e il mio naso si fiorò con il suo. Osservai attentamente la sua bocca carnosa e quando alzai gli occhi e vidi i suoi capii che anche lui mi stava osservando da vicino, troppo da vicino,  con tutte le mie sfaccettature ogni centimetro del mio viso. Dagli occhi marroni che odio tanto, alla bocca a cuore, al nasino all’insù. Nel tempo che passò nessuno dei due respirò e ogni attimo lo passavo con il terrore che lui si rendesse conto del mio aspetto e sospirasse deluso. Ma quando respirò un soffio d’aria si levò e mi sfiorò la guancia per poi far curvare la sua bocca in un sarcastico sorriso. Alzò la mano e mi arrotolò un capello, già arricciato di suo che usciva ribelle dalla coda disfatta. Ma quando i suoi occhi si incontrarono con i miei uscii dal mondo reale e tutto dannatamente programmato ed imperfetto. Annegai nei pozzi d’acqua limpida e mi persi nella loro grandezza. Senza accorgermene sentii le mie Converse alzarsi da terra e rimasi sulle punte, come sotto incantesimo avvicinai le mie labbra alle sue senza smettere di guardare quegli occhioni. In quel momento realizzai, che il mio grande terrore in quel momento sarebbe stato dimenticare il colore degli occhi di quel ragazzo.

Senti il suo respiro sulle mie labbra e con la mano sul suo petto il battito del suo cuore accelerare.

“Emh.. ma come li chiamiamo?” chiese una donna sulla trentina.

“Non so, io la chiamerei Sara la tua!” disse una donna accanto a lei sul lettino dell’ospedale.

“Bene, e che ne dici di ... Andrea!”

“Si penso vada bene per il mio.. Andrea, forte e coraggioso!” gli occhi della neomamma diventarono due cuoricini e voltò il figlio verso l’altra bambina appena nata. Sara incontrò gli occhi di lui e si perse nel loro blu. Tutto il resto del mondo sembrava lontano...

“Ti voglio bene sorellina” sussurrò una mamma in lontananza, lontana dai mondi dei due bambini, alla donna sdraiata sul lettino.

“Ti voglio bene anche io”

La neonata si riscosse e si guardò intorno. Persone che correvano in camici bianchi indaffarati a sdraiare la sua futura zia e a portarle via il figlio dalle braccia, le urla di lei . Le grida “Andrea!ANDREA!”

Pianti. Solo pianti. Poi il buio, duo occhi celesti nel buio e le lacrime che nascono ai lati le palpebre che sbattono e alternano l’oscurità fino a che quei due occhi, pieni di lacrime, si chiudono per sempre.

Sara sbattè le palpebre velocemente e tornò sulla pianta dei piedi. Guardò di sfuggita il ragazzo deluso e con la mano ancora sul suo petto lo allontanò alla distanza di prima. Non c’era stato nessun bacio. Lui, fingendosi indifferente, gli porse il giacchetto e lei cercò di tornare acida e sarcastica come sempre.

Prendendo in mano il suo giacchetto nero le gocce d’acqua scivolarono sul suo braccio e gli scappò un sorriso “Si può sapere cosa hai fatto con il mio giacchetto, la doccia per caso ?!”

“Mi sono fatto un giretto sulla nave..” disse indifferente.

“Con.IL.MIO.GIACCHETTO.?”

“Si...Va bene io vado, buonanotte” disse cercando di scappare per evitare una mia urlata sicuramente.

“Buonanotte” dissi secca e voltai le spalle sbattendomi la porta dietro. Il suono non si attutì e mi voltai vedendo una converse rossa spuntare tra lo stipite  della porta e un “Ahi” trattenuto.

La aprii e mi stampò un bacio secco sulla guancia “Sogni d’oro!” con un passo il roscio mezzo biondo scomparse nella sua cabina e io rimasi lì, impalata sentendo ancora le sue labbra calde sulla mia guancia.

Scrollai la testa e rientrai nella stanza, vedendo mia sorella dormire beata. Rimuginai ore sul sogno che avevo fatto ma non mi venne in mente niente. Era chiaro che le due mamme erano sorelle e di conseguenza i due bambini cugini... Ma quelle urla improvvise, i medici che allontanano la mamma... Mi rimbombava in testa “Andrea, forte e coraggioso”.. Si quello era il significato, il significato del nome Andrea.

Mi alzai dal letto, erano le tre passate e con indosso il giacchetto mi avviai fuori dalla nave. Feci un po’ di strada fino a che le gambe quasi mi cedevano e decisi di fermarmi lì, ovunque stavo. Doveva essere il dietro della nave, non passava nessuno. C’ero già stata e avevo trovato solo lui, ma forse se fosse venuto a cercarmi la mattina dopo mi avrebbe anche fatto compagnia appena sveglia. Me lo immaginai di sfuggita che con nonchalance cammina per la nave con un giacchetto da donna. Con il sorriso in volto e l’immagine di lui in testa mi addormentai mentre il vento sibilava sul mio corpo e Morfeo mi richiamava a lui. Solo una cosa avevo capito da quella serata.. Non era gay.

                                                            *-*

Quella mattina mi ero svegliata prima del dovuto e ma oramai il sole era già alto nel cielo e la costa della Croazia era nitida mentre le navi si avvicinavano alla nostra più recentemente. “Papà, ma per chi era il disco per cui hai scattato la foto?” chiesi.

“Per Lorenzo no, non ti ricordi, quel signore panciuto che vediamo sempre l’estate che-“

“Papà, mi ricordo di Lorenzo vai avanti!” lo bloccai.

“Beh, hai visto che la sera cantava nei locali in cambio di vitto e alloggio sull’isola no? Beh, ha deciso di fare un disco- sorrisi- che si incentra sull’amore e è da un anno che mi ha chiesto questa dannatissima foto, ma me lo sono ricordato solo adesso pensa un po’ e voi due beh eravate perfetti!”

Lo ringraziai, afferrai il libro di narrativa e uscii dalla sala da pranzo per arrivare sul tetto della nave e sedermi comodamente sul pavimento caldo e scivoloso. Poco dopo vidi i miei zii lontano da me mentre Leonardo, mio cugino, giocava sul pontile facendo finta di cadere. Afferrai il libro salutandoli di sfuggita con la mano e mi coprii la vista con la scrittura fitta fitta sfilandomi il giacchetto e lasciandolo accanto a me.  

Non so quante ore erano passate, fatto sta che stavo leggendo per la centesima volta la stessa riga quando chiusi di scatto il libro sbuffando. Alzando gli occhi vidi che ci eravamo avvicinati molto alla costa e il porto era ben visibile, sorrisi. Mio cugino stava ancora facendo finta di cadere continuamente dondolando da una parte e dall’altra come un ubriaco come se la nave stesse facendo una così grande oscillazione. Mi ritrovai ad incrociare le dita dietro la schiena e a sussurrare “Cadi, cadi cazzo cadi!” sperando che quel cretino cadesse così l’avrebbe fatta finita e si sarebbe messo a frignare catapultandosi nella cabina.

“Come sei crudele.” Sussurrò un ragazzo che si sedette senza pochi problemi davanti a me. Mi voltai e lo squadrai guardando in quei profondi occhi azzurri ma non riuscivo a reggere quello sguardo e li abbassai mordendomi un labbro. “Sono tre ore che fa su e giù così” Dissi gesticolando e mancandolo per poco con uno schiaffo involontario e sfiorandogli il ciuffo rosso-mezzo biondo.

“Ehi, occhio ai miei capelli!” ringhiò. “Sono la mia arma, devo essere perfetti.” Disse poi passandosi una mano tra di essi e ammiccando a due ragazzine con una tragica tempesta di ormoni in atto.

Gli bloccai un braccio guardandolo sincero “Con questo vento credimi, amico, anche io ci ho perso la speranza.” Sibilai poi guardando un riccio volato davanti agli occhi.

Sorrise mostrando una sfilza di denti perfetti. “Allora angelo, dove sei diretta? Su una stella?” disse.

“Punto primo: Angelo?! Cos’è non sapendo il mio nome mi dai i nomignoli? – risi di gusto- punto secondo: affari miei.”

“Scusa Scusa!- disse alzando le mani- comunque a dirti la verità si Angelo quando penso a te ti chiamo così visto che tu ti rifiuti di dirmi il tuo nome.” Mi indicò severamente.

“Sarai felice di sapere che nella mia mente tu sei : il roscio mezzo biondo.” Lo schernì

“Non sono roscio!” ribatté lui offeso. “Ho ragione. Discorso chiuso. E dimmi, Roscio mezzo biondo, dove sei diretto?” chiusi la questione.

“Su una piccola isola, niente di particolare...” “Oh, beh, incrociamo le dita che non sia la mia stessa!” dissi.

“Magari, così ti potrei tormentare ogni giorno!” disse mentre con gli occhi vagava nel cielo.

“Magari, così ti potrei denunciarti per stalking” sorrisi amara per poi voltare lo sguardo.

Lanciai il pugno in alto in segno di vittoria e iniziai una danza buffa davanti a lui mentre mi guardava sconcertato. Sorrisi e avvicinai il mio viso al suo posandolo sulla sua spalla in modo da avere la sua stessa visuale facendo finta di non aver notato il fatto che si era leggermente irrigidito e poi gli indicai un ragazzino, mio cugino per precisare, sdraiato per terra a lagnare per essere scivolato. Lui rise e ci battemmo il pugno “Povero ragazzino!” sospirò lui. “E’ uno stronzo, e non guardarmi così- aggiunsi alla sua faccia incuriosita- lo dico perché è mio cugino!!”

Un ghignò si formò sul suo volto e poi con voce roca disse “C’è anche una cugina nascosta per caso?”. Gli mollai un pugno sul braccio “Biondino vacci piano!”

“Gelosa?” “Mai, sconosciuto” risposi a testa alta mentre un sorriso increspava le nostre labbra. Una sirena si propagò in tutta la nave, segno che ci preparavamo a sbarcare. Saltai in piedi afferrando il libro decisa a fare l’uscita di prima ma senza la figuraccia con il giacchetto. Gli stampai un bacio sulla guancia e gli dissi “Buon viaggio roscio mezzo biondo” ammiccai e poi feci per andare verso l’entrata della nave, a raccogliere le mie cose ed ad abbandonare i ricordi di quel ragazzo al porto di Spalato, ma prima mi girai e gli feci “ciao-ciao” con la mano come avevo fatto prima per poi iniziare a scendere le scale.

Non avevo superato uno scalino che senti una mano forte afferrare il mio polso e bloccarmi “Angelo, dimentichi qualcosa” mi voltai sentendo la sua voce per incontrare i suoi occhi e il suo sorriso e... Il mio giacchetto tra le sue mani.

“Cazzo.” Borbottai afferrando il giacchetto.

“Ci tieni così tanto a fare questa uscita strafiga?” scherzò lui pizzicandomi la guancia.

“Troppo” non feci in tempo a salutarlo per poi andarmene con la vergogna sulle spalle che le sue mani si strinsero sul poggia mano delle scale incatenandomi tra lui e la ringhiera. Ero confusa e alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi “Francesco.” Disse semplicemente. Sorrisi capendo al volo ma non volevo dargli la soddisfazione di dirgli il mio nome e feci per andarmene ma mi strinse su di lui ancora di più “Allora?- fece per incoraggiarmi- Non mi farai mica baciare una sconosciuta dai capelli ricci, Angelo” si avvicinò pericolosamente a me, ma qualcuno mi salvò la pelle:

“Ricciolì? Dove sei? Corri tuo padre ti sta cercando!” chiamò mia cugina da sotto le scale non vedendomi per fortuna.

Cavolo che culo almeno non ha detto il mio nome, la ringraziai mentalmente e lui lasciò la presa.

“Ti cercherò al ritorno Angelo” disse lui facendo scoccare la lingua sul palato.

“Penso che mi farò trovare, Frà” lo apostrofai e ammiccando mi voltai scendendo le scale, mentre la mente vagava, vagava pensando già alla fine della mia vacanza...

Ma un pensiero ancora mi assillava... Chi era Andrea?

 

LEGGETEEEE TUTTI

Allora, spero vi piaccia. Ci ho messo il triplo del tempo per farlo solo doppiamente più lungo però è parecchio bello.. Insomma, spero di avervi intrigato.

Non so se riesco ad aggiornare molto presto perché devo partire una settimana e TARATTAATAA : Vado a New York.. Lo so, parto da Roma quindi immaginate l’orario in cui arriverò T_T

Mi mancherete fatemi trovare mille recensioni occhei ?

TAAANTO LOVE,

Levi

  
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