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Autore: charlie0beth    03/03/2013    1 recensioni
-Non voglio farti del male. –piango, urlo, dolore.
-Non me ne farai. –assicura affondando il verde dei suoi occhi nel ghiaccio dei miei.
Un abbraccio. Quante cose può dire, un abbraccio?
-Il gelato? –chiedo con l’ultimo filo di voce che mi rimane.
Sento il suo sorriso fra i miei capelli.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 Febbraio 2013

Un, due, tre. Un, due, tre. Un, due, tre.
Schiena dritta. Muscoli dritti ma rilassati. Sorriso.
Un, due, tre. Un, due, tre. Un, due, tre.
Un piede avanti. L’altro di lato. Seguire sempre l’uomo.
Un, due, tre. Un, due, tre. Un, due, tre.
Testa alta. Guardare negli occhi il compagno di ballo. Non fottergli le emozioni.
Un, due, tre. Un, due, tre. Un, due, tre.
Sei forte. Sei forte. Sei forte. Sei forte.
Un, due, tre. Un, due, tre. Un, due, tre.
Ma le sue emozioni sono così pure e i suoi occhi così limpidi.
Un, due, tre. Un, due, tre. Un, du…
-NON DI NUOVO, CAZZO! NON DI NUOVO! –l’ho fatto di nuovo e Lei si è arrabbiata. Di nuovo. Per colpa mia.
-Sei un MOSTRO! Vorrei tanto non averti conosciuto! –dolore. Non dovevo farlo di nuovo. Mi aveva avvertita.
Mi guarda con rabbia, con disgusto. Lo sa Lei e lo so anche io di essere un mostro.
Ma io non volevo…
Le sue emozioni erano così PURE.
Ma ora Lei è di nuovo delusa. Però io ora posso provare dei sentimenti. Per ora. I sentimenti del mio compagno di ballo.
Che cosa orribile.
Mi lancia la maschera bianca addosso ed esce dalla sala disgustata.
Riesco a sentire il suo ultimo sussurro.
-Vattene, mi fai schifo.

12 Febbraio 2013

Calma. Devo restare calma.
Dopotutto Londra è solo una semplice città. Niente può farmi del male.
Credo.
Sono sicura che Lei non mi cercherà mai qui. Sa quanto odio questa città.
Perché le persone mi stanno fissando? Perché? Cos’ho che non va?
Ah, si…la maschera.
Tolgo lentamente lo strato bianco –cioè la maschera. Odio chiamarla maschera. –dal volto.
Perché mi fissano? Stanno continuando a fissarmi.
Respira profondamente. Guarda a terra. Non incrociare lo sguardo.
Non diventare il mostro che sei. Nascondi la tua natura e comportati da persona normale quale non sei.
Respira profondamente. Cammina. Entra nel bar e ordina qualcosa da mangiare.
C’è tanta gente. Troppa.
E mi stanno fissando.
Perché  mi stanno fissando?
-Desidera? –sobbalzo. Non alzare lo sguardo. Non guardare negli occhi. Persona normale, ricorda.
Respira e parla chiaramente.
-Avete delle barrette di cioccolata? –brava. Lei sarebbe fiera di te se fosse qui. Forse.
-Certo! Come la vuoi? –voce maschile. Rauca, troppo rauca.
Respira. Alza le spalle. –Cioccolata. Basta che sia solo cioccolata.
Mai mangiare cioccolata con qualcosa dentro. Sono allergica a tutto.
Mi sento osservata. Troppo.
Bum. Qualcuno mi ha dato una spallata.
E mi ha fatto anche male. Non che io sia una forzuta, anzi, tutt’altro.
Sfortunatamente, fin dalla nascita non sono mai riuscita a praticare uno sport.
Suonavo solo il piano.
Ero e sono un mostro sen’anima, senza forza, senza voglia di vivere.
-Ehi, ‘sta più attenta, stupida ragazzina! –odio quando le persone non mi portano rispetto.
Non arrabbiarti. Non arrabbiarti. Non diventare un mostro. Non farlo.
Mantieni la calma. Guarda a terra. Non diventare il mostro che sei.
Respira.
Perché tutti mi fissano? Perché è piombato il silenzio?
-Perché non rispondi? Chi ti credi di essere? Eh?! –cosa vuole questa mocciosa da me?
Non sa in quali guai si sta cacciando.
Respira. Conficca le unghie nelle mani. Fa qualunque cosa, ma non diventare il mostro che sei.
Prendi la cioccolata e vattene. Vattene. Nessuno ti vuole. Sei un mostro.
-Ehi carina, quando ti parlo sei pregata di guardarmi. Oppure hai vergogna di te stessa? –Sento delle unghie conficcarsi nella mia candida carne del viso e girarmi la testa verso questa stupida mocciosa.
I miei occhi nei suoi.
Le sue emozioni fanno davvero schifo. Così come la sua vita.
-Non dirmi che sei gelosa. Ma certo che si! Dopotutto chi non mi invidierebbe?! Sono bellissima, piena di soldi e con un favoloso ragazzo. –perché capitano tutte a me? Io non la conosco neanche a questa. E poi, perché dovrei essere gelosa di lei?
Io sono la persona più ricca di questo mondo e se vogliamo mettere l’argomento di bellezza in mezzo, lei non può proprio parlare visto che è un bagno messa in confronto a me. Naturalmente, lo dico perché nella mia vita a causa della mia salute cagionevole ho passato tutto il mio tempo a curare me e la mia pelle.
I miei occhi nei suoi. Le sue unghie nella mia pelle. Le sue parole che non mi trasmettono nulla.
Le uniche emozioni che mi è permesso provare sono la rabbia, la tristezza, lo sconforto.
Le altre, sono solo accessori che rubo alle persone.
Mantieni la calma. È solo una stupida che non conosce il mostro.
-Lasciami. –sussurro. Fa uno schifoso ghigno e conficca le unghie sempre più in profondità nella mia pelle.
E questo gesto, libera il mostro che sono. E che cerco di nascondere.
Felicità, lussuria, provocazione, gelosia, collera, amore.
Sorpasso tutte le sue emozioni, fino ad arrivare alla sua anima.
Non sento più niente in torno a me. Forse, solo le deboli grida della mocciosa.
Sta soffrendo lo sento. Sto facendo tutto lentamente. Per farle provare dolore.
Tutto il dolore che lacera la mia anima.
Così impara.
Sto per strapparle la sua miserevole anima grigia. La stringo nelle mie mani.
Sto per strapparla, lentamente.
Ma qualcuno ferma tutto.
Il dolore. Lo strappo dell’anima. Le emozioni. Il mio contatto visivo che mi permetteva di uccidere la mocciosa.
Sbatto più volte le palpebre e vedo che un ragazzo –alto, capelli ricci, occhi verdi –sorregge la mocciosa e mi guarda spaventato.
Mi rendo conto di quello che stavo facendo e in un attimo, pago il cameriere e scappo dal locale con la mia cioccolata.

13 Febbraio 2013

Sola. Come sempre.
Seduta su uno strano ponte di legno decadente.
Se avessi fortuna, molta fortuna, il ponte potrebbe cedere sotto il mio peso e farei un piacere a tutti, morendo.
Ma naturalmente, ho un conto in sospeso con la morte e non credo che mi lascerà andare così facilmente.
Mi sporgo leggermente per vedere se ci sono pesci nel fiume sottostante.
Ma prima che io riesca a vedere qualcosa, due braccia mi avvolgono e mi tirano indietro.
Che strana sensazione. Non sono mai stata abbracciata.
Sempre se questo, si può definire in qualche modo un ‘abbraccio’.
-Cosa avevi in mente di fare? Sei forse pazza? –chiede lo sconosciuto spaventato.
Che poi, a quanto pare, tanto sconosciuto non è.
Il ragazzo riccio, quello di ieri, ancora deve accorgersi che sono il mostro di ieri.
Guarda a terra. Respira. Non guardarlo negli occhi. Non parlare.
Non spaventarlo. Non mostrare il mostro che sei.
Aspetto una sua qualsiasi reazione, ma il tempo passa e non c’è alcun suono oltre quello che produce il vento passando fra gli alberi.
Il suo respiro sembra regolare e continua a fissarmi.
Perché mi sta fissando?
-Tu. Tu sei la ragazza di ieri. –ragazza. Non mostro. Ragazza.
Che cosa deliziosa.
Alzo le spalle.
Che brutto vizio, il mio. Alzare le spalle.
Ho sempre odiato farlo, ma descrive appieno tutto quello che voglio dire.
Oppure no.
Che cosa strana. Ci sono tante cose che penso, che vorrei dire.
Ma non posso. O non ne ho il coraggio?
-Scusa la mia ragazza. A volte si comporta in modo davvero stupido. –molto stupido. Tanto, troppo.
Bene. Se devi parlare, respira e continua a guardare i sassolini sparsi sulla terra. E non guardarlo negli occhi.
Assolutamente.
-Molto stupido. Sai, dovresti tenerla a bada. Non sai mai cosa può dire o fare alle persone sbagliate. –perché  è quello che sono, vero? Una persona, intendo.
-Solo, non capisco cosa è successo dopo. Quando ha iniziato a urlare come una pazza.-continua, come se io non avessi parlato. Odio quando le persone fanno così. Quando mi rivolgono la parola ma poi mi ignorano.
Bene, allora lo ignorerò anche io.
Tiro il cappuccio del cappotto sulla testa, infilo le mani nelle tasche e inizio a camminare con la testa china. Stando attenta a non inciampare.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sett…
-Aspetta! Non andartene!-urla il ragazzo dietro di me, interrompendo il conto delle piccole buche nel terreno.
Sento un tonfo. Un grosso tonfo. Un grande tonfo. Un gigantesco tonf… Okay, basta.
Giro leggermente la testa per vedere cosa è successo e noto che il riccio e inciampato in una delle buche che stavo contando. Bene, così impara a interromperne il conto.
Non si alza. Perché non si alza?
Sbuffo e mi avvicino a lui.
Non si muove. Sarà forse morto?
Oddio, e ora chi lo dice a quella mocciosa?! Io di certo no e non credo che le farà piacere, sapere che il suo ragazzo è stato ucciso dal mostro che ha cercato di strapparle l’anima.
Calma. Respira. Sei un mostro, hai ucciso un sacco di altre persone.
Prendo un rametto e con la punta punzecchio la testa riccia del ragazzo.
Si muove leggermente, emettendo dei piccoli gemiti.
Oh, è ancora vivo.
Che peccato.
Ed ora? Cosa devo fare?
Ehi, aspetta. Perché mi sto preoccupando così tanto per questo moccioso?
Dopotutto non è neanche colpa mia se è inciampato ed ha perso i sensi.
Oppure si?
Mi sento come Amleto nel momento in cui doveva scegliere se togliersi o no la vita.
Respira. Sei un mostro, ricorda.
Però questa potrebbe essere l’opportunità per diventare qualcosa di meglio, di buono.
Okay, non esageriamo.
Al massimo,un mostro ‘buono’.
Esistono mostri buoni? Beh, c’è sempre una prima volta.

14 Febbraio 2013

Sembra un angelo. Peccato che si trovi con il diavolo in questo momento.
Quanto vorrei poter essere come lui.
E poter dormire come lui. Come se non avesse alcun genere di problema.
Forse è proprio così. Forse sono io quella piena di problemi.
-Ehi, cosa è successo? –borbotta il riccio, passandosi una mano sulla faccia.
-Sei caduto. –che coglione, ci sto ancora pensando.
Sento il cellulare squillare, ma il ragazzino è più veloce e risponde lui.
Cristo Santo.
-Pronto? Harry Styles, piacere. Si, sono un suo amico. Certo, ora glie la passo. –mi porge il telefono ed io glie lo strappo dalle mani. Ora sono fottuta.
-Chris. –La saluto atona. Senza sentimenti. Senza niente.
-Mostro, perché sei scappato?! Dovevi resti qui. Al tuo posto. –urla rabbiosa.
Il riccio mi guarda serio ed io sospiro.
-Scusa. –non so cos’altro dire.
-Dovevo aspettarmelo da te. Fai schifo! Mostro! Sei solo… -il ragazzo mi strappa il telefono e lo butta sul letto. Mi abbraccia.
Perché mi sta abbracciando? Dopotutto è verro, sono un mostro e faccio schifo. È la realtà.
Eppure, perché sento le guancie bagnate? Perché sento un dolore nel petto? Perché?
-Non dovresti farti trattare così. –dice serio, guardandomi negli occhi.
-Non farlo. –mi guarda confuso –Non guardarmi. Potrei ucciderti.
-Non lo farai. –continua sicuro. Sono un mostro, respira.
Respira, espira. Sei il mostro.
-Vattene. –dico ferma.
Lui mi guarda un ultima volta e se ne va.
Come fanno tutti.
Beh, almeno se ne va vivo.

15 Febbraio 2013

Potrei buttarmi. Forse riuscirei a morire.
Ecco cosa penso mente mi sporgo per l’ennesima volta dal ponte. Ormai, è diventato il mio punto di ritrovo.
Se solo mi sporgessi un altro po’…o forse no?
No, assolutamente. Sono un mostro e i mostri devo morire.
Se non mi uccido io, prima o poi mi ucciderà qualcun altro. Perché i mostri muoiono sempre nelle storie.
Morire.
Che parola orrenda ma bellissima allo stesso tempo.
-Di nuovo?! –le stesse braccia di ieri avvolgono i miei fianchi. Ma invece di tirarmi indietro, si appoggia con la testa sulla mia spalla. Il suo petto contro la mia schiena.
-Che ne dici di un gelato? –sussurra al mio orecchio. Ma io non mi muovo. Continuo a guardare il fiume che scorre violento sotto di me.
-Mi butto un attimo e poi andiamo. –cerco di sciogliere la sua stretta ferrea, senza risultato.
Respira. Stringe sempre di più. Vuole soffocarmi? Sarà forse lui il principe che deve uccidere il mostro?
-Io non voglio farle del male. –sussurro, triste.
-Cosa? –chiede sorpreso lui.
-Non voglio fare del male alla tua principessa. –ripeto –Non uccidermi.
-Ma io non voglio ucciderti. –risponde sempre più confuso.
-Tutti vogliono uccidermi. –sussurro stanca. Stanza di Chris. Stanca di essere un mostro. Stanca del dolore. Stanca del mondo. Stanca di tutto.
-Io non sono tutti. –sussurra dolcemente al mio orecchio. Prende il mio mento e mi gira dolcemente il volto.
-Io sono io. E tu non sei il mostro. Non in questa storia. Non ora. –continua.
-Non voglio farti del male. –piango, urlo, dolore.
-Non me ne farai. –assicura affondando il verde dei suoi occhi nel ghiaccio dei miei.
Un abbraccio. Quante cose può dire, un abbraccio?
-Il gelato? –chiedo con l’ultimo filo di voce che mi rimane.
Sento il suo sorriso fra i miei capelli.

Beh, ciao. lol

Non so cosa scrivere :|
Forse dovrei iniziare con il chiedere scusa, visto che questa storia fa schifo e grazie a chi ha perso tempo ed è arrivato fin qui.
E con questo, posso andare a mangiare la nutella e ad ascoltare Demi.
Ciao e grazie....se volete contattarmi, no problem :)

  
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