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Autore: Wake Me Up Inside    02/03/2013    1 recensioni
C’è sempre un grano di pazzia nell’amore,cosi come c’è sempre un grano di logica nella follia.
F.W. Nietsche
Io sono...semplicemente...pazza. Questa storia è una raccolta di vari testi, poesie o non, naturalmente del tutto nonsense. Diciamo un elogio alla pazzia.
Sapete quel genere di scritto in cui mettete insieme parole a caso tipo alle tre di notte e non capite se sono geniali o assolutamente orrendi?
Ecco, quello.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Tutta la vita umana non è se non una commedia, in cui ognuno recita con una
 maschera diversa, e continua nella parte, finché il gran direttore di scena
 gli fa lasciare il palcoscenico.

Erasmo Da Rotterdam

 
Gocce di pioggia schizzano le finestre e scivolano giù, piange anche il cielo sulle mie lacrime taglienti; sono di vetro, cadendo feriscono il mio viso con la loro crudeltà tanto spietata quanto banale, perché se se ne parla troppo il dolore diventa proprio così: banale.
 

I’ve been believing
In something so distant
As if I was human
And I’ve been denying
This feeling of hopeless
In me – in me*

 

Ogni attimo della mia vita è una fuga dai fantasmi, quei fantasmi che crudelmente mi inseguono senza darmi tregua, senza lasciarmi dimenticare mai.
Come se fosse possibile, poi. Dimenticare.
Cosa significa dimenticare? Si dimentica ciò che andrebbe ricordato. È ciò di cui non vale la pena, che si ricorda. E ciò che si vuol dimenticare. Lo affoghiamo in un lago d’oblio, ma non è mai abbastanza.
Purtroppo, i fantasmi galleggiano.

 

  All the promises I made
Just to let you down
You believed in me but I’m broken*

    

Fa davvero freddo, quel freddo che penetra nelle ossa e lacera anche l’anima. O forse è la mia anima arida ad avere freddo? È sempre inverno dentro di me.
Guardo la pioggia fuori, mangio un gelato alla crema. E il gelato mi fredda il respiro, ma mai come il tuo ricordo mi ghiaccia il cuore.
Quanto tempo che non ti vedo. Quanto tempo che non ci sei.
Ripenso alla nostra amicizia e alla sua fine, ancora e ancora, anche se so che è inutile; ogni volta vedo la ragione da una parte diversa, e poi le cose si fanno sempre in due, perciò non c’è torto né ragione. Io non sono soltanto una stronza e tu, adorabile maschera, smetti di fare la santa.
Ancora adesso non riesco a capire come ho potuto essere così stupida. Come ho potuto crederti?
E come posso ancora farlo?
Buffo che ti chiamassi angelo, dolce bambola di ghiaccio, visto che sei stata tu a sprofondarmi nell’inferno. Sono stata forse anche presuntuosa a credere di conoscerti: chi mai può capire la natura intima di una sirena? È un essere falso per definizione: attira gli uomini con la sua voce e il suo bell’aspetto e lentamente, dolcemente, li accompagna alla morte.
Ancora una volta mi chiedo come abbia potuto caderci, io che mi ritengo tanto superiore agli uomini. Ma come tu con me eri un burattino, io non ero ancora io.
In fondo, non ci siamo mai conosciute.
E lo stesso il rimpianto si insedia nel mio stomaco e continua la sua lenta, inarrestabile tortura. Avrei potuto trattenerti e non l’ho mai fatto, ho preferito per orgoglio lasciarti scivolare via. Avevo ragione io, o almeno così credevo. Ma in fondo cosa importava?
E quanto può contare nella vita di qualcuno un castello di carte crollato nel più totale silenzio? Nulla. Ma nella mia, anche troppo.
Quanto tempo che sei andata via. E con te, infiniti brandelli della mia anima.
 

I have nothing left
And all I feel is this cruel wanting*

 

È mattina e sto per entrare a scuola, ma la mia testa è così confusa...forse non merito di vedere la luce del giorno.
Ti racconto tutto della sera prima, di quella festa in cui ho incarnato l’etichetta che volevo staccarmi di dosso. Sono solo una puttana.
Vedo il riflesso della mia anima scorrere sul tuo viso mentre parlo, prima divertimento, poi sconcerto, infine orrore; e con te rivivo tutto di nuovo, il disgusto per me stessa è così forte da farmi aggrappare a te in cerca di attenuanti. Ma non ne ho, e tu lo sai.
Non c’è umiliazione più grande che sussurrare i propri peccati a qualcuno; e non c’è errore più colossale che scegliere come confessore un vampiro che si nutre dei fallimenti altrui. Esattamente ciò che sto facendo io.
Sono dilaniata, distrutta, spezzata, mi sono squartata dentro con le mie stesse mani; e in un attimo di vulnerabilità, di follia, mi sollevo la manica, scoprendo la linea rossa che mi attraversa il polso. Così aggravo ancor di più la mia situazione ai tuoi occhi, impietoso giudice.
È una disperata richiesta d’aiuto la mia, ma tu non la raccogli, o forse non vuoi farlo. Mi guardi impassibile e pronunci il tuo tagliente verdetto:
“Non sei più tu. Non ti sei tagliata un cazzo. E non voglio più vederti almeno per un po’.”
E poi ti volti ed entri nella scuola, abbandonandomi, e io sono vuota.
Hai preso tutto di me, vampiro dei miei incubi; ecco perché mi hai gettata via.


As much as I’d like
The past not to exist
It still does
And as much as I’d like
To feel like I belong here
I’m just as scared as you*

 

Non c’è aria qui dentro, la gente mi schiaccia contro il finestrino, i vetri sono appannati e non capisco neanche fra quante fermate devo scendere; mi manca l’aria e mi sembra che i corpi ammassati si chiudano su di me, inghiottendomi.
Per distrarmi, prendo il cellulare e comincio a scorrere le foto; odio la gente che lo fa, ma in qualche modo devo evitare di pensare.
Fra un mio disegno e il vestito che devo ricordarmi di comprare, eccoti di nuovo. Sei ovunque, spunti fuori a tradimento con una coltellata al cuore...ora sì che mi manca l’aria.
Noi due sorridenti alla cena di classe, lo scorso maggio. Sono vestita di nero, e nonostante quello fosse il sorriso più sincero che indossavo da mesi, chiunque potrebbe leggere nella piega asimmetrica delle mie labbra una traccia di quel dolore che cercavo di soffocare ma che a te era fin troppo chiaro, tracce dell’abisso in cui mi hai abbandonata. In ogni angolo del mio viso posso leggere l’inizio della fine.
Il tuo sorriso invece è grande, perfetto; forse troppo perfetto per essere vero. Sei così bella, maschera dorata, con il tuo sorriso di plastica. Ma la bellezza è così effimera, non trovi? È la qualità che più ti si addice.


Run away, run away
One day we won’t feel this pain anymore
Take it all away
Shadows of you
Cause they won’t let me go*

 

Rido. È bello il suono della mia risata, l’avevo quasi dimenticato; ma si spegne subito, non sono abituata ad essere felice. Non so neanche se sia autentica, la mia felicità.
Prendo la lattina e bevo un altro crudele, infinito sorso. Perché mai mi stai dicendo di fermarmi, mio tiranno? Non speri forse che l’alcol mi denudi ancor di più davanti a te, così da cibarti delle mie paure più intime?
Ah già, hai già preso tutto da me. Chissà perché continuo a dimenticarlo.
È triste ubriacarmi in camera mia, in una fredda notte – o forse dovrei dire mattina – di dicembre. Eppure sento che sono nel posto gusto, con la persona giusta. L’ebbrezza che mi domina è il giusto antidoto alle tue parole, le mie risate sono inafferrabili, come la nostra amicizia. Non riesco a distinguere la gioia reale dall’illusione della birra.
Prendo un altro lungo sorso.
L’alcol sa di sbagliato, come il bene che ti voglio.


And now I’m lost in paradise...*
 

Forse sto impazzendo, forse è l’alcol, ma per un attimo ho visto lei al tuo posto.
Ma siete molto diverse, in fondo? Vi ho perdute entrambe, anche se tu sei ancora qui.
Siete false entrambe, anche se recitate copioni diversi.
Mi avete dilaniata entrambe, strappandomi brandelli di anima.
Per un attimo siete la stessa persona. Siete la personificazione delle mie paure.
Il vampiro indossa la maschera, e quella diventa parte di sé. Si fondono in un’unica materia oscura di paura, di morte.
Siete entrambe cose che vorrei perdere, e che allora mi tengo strette.
Perché io sono una di quelli.
Sono una di quelli che dicono di non aver più nulla da perdere, che hanno pagato già tutto il possibile e non hanno più paura di sbagliare. Ma non è vero, ho una paura fottuta di sbagliare, io. Tutti ne abbiamo, è inutile raccontare balle agli altri e soprattutto a noi stessi.
Perché poi puntualmente sbagliamo, e allora davvero perdiamo tutto.


...Alone and lost in paradise*

 

E fa maledettamente male.
 
 
Holaaa!
Scusate per l’infinita lunghezza e tristezza
del capitolo, sono mortificata...
il fatto è che sono a casa con la febbre, e in
momenti del genere mi prende sempre una malinconia assurda!
Questi sono flash delle due persone che mi
hanno ferita di più, perché si sono nascoste dietro ad anni
di bugie. È colpa loro se ho questa fissa per Pirandello e
la sua teoria delle maschere!
Ok, adesso sparisco. Solo la traduzione della canzone, che ovviamente è degli Evanescence:
*Ho creduto
in qualcosa di così distante
anche se ero umana
E ho negato
questo sentimento di disperazione
in me- in me


*Tutte le promesse che ho fatto
solo per deluderti
Tu credevi in me ma io sono rotta


*Non ho più nulla
E tutto ciò io possa sentire è questo crudele mancare


*Per quanto posso piacermi
Il passato non esiste
Lo fa ancora
E per quanto possa piacermi
sentire come appartenga a questo posto
Io sono solo spaventata quanto te


*Corri via! Corri via!
Un giorno non sentiremo più questo dolore.
Porta via tutte
le tue ombre
Perchè non vogliono lasciarmi


*Ed ora sono persa in Paradiso...

*...Sola e persa in Paradiso

  
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