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Autore: Polis    18/09/2007    0 recensioni
La malvagità propaga la paura, la paura inonda tutto nel suo buio, il buio è la sua dimora.
Il Tunnel.
Vedi un'uscita? Non credo.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spero di farvi riflettere, Il Tunnel vuole essere un paragone, una breve vignetta rappresentante la malvagità ed il proprio potere, nonché la morte con la sua crudeltà. Due realtà che annegano nel loro oscuro abisso il cuore del mondo rendendo la vita la cosa più preziosa.
Forse dovrò rivedere ancora alcune cose e lo stesso racconto potrebbe ampliarsi in un futuro non troppo lontano^^


Il Tunnel


Mark percorse la distanza nel minimo tempo il suo corpo potesse impiegare. Una volta raggiunta l'uscita, ansimando, non osò guardarsi le spalle, la paura di vedere ciò che temeva era troppa.
Gli ultimi metri prima di arrivare furono percorsi lentamente, aveva il respiro lungo, il cuore all'impazzata.
L'erba usciva dal marciapiede in piccoli ciuffetti che muovendosi al vento componevano una singolare danza, una coreografia di verde la dove da tempo il verde si era spento nel grigio del cemento.
Dai, ancora 500 metri. Manca poco. Si disse il bimbo. Oramai sorrideva increspando gli occhi nel difficile tentativo di limitare la morsa del sole quel giorno crudele e spietato.
Era sudato, aveva passato un'altra giornata di merda, la scuola, i nemici, il bullismo.
Nulla poteva farlo più felice del divano di casa sua.
Soltanto tre giorni prima percorreva quella stessa strada, sotto lo stesso sole, ma in compagnia del suo unico amico di sempre.
Tom si spense nel buio dall'umido sapore di sangue, sotto gli occhi di Mark, il giorno prima.
Destino volle che casa di Mark fosse nel quartiere più povero della città, il più malfamato nonché il più ingiusto.
La scuola distanziava alcuni chilometri e la mancanza di soldi non lo agevolava, costringendolo ad alzarsi ore prima, per partire nel crepuscolo andando, a piedi, verso scuola.
Il percorso era abbastanza agevole, non doveva passare per i centri nevralgici della città, evitando così eventuali episodi che sapeva erano consoni verificarsi dove la malavita la faceva da padrone.
L'unica pecca era quella galleria in disuso. Il tunnel di cemento che divideva le due fazioni della città era bloccato da parecchi anni, ed era stato chiuso da pesanti barricate composte da reti metalicche e porte sbarrate riportanti le lettere: WARNING.
Col tempo però si sa il ferro arrugginisce, si indebolisce. A tal punto da consentire ad un bambino di 8 anni di aprire senza difficoltà la porta, qualche calcio ben assestato e CLANG, la galleria appariva libera nella propria oscurità.
Passarono pochi minuti e Mark, aperta la porta, entrò in casa. La luce affievolita dalle tende scure e dondolanti risultava amichevole e confortante per chi aveva appena passato una giornata sotto il peso del sole.
Abbandonò il peso del proprio corpo affondando nel letto di camera sua.
Dal piano inferiore provenivano suoni di elettrodomestici e lo sbattere di posate, la madre stava evidentemente preparando il pranzo.
Osservava tutto e nulla, nel bianco intonaco del soffitto rivedeva il grido dell'amico, la morsa della belva e il dolore della morte.
Aveva pianto la morte dell'amico ed insieme a lui avevano pianto i suoi cari.
Ma nessuno poteva immaginare quello che vide, nessuno. Chiamarono dottori dall'illusione di poter scavare nella mente degli esseri umani, detti psicologi.
Gli avevano fatto le solite domande a cui Mark aveva dato le solite risposte, quindi era uscito il solito verdetto: era shoccato... dicevano gli uomini in camice.
Nessuno poteva capire quale orrori avessero visto le sue pupille quel pomeriggio, se all'inizio aveva pensato di raccontare a qualcuno l'accaduto poi cambiò idea, raccontando a chi chiedesse di come Tom si fosse addentrato nell'oscurità del cunicolo per poi non uscirne più.
Senza però accennare a quegli occhi brucianti di malvagità.
Una lacrima scese, scaricando il peso di mille pensieri, lungo la sua rosea guancia ora segnata per sempre dal marchio della morte. Si spense sul candido lenzuolo del suo letto, così come il rumore nei piani sottostanti.
C'era qualcosa di inquietante in quell'interruzione brusca e Mark lo sentì con chiarezza.
Chiudendo gli occhi affinò l'udito per quanto il suo organismo potesse nel vano tentativo di percepire un qualsiasi suono.
Ma non udì nulla, il mondo si era spento davanti ai suoi occhi.
Il senso di inquietitudine presto lasciò posto al panico, lo fece non appena Mark, voltato il capo verso la sua sinistra vide il ramo del ciliegio vicino casa sbattere sulla finestra in silenzio, non un rumore.
Balzò in piedi. Gocce si sudore impregnavano il suo viso, stava rivivendo tutto, era lì, voleva lui.
Mille frammenti di vetro accompagnarono il suo balzo al suolo. Aveva saltato dalla finestra, provocando la caduta del vaso della madre, ma sapeva, ora non era importante.
Accovacciato al suolo strisciò lungo la parete illuminata dal sole di cui non sentiva il calore, non più.
Scivolò oltre il recinto di legno, e solo allora osservò cosa stava succedendo in casa.
Sembrava inondata di una strana sostanza, tanto che al suo interno, nonostante il pieno pomeriggio, regnava l'oscurità più nera. Ciò che vide lo scosse, due occhi, rossi come il sangue e crudeli come la morte.
Quando si svegliò un leggero dolore alla nuca suggerì che doveva essersi addormentato in un luogo non troppo favorevole. Si alzò, l'aria della sera trasportava un sottile strato di nebbia.
Il ragazzo tremava vistosamente, aveva perso tutti, forse anche se stesso.
Si incamminò lasciando la panchina del parco alla stregua degli uccelli e della loro incontinenza.
Non sapeva dove stava andando e non voleva saperlo, voleva fuggire da quel luogo denso di male, cercava la pace.
Percorse 100 forse 1000 metri prima di accorgersene, era sempre nello stesso posto, sempre in quel bosco di incubi in cui l'ombra opprimeva la luce mutando il caldo giallo del sole in gelido azzurro, grigiore spento e crudele dipinto con pennellate forti e decise, tanto da non concedere alla luce la forza per portare un po' di colore.
La sua espressione mutò così come il paesaggio, ora gli arbusti si aprivano andando a scontrarsi col duro ma delicato cemento macchiato da troppi anni di attività.
L'apertura misurava sui 11 metri di larghezza e 5 di altezza, non molto ma quanto bastava, in un lontano passato, a garantire il passaggio di un tir senza compromettere l'integrità della struttura ora segnata da centinaia di piccole crepe.
Mark si fermò al cospetto di tale spettacolo, i tentacoli del male fremevano nel buio trascinando nel loro vortice di paura ogni vitalità nella vicinanza, perfino le piante si spegnevano al cospetto della sua tetra magnificenza, gli unici in grado di sopportare quel peso forse traendone vantaggio erano i rovi i quali si alzavano imponenti nei loro corpi secchi e appuntiti come guardiani piegati in un inchino forzato e insano.
Chi avesse guardato oltre l'apertura avrebbe visto solo il nero più denso . Non c'era traccia di luce, non c'era vitalità, o meglio, non positiva.
Il nero manto ondeggiava trasportando all'esterno il fetore della morte, al suo interno qualcosa attendeva la prossima preda sapendo presto sarebbe giunta.
La porta metallica sbatteva violentemente alla forza di un vento inesistente, ogni sbattere evocava un rumore che si protraeva per il bosco facendo rabbrividire i possenti alberi e tremare la terra.
Mark si fermò al cospetto del buio opprimente che solo dimorava incontrastato nel cunicolo di pietra e cemento.
L'uscita appariva a 200 metri, una piccola finestrella di luce, liberatoria forse ma mai così lontana.
“Fatti coraggio” ripeteva invano Mark. Nel debole tentativo di scacciare una paura stretta e crudele.
Un passo, la porta metallica più vicina, il buio più forte nella propria morsa. Un secondo passo, più insicuro del primo.
Il cuor suo sperava nel terzo, in cuor suo sapeva non sarebbe arrivato al quarto.


End


Vi ringrazio anticipatamente di qualsiasi opinione o giudizio in quanto penso essi siano il mezzo principale per migliorarsi^^ Quindi qualunque genere di pensiero vi passi per la testa mentre leggete le mie righe vi pregherei di comunicarmelo, in quanto con esso, specialmente se negativo, cercherei di migliorare me e la qualità delle mie storie^^
  
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