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Autore: nephylim88    02/03/2013    0 recensioni
Quando si parla di case maledette acquistate, il nostro pensiero va immediatamente alla sorte dei poveretti che hanno acquistato gli edifici in questione. Ma come vivono la situazione quelli che vendono queste case? Ho voluto mettermi nei panni di un giovane agente immobiliare, che si ritrova a vendere una della case più famose di Venezia, almeno da questo punto di vista...
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rientrai in casa. Era stata una giornata abbastanza infruttuosa, a dire il vero. Ma non era un particolare problema, con la vendita di Ca' Dario, mi ero garantito almeno un paio di mesi senza troppe preoccupazioni finanziarie. Forse anche di più, considerando che non sono mai stato il tipo che va in giro a far bagordi.

Mi guardai in giro. Adoro casa mia, anche se è discretamente vecchia e un po' in decadenza. Credo che lo stabile fosse del 1800, o giù di lì, con il pavimento in legno, di quelli che quando ci cammini sopra scricchiolano da matti e sembra quasi che sotto ci sia uno spazio vuoto. Mi avviai verso il bagno, facendo scrocchiare il mio collo irrigidito. Aprii il rubinetto e lasciai scorrere l'acqua per un po', per farla scaldare. Nel frattempo mi spogliai, poi mi cacciai sotto l'acqua. Mi ritrovai a pensare che, in realtà, il mio lavoro non mi piaceva poi molto. In fondo le case antiche non si vendono così tanto, non capita spesso che un milionario venga nella nostra agenzia per comprare ville. Il che rendeva il mio lavoro molto noioso, sebbene molto remunerativo. A dire il vero, Alessandro Borgia mi diceva sempre che non era necessario che mi presentassi tutti i giorni, bastavano un paio di volte a settimana. Ma io conoscevo perfettamente la mia indole, e l'inoperosità mi rendeva depresso. Così, passavo giornate intere a telefonare a ricconi (per lo più americani, gli unici che sapevo essere abbastanza interessati a case con un alto potenziale di infestazione di fantasmi). Oppure a cercare case in vendita da prendere su commissione, non solo a Venezia, ma anche nei dintorni. Beh... dintorni è un eufemismo, visto che ormai praticamente giravo per tutto il Veneto! In pratica funzionava così: periodicamente, tre giorni a settimana li passavo in ufficio a telefonare in giro, e gli altri due li trascorrevo girando per le varie città e cittadine del Veneto. Ero arrivato fino a Feltre, così facendo. Certo, non potevo girare per tutto l'anno a cercare case da acquisire e rivendere. Ok che avevo un rimborso spese, ma non volevo esagerare!

L'acqua improvvisamente si ghiacciò. “Dannazione!” strillai, come una donnetta. Ma perché diavolo l'amministratore non faceva riparare quella dannata caldaia? A quel punto mi insaponai rapidamente e poi mi sciacquai ancora più velocemente. Poi uscii dalla doccia, bene intenzionato a chiamarlo e a dirgliene quattro. Allungai la mano verso il cellulare. Fu a quel punto che venni colto di sorpresa da una chiamata in entrata. Guardai il display per identificare il numero, ancora un po' stordito dal nervosismo che mi aveva preso. Poi risposi.

“Ciao Géneviève!”

“Ciao Giorgio! Disturbo?”

“Assolutamente no!” farfugliai mentre mi asciugavo un paio di gocce che mi stavano colando sul petto. Erano trascorsi un po' di giorni dalla vendita di Ca' Dario. Io e Géneviève ci eravamo scambiati il numero, e ci sentivamo tutti i giorni, per un motivo o per l'altro. Devo confessare che la sentivo molto più vicina di parecchie persone che conoscevo da molto più tempo. Quasi più vicina del mio migliore amico.

“Mi chiedevo se stasera hai da fare.”

“No, assolutamente!”

“Che ne diresti di venire qui a cena, allora?”

“Nella tua casa maledetta?? Brrrr!” scherzai. Lei scoppiò a ridere “Certo che ci sarò! Devo portare qualcosa?”

“No, non ti preoccupare! Ti aspetto per le otto, allora!”

Guardai l'ora. Erano le sette e mezza.

“Forse tarderò un pochino, dipende se faccio a tempo a prendere i mezzi.”

“Ti aspetto!” ripeté. Poi riattaccò.

 

Mezzora dopo ero al cancello di Ca' Dario. Puntuale come le tasse, dice sempre mia madre. Le mie piccole paranoie sul mio eventuale ritardo erano completamente infondate. Avevo persino fatto a tempo a fermarmi in una pasticceria a prendere un po' di pastine, giusto per non arrivare a mani vuote. Lei mi aprì, e quando mi vide, sorrise, raggiante.

“Sei anche arrivato puntuale, hai visto?”

Le sorrisi di rimando, poi la seguii dentro casa. Mi colse una sensazione molto strana, entrando. Come se stessi entrando in un mondo sconosciuto. E sì che ci ero già entrato altre volte, lì dentro! Mi riscossi, pensando che, dopotutto, ero solo molto stanco. Tanto più che la casa, che era discretamente illuminata, sembrava in qualche modo oscura. Tetra. Sì, decisamente ero stanco!

Seguii Géneviève in soggiorno.

“Ma lo sai” mi disse “che il tuo stupido racconto su questa casa mi ha impressionato?” rise “Ora sento presenze strane dappertutto!”

“Davvero? Tipo?”

“Beh, magari sto leggendo, e mi passa un soffio d'aria fredda a fianco.”

“Sarà uno spiffero, tieni conto che questa casa è antica.”

“Oppure vedo qualcosa muoversi con la coda dell'occhio.”

“Sono sicuro che questo è dovuto al fatto che devi ancora ambientarti.”

“Sì, ne sono certa! Ma ammetto che fa impressione!”

“Madame Dubois?” una voce interruppe la nostra conversazione. Mi voltai, e vidi una signora anziana sulla soglia, vestita con una divisa da cameriera “Je peux servir le diner.”

“Oh, merci, Julie!” le rispose Géneviève.

“Ah, beh!” la presi in giro “non mi avevi detto che hai anche una cameriera!”
“Julie lavora per me da quando mi sono sposata. A dire il vero non mi interessava poi molto che mi seguisse in Italia, ero disposta a mandarla in pensione, ma lei ha insistito per continuare a lavorare con me. Siamo molto affezionate l'una all'altra. E ora andiamo a mangiare! La cena è pronta!”

  
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