Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: MadnessInk    02/03/2013    3 recensioni
-Mi spiega come faccio a truccarle l'occhio se non lo chiude? Vuole che le trucchi il bulbo oculare?-. E David si limitò solamente a dire:-Trevor, dopo lo show provvedi a licenziare questa dipendente inutile-. -Ma mr. Bowie, che sta dicendo? È la m...- e lui, sbraitando letteralmente: -Taci, fa' quello che ti ho detto!-. A quel punto Mya non resse più.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E se David era sull'orlo di scannare Trevor, Mya e Paul se la ridevano percorrendo con non troppa fretta le strade di Parigi. Fu dopo un bel po' che arrivarono di fronte ad un portone.
Paul si aggiustò il papillon e poi suonò il campanello. Si sentirono dei passi che scendevano le scale e una voce che, come una figura dalla penombra, emergeva: -...suona il campanello, suona, che non sai fare nient'altro, razza di s...- Linda, la moglie di Paul, non fece in tempo a finire la frase che, appena aperta la porta, il maritò la baciò appassionatamente. Poi si scostò e, con il terrore di essere fatto a tocchetti dalla moglie, le sussurrò all'orecchio: -Linda, amore mio, dovremmo ospitare una donna per stanotte...-. La moglie stette per sbattere il marito contro il muro al fine di picchiarlo a sangue, ma Paul si salvò in calcio d'angolo prendendo il telefono in mano e chiamando la sua segretaria: -Monica? Ciao, sono Paul, per domani disdici tutti gli appuntamenti in programmazione, devo dedicarmi a mia moglie! E a chi importa di quei tizi così grigi! La vita bisogna godersela! Ciao Monica, ci sentiamo!-, e dicendo questo sbatté la cornetta al suo posto e si rivolse dolcemente alla moglie: -Avevi ragione tu, mi dedico troppo poco a te! E lei è la donna che me lo ha fatto capire. Però anche lei sembra avere il cuore a pezzi ed io vorrei adesso ricambiarle il favore che mi ha fatto, capisci, cara?-. Quel genio di Paul riuscì a convincere la sua consorte: -Ah, capisco-, sussurrò Linda all'orecchio di Paul, poi accolse Mya col sorriso sulle labbra in casa loro: -Entra cara, come ti chiami?- le chiese la casalinga. Lei, con un filo di voce, rispose: -Sono Mya, piacere- e porse la mano alla signora McCartney, che la strinse: -Cara, è notte fonda, perché vai in giro con gli occhiali da sole?- le disse la gentile donna in vestaglia. Mya si toccò delicatamente attorno gli occhi ed esclamò sorridendo: -Già, è vero!- e togliendo gli occhiali rivelò gli occhi color ghiaccio e uno sguardo affogato nella tristezza. Linda chiamò il maggiordomo: -Laurent! Laurent! Su, svelto!- ed un ragazzo sulle ventitré anni scese dalle scale: -Sì, madame, cosa posso fare per lei?- disse a Linda, facendo un inchino non troppo profondo. La donna, indicando Mya, gli ordinò con tono dolce: -Prepara una stanza per la nostra ospite e porta su i suoi bagagli, per favore-. Il ragazzo annuì poi, andando verso Mya, le si rivolse con garbo: -Permette, madame?-. Mya, un po' allibita da tale cortesia, lo corresse: -Mademoiselle, ma può chiamarmi Mya- poi gli porse gentilmente i bagagli: -Ecco a lei, e tante grazie-. Laurent si inchinò un'altra volta e poi prese i bagagli e sparì su per le scale.
Paul, Linda e Mya andarono in salotto, si accomodarono. Paul si rivolse a Mya: -Allora... Mya, parlaci un po' di te. Intendo dire... sono anni che volevo conoscerti, non so praticamente nulla di te. Ad esempio... ehm... vediamo... ah! La tua famiglia: tuo marito, i tuoi figli eccetera-. Mya sorrise e ridacchiando disse: -Io non sono sposata e non ho figli. Non ho legami di alcun tipo che mi riconducono a qualcuno in particolare. L'unica famiglia di cui posso parlarvi è quella in cui sono cresciuta, se va bene lo stesso- Paul e Linda annuirono e Mya continuò: -Beh... direi che per iniziare dovrei dire che non sono inglese- Paul balzò in aria, sconvolto: -Che vuol dire che non sei inglese?-, Mya gli fece segno di sedersi: -Calmo Paul, calmo. No, non sono inglese, sono italiana. Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in Inghilterra quando io avevo dieci anni. Mia madre, siciliana, si chiama Ada e mio padre, pugliese, Diego. Ho due fratelli: Daniel e Kurt. Daniel è undici anni più grande di me, Kurt invece quattordici. Ho vissuto a Londra per più o meno undici-dodici anni. Poi ho sempre dovuto viaggiare per lavoro- Mya si fermò. Non sapeva che altro dire, così ci pensò Linda: -E che professione eserciti?- disse. Paul volle tappare la bocca alla moglie, ma non ce ne fu bisogno, Mya rispose tranquilla: -Beh, ora sono ufficialmente disoccupata, ma fino a qualche ora fa esercitavo la professione che più odio al mondo: il make-up artist-. Linda era in procinto di dire qualcosa, ma Paul la fermò dicendole: -Linda, tesoro, è per questo che ha il cuore a pezzi, si è licenziata-. Linda, con una dolcezza unica si rivolse comprensiva alla loro ospite: -Bene, cara, cosa ti è successo? Non sembri molto allegra, la gente dovrebbe sempre essere allegra. Su, confidati pure con noi-. Un po' esitante Mya iniziò il suo monologo: -Beh, iniziò tutto un pomeriggio del novembre del 1961, a Londra. Uscivo da scuola alle sette all'epoca, poiché seguivo dei corsi fuori dall'orario scolastico standard. Quando uscii dal portone della mia scuola mi accorsi che da più o meno un quarto d'ora un temporale simile al diluvio universale era scoppiato. Mio padre era a lavoro, mia madre anche e non potevano prendermi da scuola. Mio fratello aveva la febbre e l'altro mio fratello era dalla fidanzata. Casa mia non era molto lontana, ma neanche troppo vicina. Perciò dovetti correre. Ero a pezzi dopo due minuti di corsa, che non erano pochi dato che andavo a 180 all'ora. Ero una delle studentesse più veloci della mia scuola, ma non mi allenavo sulla resistenza da un sacco di tempo. Perciò mi fermai davanti alla gelateria dove ero solita andare: il MILKSHAKE. La proprietaria mi fece segno di entrare. Ero una cliente affezionata di quel locale, lo sono tutt'oggi. Perciò Cindy, così si chiamava la proprietaria, mi diede un asciugamano e una cioccolata calda. Parlammo del più e del meno, poi pagai e feci per alzarmi. “Dove vai senza ombrello? Aspetta che smetta di piovere o ti verrà il raffreddore!” mi disse Cindy. “Ho fretta, non posso aspettare, mio fratello ha la febbre, non voglio che stia solo più del dovuto” esclamai io. Poi sentii una voce maschile alle mie spalle “Allora mi permette di accompagnarla, signorina?”. Mi girai e vidi un ragazzo con gli occhi azzurri e i capelli castani con in mano un ombrello. Rimasi stupita. I ragazzi come lui erano molto rudi, lui era il primo così galante con me. Ma gentilmente rifiutai e uscii. Dopo appena quindici secondi mi ritrovai riparata da un ombrello. Era il ragazzo di prima. “Mi scusi, ma proprio non voglio che si prenda un raffreddore”. Si presentò, poi mi prese la mano e la baciò. Cercai di non far vedere quanto fossi esterrefatta. “Io sono Mya Sion, piacere di conoscerla” e cose così. Perciò mi accompagnò a casa. Mi lasciò davanti alla porta, aspettando che entrassi. Forse inizialmente non era proprio quella la sua intenzione, posso dire adesso, conoscendolo come le mie tasche. Comunque ci lasciammo lì e non successe nient'altro. Lo vidi dalla finestra del piano di sopra scriversi l'indirizzo di casa mia. Alla fine di novembre eravamo inseparabili: due inseparabili amici del cuore. Lui era un musicista, sempre alla ricerca di una nuova band ed io sempre al suo fianco, per evitare che facesse stupidate. Poi decise di fare il solista, ma la maggior parte dei suoi testi non erano accettati dalle case discografiche, e lui era sempre più giù per questo, la gente non lo capiva. E forse non lo capisce tutt'ora. Era un ragazzo molto timido e molto egocentrico, so che può sembrare strano, ma è vero. Un giorno eravamo al MILKSHAKE. Lui mi guardò e mi disse “Ho un contratto”. Io ero felicissima e anche lui, certamente, lo era. Poi continuò “E ho bisogno che tu mi stia vicina. Ci sarai?”. Era la domanda del secolo. Per me lo è ancora. In piena coscienza di ciò che stavo dicendo gli dissi “Certo, dovunque, quando dovessi aver bisogno di me, io per te ci sarò sempre, come al solito”. Dopo qualche mese mi ritrovai ad essere la sua truccatrice. Odiavo truccare le persone, lo odio ancora, ma non m'importava. Era mio amico, avrei fatto qualsiasi cosa per lui. Nel 1967 uscì il suo primo disco. Non fu un successo, ma lui non si abbatté. Nel 1969 il secondo. Qui arrivò il successo. Era al settimo cielo. Io sapevo che quel momento sarebbe arrivato. E non ci sarebbe voluto molto, perché era un genio, perché è un genio-. Paul guardò la moglie Linda con l'espressione di chi si sta vantando “Sì, un genio, e chi sarà mai 'sto tizio...”. Mya lo guardò e pensò in risposta, quasi come se Paul avesse pensato ad alta voce “Sicuramente uno più genio di te”. Poi continuò: -Andava a ritmo di un album all'anno. Durante le sessioni di registrazione del terzo album, nel 1970, io non potei essere con lui notte e giorno, per motivi di esami. Però lo chiamavo una sera sì e una no. Per sapere come stava, come andavano le registrazioni. Quando non lo chiamavo io mi chiamava lui, quindi ci sentivamo ogni giorno. Non eravamo fidanzati, non lo siamo mai stati, siamo sempre stati i migliori amici l'uno dell'altra. Niente avrebbe mai potuto dividerci. Neanche sua moglie, quando la conobbe. Anzi, le ero molto simpatica, non so per quale assurdo motivo, ma le ero simpatica. Sarà perché non ci provavo col marito. Come avrei potuto? Era il mio migliore amico. Passavamo i natali insieme: io, lui e sua moglie. Ebbero anche un bellissimo bambino che farà cinque anni tra qualche giorno, Duncan.
Però... però qualcosa ci divise: il troppo successo. Dopo l'album del 1971 arrivò quello che ad oggi è considerato il suo miglior disco. Il '72 è l'ultimo bel ricordo che mi resta della nostra amicizia. Poi partì il tour mondiale. Iniziò a diventare come la maggior parte della gente famosa: presuntuoso, arrogante, viziato e quant'altro. Iniziò a comportarsi in modo freddo con me ed io dovetti fare lo stesso, non abbandonando però la dolcezza. Tutti noi dello staff siamo finiti a fargli da tappetino. Avevo deciso di dare le dimissioni oggi. E quel che è successo mi ha convinta ancora di più. Lo stavo truccando: non voleva chiudere l'occhio che stavo trattando. “Cerchi di essere meno spiritosa e di rendersi utile facendo bene il suo lavoro, perché è per questo che la pago” mi ha detto. “È per questo che la pago”, ma vogliamo scherzare? Sarei dovuta andare all'università a studiare invece di star lì con lui. Perciò dopo averlo rimproverato ho dato le dimissioni. Fine della storia- e dopo aver finito riprese a respirare come le persone normali.
Linda, sconvolta, affermò: -Oh, ma è terribile! Tanti anni di amicizia finiti così!-, Paul subito la riprese: -Ma se lei non avesse dato le dimissioni non sarebbe successo!-, Linda replicò: -Ma se lui non si fosse comportato in quel modo lei non avrebbe dato le dimissioni, idiota!-, Paul non volle star zitto: -Se ami una persona la sopporti-, sua moglie ribatté: - Ma hai visto com'era diventato?-, lui voleva avere ragione: -Se ami una persona la prendi così com'è!- e finì per avere torto: -Ma lui non era così! Lei lo ama per quello che era! Il troppo successo lo ha reso una bestia! E lei non poteva più sopportare la vista del suo amico che peggiorava sempre più. Hai capito ora, testa di rapa?- esclamò la moglie. Paul stette un attimo zitto e poi proferì: -Ah. Non l'avevo capito. E allora hai fatto bene-. Linda, con le mani tra i capelli sospirò e si rivolse al consorte: -Oh, Paul, a volte mi chiedo come tu sia riuscito a fare un tale successo con un cervello del genere!-. Il marito girò la frittata a suo favore: -Ma dai, tesoro, a chi non piacciono i Beatles? Voglio dire...- e così dicendo si rivolse a Mya: -Mya, a te piacciono i Beatles?-. E lei, con molta gentilezza: -No, in realtà detesto i Beatles. Soprattutto la concezione che la gente ha dei Beatles. Sono l'eccezione che conferma la regola, se vuoi prenderla così, Paul. Altrimenti ti chiedo di non essere offeso-. Paul restò di stucco e la moglie anche. Paul, prontamente rispose: -Beh, non me lo sento dire tutti i giorni. Sei proprio schietta, eh? Allora, potrei sapere che musica ascolti?- le chiese un po' acidino. Mya sospirò in silenzio, pensando a ciò che non aveva mai pensato prima. Era una fan di David Bowie e non ci aveva mai pensato. Perciò sospirò un'altra volta e rispose alla domanda che Paul le aveva posto: -Beh, io ascolto di tutto, ma non tutto mi piace. Tendo molto all'heavy metal, anche se non sembrerebbe. Adoro ascoltare Fabrizio De André e Renato Zero. Mi piace molto la musica classica, ma non ci perdo la testa. Penso che Bob Dylan sia un genio. Sono fan dei Queen e di David Bowie e penso che Mercury e Bowie siano dei geni-. Stettero lì a parlare di questo e di quello, Paul difendeva i Beatles, Mya faceva lo stesso con Bowie. Linda era quella che ogni volta cambiava discorso e che permetté una nottata divertente e senza morti.

 

ANGOLO AUTRICE

Hello! Io, Paul, Linda e Mya siamo tornati per allietare (speriamo) le vostre giornate! David e Trevor torneranno nel prossimo mini-chapter! Mancano più o meno due mini-chapter e poi si passerà al capitolo 3 (che sto scrivendo da settembre-ottobre... e non mi viene nulla di nulla...). Godetevela e, per favore, recensite in molti, vorrei tanto sapere cosa ognuno di voi prova mentre legge ciò che scrivo.

Bacioni, MadnessInk


 

  
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