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Autore: pandamito    02/03/2013    1 recensioni
Certa gente corre così in fretta che non riesce a godersi la vita, a prendersi un momento per riflettere su cosa sta accadendo. Ma ci sono persone che, invece, non hanno scelta e pensare è l'unica cosa che rimane loro da fare, perché la vita è troppo corta per poter essere pronti ad affrontare la morte.
Ciao, sono Bob, ho otto anni e la mia vita è attaccata ad una macchina.
Fanfiction partecipante al contest Cantami, o autore. di AriiiC_ e Martichan97.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Titolo: Rason to believe
Autore: pandamito

Beta-reading: Me stessa, bella lì, quindi chiedo venia se c'è qualche errore.
Fandom: Originale, Introspettivo
Introduzione: Certa gente corre così in fretta che non riesce a godersi la vita, a prendersi un momento per riflettere su cosa sta accadendo. Ma ci sono persone che, invece, non hanno scelta e pensare è l'unica cosa che rimane loro da fare, perché la vita è troppo corta per poter essere pronti ad affrontare la morte.

Ciao, sono Bob, ho otto anni e la mia vita è attaccata ad una macchina.
Rating: Verde, benché si avvicini al giallo per la sensibilità dei contenuti.
Personaggi: Bob, sua madre, medici random, il bambino sordo-cieco.
Generi: Introspettivo, Song-fic.
Avvertimenti: One shot, contenuti sensibili.
NdA: Questa storia presenta alcuni riferimenti ad una mia precedente fanfiction intitolata "In che lingua pensano gli animali?", sempre del genere originale-introspettivo. Una premessa necessaria è che le mie opere migliori vengono sempre quando non ho ispirazione.
Fanfiction partecipante al contest Cantami, o autore. di AriiiC_ e Martichan97.


[3727 parole.]









Ciao, sono Bob, ho otto anni e la mia vita è attaccata ad una macchina.

Per tutta la mia vita mi sono sempre chiesto perché dovessi andare in Chiesa ogni domenica o perché a scuola dovevamo leggere passi della Bibbia. Una volta l'ho chiesto a mia madre e all'inizio pensavo non sapesse rispondermi, poi però mi ha detto che tutti hanno bisogno di qualcosa in cui credere. Ma secondo me questa è solo una scusa. Credere in qualcosa di superiore che non posso vedere e toccare mi sembra un po' ridico, perché come faccio a dirgli cosa mi preoccupa? E lui come fa a rispondermi? Affidare le proprie preoccupazioni a qualcun'altro è solo una vigliaccheria, vuol dire che ti sei già arreso e speri che qualcun'altro faccia ciò che in realtà dovresti fare tu, ma in cui non riesci. Una volta l'ho detto in classe, che io non potevo crederci, dovevo averne le prove, ma la maestra quasi sveniva e mi ha messo in punizione, ma ancora ora non ne capisco il vero motivo. Io ho detto solo ciò che pensavo. E' un reato? Mi hanno sempre detto di essere sincero e di dire la verità, ma appena la faccio sembra che vada tutto male, vengo accusato e la gente si spaventa, così oramai non lo faccio più, ciò che la gente non vuole sentire me la tengo per me, però è difficile capire cos'è che va detto e quale no. Così prima di parlare faccio la conta nella mia mente e di solito il mela mela blu funziona, a parte quella volta in cui dissi che ero stato io a rompere il vaso di nonna. Mia madre mi sgridò e da lì capii che a volte anche il mela mela blu fa cilecca e, da esperienze, che si deve sempre mentire quando si rompe qualcosa.
 
E se è il cuore a rompersi?
 
Per me Dio è di colore. Ora provate a denunciarmi.
Ecco, un'altra cosa che non ho mai capito è questo fatto dei colori. Si dice "di colore" ad una persona più scura, ma ai cinesi non dicono mai nulla, eppure anche loro sono gialli. Ed il giallo non è un colore? Che poi non è neanche vero che sono gialli, che io sappia gialla è la pelle dei Simpson ma gli asiatici mi sembrano più verso il marroncino; e non capisco neanche perché noi siamo quelli "bianchi". Anche il bianco può essere un colore, quindi anche noi dovremmo essere "di colore", no? Beh, in effetti il bianco non è veramente un colore, come il nero ed il grigio, sono l'assenza e la mescolazione di colore, niente di più, sono un po' degli ausiliari, come il verbo essere ed avere. Però questo non cambia le cose, potremmo dire di avere la pelle rosa, però, se proprio la vogliamo dire tutta, a me questo colore non sembra rosa, ma più verso il giallo, allora inizio a pensare che chi abbia deciso tutta questa storia dei colori doveva essere veramente daltonico.
La mia pelle, invece, è bianca, ma non bianca come chi ce l'ha giallo-rosa, bianca come il latte, bianca come la carta che si usa per fare le fotocopie, bianca come quella di un malato a cui manca il rosso del sangue. E mi sento diverso dagli altri, mi sento io quello discriminato ed incompreso, ma questa è una delle cose che per mela mela blu è meglio non dire.
 
I've been waiting for something for so long, 
just show me the answers that I want. 
Reason to believe that is so strong, 
but I don't think that exists. 
 
I medici non me lo vogliono dire, ma ho capito che presto non ci sarò più ed è colpa della mia pelle troppo bianca. Mamma piange ed io non posso fare nulla, anche perché non posso muovermi dal letto e quindi non mi rimane che pensare. Ultimamente lo faccio con Dio, riflettendo su tutto ciò che ho sempre pensato sul suo conto e mi accorgo che non ho creduto mai molto in lui, quindi forse ci rimarrà male, sempre se esista. Se dovessi scoprire che esiste veramente... beh, mi scuserò profondamente ed in quel caso spero di avere un biscotto a portata di mano, uno di quelli al burro con le gocce di cioccolato che mi piacciono tanto, così magari gliene do uno e mi perdona. E se non gli piacessero? Sciocchezze, tutti amano quei biscotti!
Il problema è che io non lo so cosa c'è dopo la morte, non me l'hanno mai detto di preciso. A scuola i maestri ci parlavano di un certo Paradiso, ma io non ho mai capito com'è fatto fino in fondo. La storia delle nuvole, degli angeli e di San Pietro mi sembra un po' tutta una cazzata. San Pietro secondo me dev'essere tipo la bidella della mia scuola: conosce tutti e non c'è nulla che le sfugge, a volte quando mi cacciano dalla classe vado da lei ed inizia a parlare di tutti i pettegolezzi della scuola, un po' come la portinaia del mio palazzo. Forse non c'è poi molta differenza tra San Pietro, una bidella ed una portinaia, però di certo io un lavoro del genere non lo vorrei mai fare.
 
Una volta però a casa è venuta un'amica di mamma, era asiatica e mia madre mi ha detto che era buddhista, ovvero che credeva nella reincarnazione. La reincarnazione è quando il tuo corpo muore e la tua anima si sposta in un altro, però il corpo viene scelto in base a cos'hai fatto della tua vita, se ti sei comportato bene andrai in una persona ricca, se sei stato cattivo è molto probabile che diventerai un animale. Spero di non reincarnarmi in un maiale perché rotolarmi nel fango fa un po' schifo e poi mio zio, che ha una fattoria, dice che il giorno prima di ammazzarlo quello piange tutta la notte. Non ho idea di come facciano a capire quando verranno uccisi, forse hanno i poteri magici, però di certo non vorrei fare la loro fine. 
Vorrei morire più dignitosamente che essere ammazzato.
 
Ma non è quello che sto facendo?
 
Ci dev'essere per forza qualcosa dopo la morte. Insomma, non può essere tutto buio e basta, vero? Che senso avrebbe? Vivere un'intera vita per nulla e poi morire. E con questo cosa risolvi? Stai pur certo che se non nasci non cambierà nulla perché il mondo non gira attorno a te, non se ne accorgerà nessuno che non ci sei, semplicemente perché nessuno saprà di te, se non nasci. Siamo formiche, formiche egoiste ed egocentriche che pensano di essere il centro del mondo, quando invece siamo troppo piccoli persino per mettere un passo fuori casa, non siamo nemmeno il centro del Sistema Solare, né della Via Lattea e tanto meno dell'Universo, anzi, a scuola ho scoperto che siamo anche in periferia. Bella merda. Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che non siamo proprio nessuno. 
Almeno tutta la storia della resurrezione ha un senso, se la tua vita va male almeno puoi riscattarti nella prossima e portare al termine ciò avresti voluto fare, il tuo scopo. 
 
Ma allora qual è il mio scopo?
 
Non ha proprio senso farmi nascere e poi farmi morire, tanto meno così presto. Ci dev'essere un motivo, ma quale? A cosa servo? Perché proprio io? Non riesco a non pensarci, così sono arrivato alla conclusione che forse la vita - cioè, quella in cui sono io adesso - in realtà è tutta un sogno e magari poi, quando morirò, mi risveglierò e scoprirò di dover ancora vivere. Magari in realtà io ora sto proprio sognando e quando mi addormento in realtà vivo. Secondo mamma i sogni sono dei mondi paralleli, ma neanche questo concetto l'ho capito molto. Ha detto che i mondi paralleli sono quelli simili al nostro, ma in cui c'è qualcosa di diverso che lo caratterizza, un se per il quale le cose sono andate in un altro modo e ne nascono sempre dei nuovi, ogni qual volta che una persona si ritrova davanti ad un bivio.
 
E se io non morissi?
 
Ho chiesto anche questo a mamma, ma lei mi ha accarezzato la testa e poi è scoppiata a piangere. Lo fa spesso, ultimamente, soprattutto quando mi accarezza il capo e vede che i miei capelli non ci sono più. Forse dovrebbe smetterla di accarezzarmi se sa che dopo si sente male.
Quando mi ha spiegato che cos'è la leucemia mi ha detto che a me mancava il rosso del sangue, così le ho chiesto se mi avevano tagliato i capelli rossi per farci del sangue o qualcosa del genere per essere meno bianco. Lei è di nuovo scoppiata a piangere.
A volte mi scordo di fare mela mela blu.
 
Un tempo pensavo di esserci io al centro del mondo, ma poi ho iniziato a non crederci più quando ho scoperto di essere malato. Perché che senso ha essere il protagonista di una vita se poi muori? Di solito il protagonista nelle storie non muore mai ed è una cosa che mi dà fastidio, perché è poco realistico. Mamma ha detto che se il protagonista morisse non ci sarebbe una storia ed io mi sono arrabbiato. Per me non è così. Tutti hanno una storia e prima o poi tutti devono morire, anche il protagonista, anche se non viene detto.
Non ho mai avuto la certezza che gli altri pensassero nello stesso modo in cui penso io, magari gli altri lo fanno in maniera diversa o magari non pensano proprio, è tutto un meccanismo in cui io sono al centro e gli altri si muovono perché io voglio, quindi alla fine tutti vengono controllati da me, anche se io non lo so, è la mia mente che controlla tutto e fa accadere le cose che io non so di volere, così gli altri dicono ciò che io ho voglia di sentire, anche se, in effetti, io non so di voler sentire proprio quella cosa, però il mio subconscio lo sa. 
Questa è un'altra delle cose che non devo dire, anche perché non saprei come fare visto che dopo un po' mi confondo con le parole ed inizio a balbettare.
 
Siccome in questo periodo non posso fare altro che farmi delle domande, mi ritrovo a chiedermi cosa avrei fatto in futuro, se solo avessi avuto la possibilità di averne uno. Ma ogni qual volta che mi soffermo a rifletterci, mi blocco. 
Cosa voglio fare della mia vita?
O meglio, cosa avrei voluto farne?
La piega che ha preso la mia nel corso degli anni mi ha fatto capire che forse avrei voluto aiutare gli altri in difficoltà, ma forse lo dico ora per la situazione in cui mi trovo. Però mi piace aiutare le persone, mi piace vederle felici, piene di sorrisi, avrei voluto rendermi utile per gli altri, per chi avesse avuto bisogno di me, fare qualcosa di cui andare fieri, perché non mi piace deludere la gente. Spesso, però, l'ho fatto, capita quando passo troppo tempo con una persona; io non lo faccio apposta, ma poi passare troppo tempo con qualcuno mi fa desiderare di prendermi un momento di pausa, staccare per prendere aria. Ed io non so bene cosa sia questo sentimento, perché capita anche se se inizio a tenere veramente ad una persona poi divento gelosa di lei, così me ne allontano per chiarirmi le idee e per paura di poterla ferire, incurante di ferirla già solo con questo atteggiamento. Ma io sono fatto così. 
Ho paura dei sentimenti.
 
Ho fatto così anche con mia madre. Negli ultimi giorni non avevo voglia di parlarle e rispondevo sempre scocciato, ma lei invece di andarsene ha iniziato a preoccuparsi molto per me. Non la capisco. Io volevo solo risparmiarle il dolore, pensavo che allontanandola avrebbe tenuto meno a me e così non avrebbe sofferto, invece ho ottenuto esattamente l'effetto contrario. 
Io le voglio bene, ma non penso che lei possa capire quello che provo, forse nessuno può farlo. A volte vorrei che davanti a me apparisse qualcuno che sappia esattamente come ci si sente in una situazione del genere, qualcuno con cui posso confidarmi, o addirittura neanche parlare perché quella già sa cosa io voglio dire. Ma quella persona non appare mai, né lo farà mai in futuro.
 
A volte ho pensato di farla finita qui, perché tutti i tubi nelle mie vene, sinceramente, mi fanno schifo, oramai fa male anche il solo guardarmi ed ho detto a mamma di non farmi più vedere gli specchi. Però ho paura. Ho paura di morire, ho paura di essere dimenticato
Quando ero fuori dall'ospedale mi piaceva fare le foto, chiedevo sempre di comprarmi quelle macchinette usa e getta e mi divertivo a scattare foto a qualsiasi cosa, mamma mi faceva un sacco di foto ed io ero felice. Ma solo ora ho capito che in realtà fotografare vuol dire immortalare qualcosa per paura che essa possa cambiare, o possa essere dimenticata.
Io sono come una fotografia mai scattata. 
Presto non ci sarò più e prima o poi tutti si dimenticheranno di me fino a che nessuno saprà più che io sono davvero esistito, ma nessuno baderà a ciò perché non si può essere invogliati a conoscere qualcosa che non si sa esserci stata. 
Vorrei scattarmi una fotografia per poter rimanere nella storia, per dire che io ci sono ancora, ma non voglio vedermi in questo stato: da quando ho iniziato la chemioterapia non ho più i capelli, la mia pelle è più bianca, il mio corpo è più bianco ed io mi sento più debole di giorno in giorno, in più le flebo nelle vene mi fanno venir voglia di vomitare, ma i medici dicono che non posso assolutamente togliermele. Ciò mi fa supporre che e lo faccio morirò prima di quanto devo.
 
Yeah, give me reason to believe 
this world is not a seat machine. 
When everywheres a dead and having an erection. 
Yeah, can you give me what I need? 
Or just sit and watch me bleed. 
Cause after all you can't get everything you want now. 
But all I need is one thing to keep me moving on. 
 
A casa a pranzo guardavamo sempre il telegiornale e spesso sentivo di persone che si erano suicidate. Mi avevano spiegato che di solito qualcuno lo fa quando non si più voglia di vivere e pensa che tutto vada male e che non ci sia una via di fuga. Non avevo mai capito perché si potesse non aver voglia di vivere, mi sembra una cosa tanto ridicola, fino a quando non mi sentii anche io solo e debole, proprio come loro. Forse così facendo non sentirò più dolore, mi dissi, ma poi pensai che era una cosa da vigliacchi. Uccidersi vuol dire arrendersi ed è un torto fatto a tutta l'umanità, perché le altre persone hanno ancora molto da soffrire con tutta la loro lunga vita, mentre chi decide di darci un taglio può solo non provare più nulla. Non sarebbe giusto nei confronti di chi invece deve patire ancora per molto. E' come giocare sporco.
 
Ad alcuni non li fanno uscire dalle proprie stanze perché sono "altamente contagiosi", ma io non rientro fra questi perché la mia malattia è solo ereditaria, è un problema dei geni, non la si prende da nessuna parte, così all'inizio, quando riuscivo ancora a muovermi, mi facevano girare per l'ospedale, a patto che non facessi casini. Naturalmente c'era sempre qualcuno della mia famiglia ad accompagnarmi, perché sennò i medici non si fidavano.
Una volta però vidi un bambino che sembrasse avere la mia stessa età e speravo vivamente di aver trovato qualcuno con cui giocare, ma poi un'infermiera mi disse che era sordocieco. Io non sapevo neanche cosa fosse di preciso, un sordocieco. L'infermiera mi disse che un sordocieco è una persona che non sente e non vede, mentre un sordomuto è qualcuno che non sente e non può parlare. 
Ci sono rimasto molto male perché ho capito che non avrei mai potuto far amicizia con quel bambino: se avessi provato a parlargli lui non mi avrebbe sentito, né tanto meno avrebbe potuto vedermi, così non avevo la minima idea di come poter comunicare con lui e sono ritornato nella mia stanza. Non sono uscito per un paio di giorni dopo quella volta perché avevo paura di poterlo rivedere e mi sentivo impotente a non poter far nulla per cambiare le cose. 
Quell'evento mi ha scombussolato molto, tant'è che infesta la mia mente tutt'ora e vorrei tanto poter avere delle risposte a tutte le mie domande, così mi faccio coraggio e mando al diavolo il mela mela blu:
« In che lingua pensano i sordomuti? »
Nella mia stanza solo un medico di turno e mia madre. 
Improvvisamente il silenzio cala, sono entrambi voltati verso di me, la loro espressione è sconvolta e confusa, spaesata oserei dire. Poi mia madre si gira verso il medico, che abbassa lo sguardo, come a non capire, sembra lui il malato e non io; poi lentamente si allontana, senza dire una parola, ed esce dalla stanza, spiazzato.
Guardo mia madre, cercando una risposta a tutto ciò, ma lei si sofferma a rivolgermi lo sguardo solo per qualche istante, sembra addolorata e con la stessa espressione del dottore di prima, lei non capisce, come pensavo, così si guarda attorno troppo lentamente e, abbassando lo sguardo, si alza dalla sua sedia ed anche lei oltrepassa quella porta, lasciandomi solo. Non l'ha mai fatto, è sempre stata con me, tranne quando andava in bagno, ma quello è da tutt'altra parte.
Non capisco.
Volevo solo una risposta, volevo solo una ragione per credere che ci sia più bene che male su questo mondo.
E' che penso troppo, me ne sono accorto ultimamente, perché non ho niente da fare che non riesco a smettere di farlo, troppi pensieri mi affliggono, troppe domande irrisolte a cui non riesco a trovare una risposta; e non mi abbandonano, mai, mi perseguitano sempre non facendo altro che rendermi più stanco di quanto io già sia.
 
Mi distendo sul letto, nella mia solitudine.
Ho paura, perché essere abbandonato era proprio l'ultima cosa in cui speravo.
Maledico il destino perché mi ha riservato tutto questo. Vorrei sapere proprio chi l'ha scritto perché può essere certo che appena lo trovo lo gonfio di botte, poi voglio vedere se scrive cose del genere, non fa altro che illudere la gente. Voglio dire, che senso ha il destino? Se qualcuno fosse capace di leggerlo è ovvio che lo cambierebbe, ma se qualcuno non potesse leggerlo allora non avremmo neanche le prove che ci sia davvero, così il destino esiste solo nel momento in cui tu non lo conosci, quindi alla fine non esiste. Allora penso proprio che qui qualcuno mi stia veramente prendendo per il culo. E' impossibile che ci sia qualcuno capace di leggerlo, dovrebbe essere qualcuno di non troppo buono in modo che non possa aiutare gli altri, ma neanche troppo avido per modificare la storia a suo piacimento, però al tempo stesso dovrebbe avere quella giusta dose di crudeltà nel poter essere abbastanza forte da affrontare la consapevolezza della morte delle persone a cui vuole bene, senza però alzare un dito. Non esiste una persona così, ecco perché non abbiamo le prove che il destino esiste, visto che nessuno può leggere quel libro.
Ce lo creiamo noi, il nostro futuro.
Però io non l'ho avuta la possibilità di creare il mio, quindi ho qualche dubbio.
 
Well I have the fears, the pain and the tears I just can't hide. 
It all dissapears cause everything passes with the time. 
All you need is reason to believe.
 
Ho paura, di nuovo.
Ho paura di morire, di non esistere, di venire dimenticato e mi chiedo che cosa farò dopo. E se non ci fosse più nulla? Se fosse tutto buio e basta? Ma se non fossi stato condannato sarei invecchiato, avrei dovuto subire tutti i mali della vecchiaia, risvegliarmi un giorno e vedere il mio viso invaso dalle rughe, poi sarei diventato troppo debole per la mia età, sarei comunque ritornato in questo maledetto ospedale ed attaccato a delle flebo, consapevole che la mia ora si avvicina di secondo in secondo. Avrei avuto paura anche in quel caso, perché non si è mai pronti ad affrontare una cosa del genere.
E' la paura di tutti, è inutile negarlo e chi dice il contrario mente.
Potrai credere in ciò che vuoi, ma ciò non toglie che non avrai mai una certezza, benché ti convinca del contrario, tu avrai sempre paura. Sempre.
Come ce l'ho anch'io, adesso.
E se...?
Allora piango, o sennò il mio dolore mi fa morire d'infarto, altro che. Piango e mi odio, perché non ho capelli in cui nascondere le mie lacrime, sono intrappolato in questo stupido corpo che è stata la mia condanna. Vorrei uscire sotto la pioggia e mentire, dicendo che sono lacrime del cielo, non mie; ma fuori non piove e allora che si possano fottere tutti.
Respiro a fatica, il mio battito accelera e sento il mio corpo tremare mentre la mia vista è appannata. Cerco di non gridare perché provo già imbarazzo di mio, ma il fatto è che ho paura anche di rimanere solo, come sono ora adesso.
Ma in fondo cosa mi aspettavo? Ogni essere vivente sulla Terra è destinato a morire solo, perché non si può morire assieme a qualcun'altro.
Chiudo gli occhi, cercando di non pensare, ma non ci riesco, allora penso a qualcosa di bello, che mi faccia essere felice: la mia famiglia, i miei amici, la mia vita in generale che, seppur abbia preso una piega un po' dolente, mi è sempre piaciuta. Non sono riuscito a fare nulla d'importante in vita e, purtroppo, sono certo che prima o poi nessuno si ricorderà di me, è successo quel che temevo: verrò dimenticato ed ora sono condannato alla solitudine.
Ma, in fondo, va tutto abbastanza bene, perché io lo so che sono vissuto, lo sento ora nel mio respiro, lo sento nei miei pensieri ed in tutte quelle cose che ora sono certo di fare; così sono stato importante per quelle piccole cose che hanno fatto la differenza nella vita degli altri con la sola mia presenza, cose che non sarebbero accadute se non ci fossi stato io, cose che differenziano questo mondo da uno di quelli paralleli, cose che mi rendono vivo, prove del fatto che sono vissuto, cose che nessun'altro avrebbe mai fatto, se non io.
Sorrido, perché va tutto abbastanza bene, perché finalmente ho trovato la mia ragione in cui credere e alla fine l'ho capito: il nostro compito è vivere.
 
Ciao, sono Bob, ho otto anni e sono morto.
   
 
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