Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: soxy88    18/09/2007    6 recensioni
Questa fan fiction è inspirata al film d’animazione di FullMetal Alchemist ed è dedicata a tutti coloro che, come me, hanno trovato il finale un po’ incompleto… Questo è un mio finale alternativo che spero non vi deluda. Coppie Edward/Winry, Roy/Riza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un pò tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3

Ed ecco finalmente l’ultimo capitolo di questo mio finale alternativo.

Mi è venuto lunghissimo, ma non me la sentivo proprio di dividerlo, quindi…

Prima di lasciarvi leggere, però, devo fare alcune precisazioni:

-         Francamente non mi ricordo se il mio rating lo prevedeva, quindi, a scarso di equivoci, premetto che ci saranno scene un po’ più spinte del normale, anche se, in realtà, vengono presentate solo dal punto di vista dei sentimenti che provano i protagonisti… In ogni caso, io vi ho avvertito.

-         Per quanto riguarda il lavoro di Edward, di cui si parla ad un certo punto, premetto che io, in realtà, non ne capisco un acca di quell’argomento, quindi se ci saranno scritte delle cavolate, lasciate perdere…

-         Inoltre, anche in questo capitolo è presente una parte scritta in corsivo, presa dal film; purtroppo, non sapendo che altro carattere usare, ho scritto in corsivo anche i ricordi dei protagonisti. Fate finta di niente…

Bene, quindi, dopo tutte queste premesse, vi lascio leggere, augurandomi che non rimaniate delusi.

Buona lettura!

Caio ciao!

Un saluto anche a chi mi ha recensito: in ordine temporale, Roy Mustang sei uno gnocco, Valy88, Chibimayu e Nanni92.

Grazie di cuore!!!

Tra parentesi, sono felice di aver lasciato un po’ di dubbi sulla donna, ma a quanto ho capito ci siete arrivati tutti. Ih ih!

Ultima precisazione, poi vi lascio promesso.

Rispondo alla domanda di Chibimayu: gli eventi temporali si svolgono in successione a partire dalla fine del film, quindi la scena di Roy-Riza, si è svolta tre mesi dopo la fine del primo capitolo della mia fic. Come l’ultima parte del secondo, e tutto questo capitolo, sono ambientati tre anni dopo. Spero di essere stata abbastanza chiara…

Ora ho veramente finito.

Ciao ciao!

 

 

 

 

 

Capitolo 3

Parecchi minuti dopo…

 

 

 

I due stavano continuando a camminare l’uno accanto all’altra in assoluto silenzio.

La conversazione non era proseguita più di tanto, anche perché, per un qualche inspiegabile motivo, tra loro era sceso un po’ d’imbarazzo.

Ormai camminavano da parecchio, quando avevano incominciato a distinguere la periferia; d'altronde, era inconfondibile: le case ammassate cominciavano a diradarsi, lasciando spazio a casette isolate in mezzo alla campagna ed ai campi agricoli.

Quel paesaggio era decisamente piacevole alla vista e riusciva a trasmettere falsa tranquillità: lo stesso sentimento che da parecchio sembrava estraneo agli abitanti della città appena passata, almeno così la vedeva Noah…

 

“Certo che Edward si è scelto un posto parecchio isolato: ci siamo allontanati di molto dalla città” aveva poi rotto il silenzio lei, dopo molta strada percorsa.

“Già… A lui piace la tranquillità: dopo tutto siamo nati in una località decisamente rurale” aveva risposto con un sorriso sereno Al.

“Ora capisco perché vi siete separati: non dev’essere facile fare, ogni giorno, tutta questa strada per andare a lavoro, specialmente per un ragazzo non motorizzato come te”

“Per questo motivo sono rimasto nella nostra vecchia casa. Però, devo dire che non mi lamento: sto bene da solo, e poi posso vedere mio fratello quando voglio. Quindi non c’è nessun problema…” il viso ottimista di quel sedicenne era decisamente disarmante, specialmente per una donna come lei.

Quindi si era limitata a sorridergli, continuando a camminare.

“… Oh… a proposito… Mi dispiace farti fare tutta questa strada a piedi” aveva poi cercato di scusarsi lui.

“Stai tranquillo: non mi dispiace. E poi credo che non sia tanto facile trovare un passaggio di questi tempi, specialmente se accompagni una come me…” ed aveva abbassato il viso, incupendolo.

Lui aveva distolto lo sguardo, facendosi scuro in volto a sua volta: quelle parole corrispondevano sicuramente alla verità.

“In ogni caso, tornando al discorso sulle case, ormai ci siamo: ce l’abbiamo quasi fatta…” aveva poi aggiunto, vago.

“Che intendi dire?” lei sembrava incuriosita.

“Come sai, non abbiamo ancora abbandonato l’idea di andarcene, proprio come ti ho scritto nella mia lettera di risposta. Ormai abbiamo messo da parte un po’ di soldi; tra il lavoro di mio fratello ed il mio, abbiamo abbastanza da cominciare una nuova vita lontano da questo paese. In realtà e più che altro Ed che porta a casa parecchi soldi, grazie ai finanziamenti che lo stato gli assegna: sai, con lo stipendio di un semplice giornalista, non si va molto lontano… E poi c’è il negozio… Tra un po’ potremo andarcene da questo posto, esattamente come voi” ed aveva sorriso speranzoso.

“Quindi Ed lavora ancora in quel laboratorio? Nell’ultima lettera di risposta, in cui mi dicevi di venire a trovarvi, non ho trovato sue notizie” ora sembrava davvero molto curiosa.

“È vero: non ho parlato di lui, anche perché non rispondo a nome d’altri; siccome lui non sapeva della tua risposta, puoi capire… Beh, in ogni caso, continua a lavorare in quel laboratorio proprio come hai detto tu. Sai, non ha ancora abbandonato l’idea di salvare il mondo… Aspetterà sicuramente di riuscire nella sua impresa, prima di partire. Eh… È veramente irrecuperabile” ed aveva fatto un’espressione rassegnata buffissima, facendo sorridere Noah.

“Quindi non si è ancora arreso? È proprio da lui fare una cosa del genere” ed aveva sorriso ancora, guardando davanti a sé.

“In realtà, si sta scoraggiando… Tutti i suoi tentativi di sabotaggio non sono andati a buon fine, anzi… Da quando hanno un genio come lui nella veste di collaboratore, le ricerche sono proseguite bene e, nonostante tutti i suoi sforzi, pare che quell’arma potentissima che apparterrà al futuro di questo mondo, quella che solo lui ha visto, stia pian piano prendendo forma. Gli studi condotti su quella bomba all’uranio proveniente dal mio mondo, stanno dando i loro frutti e gli scienziati si stanno sempre più avvicinando alla materia della radioattività e del subatomico applicate in campi decisamente non scientifici… Non so se con i suoi tentativi di sabotaggio degli esperimenti condotti in quel laboratorio, Ed riuscirà a fermare quei pazzi. E se anche lo facesse, questa materia viene studiata anche in altri luoghi, da altri scienziati… La situazione è sempre più grave…” ed aveva teso le labbra, contornando la conversazione con un’atmosfera decisamente preoccupante.

Subito dopo, aveva continuato, facendo un sorriso amaro.

“… Sai, è curioso che proprio un alchimista come lui debba seguire questi studi” la sua ultima frase l’aveva spiazzata.

“Che intendi dire?”

“Beh… vedi… noi alchimisti siamo le persone che più di tutti si avvicinano a quegli scienziati: infondo, noi studiamo la composizione delle cose e della materia, la scomposizione e la ricomposizione in un altro materiale. Lui, in questo, trova molte somiglianze con quello che stanno facendo loro, nell’analisi dell’atomo e delle sue parti. Immagino che mio fratello non sia entusiasta di vedere che uno studio come quello, possa portare a conseguenze simili… Di sicuro sta pensando ancora che tutti i mali del mondo siano colpa sua, come suo solito: è decisamente egocentrico” ed aveva sorriso ancora amaramente, parlando con tono ironico.

“Non prendere in giro tuo fratello, su argomenti simili…” aveva detto grave lei, rimproverandolo.

Lui aveva subito fatto un’espressione seria e tesa.

“… Prova a pensare a come deve soffrire: infondo, quella bomba proveniva dal vostro mondo ed è normale che si senta leggermente responsabile” il suo tono era molto critico ed Al l’aveva notato.

“Ma lui non riesce a provare solo un leggero senso di colpa, come la norma vorrebbe: lui si sente sempre responsabile di ogni cosa che accade, ed ho paura di questo!…” ora aveva stretto i pugni.

Lei aveva notato il cambiamento di tono del ragazzo, che ora appariva più amareggiato e preoccupato.

“… Temo che possa commettere una qualche pazzia come suo solito, solo per impedire l’inevitabile. Mio fratello non capisce mai quando è il momento di lasciar perdere! Io non voglio perderlo di nuovo!” ed aveva stretto di nuovo i pugni, questa volta con più forza, fermandosi in mezzo alla strada.

Lei si era preoccupata, mentre sgranava gli occhi.

Ora aveva capito cosa stava veramente dietro a quella sua ironia di prima: era veramente preoccupato per Ed.

Vedendolo in quello stato, sentiva che Al stava contagiando anche lei: sapeva bene che Ed era capace di ogni cosa pur di aiutare il prossimo.

“Scusami, non volevo turbarti. Spero vivamente che, questa volta, tuo fratello riesca a pensare anche a sé stesso e a chi gli sta vicino; spero che tu non debba più preoccuparti per lui” ora gli si era avvicinata ed aveva cercato di consolarlo.

Lui, dal canto suo, sembrava non ascoltarla: continuava a stringersi il viso con la mano destra, come per nascondere una visione temuta che poteva ripetersi.

Poi, improvvisamente, aveva inclinato il viso verso sinistra, cominciando ad osservare lo sterrato sotto i suoi piedi.

“Non voglio più rivedere la sua schiena che si allontana, per poi non ritornare mai più…” ed aveva stretto nuovamente i pugni, ingrossando le vene nelle mani.

Lei aveva sgranato gli occhi, preoccupandosi per quella sua affermazione.

“… Glielo ho già visto fare, e non voglio che si ripeta!…”

Lei continuava ad ascoltare con attenzione, mentre cresceva la tensione.

“… Nella sua vita ha sempre pensato agli altri: prima a me, poi al nostro mondo, poi a questo… Non ce la faccio più! Non voglio che continui a vivere in un modo simile! Quando abbiamo tentato la trasmutazione, lui ha pensato a me e farmi ritornare com’ero, invece di pensare al suo di corpo. Quando abbiamo finalmente trovato la pietra filosofale, lui ha pensato a fermare gli homunculus e chi li comandava, invece di raggiungere il suo obiettivo, perdendo quasi irrimediabilmente la vita. Quando io ho donato tutto me stesso per salvarlo, lui mi ha riportato indietro, giungendo qui. Quando ci siamo ritrovati, lui ha deciso di tornare in questo luogo, per salvare tutti noi dell’altro mondo. Ed ora corre dei gravi rischi, cercando di sabotare quegli esperimenti assurdi, per salvare questo; se lo scopriranno rischierà grosso… Ma quando la finirà?! Quando la finirà di agire sempre di testa sua, ignorando quelli che gli stanno intorno?!” le sue parole erano state critiche, ma cariche di preoccupazione.

Noah, d'altronde non sapeva come controbattere, visto che sapeva benissimo che quelle parole corrispondevano alla verità più vera.

“Al, ascolta… Io non so come andrà a finire, ma ti posso dire che, almeno per il momento, lui è qui con te. Non devi crucciarti per un futuro di cui non puoi sapere nulla: devi limitarti a passare al meglio i momenti che vivete insieme. Vedrai che tutto andrà per il meglio… Voi ve lo meritate” e gli aveva sorriso dolcemente, con fare comprensivo.

“Lo so che mi devo comportare così come hai detto, ed è quello che sto facendo… Sperando sempre che lui un giorno capisca… Anche se so che è un inguaribile testardo” ed aveva fatto un sorriso amaro, ma almeno appariva meno teso di prima.

Lei ne aveva gioito dentro di sé.

“Ormai dovresti conoscerlo” aveva poi detto dolcemente, sorridendogli.

Lui aveva fatto lo stesso, felice che lei l’avesse capito.

Quindi, insieme, avevano ripreso a camminare, mentre lei gli indirizzava un sorriso comprensivo, accompagnato da occhi socchiusi e dolci.

 

Dopo un’altro po’ di strada, lei aveva ripreso a parlare, osservando gli uccelli nel cielo che volavano tranquilli.

“Lo sai… Era da molto che non sentivo più parlare di questa storia…”

“Di che storia parli?” lui sembrava un po’ distratto, come se fosse appena ritornato alla realtà, grazie al suono della sua voce.

“Dell’obiettivo di Ed. Sono passati tre anni, se non sbaglio… Da quando ne sentii parlare la prima volta, non abbiamo più toccato l’argomento. Per questo prima mi sono interessata subito: sapendo che il discorso sul lavoro di tuo fratello era come un tabù, mi sono stupita nel sentirti parlare proprio di quello…”

“Hai ragione: era da molto che non ne parlavamo così direttamente. L’ultima volta è stata sul carro che abbiamo preso, per andare in città, dopo il funerale dell’altro Alphonse…” ed aveva alzato il viso anche lui, osservando lo stormo d’uccelli che si muoveva nel cielo con movimenti disordinati ma coerenti.  

“In realtà, quella volta parlaste tra voi, ma io sentii tutto. Ricordo ancora le vostre parole…”

 

“Fratello, quanto si spingeremo lontano?”

“Prima di tutto, devo trovare la bomba d’uranio che è stata portata qui. Una cosa del genere è inutile in entrambi i mondi. Forse ci sarà un’altra grande guerra. Quella è qualcosa che è stata già decisa. Non posso più pensare che questo mondo è scollegato da me. Questo è il nostro mondo. Non c’è nessuna differenza. Vivremo qui”

 

“… Nelle parole di Ed si capivano benissimo le sue intenzioni. È proprio una persona egocentrica, che si assume colpe non sue e cerca di rimediare ad esse. Però bisogna ammettere che, nelle sue intenzioni, l’obiettivo principale rimane sempre salvare le persone a cui vuol bene. Quel suo discorso su questo mondo e su cosa per lui aveva cominciato a rappresentare, fa capire anche questo” ed aveva riso, delicatamente, contagiando Al.

“Già… è vero” il sedicenne sembrava decisamente più rilassato di poco prima.

“In ogni caso, c’è una cosa che non ho mai capito” aveva improvvisamente cambiato argomento lei.

“Che cosa?”

“La reazione che avete avuto quando avete visto chi era alla guida del carro. Quando vi siete avvicinati, dopo che io avevo chiesto di farvi accompagnare nell’ospedale vicino, avete fatto una faccia strana…”

Al, ricordando la scena, aveva fatto un sorriso isterico.

“Ah… dici quello… Beh… Vedi… Quelle due persone erano i perfetti sosia di nostre vecchie conoscenze dell’altro mondo” ed aveva rivisto nella sua mente i volti di Scar e di Lust, sorridendo di nuovo nello stesso modo.

“Davvero?” lei sembrava stupita.

“Sai… Dovevamo molto a quelle due persone: entrambi all’inizio c’erano sembrati nostri nemici, ma poi si sono rivelati per quello che veramente erano e ci hanno aiutato molto. Credo che sia per questo motivo che abbiamo reagito in quel modo” ed aveva pensato a quando Scar l’aveva salvato, trasformandolo nella pietra filosofale, e quando Lust aveva cercato di fermare Wrath.

“Non lo immaginavo…” lei sembrava molto sorpresa.

“Se devo essere sincero, io ho avuto la stessa reazione quando ho visto te…” aveva poi ammesso lui.

Lei si era stupita, sgranando gli occhi.

“Come mai?”

“Beh… Nel nostro mondo c’era una donna molto simile a te: era una nostra cara amica” ed aveva pensato a Rose.

“Sul serio?” lei sembrava non capacitarsene.

“Sì. Quando ti ho visto la prima volta, sono rimasto subito colpito dal tuo viso e dalla tua pelle… Sai… anche lei, nel nostro mondo, non era accettata, per il suo color di pelle, dalla gente per cui lavorava mio fratello…” ora aveva abbassato lo sguardo, vergognandosi di quella confessione.

Lei, aveva fatto lo stesso, sorridendo amaramente.

“… Credo che mio fratello, ti abbia preso così a cuore, salvandoti, per il senso di colpa che provava verso Rose: per lei, credeva di non aver fatto abbastanza, nonostante il fatto che, alla fine, lei si sia salvata e tutta la sua gente sia stata accettata”

Lei, a quelle parole, aveva intristito il viso.

Poi aveva subito sorriso, rincuorando Al.

“Beh… puoi dire a tuo fratello che io gli sono grata, perché mi ha salvata” e gli aveva indirizzato un sorriso dolce, anche se ancora un po’ triste.

Lui aveva sorriso a sua volta.

“Penso che se glielo dirai tu, avrà più effetto…” ed aveva socchiuso gli occhi, sorridendo profondamente.

Lei aveva fatto lo stesso, più serena, riprendendo poi a camminare con più velocità.

 

Dopo pochi metri, lui l’aveva fermata con una frase.

“Ecco: ci siamo. Qui è dove abita…” e le aveva indicato una villetta di due piani, immersa nella campagna.

Era un’abitazione molto carina e ben fatta, o almeno a lei così era sembrata.

“… Su, andiamo” l’aveva poi incoraggiata, indicandogli la stradina privata che dovevano percorrere per arrivarci.

“Sì…” si era limitata a rispondere, seguendo il suggerimento del ragazzo al suo fianco.

Dopo poco, però, aveva cominciato a preoccuparsi.

“… Ma sei sicuro che sarò ben accetta?” il suo tono era teso.

“Stai tranquilla: credo che non veda l’ora di conoscerti…” le aveva risposto Al, capendo subito a cosa si stava riferendo.

“… Infondo non è una persona così malvagia, come può sembrare…” e, sorridendo, l’aveva invitata a proseguire.

Così si erano sempre più avvicinati alla casa, con l’impazienza nel cuore.

 

 

 

Nello stesso momento, al di là del portale…

 

 

 

Il suono ritmato e potente dello sbattere alla porta, era riecheggiato in tutto il salottino grande, risuonando di una leggera eco.

L’anziana signora che abitava all’interno di quella casa, forse un po’ troppo grande per lei, si era subito messa in allerta, lasciando cadere gli arnesi da lavoro sul tavolo dello studio accanto al salotto da cui proveniva quel rumore continuo.

“Winry, vai tu ad aprire!” aveva ordinato, con voce stanca, senza però ottenere risposta.

“Signora Pinako, è in casa?” continuava intanto ad insistere l’uomo fuori dalla porta.

“Winry, perché non…?” aveva cominciato la domanda la signora, aprendo la porta dello studio, fermandosi poi subito dopo, incontrando l’immagine della nipote sorridente in mezzo al salottino.

Qualche istante dopo, quella stessa immagine era scomparsa, lasciando la stanza vuota.

Lei aveva fatto un sorriso malinconico.

“Già… Che sciocca che sono. Lei non è qui. Sono proprio diventata vecchia…” e, sorridendo ancora, si era precipitata verso la porta, aprendola.

“… Da quanto tempo non ci vediamo...” aveva poi detto la donna, incontrando l’ombra dell’omaccione che le si parava davanti, coprendola dalla luce intensa del sole pomeridiano.

“Un anno intero, signora Pinako” le aveva risposto lui, entrando in casa con disinvoltura.

“È un piacere rivederla, signor Armstrong” e subito aveva richiuso la porta, isolando lei ed il suo ospite da occhi indiscreti.

 

“Allora, qual buon vento la porta qui?” aveva chiesto educata, porgendogli una tazza di the.

“Ero da queste parti…” aveva risposto lui, vago, non apparendo troppo convincente.

Lei aveva sorriso.

“Come no; lei capita da queste parti tutti gli anni, lo stesso giorno… Non è molto bravo a mentire” aveva poi aggiunto, facendo un sorriso malinconico, sedendosi di fronte a lui, degustando la sua stessa bevanda.

Lui aveva fatto lo stesso sorriso, chiudendo gli occhi.

“Come si sente, signora?” aveva poi detto, rincontrando lo sguardo malinconico della donna.

“Non c’è bisogno che si preoccupi per me” ed aveva abbassato lo sguardo, capendo subito a cosa si stava riferendo.

“Ed il negozio come va?” aveva cercato di cambiare argomento lui, notando il suo tono triste.

“Non tanto bene, in realtà: a parte i clienti abituali, che vendono qui per la manutenzione periodica, non vedo molti altri clienti… Da quando non c’è più mia nipote, gli affari non procedono più di tanto... Lo sa… l’ho immaginata anche prima…” ed aveva stretto le mani attorno alla tazza.

Lui, a quelle parole, aveva incupito lo sguardo.

“Mi dispiace, signora. È tutta colpa mia, se lei ora è in questo stato” ed aveva fatto lo stesso gesto della donna.

“Non dica così. Sono io che non riesco ancora a farmene una ragione… Sono passati tre anni, eppure continuo a sentirla vicina a me… Sono proprio una sciocca, non crede?” ed aveva fatto un sorriso amaro.

“Non parli così di sé stessa; infondo, è del tutto normale reagire così, specialmente oggi che è l’anniversario della vostra separazione…”

Lui si sentiva estremamente in colpa verso di lei, per essere stato l’artefice della sua sofferenza.

“… Non saprò mai come ottenere il vostro perdono, signora” aveva poi ammesso, chiudendo gli occhi.

Lei aveva sorriso, accendendosi la pipa.

“Perdono? Perdono per cosa? Non fraintenda le mie parole, signor Armstrong. Le mie visioni, sono dettate solo dal pensiero che ora lei è lontana da me, da un capriccio sciocco ed infantile per una donna della mia età, ma non certo dal dolore che crede lei…” gli aveva risposto per le righe, stupendolo.

“… Le assicuro che non desidererei un futuro migliore per mia nipote: lei ora è felice, ne sono più che sicura” ed aveva fatto un sorriso più rilassato di prima, tranquillizzandolo.

Quindi, lui aveva sorriso a sua volta, capendo la verità delle sue parole.

“Benissimo! Allora io vado” aveva poi detto improvvisamente, stupendo Pinako.

“Dove crede di andare?!” l’aveva subito rimproverato, sapendo già che cosa aveva in mente.

“Signora… Lo sa benissimo che i miei muscoli hanno bisogno di un po’ d’allenamento ogni tanto” e dicendo questo era uscito, raggiungendo il deposito della legna.

Lei l’aveva seguito, fermandosi sulla porta, osservandolo compiere il suo lavoro volontario.

-È sempre il solito: ogni volta che viene qui, mi spacca tutta la legna… Eh… Che uomo impossibile!- aveva pensato, sorridendo, mentre vedeva un altro ceppo, spezzarsi sotto il possente pugno di quell’uomo.

Subito dopo, aveva incominciato a guardare il cielo sereno, illuminato da un sole ormai basso.

-Anche tu la pensi come me, Winry? Chissà che stai facendo adesso?- aveva poi penato, vedendo ricomparire quel volto famigliare tra le nuvole.

-Chissà se sei felice, come io penso?- e, facendo un nuovo sorriso malinconico, aveva ripreso a guardare l’uomo, riempiendo il cuore di tutta la mancanza che provava nei confronti della nipote.

Nonostante quel senso di vuoto che la ragazza aveva lasciato in lei, però, lei era assolutamente convinta che quello era l’unico modo grazie al quale sua nipote potava essere felice: quello era l’unico futuro che lei le avrebbe mai augurato, ed ora sapeva che si stava realizzando.

Quindi, aveva sorriso ancora, inspirando dalla pipa, permettendo a quella sua convinzione di scavalcare la sua malinconia e darle un po’ di sollievo.

Quella, infondo, era l’unica consolazione che le rimaneva…

 

 

 

Nel frattempo, nell’altro mondo…

 

 

 

Noah continuava a fissare con occhi curiosi quella casetta tanto carina, quanto isolata, che le si parava davanti e che, man a mano che si avvicinava, si faceva più grande.

Però il suo sguardo era stato distratto dalle parole del sedicenne al suo fianco.

“È una bella casa, non trovi?” ed aveva stretto la nuca con le mani, alzando le braccia.

“Sì, è molto carina” aveva risposto lei, sorridendo.

“Lo sai… Questa casa è praticamente la fotocopia di quella in cui abitava Winry, nell’altro mondo. L’ha costruita apposta così mio fratello. Ci ha lavorato parecchio, mentre stavamo ancora a casa mia, tutte le sere dopo il lavoro. Pagava molti operai per finirla in fretta, ma più che altro ci ha lavorato lui. È un bel gesto, non credi?...” ed aveva sorriso sereno.

Lei aveva risposto, annuendo.   

“… È uguale in tutto e per tutto: perfino l’insegna, alla destra delle scale d’ingresso, è identica”

Lei, a quelle parole, aveva socchiuso gli occhi, sporgendosi in avanti, per scorgere meglio il pezzo di legno di cui stava parlando il ragazzo.

Subito dopo, aveva letto quelle grandi lettere lentamente.

Rockbell automail…”

Quindi aveva sorriso ancora.

“… È stato davvero un bel gesto, da parte sua”

“Sai… Secondo me, presto, quell’insegna si modificherà in Elric automail” aveva poi detto scherzoso, ridendo e contagiando anche lei.

“Non sapevo che avessero già intenzioni tanto serie” aveva poi detto lei, sorridendo di gusto.

“Per ora, infatti, non è così, però… Non si sa mai nella vita” ed aveva riso ancora.

“Quindi, in realtà, è per questo motivo che non ti sei trasferito anche tu? Non l’hai fatto per il lavoro?” aveva poi intuito lei.

“Già, mi hai scoperto… Non volevo essere di troppo. Ma non dirlo a loro, perché se no si sentirebbero in colpa a cercherebbero di farmi rimanere ad ogni costo” ed aveva abbassato le braccia, mentre rendeva la donna complice del suo piano.

“Ok! Sei al sicuro con me” e si era portata un dito alle labbra, indicandogli che avrebbe tenuto la bocca chiusa.

“Perfetto!” ed aveva accelerato sensibilmente la velocità del suo passo, raggiungendo quindi l’ingresso.

Lei aveva fatto lo stesso, fermandosi davanti alla porta.

Ora aveva sentito ricomparire un po’ di tensione: non sapeva, infatti, se Winry l’avrebbe accettata come sua ospite. Però, era fiduciosa ed aspettava con ansia che Al aprisse la porta.

Voleva assolutamente conoscerla…

 

Il sedicenne aveva compiuto lentamente il gesto che gli permetteva di aprire la porta, entrando poi all’interno della casa-negozio, producendo un rumore metallico d’avviso, per il campanello che era stato sistemato sopra l’ingresso.

“Rockbell automail, siamo qui per servirvi” aveva detto la giovane donna, meccanicamente, sopraggiungendo dallo studio al di là del salottino.

Ma subito aveva fermato l’entusiasmo di venditrice e di meccanica, sgranando gli occhi, nel vedere le due persone che gli si presentavano davanti.

Dopo un attimo di piacevole stupore, lei aveva tirato una chiave inglese ad Al, colpendolo in testa e facendolo ricadere all’indietro.

Noah se n’era stupita.

Winry, intanto, era corsa fuori, superando le scale con un balzo, prendendo poi il ragazzo per il colletto, strattonandolo avanti ed indietro come un sacco di farina.

Noah aveva riso istericamente, fermandosi sul pianerottolo esterno.

“Si può sapere perché non mi hai avvertito che venivi?! Oltretutto ti presenti con un ospite! Ho la casa tutta in disordine e non ho preparato niente! Ma che figure mi fai fare con la tua fidanzata?! E poi, da quando hai messo su una fidanzata?! Perché non me l’hai detto?!” gli aveva, in seguito, urlato contro Winry, infuriata.

“Non… non riesco… a respirare… Winry… calmati…!” aveva cercato di rispondergli Al, mentre soffocava tra la presa vigorosa di lei.

“Veramente…” era intervenuta Noah, attirando l’attenzione di Winry.

Così, mentre Al ricominciava a respirare, lei aveva cominciato ad osservare la donna che aveva davanti agli occhi, notando i suoi vestiti insoliti.

“Ma non è un po’ troppo vecchia per te, Al?” aveva poi bisbigliato al ragazzo, che le si era accostato.

Noah si era indispettita, ma aveva fatto finta di non sentire, mentre osservava Al fare un sorriso isterico.

“… Veramente, sono qui per vedere Edward” aveva poi aggiunto.

A quelle parole, Winry aveva alzato la manica destra, stringendo meglio la chiave inglese, che intanto aveva recuperato, tra la mano.

“Forse non ho capito bene…” aveva detto poi, in un impeto d’ira.

“Winry calmati! Non è come pensi. Questa donna è una nostra vecchia conoscenza: è Noah… Ti ricordi di lei? Te ne abbiamo parlato parecchio io e Ed” aveva cercato di fermarla Al, prendendola per una spalla.

Lei, a quelle parole, aveva sgranato gli occhi, calmandosi immediatamente, ricominciando ad osservare la donna, che, intanto, aveva abbassato il cappuccio, mostrandole il viso imbarazzato.

Quindi aveva sorriso dolcemente, avvicinandosi a lei, salendo le scale con passo solenne.

“Piacere di conoscerti, Noah. Ho sentito molto sul tuo conto, e non vedevo l’ora che venissi a trovarci per vederti di persona. Sono onorata…” e le aveva teso al mano.

Noah, intimorita, aveva avvicinato con sospetto la sua, stringendogliela subito dopo.

“… Scusa per il trambusto di poco fa” e le aveva indirizzato un sorriso talmente sereno ed amichevole che subito si era sentita come una di famiglia.

“Non ti scusare. Sono onorata anche io di conoscere di persona la compagna di Ed” ed aveva sorriso a sua volta, tranquillizzandosi.

Così i tre erano entrati in casa, chiudendo la porta dietro di loro.

 

Noah continuava a seguire con lo sguardo Winry, mentre stava preparando qualcosa da mangiare in cucina.

In effetti, ormai si era fatto tardi ed ormai era ora di cena, quindi Winry aveva già dato per scontato che lei volesse rimanere a mangiare.

“Non darti disturbo. Non mi fermo per cena: approfitterei troppo della tua ospitalità…” aveva cercato di fermarla, imbarazzata.

Lei si era voltata, lasciando per un attimo i fornelli, indirizzandole un sorriso sereno.

“Non disturbi affatto. E poi, se davvero vuoi incontrare Ed, dovrai rimanere per forza. Quello quando si concentra su una cosa, non c’è verso di fargli capire che è tardi e che deve smettere. È un testardo cronico…” aveva poi sospirato, facendo sorridere Al.

Lei si era stupita nel sentirla parlare così, ma le aveva trasmesso anche molta tenerezza, facendola sorridere a sua volta.

Quindi aveva delicatamente accettato, annuendo e risistemandosi educatamente sulla sedia, accanto ad Al.

Quest’ultimo intanto era intervenuto, distraendo nuovamente la povera Winry.

“Quindi Ed sta ancora lavorando su quel rottame?” aveva chiesto, immaginando già la risposta.

“Sì, e non c’è verso di staccarlo da lì. È sempre il solito, quando si appassiona a qualcosa non pensa ad altro. Da quando non può più contare sull’alchimia, si è dedicato alle macchine ed ai motori. Voglio dire… è una passione più che onorevole, visto che è anche la mia, ma lui mi sta battendo anche in questo campo in quanto a cocciutaggine. È irrecuperabile” e, dopo aver mescolato un qualcosa che si scaldava sul fuoco, si era avvicinata al tavolo, sedendosi di fronte ai due ospiti.

“Potrei sapere anche io di che cosa state palando?” era intervenuta Noah, stupendo gli altri presenti.

“Ah… già… Tu non sai ancora dalle sua improvvisa passione… Gli è venuta da poco, in realtà. Ogni giorno, quando torna dal lavoro, si chiude nel magazzino dietro casa, cominciando a sistemare al meglio un rottame d’aeroplano. È un modello piccolo, piuttosto vecchio, un biplano, se non sbaglio… Lui è convinto di rimetterlo in sesto, in modo da volarci un giorno” aveva poi risposto Al, facendo una faccia non troppo convinta.

“In realtà, è un’impresa impossibile: neppure io sono riuscita a fare qualcosa per quel pezzo d’antiquariato, ma lui n’è convinto, quindi lo lascio fare. Infondo, è bello vederlo così concentrato su qualcosa. Da molto non lo vedevo così. È come se questa passione, rappresenti per lui una sorta di scappatoia dal suo lavoro. Lui detesta quel lavoro…” aveva poi aggiunto Winry, incupendo lo sguardo.

Anche gli altri due avevano fatto lo stesso, lasciando scendere un’atmosfera tesa.

Noah, aveva indirizzato un sguardo triste a Winry, che aveva incominciato a fissare il tavolo di lato, mentre sosteneva il viso con la mano destra.

I suoi capelli lunghi erano legati, ma alcune ciocche davanti le incorniciavano il viso adulto e proporzionato, donandogli un aspetto molto più affascinante.

Era davvero molto bella e Noah, vedendola così come appariva in quel momento, credeva che i sogni di Ed, che aveva spiato anni prima, non le avessero dato giustizia, benché anche in quelle immagini inconsce apparisse già più bella del normale.

Poi il suo viso era stato illuminato da un sorriso malinconico, rendendola ancora più bella; almeno questo sembrava a Noah.

“… È per questo motivo che non lo disturbo mai, quando lavora nel magazzino. Se lo merita” aveva poi aggiunto Winry, indirizzando lo sguardo ai due ospiti, trovando i loro sorrisi comprensivi.

“Hai ragione…” aveva poi confermato Noah, sorridendole di nuovo.

“… Lo sai… Credo che Ed sia molto fortunato ad averti come sua compagna: lo riesci a comprendere più di chiunque altro” ed aveva socchiuso gli occhi, abbassando lo sguardo, mentre continuava a sorridere.

Winry si era stupita, poi aveva sorriso imbarazzata.

“Ti ringrazio” aveva poi detto piano, socchiudendo gli occhi a sua volta.

“Non devi ringraziarmi: è quello che penso. L’ho sempre pensato; fin da quando, tre anni fa, l’ho sentito parlare direttamente di te per la prima volta” ed aveva chiuso definitamene gli occhi, rievocando quel ricordo.

“Parli del giorno del funerale, vero?” era intervenuto Al.

“Già… Quello stesso pomeriggio, dopo che avevamo lasciato il nostro ultimo saluto ad Alphonse, mi avete accompagnata a prendere il carro con cui dovevo lasciare la città. Dopo avervi convinto a farvi dare un passaggio fino all’ospedale, vi ho sentito parlare. Fu allora che sentii parlare per la prima volta della famigerata Winry, l’unica ragazza in grado di far sognare Ed… Subito dopo esservi accordati sul vostro futuro, tu prendesti parola, Al. Me lo ricordo ancora, come se fosse ieri”

 

“Beh… Per prima cosa, però, dobbiamo aspettare che Winry si riprenda. Poi l’andremo a prendere. Vivremo, con lei, in questo mondo; sarà come essere ancora a casa”

“Già… Con lei, forse, tutto sarà diverso…”

 

“ Me la ricordo ancora quella frase… L’aveva pronunciata con un tono che non saprei neanche definire. Fu in quel momento che capì quanto lui tenesse a te, Winry. Per lui rappresentavi l’unica speranza che aveva per riuscire a vivere bene in questo mondo, che per lui non era altro che un inferno. V’invidio molto: avete un rapporto fantastico” ed aveva riso malinconica, ma comunque dolcemente.

La ventunenne aveva fatto lo stesso, colpita da quelle parole così tenere e sincere.

“Anche se non vuoi i miei ringraziamenti, io ti ringrazio lo stesso. Sono delle parole bellissime…” ed aveva socchiuso gli occhi, con fare sereno.

“… Grazie, Noah” e si era alzata, per raggiungere i fornelli e per continuare a cucinare tranquillamente, tra i sorrisi degli altri due.

 

“Allora, come ti sembra? Hai visto che ti ha accolto a braccia aperte, come ti dicevo io? Winry è fatta così: può sembrare rude all’inizio, ma ha un cuore d’oro” aveva poi ripreso a parlare Al, attirando l’attenzione dalla donna seduta al suo fianco.

“È proprio una brava persona… Edward se la merita” ed aveva sorriso, contagiando anche Al.

“Già… Ed è proprio fortunato. Ma quando capiterà a me? Quando troverò una compagna così perfetta?” aveva poi scherzato, sospirando in maniera buffa.

“Non essere impaziente, Al: sei ancora giovane per certe cose” l’aveva rimproverato, divertita, Noah.

“Perché, scusa, tu quando ti sei innamorata la prima volta?” aveva quindi chiesto indispettito il ragazzo.

Lei aveva sorriso, distogliendo lo sguardo.

“Due anni fa. Vedi, nello stesso campo rifugio, che ci siamo costruiti noi, in cui sto ora, conobbi un nuovo arrivato. Me ne innamorai subito e, ben presto divenni la sua compagna, e gli diedi un figlio, come sai. Prima di allora non ho mai amato veramente qualcuno. L’amore non ha età, e può sorprenderti quando meno te lo aspetti. Quindi non essere impaziente: quando sarà il momento arriverà anche da te” gli aveva poi assicurato, indirizzandogli uno sguardo comprensivo.

Lui aveva sorriso dolcemente, appoggiando il viso sul tavolo, mentre continuava a fissarla.

“Farò come dici” ed aveva distolto anche lui lo sguardo, rincominciando a fissare Winry ai fornelli.

-Aspetterò, come dice Noah…- ed aveva chiuso gli occhi, perdendosi nei suoi pensieri.

 

Poco dopo, quando Winry si era nuovamente allontanata dai fornelli e si era risieduta di fronte agli ospiti e gli aveva offerto una bibita fresca, Noah aveva ripreso a parlare.

“Allora, come vanno gli affari? Hai molti clienti in questo negozio?”

“Cambiamo argomento…” aveva detto lei scocciata, muovendo la mano destra davanti al viso, facendo capire che la risposta era negativa.

“Non dirmi che va così male?!” lei sembrava stupita.

“Eh eh… In effetti, è così… Più che altro faccio la manutenzione ad Edward ed ai pochi clienti che ho avuto all’inizio. Sembra, infatti, che si sia sparsa la voce del dolore che l’operazione provoca. Gli uomini di questo mondo sono degli smidollati!...” si era lamentata Winry, con fare scocciato.

Noah ne aveva sorriso, mentre Al faceva un’espressione isterica.

“… In pratica, è Ed che ci mantiene. Anche Al prende poco con il suo lavoro… Più che altro ci aggiorna sugli ultimi sviluppi, in modo che Ed possa calcolare il momento migliore per andarcene. Alla fine, aveva ragione anche su questo: mi aveva avvertito che gli automail non sarebbero stati apprezzati in questo mondo… Odio, quando ha sempre ragione!” aveva poi aggiunto indispettita, facendo una faccia buffa.

“E quando te l’avrebbe detto?” Noah sembrava interessata.

Lei, a quella domanda, si era rasserenata, assottigliando gli occhi in un’espressione serena e dolce.

“Lo stesso giorno in cui mi ha permesso di rimanere al suo fianco…” ed aveva chiuso gli occhi, cominciando ad immaginare quei fatti avvenuti tre anni prima, pochi giorni prima del funerale dell’altro Alphonse.

 

Lei continuava a fissare la schiena tesa di lui, mentre attendeva di conoscere la sua decisione finale.

Il suo stato d’animo era tormentato, mentre il male per le ferite riportate cresceva sempre di più.

Improvvisamente lui aveva alzato il braccio destro, mentre si voltava di profilo. Aveva lentamente alzato la manica, mostrando l’automail metallico, mantenendo lo sguardo basso.

“Lo sai… in questi anni non sono mai riuscito a fare la manutenzione, come si deve, su quelli che mi aveva costruito mio padre. Sono sicuro che finirei per rovinare anche questi automail che mi hai regalato tu. Credo che avrò bisogno di una meccanica come te, al mio fianco, per non rovinarli…” e si era voltato del tutto, socchiudendo gli occhi, mentre incrociava lo sguardo stupito e commosso di lei.

“… Una meccanica come te, non esiste in questo mondo” aveva poi aggiunto, chiudendo gli occhi, sorridendo contemporaneamente di lato.

Lei, però, al contrario di quanto lui si aspettasse, dopo un momento di felicità immensa per quelle parole, aveva cominciato a fantasticare, immaginandosi progetti impensabili per il futuro, invece di gioire di quella sua decisione.

“Perfetto! Se sono l’unica, farò una fortuna! Tutti verranno da me per farsi montare i migliori automail del mondo! Ah ah!!! Diventerò famosa! Già me lo immagino” e continuava a ridere sguaiatamente, con fare buffo, mentre i due fratelli facevano sorrisi isterici.

“Certo che sei un bel tipo! Sei una fanatica!” aveva poi urlato indispettito Ed, attirando la sua attenzione.

“Senti chi parla?! Il fissato d’alchimia!” gli aveva risposto per le righe, mentre, in preda all’ira, aveva lasciato la presa di Al, cominciando a rincorrere Ed.

Il ragazzino, in compenso, era rimasto senza parole.

-Questi due non sono normali… Si sono appena ritrovati, e già litigano…- aveva poi pensato, sospirando.

“Winry calmati! Ricordati che sei ferita!” gli aveva quindi urlato contro, fermando la ragazza.

Lei, infatti, constatando la verità di quelle parole, aveva ricominciato a pensare al dolore che, con la sua bravata, aveva aggravato.

Quindi Ed l’aveva soccorsa, facendola stendere a terra con delicatezza, sostenendogli contemporaneamente il busto con il braccio sinistro.

“Al, presto, vai a chiamare aiuto: la porteremo in ospedale!” aveva poi ordinato, con tono autoritario, mentre il suo viso si faceva più tirato per la preoccupazione.

Così il tredicenne aveva eseguito, annuendo, lasciandoli poi soli.

“Sei proprio un bel tipo! Guarda te che mi devi combinare! Ti sembra il caso di rincorrermi in queste condizioni?” Ed l’aveva poi rimproverata, ricominciando ad osservare il suo volto provato.

“Scusami…” aveva detto lei piano, come se si vergognasse.

“… In ogni caso, ti ringrazio per aver rispettato la mia scelta” aveva poi aggiunto, sorridendo, mentre assottigliava gli occhi.

“Ed io che mi sono anche impegnato per trovare delle parole carine da dirti… Sei proprio una fanatica…” gli aveva risposto, chiudendo gli occhi, sospirando.

“… Tanto ti accorgerai presto che gli automail qui non sono molto apprezzati… Non credo che realizzerai il tuo obiettivo…”

Lei, però, aveva sorriso, accarezzandogli la guancia destra, con la stessa mano, dolcemente.

Lui aveva sgranato gli occhi, imbarazzandosi leggermente.

Quindi si era specchiato nei suoi occhi profondi, perdendosi in essi.

“Ti sbagli… Io il mio obiettivo l’ho già raggiunto: sono qui con te… Questo mi soddisfa più d’ogni altra cosa” aveva poi concluso la frase, sorridendo serenamente.

Lui, a quelle parole, aveva socchiuso i suoi occhi in un’espressione serafica, facendosi trasportare dal tocco delicato della mano di lei, prendendogliela subito dopo.

Con la sua mano metallica, non poteva percepire il calore della pelle di lei, ma quel tocco gli era piaciuto ugualmente.

“Onorato di essere stato l’artefice di questo tuo sogno, ora realizzato” aveva poi bisbigliato, avvicinando il corpo di lei, con l’ausilio del braccio sinistro.

Quindi, per un’interminabile istante, l’aveva fissata con occhi profondi, trovando come risposta la medesima espressione.

Subito dopo, si era avvicinato ancora al suo viso, baciandola delicatamente.

Lei, aveva lasciato la sua mano destra, avvolgendo il braccio sinistro attorno al collo di lui per averlo più vicino e impedirgli di staccarsi.

Quindi, aveva risposto con più trasporto del ragazzo, accarezzandogli i capelli legati.

Poi avevano staccato le labbra, appoggiando le fronti, continuando a sfiorarsi il naso, mentre si guardavano con occhi socchiusi.

Avevano poi illuminato i rispettivi volti con sorrisi dolci, ricominciando a baciarsi.

Così era iniziata la loro vita insieme, ostacolata all’inizio dal ricovero breve di lei.

   

 Subito dopo, Winry, imbarazzando il viso, aveva distolto lo sguardo, alzandosi dal tavolo e tornando ai fornelli.

I due ospiti, a quel suo gesto improvviso, apparentemente inspiegabile, si erano guardati interrogativi, cominciando poi a sorridere divertiti.

“Deve aver ricordato un qualcosa che l’ha fatta imbarazzare” aveva poi sussurrato Al, nascondendo la bocca con la mano.

Lei aveva sorriso, facendo lo stesso.

“Hai ragione, anche se non immagino Edward che fa il romantico al punto da produrre quest’effetto” ed aveva riso ancora, contagiando anche Al.

Ma, in quello stesso istante, avevano frenato le loro risatine, mentre un rumore attirava la loro attenzione…

 

In quell’istante, infatti, Ed aveva aperto la porta, entrando in casa.

Subito si era stupito, bloccandosi davanti all’ingresso, con gli occhi sgranati.

I suoi occhi erano stati subito attirati da quel viso che da tanto non vedeva, mentre lei gli indirizzava occhi commossi e sereni.

Al, intanto, si era alzato, seguito a ruota da Noah.

Il sedicenne si era spostato, indocandole di avvicinarsi, mentre Winry osservava il tutto dal fondo della sala, stringendo il mestolo tra le mani all’altezza del bacino.

Quel momento era veramente toccante, specialmente per Ed, e tutti lo sapevano.

Quindi, Noah si era avvicinata a lui, sorridente, mentre lui socchiudeva gli occhi serenamente.

“Ciao Ed. È da parecchio che non ci vediamo” aveva poi detto commossa, quando era a pochi centimetri da lui.

Lui, con il viso sporco per il lavoro che aveva eseguito nel magazzino, aveva chiuso gli occhi, facendo il suo famoso sorriso di lato.

“Già… è passato parecchio… Sono molto felice di rivederti” e con tranquillità aveva appoggiato il soprabito alla sua sinistra.

Lei aveva osservato il suo viso più maturo, caratterizzato dagli stessi capelli lunghi, raccolti, e quegli occhi così determinati e sicuri di sé, come pochi ne aveva visti.

Quindi l’aveva abbracciato, appoggiando le mani al suo petto, mentre con l’orecchio sentiva il suo cuore battere ritmicamente.

Lui si era imbarazzato e stupito.

“Grazie, Ed… Non te l’ho mai detto direttamente, ma ti ringrazio. Grazie a te mi sono slavata ed ho potuto cominciare una vita nuova. Te ne sarò infinitamente grata, per sempre” ed aveva cominciato a piangere, commossa com’era.

Lui aveva sgranato gli occhi, non credendo alle sue orecchie.

Quelle sue parole, per lui, significavano più di quanto lei credesse, esattamente come aveva ipotizzato Al.

Quindi aveva guardato con la coda dell’occhio lo sguardo sorridente di Winry, capendo che poteva rispondere a quella donna che tanto gli era debitrice, abbracciandola poi a sua volta, sorridendo.

“Ti ringrazio io per queste tue parole” aveva quindi detto piano, chiudendo gli occhi, allontanandola subito dopo.

Lei aveva osservato il volto felice di lui, nonostante gli occhi lucidi che aveva.

“Su, ora andiamo a mangiare, avremo tutto il tempo di parlare degli ultimi eventi. E poi io sono affamato, tu che dici?...” lei sorridendo aveva annuito, mentre si asciugava le lacrime.

“… Ti assicuro che Winry cucina decentemente, non è un granché, ma ci si accontenta, no?” aveva poi aggiunto, sussurrando per non farsi sentire dalla diretta interessata.

“Non ho capito bene, Ed. Ripeti, prego…” aveva invece risposto lei, avvicinando il pugno alla faccia, mentre stritolava il mestolo nella mano.

“No, no… Stavo scherzando, stai tranquilla! Cucini divinamente…” aveva cercato di salvarsi lui, cominciando a sudar freddo.

Al e Noah, invece, aveva riso di gusto, mentre Winry aveva incominciato a rincorrere Ed.

“Sono proprio irrecuperabili…” aveva, intanto, detto divertito Al, trovando l’approvazione della donna, che continuava a ridere mentre le passava la commozione di prima.

Nello stesso momento, Ed, sdraiato sul divano, mentre Winry lo minacciava col mestolo sopra di lui, aveva sorriso malizioso.

“Non ti sembra di esagerare… Ci sono degli ospiti: non dovremo farci vedere così” ed aveva continuato a tenere lei lontana da lui con le braccia.

Lei, a quelle parole, si era imbarazzata, togliendosi da quella posizione, sedendosi sul bordo del pezzo d’arredamento.

“Scusate…” aveva poi detto, distogliendo lo sguardo, imbarazzandosi ancora di più.

Quindi gli altri tre si erano messi a ridere, mentre Ed si sedeva al suo fianco.

“Non credere di averla passata liscia solo perché ci sono loro: dopo faremo i conti…” aveva poi aggiunto, rivolgendosi al ventunenne al suo fianco, con uno sguardo poco rassicurante.

Lui aveva riso istericamente, mentre gli altri continuavano a ridere di gusto.

“… Ora vatti a lavare la faccia, sei inguardabile! Muoviti, che la cena è quasi pronta” gli aveva poi ordinato, voltando lo sguardo, indispettita.

Lui, quindi, aveva sorriso più dolcemente, prendendogli la spalla ed avvicinandola a sé.

“Ai tuoi ordini…” aveva sussurrato, alzandosi poi e dirigendosi verso il bagno.

Lei, dopo aver sgranato gli occhi per la sorpresa, aveva fato un viso più rilassato, osservandolo allontanarsi.

Quindi aveva sorriso, ritornando ai fornelli, mentre i due ospiti sui risiedevano più serenamente.

Quella sarebbe stata una cena molto importante per tutti.

L’occasione per parlare di molte cose e di ritrovarsi dopo tanto tempo di separazione.

Una serata perfetta da passare con le persone a cui si vuole bene.

Almeno così era per quei quattro amici, che tante ne avevano passate, ma che ora si sentivano più vicini che mai…

 

 

 

Nello stesso momento, al di là del portale…

 

 

 

Armstrong, dopo aver completato il suo lavoro e dopo aver passato molto tempo con l’amica di vecchia data, parlando del più e del meno, si stava apprestando ad andarsene, mentre il cielo scuro della notte si faceva strada.

“È sicura, signora, di voler rimanere da sola?” aveva chiesto sulla porta l’omaccione, scrutando lo sguardo malinconico di Pinako.

“Ma per chi mi hai preso?! Su ora vai: avrai altro di molto più importante da fare. E poi non sarò sola…” aveva risposto lei, vaga.

“Che intendete dire?” lui non sembrava capire.

“Stasera viene a farmi visita una cara amica, quindi non c’è bisogno che tu rimani. Ho già approfittato troppo della tua disponibilità”

“Se dite così, sono più tranquillo” e si stava apprestando ad andarsene, quando lei l’aveva fermato con una frase.

“Grazie di tutto…” quel tono commosso, l’aveva stupito.

Quindi, senza voltarsi, aveva alzato il braccio sinistro, salutandola, per poi incamminarsi con passo lento, ma sereno.

Così, mentre sorrideva sollevato, aveva distinto la figura di una donna in lontananza, che teneva per mano un bambino vivace.

Riconoscendoci Rose, aveva sorriso ancora, salutandola educatamente, trovando la risposta dolce della donna.

Quindi, si era allontanato ancor più sollevato, nascondendosi nell’oscurità della sera che si faceva sempre più strada.

 

 

 

Poco dopo, più a nord…

 

 

 

Il freddo di quella sera si faceva sentire più del solito, mentre la coppia entrava con passo stanco in quella casetta persa in mezzo al nulla.

Mentre il cane faceva le feste a Roy, Riza si era affrettata ad accendere il fuoco per togliere dalle sue e dalle ossa di lui, il gelo di quella serata nevosa.

Lui, intanto, si era tolto la giacca dell’uniforme, rimanendo a petto nudo, nonostante il freddo, stendendosi sul letto, seguito a ruota da Black Hayate, che lottava per avere il suo posto.

Quindi, dopo aver ottenuto la sua metà del letto, l’uomo aveva voltato lo sguardo, osservando divertito lei che lottava con i fiammiferi inumiditi.

Poi, suo malgrado, visto la fatica che aveva fatto per stendersi, si era alzato, raggiungendola.

“Lascia fare a me” aveva sussurrato, stringendole una spalla.

Lei gli aveva sorriso, facendosi da parte.

Lui, quindi, schioccando le dita, aveva acceso un alto fuoco caldo, bruciando la legna sistemata da lei.

“Così va meglio, no?” aveva subito chiesto, ma poi aveva sgranato gli occhi, girandosi e vedendo lei di schiena che si stava togliendo l’uniforme.

Quindi aveva sorriso, socchiudendo gli occhi, mentre le si avvicinava.  

Lei, invece, aveva sgranato gli occhi, sentendo le braccia di lui avvolgerle i fianchi, ora coperti solo dalla camicetta che indossava sempre sotto la divisa.

Quindi aveva percepito il mento di lui appoggiarsi sulla sua spalla destra, mentre lei si scioglieva i capelli, sorridendo.

“Immagino che tu non voglia mangiare, stasera…” aveva detto dolcemente lei, stringendogli le braccia con le mani fredde.

“Sono troppo stanco per mangiare. Questo nuovo incarico d’ambasciatore per conto dell’esercito, grazie al quale mi devo sorbire i lunghi discorsi dei politici dei paesi del nord per ottenere la tregua tra i nostri paesi, mi sfinisce. Non sono fatto per queste manovre politiche, io…” si era lamentato lui, mentre si sedeva sul letto insieme a lei.

“… Mangeremo di più domani mattina” e le aveva accarezzato i capelli sulla schiena, mentre lei inclinava il viso indietro, incontrando lo sguardo profondo di lui.

“Ma questo incarico, era l’unico che ti potevano affidare per accontentare la tua richiesta di rimanere qui. Inoltre, così puoi continuare a sorvegliare i loro movimenti in segreto. Non ti lamentare sempre” l’aveva rimproverato lei, facendolo stendere sul letto, mentre con un gesto, allontanava il cane che, scocciato, si stendeva per terra.

Quindi, si era stesa anche lei, su di lui, mantenendo però il busto alto per osservarlo meglio.

“Se mi rispondi così, mi spieghi come posso controbattere?” aveva chiesto dolcemente lui, osservando il suo sguardo sorridente.

Poi lei, appoggiando il peso del corpo sul gomito sinistro, gli aveva tolto lentamente la benda, appoggiandola sul tavolo lì affianco.

Per un interminabile istante, aveva osservato il suo viso, caratterizzato da quell’occhio chiuso, sorridendo ancora.

“Su, ora dormi, visto che sei così stanco” gli aveva poi detto con tono caldo, accarezzandogli la guancia sinistra.

Quindi lui aveva fatto un sorriso di lato, chiudendo anche l’occhio destro.

“Non dirmi così, che mi fai pentire poi…” il suo tono era stato decisamente malizioso.

Lei quindi gli si era avvicinata, baciandolo per qualche istante.

Poi si era rialzata, mentre i suoi capelli gli incorniciavano il viso, fissandolo con occhi profondi.

Subito dopo, si era risieduta sul letto, voltandosi, mentre si toglieva anche la camicia, mostrandogli la schiena liscia e morbida.

“Così non vale, però…” aveva poi sussurrato, lui, mentre lei si sdraiava di nuovo su di lui.

Quindi, lui gli aveva cinto il collo con il braccio sinistro, avvicinandola a lui, baciandola di nuovo con passione.

Lei si era poi sottratta al suo tocco, ricominciando a fissarlo dall’alto, mentre la mano di lui continuava a stringerle il collo.

“Non eri stanco?” aveva chiesto provocatoria lei, sorridendo.

Lui l’aveva zittita con l’indice destro, che le aveva appoggiato sulle labbra, mentre l’aveva accompagnata sul letto, stendendosi poi su di lei.

“Non parlare ora” aveva poi detto con voce calda, sorridendole.

Quindi l’aveva baciata di nuovo con passione, mentre le stringeva il viso tra le mani.

Così, tra carezze e baci, si erano uniti, mentre una nuova forte nevicata aveva cominciato a scendere, mostrandosi attraverso il vetro della finestra.

Neppure lo scoppiettio del fuoco o i guaiti del cane che si rigirava sul pavimento, sdraiandosi poi di nuovo, dandogli le spalle per lasciargli un po’ d’intimità, li avevano fermati.

Ora sentivano solo il rispettivo compagno, come se tutto il resto intorno non ci fosse.

Incoraggiati dal fatto che, in quel luogo, nessuno avrebbe potuto ostacolare la loro relazione, si erano molto avvicinati in quegli anni, circondandosi di un sentimento intenso che li aveva uniti più che mai.

E, quella sera, volevano solo dimostrarsi tutto quel sentimento l’un l’altra.

Quindi continuavano ad amarsi, dimenticandosi di qualsiasi altra cosa.

Ora c’erano solo loro due, e questo bastava ad entrambi.

Ora nessuno poteva intromettersi tra loro.

Nessuno…

Potevano solo concentrarsi sull’altro, unendosi con tutta la passione che avevano in corpo.

Così, in quella notte nevosa, mentre il fumo del fuoco usciva dal camino, si sentivano più isolati di quanto non fossero, ma non si sentivano affatto soli.

E questa strana sensazione l’avrebbero sentita per molto, molto tempo.

Di questo ne erano certi…

 

 

 

 

Molto dopo, nell’altro mondo…

 

 

 

Mentre i due ospiti si allontanavano, salutando sereni la coppia che si trovava sul pianerottolo esterno, Winry si era stretta ad Ed, che salutava, a sua volta, il fratello e Noah.

A quel gesto, lui, aveva smesso di saltare i due, ormai lontani, concentrandosi su di lei.

“Che c’è?” aveva chiesto lui dolcemente, stingendole più forte la spalla che già le teneva.

“Niente” aveva risposto lei, sorridendo, mentre appoggiava la mano sinistra sul petto di lui, cominciando a fissarlo con dolcezza.

“No, davvero che c’è? Non è normale che mi fissi in quel modo” lui appariva incuriosito, mentre continuava a sorriderle.

“È stata una bella serata, vero?” aveva detto lei, non troppo chiara, socchiudendo gli occhi in un’espressione bellissima.

“Sì, è vero. Mi ci voleva proprio” ed aveva ricominciato a fissare il sentiero, ora vuoto, davanti alla loro casa.

Lei aveva osservato il suo profilo rilassato, mentre il venticello della sera gli spostava il codino biondo, permettendosi d’innamorarsi nuovamente di quel suo sguardo deciso e profondo, come sempre accadeva quando lo fissava.

“Su, ora andiamo a letto: si è fatto tardi…” aveva poi proposto, sorridendo.

Lui aveva chiuso per un attimo gli occhi, sorridendo di lato, per poi riaprirli ed incontrare il suo viso bellissimo.

“Sì, andiamo” aveva concluso, chiudendo la porta dietro di loro, isolandosi dal mondo, più di quanto già non fossero.

Quindi lei, gli aveva preso la mano sinistra, trascinandolo per le scale, fino alla camera, continuando ad inviargli sorrisini divertiti.

“Ma si può sapere che ti è preso stasera?” aveva chiesto lui, socchiudendo gli occhi, mentre lei si appoggiava alla porta della loro camera da letto.

Lei, però, non gli aveva risposto, zittendolo con un dito sulle labbra.

Poi glielo aveva tolto, baciandolo dolcemente.

“Ok, ho capito: è meglio non fare domande” quindi, l’aveva seguita, chiudendo anche quella porta alle sue spalle.

Subito dopo, aveva osservato la sua sagoma nella penombra della stanza, sedersi sul letto delicatamente.

Quindi l’aveva raggiunta, baciandola con dolcezza, mentre si piegava in avanti verso di lei.

Lei gli aveva preso il viso, facendolo sedere al suo fianco, continuando ad assaporarsi quelle labbra morbide.

Quindi gli aveva slegato il codino con la mano, osservando poi il suo viso incorniciarsi dei suoi bei capelli biondi, dopo essersi allontanata da lui.

Lui, in compenso, aveva fatto lo stesso, aprendo il fermaglio che le raccoglieva i capelli, ammirando la sua bellezza che sempre lo incantava.

Poi avevano cominciato ad accarezzarsi, mentre si liberavano dei vestiti, stendendosi sul letto.

Lui, aveva alzato il busto, sistemandosi i capelli in modo da farli ricadere solo sulla spalla sinistra, cominciando ad osservarla dall’alto, incantandosi di nuovo per la bellezza del suo viso, appoggiato al cuscino, dove i suoi capelli si erano disposti a ventaglio.

“Non avevi detto che me l’avresti fatta pagare…?” aveva chiesto lui, ironico.

“Magari domani” gli aveva risposto per le righe, sorridendogli maliziosa.

“Allora ci conto…” e l’aveva baciata per un attimo, ritornando poi a fissarla con occhi profondi.

“… Winry…” aveva poi ripreso a parlare, incuriosendola.

“Dimmi” lei si era stupita per il tono serio che aveva usato.

“Ti ringrazio per essermi stata accanto, in questi anni. Hai reso il mio inferno un paradiso…” il suo tono ora era diventato caldo e profondo.

Lei quindi gli aveva sorriso, prendendogli il viso tra le mani, avvicinandolo e baciandolo subito dopo.

“È stato un vero piacere…” aveva poi risposto dolcemente, allontanandolo ed accarezzandogli la guancia.

Lui quindi, sorridendole, l’aveva baciata di nuovo, unendosi poi a lei, facendo attenzione a non ferirla con l’automail.

Lui, esattamente come aveva presagito tre anni prima sul carro parlando con suo fratello, in quel momento, sentiva che lei era veramente in grado di rendere tutto diverso e migliore.

Lei era stata la sua salvezza ed avrebbe continuato ad esserlo per molto tempo.

Lui sapeva che lei era la cosa più preziosa che la vita gli avesse concesso e voleva proteggerla a tutti i costi, tenendola fuori da ogni crudeltà che quel mondo poteva riservare ad entrambi per il futuro.

Quindi sapeva che doveva impegnarsi al massimo per salvare quel mondo che, ormai, era come la sua casa, proteggendo di conseguenza anche lei, in modo da poterla amare come in quel momento, con tutto sé stesso.

Quindi, ritrovando nuova determinazione verso il suo obiettivo, aveva continuato ad unirsi a lei, curando, nel frattempo, la sua anima sempre un po’ tormentata.

Perché solo lei ne era capace, e questo lo sapeva bene.

Lui non sapeva come sdebitarsi con lei, per tutto quello che era stata in grado di fare nei suoi confronti, tutto quello che lei, forse, non sapeva neanche di aver fatto; quindi continuava ad amarla più che poteva, cercando di colmare quel suo piacevole debito.

Lei era la sua salvezza e sparava di diventare, un giorno, lo stesso per quella ventunenne bellissima.

Lei lo conosceva più di chiunque altro, perfino più di suo fratello, e quindi sapeva che poteva percepire quei suoi pensieri, anche attraverso i gesti.

Quindi continuava a trasmettergli tutto quel suo sentimento, profondo ed indescrivibile, tramite i suoi movimenti gentili, ricevendo lo stesso sentimento in cambio.

Quel loro rapporto, così importante e sincero,  era l’unica cosa che li faceva andare avanti, ma, ad entrambi, bastava più di ogni altra.

Loro, ora, si sentivano una cosa sola, indissolubile e preziosa, e questo lo sarebbero stati per sempre, perché questa era stata la loro scelta.

La loro scelta di vita, e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea.

Quindi avevano continuato a stringersi ed a baciarsi, nel silenzio della campagna, mentre l’oscurità intorno li isolava e li univa di più, in un abbraccio amorevole.

 

 

 

Molti minuti dopo, a Resembool…

 

 

 

Mentre la notte aveva nascosto anche la casa della vecchia Pinako, Rose si stava preparando ad andarsene.

Dopo aveva preso in braccio il figlio mezzo addormentato, si era rivolta all’amica.

“È crollato. Dev’essere molto tardi” ed aveva sorriso, mentre accarezzava la testa del bambino, spettinandolo leggermente.

“Lo sai… vedendolo, mi vengono sempre in mente le tre pesti che occupavano questa casa. I bambini sono proprio tutti uguali…” ed aveva inspirato dalla pipa, facendo un sorriso malinconico. 

“Ti devono mancare molto… Io non so come farei senza di lui” ed aveva socchiuso gli occhi, continuando ad accarezzare il figlio.

“Oh… Non temere: presto dovrai lasciarlo andare anche tu. Fanno così in fretta a crescere… L’unica cosa che i genitori si possono augurare è che, quando decidono di andarsene per la loro strada, scelgano la via migliore. Non credi anche tu?”

Lei le aveva sorriso dolcemente, annuendo.

Poi si era definitamene allontanata, raggiungendo la porta con l’intenzione di andarsene.

“Grazie dell’ospitalità, Pinako” aveva poi detto cortese.

“Di che parli? Dovrei essere io a ringraziarti. Torna pure quando vuoi” e l’aveva raggiunta sulla porta, vedendola allontanarsi per il sentiero buio.

“Lo farò sicuramente” e l’aveva salutata ancora, sparendo poi alla sua vista, nell’oscurità.

Poi, Pinako aveva incominciato a fissare il cielo stellato, perdendosi nei suoi pensieri.  

 

 

 

 

Tutti fanno le loro scelte…

 

 

 

Al nord, i due amanti si erano infine addormentati, stringendosi nel letto.

Riza, accoglieva il corpo di lui tra le braccia, facendo aderire il suo petto alla schiena nuda di lui, mentre con le mani afferrava quelle di Roy, ricevendo la stretta amorevole delle sue dita.

Le loro menti erano occupate da bellissimi sogni che rendevano più tranquilla quella notte, quindi si coccolavano tra la coperta che li copriva fino al collo, mentre si scaldavano a vicenda, combattendo contro il freddo pungente.

I loro visi inconsci erano sereni e sorridenti, e questo confermava l’atmosfera serena che era già presente in quella stanza.

Quella era la vita che avevano scelto e sapevano che, quella scelta, gli avrebbe dato solo delle soddisfazioni nel loro futuro insieme.

 

 

 

Questo è inevitabile…

 

 

 

Noah, ritornata finalmente al suo campo nomade, aveva subito accarezzato il figlio piccolo, tra le mani del padre, ormai addormentato e stanco.

Quindi aveva baciato anche lui, entrando nel loro rifugio e sdraiandosi al loro fianco, sul letto, sorridendo.

Aveva indirizzato uno sguardo sereno all’uomo steso con lei, ricevendo un sorriso altrettanto sereno.

Poi aveva osservato il viso del figlio che dormiva tra loro, mentre inconsciamente le stringeva l’indice della mano destra e quello sinistro del suo compagno.

Quella vista le aveva riempito il cuore, facendole capire che quella nuova vita che aveva scelto era la migliore che potesse desiderare.

Quindi, sorridente, si era stesa definitivamente, cominciando a dormire con la serenità nel cuore.

 

 

 

Quello che riesce a consolarmi…

 

 

 

Anche Al era rientrato a casa sua, accoccolandosi nel suo letto, felice di come erano andate le cose quel giorno.

Si sentiva un po’ solo, in realtà, in quella casa grande, ma sapeva che la sua scelta di rimanere, nonostante tutto, era stata necessaria per rendere più felice suo fratello.

Lui se lo meritava…

Glielo doveva per tutto quello che aveva fatto per lui, quindi riusciva ad affrontare meglio quella sua solitudine.

Di conseguenza, dormiva tranquillo, fiducioso nel futuro, come, dato il suo carattere, era solito fare.

 

 

 

È che tu, nipotina mia… che tu abbia scelto la tua strada, e che questo ti renda felice…

 

 

 

Ora anche l’altra coppia di amanti si era definitivamente addormentata, stringendosi a vicenda.

Winry aveva appoggiato la fronte al petto di lui, percependo il battere ritmato e calmo del suo cuore, mentre con le mani gli stringeva i fianchi, avvicinandolo a sé.

Lui, dal canto suo, le abbracciava la schiena, accogliendola tra le sue braccia con fare amorevole, stando sempre attento a non ferirla con il metallo dell’automail.

Entrambi erano rilassati e sereni, mentre sorridevano inconsciamente.

Il loro sonno era tranquillo e complice, esattamente come si prospettava il loro futuro insieme.

Sapevano, infatti, che la loro scelta non li avrebbe delusi, quindi ne gioivano in sogno, riempiendo il loro cuore di una pace che non si riuscirebbe a definire.

Quella notte, passata insieme, glielo aveva confermato in ogni modo possibile ed immaginabile, donandogli tutto quello che potevano desiderare.

 

 

 

Perché è così, non è vero, Winry?

 

E, sorridendo, anche Pinako era rientrata in casa, salendo nella sua camera, concedendo quindi a quella notte, così particolare, di accoglierla tra le sue braccia amorevoli.

Così che, almeno in sogno, poteva riabbracciare Winry ed i due fratelli a lei tanto cari, sentendoli ancora vicini, come se non si fossero mai allontanati.

Quella gioia che poteva provare solo in sogno, riusciva a scavalcare la solitudine che provava durante il giorno, concedendole di continuare a vivere.

Il pensiero che quei tre fossero finalmente felici, gli veniva confermata solo nelle sue visioni inconsce, donandole una gioia che difficilmente altro poteva darle.

Quella sarebbe stata la sua vita di lì in avanti, caratterizzata da quel pensiero così serafico.

Questo aveva scelto, e quella scelta l’avrebbe accompagnata fino alla fine dei suoi giorni, rendendola felice...

 

 

 

 

 

Fine!!! Finalmente direte…

Mamma mia che poema che ho scritto, eh?

Beh… Spero vivamente che vi sia piaciuto, ringraziando tutti voi che l’avete letto, ed in anticipo quelli che vorranno recensirlo, sempre se non vi scoccerà farlo...

Accetterò anche le critiche, siatene certi.

Mi scuso anche per la parte finale, perchè non mi è venuta benissimo…

In teoria, doveva risultare tipo come una scena di un film, in cui si sente la voce in sotto fondo di Pinako, mentre si vedono le immagini dei protagonisti che dormono, ma non credo di aver ottenuto l’effetto… Comunque scusate.

Ora vi saluto davvero, ringraziando anche la mitica Hiromu Arakawa per il suo genio e per aver inventato un manga così fantastico! Non so come avrei fatto senza!

Un bacione a tutti!

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: soxy88