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Autore: Princess of Dark    02/03/2013    6 recensioni
Incontrare Johnny Depp è il sogno di tutte noi donne, o almeno era il sogno di Denise.
E lei credeva di stare veramente sognando quando lo incontrò.
Denise ha un lavoro noioso, una migliore amica un po' pazzerella, una vocina maligna nel suo cervello, un "fidanzato" e un sogno nel cassetto. Johnny sarà lì per renderlo vero.
ATTENZIONE:Johnny Depp dovrebbe essere illegale, ma visto che non lo è, va preso come minimo preso a piccole dosi. E' veramente rischioso per la vostra salute una meraviglia così!
Se anche voi lo amate, questa è la ff giusta per voi...aspetto le vostre recensioni!!
Booktrailer: https://www.youtube.com/watch?v=rLHOJc3yhPM
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Niente, il suo cellulare sembrava essere morto: forse aveva veramente gettato via la scheda. Era stato qui, aveva preso tutto ed era andato via ed io non me n’ero accorta! Se solo mi fossi svegliata… ora era troppo tardi: era andato via, chissà dove, e non potevo rintracciarlo. Con l’amaro in bocca fissai l’armadio vuoto, quello che un tempo era zeppo dei suoi strambi vestiti che metteva alla rinfusa. Era stato qui senza lasciare traccia di sé.
Quel giorno Keira e Orlando avrebbero dovuto accompagnarmi per un’intervista: mi avevano contattato ed io avevo accettato. Tutti dovevano sapere la verità, dovevo chiarire ogni equivoco. Magari Johnny avrebbe letto e avrebbe capito…
«A te ha detto qualcosa? Hai idea di dove possa essere andato?», gli chiesi speranzosa, ma Orlando scosse il capo.
«Mi spiace, non parliamo da un po’…»
«Johnny è sempre stato molto impulsivo: vedrai che dopo un po’ impazzirà senza di te e ritornerà. Avete già litigato in precedenza e avete fatto pace. E poi, ora c’è anche il piccoletto qui», sorrise Keira che si era appena ripresa dallo shock dopo aver detto loro che ero incinta. E che Johnny non ci aveva creduto.
«Lo spero», sospirai, entrando nella sala dove la giornalista mi aspettava.
«Buongiorno», sorrise, facendomi accomodare sulla poltrona, offrendo poi a me e ai miei due amici una tazza di caffè che accettammo volentieri.
«Beh, se ha accettato di presentarsi all’intervista significa che vuole darci informazioni su quanto è accaduto qualche giorno fa…», accennò lei un po’ insicura. Annuii, accavallando le gambe.
«Prenda bene appunti e scriva sull’articolo tutto quello che dico, senza cambiare una virgola», le ordinai minacciosa e lei annuì entusiasta: cosa c’era di meglio di un’intervista pulita pulita? «Johnny era andato in Francia per chiarire alcune cose riguardo al suo divorzio con l’ex moglie, non era vero che avevamo litigato. Il mio ex mi si è presentato davanti casa dicendo che cercava dei documenti che aveva scordato in casa e… così l’ho fatto entrare, per riprenderli. Quando è uscito, mi ha detto che non ha trovato nulla –ovviamente, perché era soltanto una bugia- e mi ha baciata. Credo proprio che qualcuno l’abbia pagato per farlo. Beh, quello che è successo dopo potete immaginarlo tutti: anche io al posto di Johnny mi sarei arrabbiata, gli do tutte le ragioni del mondo e mi piacerebbe che adesso credesse a quello che sto dicendo, non a ciò che ha visto e letto pochi giorni fa. Perché questa è la verità», sussurrai con foga. Davanti a me, la donna scriveva come una forsennata, magari pensando “con questa cosa qui faccio soldi a palate!”. Eh certo, io soffrivo come un cane e gli altri ci guadagnavano.
«Quindi ora lei e mister Depp avete litigato?»
«Spero sia una cosa temporanea. Non ho più niente da dire, la ringrazio», sorrisi, buttando giù il groppo alla gola e salutando la giornalista prima che potesse farmi altre domande.
«Quasi temevo che avresti detto a tutti che aspettavi un bambino da lui! Se, come hai detto tu, Johnny non ci ha creduto poteva pensare che avevi mentito per buttare del fango su di lui…»
«Tutto questo mi sembra assurdo», sospirai mentre Orlando mi stringeva la mano.
«Se vuoi, provo a parlarci io»
«E come? Il suo cellulare è morto»
«Possiamo provare a rintracciarlo», insistette.
«Forse Tim sa dov’è!», esclamò Keira. E ovviamente, parlando del diavolo spuntano le corna: Tim ed Helena sembrarono alquanto preoccupati per la situazione. Li invitai a bare un caffè da me e spiegai ancora una volta come erano andate veramente le cose, senza tralasciare alcun dettaglio, neanche la minaccia a morte di Fred con la quale ero riuscita a strappargli un sorriso.
«Come può quello stupido pensare questo di te? Solo un pazzo non ci crederebbe!»
«Hai scordato che Johnny è mezzo pazzo, amore», sospirò Helena, sfiorandogli un braccio. Tim mi guardò negli occhi, poggiando il mento sulle dita incrociate e fissando un punto nel vuoto davanti a sé.
«Se non lo fermiamo, questa storia degenererà in qualcosa di disastroso. E Johnny si pentirà amaramente per tutto questo casino: cazzo, tra nove mesi verrà fuori un baby Depp e lui crede ancora che sia uno scherzo!», esclamò, strappandomi un sorriso. Mi alzai dalla sedia, iniziando a camminare nervosamente avanti e dietro.
«Quello che più mi fa male è che… come può aver dubitato di me? Non avrei mai mentito su ciò che sapevo fosse più importante per lui!». Mi specchiai nei vetri, passandomi una mano sulla pancia.
«Io abortisco», sospirai infine. Tim sputò il caffè e tossì, guardandomi contrariato, Helena sussultò.
«Scherzi vero?»
«No». Sospirai. «Voi non potete capire ma… non immaginate quanto sia terrorizzata. Non posso crescere un figlio da sola: pensavo che se avessi avuto una persona come Johnny accanto forse ce l’avrei fatta, infondo, lui ha già avuto due bambini e un pizzico di esperienza in più a me. Ma io… cosa farò quando sarà nato? Come mi difenderò da tutti i paparazzi che mi tartasseranno, chiedendosi se è veramente figlio suo? E cosa gli dirò quando si farà grande e mi chiederà chi sia suo padre e dove sia?». Helena, poggiando la mano sulla mia, poté notare che tremavo.
«Ma non sei sola, cara. Ci siamo io e Tim, Keira, Marylin, Orlando, Charlie e tutti i tuoi fan che ti sosterranno», mi sussurrò.
«Mio figlio ha bisogno di un padre, non dei miei fan», replicai decisa.
«E l’avrà. Dovessi arrivare in capo al mondo, ho nove mesi per trovare quel deficiente e farlo tornare qui tirandolo per le orecchie!», esclamò Tim deciso, alzandosi dalla sedia. Scoppiammo a ridere. «Un figlio è una benedizione. Forse, se è venuto in questo momento, è destino che sia così. Lo troverò e gli parlerò, te lo prometto», mi sussurrò, prendendo le mie mani e sorridendo. I suoi occhi scuri mi infusero tanta di quella sicurezza che mi sentii meglio. C’era qualcosa dentro me che stava crescendo e si diramava in tutte le vene.
«Che cos’è questa cosa allo stomaco che mi sta facendo sentire meglio ora?», sorrisi in un sussurro.
«Si chiama speranza», disse, schioccandomi un bacio affettuoso sulla guancia. «Mi farò sentire appena avrò notizie».
Appena tornai ad essere sola, riempii la vasca di acqua bollente e mi ci immersi.
«Scusami, piccolino, se ancora una volta ho sperato che tu non fossi reale. Forse perché ho tanta paura. Di solito ho sentito dire in giro che una madre ama suo figlio anche se è ancora nella sua pancia e non è ancora ben formato… Io invece non so se ti amo, ecco, l’ho detto. E mi sento in colpa per questo, perché sento che non sarò una madre perfetta. In questo momento sento che l’amore che provo per tuo padre è più grande perfino di te. Dio, ma che sto dicendo?!», scoppiai in lacrime. «Sei il risultato del nostro amore, tu sei un “baby Depp” come dice Tim, e sarai la luce dei miei occhi ed io la tua», sussurrai ancora.
«Mi stai facendo parlare da sola, vedi? Sono già diventata matta», dissi ridendo amaramente. «Chissà se puoi sentirmi».

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Un mese dopo…

Caraibi. Il paradiso terrestre. Niente confusione, niente luci artificiali, niente suoni di clacson, niente gente. Solo tranquillità, mare, sole, ragazze che ti accolgono calorosamente in bichini e musica orientale.
«Le porto una bibita fresca, signore?». Mi portai la mano alla fronte per ripararmi dal sole e socchiusi gli occhi, guardando di fronte a me un’allegra ragazza con un costume arancione come il fiore che portava nei suoi capelli, biondi come quelli di Denise.
Denise.
Era passato un mese e l’unica cosa dalla quale non ero riuscito a separarmi era il suo ricordo; bastava una chioma bionda oramai per farmela tornare in mente, come una tortura.
«Sì, grazie», le sorrisi mentre lei si allontanava con un sorriso malizioso sulle labbra, facendo oscillare il pareo bianco sui fianchi quando si muoveva. Ritornò con un grosso bicchiere di vetro con chissà cosa dentro mischiato al ghiaccio. La ringraziai e tornai a stendermi al sole, godendomi la bellissima sensazione della pelle che pizzicava sotto i suoi raggi caldi.
Avevo passato gli ultimi tempi al mare, godendomi la tranquillità, senza lo stress dei paparazzi e giornali. Sono una volta mi avevano beccato, mentre prendevo l’aereo, poi per fortuna persero le mie tracce. Non avevo sentito nessuno: né Tim, Helena, Orlando, Denise, Vanessa. Di tanto in tanto rimettevo la scheda nel telefono per chiamare i miei bambini, come mi stava capitando adesso. Appena accesi il cellulare mi comparvero una sfilza di messaggi di segreteria: tra queste, sessanta chiamate di Tim, trentacinque di Orlando, quaranta di Marylin, due di Denise. Da quando le avevo scritto di non chiamarmi, aveva sul serio smesso di farlo. Composi il loro numero e venni preceduto da una chiamata prima che potessi premere il tasto verde. Mi portai il cellulare all’orecchio, senza badare a chi mi avesse cercato.
«Hello?»
«Oh questo è un miracolo! Porca vacca, Johnny, dove cazzo sei?!»
«Tim», sospirai, portandomi una mano alla fronte.
«Sì, sono io e non fingere di essere felice di sentirmi»
«Non sto dicendo nulla», risi, attendendo che parlasse di nuovo mentre si sedevo sul bordo del lettino sdraio e facevo cenno alle ragazze di abbassare il tono della musica.
«Dove sei?»
«In vacanza»
«Oh, ma dai, credevo stessi lavorando! Sul serio, dove ti trovi?»
«Che t’importa, Tim?!»
«La situazione qui non è delle migliori», si lamentò. Fissai dinanzi a me il mare, dandomi coraggio per pronunciare quelle parole d’obbligo tra amici.
«Cos’è successo?»
«Ti stai comportando come un bambino…»
«Ah, se mi hai chiamato per farmi la predica puoi anche risparmiare il fiato»
«Denise sta male!»
«Non è un mio problema!»
«E invece sì! Cazzo, aspetti un figlio da lei!», urlò adirato. Trattenni il fiato.
«Ti sei lasciato contagiare anche tu, ora? Non vorrai credere a tutte le stronzate che si sentono in giro…», borbottai, giocherellando con il ghiaccio nel bicchiere che si stava sciogliendo.
«Sono riuscito a contattarti, se entro quarant’otto ore non sei qui faccio rintracciare la chiamata e vengo fino in capo al mondo», minacciò.
«E perché ti scomodi tanto?», risi divertito.
«Perché, sicuramente l’hai dimenticato, ma avevamo un contratto: a quest’ora dovresti essere con il culo su una sedia a girare la scena del mio film insieme a Denise piuttosto che su un’isoletta dei Caraibi a prendere il sole», bofonchiò.
«E come fai a sapere che sono ai Caraibi?!». Mi guardai intorno e per un attimo temetti che me lo ritrovassi dietro le spalle: non era da escludere, Tim sarebbe stato capace di tutto.
«Come se non ti conoscessi abbastanza, Johnny… pensaci, ok?», disse staccando la chiamata. Fissai il display ancora illuminato e sbuffai, scagliandolo sulla sdraio.
«Le va di…»
«No», ringhiai, stroncando con un gesto netto una qualsiasi proposta dalla biondina che si era nuovamente avvicinata a me. Mi allontanai, avviandomi a grandi passi verso l’hotel accanto alla spiaggia nel quale alloggiavo.
«Mi porta una bottiglia di liquore in camera?», chiesi al cameriere, mentre salivo le scale ancora in gran fretta.
«Che cosa preferisce?», mi chiese, sporgendosi dal bancone e urlando per farsi sentire prima che andassi via.
«Qualsiasi cosa che sia forte e mi faccia dormire per un paio di giorni di fila!», esclamai senza voltarmi indietro e affondando nell’immenso letto della stanza, troppo grande per una sola persona. Chiusi gli occhi, infastidito dalla troppa luce che filtrava e sospirai.
“Cazzo, aspetti un figlio da lei” … le parole di Tim mi rimbombavano nella testa facendomi da eco. E se fosse vero? Cosa dovevo fare? Tim non si lasciava ingannare facilmente… o Denise era una brava mentitrice.
«Tutte stronzate», borbottai furioso, gettandomi sotto l’acqua fredda della doccia.

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Due settimane dopo…
 
«So dov’è!», esclamò Tim, facendo sbattere con vigore una serie di fogli sul tavolo del bar, facendoci sobbalzare. Marylin ed io lo guardammo perplesse. «Sono riuscito a rintracciarlo». Sputai il caffè che stavo bevendo e tossii, pulendomi poi con il fazzoletto che Mary mi aveva dato.
«Eh?», sussurrai con voce strozzata.
«Quel bastardo quando ha saputo che avevo scoperto che era ai Caraibi ha cambiato posto! Ora è il California: grazie all’aiuto degli agenti dell’FBI abbiamo localizzato la sua posizione per mezzo del cellulare che accende ogni paia di giorni. Mi sono informato fino ad arrivare a sapere l’indirizzo dell’hotel nel quale sta alloggiando», sorrise furbamente.
«Wow», sorrise Marylin meravigliata. «Sei peggio di un investigatore segreto», aggiunse e ridemmo. Ripresi a bere il mio caffè.
«Quanti ne hai bevuti da stamattina?!». Incrociai gli occhi scuri di Tim.
«Uhm… è il secondo…», farfugliai confusa.
«Direi che può bastare così», sorrise, strappandomi la tazzina dalle mani. Lo guardai confusa, sorridendogli.
«Perché stiamo facendo tutto questo? Se non vuole ritornare che se ne stia in California, ai Caraibi o dove diavolo si trova», dissi amaramente. «Non capisco perché dobbiamo costringerlo»
«Non voglio costringerlo: voglio solo fargli aprire gli occhi, farlo ragionare. Se solo vedesse con i suoi occhi la realtà delle cose…», accennò, sedendosi accanto a noi e dando un morso alla sua brioche. «E poi, avevamo un film da girare! Ora è saltato tutto…»
«Mi dispiace»
«Uhm, sarà per l’anno prossimo. Nel frattempo sto pensando di attuare l’altro mio progetto. Devo solo sostituire il tecnico e contattare il cast», farfugliò a bocca piena. «Mmh! Mary mi servi assolutamente!»
«Io? E per che cosa?»
«Per il film, per cosa se no?»
«Come posso esserti utile?»
«Ho guardato meglio la tua parte nel film di Robert… te la cavi, vorrei provare ad inserirti nel mio nuovo progetto», borbottò. Il volto di Mary si illuminò e lo abbracciò di scatto.
«Sarebbe fantastico!», squittì.
«Poi discuteremo dei dettagli», le fece l’occhiolino, sorseggiando il MIO caffè.
«Dai, sbrigati, abbiamo l’appuntamento dal dottore!»
«Uhm, vi accompagno?»
«No, non preoccuparti. Ti faccio sapere se è maschio o femmina», gli feci un occhiolino, allontanandomi dal tavolo dopo che Tim ebbe insistito sul pagare il conto. Quella di Mary era una bella femminuccia, ora che ero arrivata al terzo mese potevo sapere anche io come fosse il mio bambino. Quella situazione così surreale stava diventando sempre più normale per me, con l’aiuto dei miei amici avevo superato la fase del “voglio abortire” ed ero passata a “mio figlio sarà la persona più fortunata del mondo”.
 
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Guardai Denise e sorrisi. Voleva far vedere che era tranquilla, che per lei era tutto normale, che non aveva paura e mostrarsi indifferente ma non ci stava riuscendo. Potevo percepire il suo nervosismo, potevo anche capirlo. Tamburellava le dita nervosamente sul bordo della sedia, accavallando le gambe e alternandole ogni due minuti. Poi si alzava, faceva il giro della stanza, fissava fuori dalla finestra e tornava a sedersi, per poi rialzarsi. Sospirò, seduta accanto a me e si portò istintivamente le mani al ventre, rizzandosi rigidamente sulla sedia. Si voltò lentamente verso di me, con gli occhi sbarrati e lucidi e l’espressione sconvolta.
«Cosa c’è?», mormorai preoccupata.
«L’ho sentito», sussurrò flebilmente. «Si è mosso», aggiunse con un sorrisetto sulle labbra prima di scoppiare a piangere. La abbracciai forte, stringendola a me. Dovevo aggiustare la situazione: avrei preso l’ecografia di Denise e l’avrei spedita dritta a Johnny. Solo così poteva crederci.
«Il prossimo?». Mi ci volle qualche secondo prima che Denise si sollevasse dalla sedia ed entrasse nello studio medico. Un uomo dai folti baffi bianchi ci sorrise, facendo cenno di accomodarci.
«Abbiamo delle superstar qui», rise lui, salutandoci. «Come va?»
«Molto bene, la ringrazio»
«Chi tra le due ha la prenotazione». La indicai e l’uomo le disse di stendersi sul lettino.
«Si sono sentite molte voci su te e Johnny…»
«Possiamo non parlarne ora?», bofonchiò amaramente. Lui rise.
«Ma certo, scusa la mia invadenza»
«Si figuri»
«Lei crede che sia un maschio o una femmina?», le sorrise, mentre le spalmava un gel sul ventre.
«Uhm… non saprei… ho il presentimento che sia un maschio», sorrise, rivolgendomi un’occhiata spaventata. Le sorrisi per rassicurarla.
«Presumo che sia il suo primo figlio, vero?». Lei annuì. «Ok, da ora in poi la aiuterò io», sorrise l’uomo, poggiando un affare sulla pancia di Denise. Rise mentre lei, con gli occhi lucidi, fissava lo schermo che mostrava l’ecografia.
«Guardate qui che spettacolo… questa è la testa, le manine, le gambe…», ci indicò. «Il suo intuito materno era giusto, è un bel maschietto», aggiunse sorridendo. Denise scoppiò in lacrime di gioia nell’esatto momento in cui corsi ad abbracciarla.
«Sono così emozionata»
«Non immagini quanto sia bello vederlo lì nello schermo e… oh Dio». Anche il dottore ci sorrise e mentre Denise si ricomponeva gli sussurrai, senza farmi ascoltare da lei, di farmi una copia dell’ecografia che stava già stampando e mettendo in una cartellina.
«Ci vediamo tra un mese, cara»
«La ringrazio». Uscimmo fuori e Denise iniziò a starnazzare, saltellando dall’entusiasmo e chiedendomi di accompagnarla a prendere una cioccolata calda. Nascosi le “prove” nella borsa ed entrammo in un bar, non prima di aver inviato un messaggio a Tim:
 
Devi assolutamente darmi l’indirizzo di Johnny! Ci vediamo stasera al Flaubert Coffee: non dirlo a Denise, è urgente!
Sorrisi, guardando Denise felice come non l’avevo mai vista nelle ultime sei settimane: quel bambino le faceva veramente bene e presto anche Johnny l’avrebbe visto.
 
«Ora basta», sospirai, dinanzi alla busta da spedire con l’indirizzo di Johnny. Dentro c’era l’ecografia di Denise con tanto di firma del medico, date e accertamenti: le prove ora ce le avrebbe avute. Presi un foglio di carta e scrissi un biglietto:
“Era diventato quasi tutto perfetto, sembrava essere scomparso ogni difetto.
Cancella il passato! Ricordi quando insieme a lei vedevi un mondo migliore? Denise non è diversa da come la conosci, ha sempre detto la verità e qui dentro ci sono le prove: non è che non ci credi, forse non vuoi crederci. Non essere vigliacco, ti reputiamo un uomo in gamba.
Quando siete insieme vi vedo sempre felice, passate dall'Inferno al Paradiso! Ritorna da lei: quella donna tra i suoi baci ci ha messo la voce del cuore. Marylin.”
«Ora è pronta per essere inviata», sorrisi compiaciuta, consegnandola a Charlie, già pronto per uscire. «Tra qualche giorno in quella casa tornerà ad esserci allegria e spensieratezza», aggiunsi, augurandomi che così sarebbe accaduto e che non mi sarei beccata soltanto una partaccia: Denise di sicuro non sarebbe stata d’accordo perché, orgogliosa com’era, diceva che doveva essere Johnny a tornare se ne avesse sentito il bisogno.
Ma, a volte, ci vuole la mano di cupido per unire due cuori!
Come si dice? Chi non risica, non rosica.

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Da quando aveva iniziato a muoversi dentro di me, a farsi sentire, lo amavo. Era un maschietto, ora potevo anche fantasticare sul nome da dargli. Era un’emozione indescrivibile, un qualcosa che solo chi aveva provato poteva capire veramente. Al compleanno di Orlando, avevo dato anche a loro l’annuncio e avevano iniziato ad accarezzare la mia pancia parlando al piccoletto come se fosse già uno di loro. Al suo compleanno c’era anche Charlene e le sue parole mi torturavano ancora, rimbombandomi nelle orecchie:

È colpa sua se ora la notte non dormi più: ti tratta male e tu continui a pensarlo: so come ti senti, ci sono passata anche io. È inutile fare di nuovo pace, non ci sperare: non cadere più nelle sue parole! E non piangere: le lacrime ora non servono, lui non le merita. Denise, è un uomo, se ti spoglia è solo per fare l'amore, nel petto non ce l'ha un cuore: non si innamora mai di nessuna veramente, le sue storie finiscono tutte male. Questa storia ti fa solo soffrire. E non dire che non sei nessuna senza di lui: se continui così non vivrai più! Senza fartelo capire è riuscito ad imbrogliarti, raccontandoti mille bugie: è bello, ricco e famoso, per lui sei stata solo un'avventura per distrarsi dalla noia del lavoro. Scappa via lontano, sei ancora giovane per trovare l'uomo giusto, ce la farai. Ascolta il mio consiglio, te lo sto dicendo con il cuore!

Non sapevo come pesare quelle parole, quanta verità attribuirgli.

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«C’è posta per voi, signore»
«Per me?», farfugliai confuso, bloccandomi dinanzi alla reception accanto alla quale ero passato per andare in camera e fissai davanti a me l’uomo in divisa che apriva una cassetta metallica.
«Ecco a lei»
«Deve esserci un errore», risi, osservando la grossa busta giallina che lui mi stava porgendo.
«No, signore. Mister Depp c’è scritto qui. C’è l’indirizzo del nostro hotel e voi siete l’unico con questo nome ad alloggiarvi», disse con tono di voce deciso.
«Mmh, ok», borbottai, afferrando la busta e salendo fino alla mia camera. Sospirai, scagliando la busta sul tavolo e accendendo lo stereo. Non m’importava chi fosse: probabilmente qualche altro giornalista che mi chiedeva di fare una chiacchierata o qualcuno che si divertiva a seguirmi. Niente per cui valeva la pena di sprecare tempo. Mi gettai sotto la doccia, dopo aver ordinato la cena in camera, poi infilai un accappatoio e mi stesi sul letto, accendendo la tv.
Hai intenzione di continuare a vivere così?
Eh? E perché non dovrei?
Sei patetico. Hai cinquant’anni, una carriera alle spalle, e ti metti a poltrire su un letto della California. E metti da parte quel dannato orgoglio!
Ho bisogno di tempo.
Giusto il tempo di perderla per sempre?
Sbuffai, mettendomi un cuscino sulla faccia nella speranza di soffocare quei pensieri.
«Vai via, vai via, vai via!», sussurrai in tono straziato, affondando nel cuscino.
Per quanto tu possa stare lontano, non smetterai mai di pensarla.
Smettila di ricordarmela!
«Maledizione!», ringhiai, gettando il cuscino a terra. Un rumore mi fece sobbalzare.
«Servizio in camera!». Wow, più veloci del solito!
Aprii la porta, presi il vassoio, diedi la mancia al cameriere e mi sedetti sulla tavola, dove c’era ancora la busta. Addentai un pezzo di carne, aprendola incuriosito.
Today Hospital.
Mi rigirai la busta tra le mani, assicurandomi che ci fosse il mio nome. Magari poteva esserci un errore di battitura: John Cristopher Depp II. Ahimè, ero proprio io. Un bigliettino cadde, svolazzando fino al mio piatto e lo aprii, assieme ad una cartellina biancastra.
Scrutai le fotografie in bianco e nero e mi ci volle un attimo prima di riconoscere cos’era veramente: un ventre. Era l’ecografia di un ventre. Avevo già visto quel tipo di immagini.
Strabuzzai gli occhi, guardando meglio le immagini in bianco e nero: notai il piccolo capo di un bambino e le sue manine strette in due pugni. Spalancai la bocca e di scatto aprii il bigliettino, leggendone il contenuto.
«Merda», sussurrai ad occhi sgranati, buttando la sedia a terra quando mi alzai. Afferrai un paio di pantaloni, una maglia e corsi verso l’aeroporto più vicino.

 

Non è da me aggiornare tutte queste cose assieme ma non stavo più nella pelle: diciamocelo chiaramente, si dorme meglio la notte sapendo che i due piccioncini stanno bene! u.u
Capitolo abbastanza lungo, anche se non è chissà che... a livello di contenuto Denise ha scoperto che il bambino è un maschietto! *^* Un "baby Depp" come lo chiama Tim xD
E poi, grazie a Marylin (che vita sarebbe senza amici come lei?!?) Johnny finalmente ha aperto gli occhi!! E...si precipita a prendere un aereo u.u non mi sono dilungata, non ho scrito altro per lasciare un po' di suspance: il prossimo capitolo si aprirà con il pov Johnny e finalmente capiremo cosa gli è successo in tutto questo tempo e cosa ha intenzione di fare!!
Troverà Denise a braccia aperte?? Conoscendo il suo carattere orgoglioso, non penso proprio ù.ù *Non spoilerare, stupida!!*
Ehm... vi lascio con un bel grazie di cuore per tutto questo, non immaginavo che le mie stupidaggini potessero arrivare così lontano a tal punto da essere una delle storie più popolari ^^'
A presto :*
  
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