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Autore: CassandraBlackZone    03/03/2013    4 recensioni
«Noioso.»
«Che?»
«I freni. Li hai tolti.»
Asia si girò verso la consolle e sbottò un sorriso. «Be’… si cambia.»
Senza girarsi, la siluriana soffocò una risata, salutò con una mano e chiuse la porta sempre dando le spalle. Di nuovo, Asia girò intorno agli innumerevoli comandi della macchina del tempo e in pochi secondi era già all’interno del vortice del tempo. Con una mano sfiorò la leva dei freni. «Dici… noioso?» con fare nostalgico, la ragazza camminò tra i corridoi del TARDIS giusto per aspettare che il suo ospite si svegliasse. Quell’ora la passò a pensare al passato.
Genere: Fluff, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 1, Doctor - 11, Nuovo personaggio, River Song
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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ANGOLO DELL’AUTORE: Salve a tutti!!! Ammetto che comincio ad avere dei piccoli blocchi dello scrittore… Se questo capitolo vi risulta un po’ noioso o confuso è perché sto avendo dei problemi su come mandare avanti la storia!! Lo so… ancora molte cose non si capiscono, ma vi prego di avere moooooolta pazienza con me… e di aspettare di volta in volta il prossimo capitolo!!! :)
Spero tanto che vi possa continuare a piacere la storia e vi prego di recensire con le vostre considerazioni e consigli!! ;) Grazie mille e buona lettura!!!!!
 
Cassandra
 
 
Tra le macerie delle macchine da guerra, dei giovani guerrieri Nitan si nascondevano dagli attacchi dei temibili nemici. Quella bellissima distesa di terra rossa era ormai diventata una vera e propria landa desolata ed una tomba: sparsi per il campo di battaglia, migliaia di corpi senza vita giacevano a terra. Le città erano ormai distrutte e bruciate ma fortunatamente delle navi di salvataggio partirono con donne, anziani e bambini prima che fosse troppo tardi.
Diversi uomini adulti e giovani si arruolarono negli eserciti rimanendo sul loro pianeta Nitano 723 per cercare almeno di salvare quel poco che restava di quell’inferno.
Le mani blu maculate di verde di un fantino tremavano e le lacrime scendevano copiosamente dai suoi occhi giallo-oro. Ripensò alla sua famiglia, ai suoi bambini e amici, ma cercò di non darsi per vinto. Con forza strinse un pugno, picchiettò sull’armatura argentea e invocò i suoi dèi parlando l’antica lingua Nitantia: Datemi la forza. Che io possa cadere con onore.
Una mano virile e rassicurante si posò sul giovane. Lo sguardo deciso e sicuro di un Nitan adulto e maturo, si rispecchiò in due occhi insicuri e pieni di terrore.
«Bravo. È così che devono essere i guerrieri Nitan. Noi lo facciamo per l’onore della nostra specie.»
L’alieno sbottò un sorriso e annuì «Sì, capitano Driv. Questo è per noi Nitan!»
«Bene. Quale la situazione?»
«Ho contattato le navi spaziali Q04 e Y05: sono partiti senza problemi. Ma purtroppo le navi Q03 e W02 sono state abbattute.»
Driv digrignò i denti. «Perlomeno ne potremo salvare mille. continueremo a vivere.»
Il capitano fece cenno agli altri soldati. Questi annuirono, pronti ad attaccare con i loro archi e frecce e abbassarono tutti assieme il loro elmetto sulla testa con il simbolo del loro amato pianeta scolpito su di esso.
«Signore! Si stanno avvicinando!»
«State pronti!»
Driv attese un altro po’. Non appena sentì qualcuno avanzare si alzò e uscì allo scoperto. «Cari…ca.»
Una mano afferrò saldamente il collo dell’alieno inducendolo a lasciare l’arma. Non riusciva a respirare, a stento cercò di prendere boccate d’aria. Si divincolò cercando di afferrare la creatura che gli stava davanti, ma dopo pochi secondi il corpo di Driv smise di dimenarsi.
Mossi dall’ira, i giovani guerrieri urlarono all’unisono e si gettarono sull’assassino del loro capitano. Una luce abbagliante disintegrò in un solo colpo l’esercito, lasciando un mucchietto di ossa e teschi.
«Pianeta Nitano 723. Disabitato.»
La creatura ritrasse il suo arto che da sofisticata arma laser si tramutò in un braccio umano metallico. Si levò il pesante casco di ferro. Lunghi capelli rossi mogano scivolarono sui fianchi e due occhi smeraldo pulsavano ad un ritmo regolare. Dal mucchietto di ossa dei Nitan raccolse un elmo: oltre agli occhi, i lineamenti morbidi di una ragazza sui vent’anni, una bocca e una pelle rosee si riflessero sul metallo. Disgustata dal suo aspetto, increspò le labbra in una smorfia.
«Sarah. Rapporto» sul polso della ragazza lampeggiò una luce rossa e premuto sullo schermo del piccolo polsino iniziò a parlare.
«Qui Sarah. Ora il pianeta Nitan è completamente privo di forme di vita.»
«Hai effettuato una scansione completa?»
«Due volte. Nessuna traccia di lui
«Ne sei sicura?»
«Per la decima volta, sì.»
«Bene. Stai pronta per un teletrasporto.»
«Un momento. Non distruggiamo anche questo pianeta?»
«Non è necessario. E ti ripeto che non sarà mai necessario.»
Sarah sbuffò e di nuovo ripensò al suo aspetto. «A proposito, non c’è modo di cambiare questa faccia?»
«No. Ad ognuno è stato assegnato un aspetto. Il tuo rimane tale e quale.»
«Be’, ci ho provato» la ragazza chiuse la chiamata roteando gli occhi e un fascio di luce bianca l’avvolse. Un secondo dopo il suo corpo venne teletrasportato da quella terra deserta.
 
Matt si aspettò il solito ufficio Ottocentesco. La solita scrivania in legno, il solito antico tappeto sul parquet lucido di cera e magari anche i soliti quadri e librerie: invece l’intera stanza era sì, fatta di legno, ma piena di piante e fiori esotici. Era praticamente una giungla. Una poltrona di rami intrecciati era in mezzo all’ufficio e dietro ad essa c’era un’enorme finestra di vetro. I raggi del sole irradiavano tutta la stanza con una tenue luce bianca.
Vastra si sedette sulla poltrona davanti alla finestra massaggiandosi la fronte, mentre il giovane attore su quella davanti a lei. Cercando di non farsi notare, Matt osservò il corpo della donna-rettile con una certa attenzione e stupore. Dopo diversi ripensamenti finalmente capì chi fosse.
«Cosa scruti con quei occhi interrogativi?» domandò la donna.
«No, cioè… l’abito nero vi dona. Molto.»
Vastra abbassò gli occhi per osservare il suo vestito nero e ridacchiò. «Non prendermi in giro. È per caso il mio volto che ti impressiona»
«S-sì, signora. Be’… ecco. Per la verità mi vergogno un po’ perché… Non credevo che… avrei rivisto Vastra. Ovvero, lei…» Matt imprecò a bassa voce e cercò in tutti i modi di evitare di balbettare, ma senza risultati. Quelle tazze di caffè più che calmarlo lo resero più nervoso, difatti tutta quella caffeina si fece sentire proprio in quella situazione imbarazzante: sperava vivamente che Asia ritornasse il più presto possibile.
«Non sentirti in imbarazzo. D’altronde sono io che non appaio molto spesso. Un’altra cosa, Matt: nessuna formalità, puoi chiamarmi solo Vastra» la donna sorrise dolcemente all’uomo, che sembrò per un momento rincuorarlo e d’impulso ricambiò. «Posso chiederti di alzarti per un attimo?»
A quella domanda Matt si alzò di scatto, seguito da Vastra, ma con più calma. Avvicinatasi a lui, cominciò a gironzolargli attorno analizzandolo dai piedi in su.
«Stivali di pelle. Jeans blu. Camicia bianca e giacca-impermeabile nera. Nella tua dimensione ci si veste ancora così?»
«Sì…»
Vastra inarcò un sopracciglio. La sua mano guantata di nero prese la cravatta rossa. «Una cravatta … rossa?»
«Sì… che c’è di strano»
«Con questa più che mille anni…. Te ne darei massimo cinquecento.»
«Oh be’… lo prendo come un complimento.» il giovane attore senza accorgersene sorrise alla battuta, mentre la siluriana rispose a tono sghignazzando.
«Ovvio che scherzavo, giovane Matt Smith. So fin troppo bene chi sei.»
«Ah, davvero? Sono così popolare?»
«Non montarti la testa. Siamo solamente io, Jenny, Asia ed altri a conoscerti.»
«Per altri che cosa intendi?»
«Ora come ora non sono tenuta a rivelarti tutto. Però puoi farmi domande relative a cose a cui posso darti risposta. Siedi pure.»
Entrambi si rimisero seduti e cominciarono così una tranquilla chiacchierata. Matt pensò attentamente alle domande da porre.
«Allora… per prima cosa vorrei chiederti: tu non hai intenzione di uccidermi, vero?»
«Cielo, no! Che cosa te lo ha fatto pensare?» Matt indicò con lo sguardo la spada a fianco alla donna rettile. Quest’ultima sorrise impacciata. «Oh be’, come dire… Era solo un attacco d’ira. Niente di più. Sai come siamo noi guerrieri siluriani.»
«Più che un attacco d’ira, la definirei solo preoccupazione.» gli occhi dell’uomo incrociarono quelli di Vastra. «Un mese e un giorno sono due periodi di tempo molto diversi. È comprensibile che tu ti sia preoccupata per Asia.» l’uomo scostò una ciocca di capelli dagli occhi. I due si guardarono intensamente: Matt sorrise timidamente.
«Tu… come mai sei così calmo in una situazione del genere?»
«In che senso?»
«Nel vero senso della parola. Sei stato nel TARDIS, ti trovi in un’altra dimensione, stai parlando con un alieno in una stanza dell’Ottocento e sei praticamente calmo. Non pensi che tutto questo sia un sogno?»
Il giovane attore ci pensò su annuendo. In effetti poteva essere benissimo un sogno, pensò lui. Dopotutto era stato colpito in piena fronte da un riflettore mentre girava una scena, eppure tutto quello che successe nel TARDIS non poteva che essere reale. Lui ne era certo. «Be’, non hai tutti torti. Ma dopo aver rischiato di cadere nell’inceneritore per poi essere salvato da un trampolino e una piscina in una libreria, l’unica cosa che mi resta da fare è accettare la situazione e adattarmi.»
Quella risposta lasciò la siluriana senza parole inducendola persino a sorridere. «Sei incredibile, Matt Smith. Davvero non me lo aspettavo.»
«Avrei altre due domande, se posso.»
«Chiedi pure.»
«Come sono entrato nel TARDIS?»
«Non c’è domanda più semplice. Non era nostra intenzione incontrarti proprio nel momento dell’incidente, ma è servito affinché Asia, Jenny ed io ti prendessimo dall’ambulanza. Come abbiamo nascosto il TARDIS? Confondendolo tra le riproduzioni.»
«Oh, ok. Ora è tutto chiaro, ma questo mi porta ad un’altra domanda.»
Annuì.
Matt si schiarì la voce sistemandosi ulteriormente una ciocca di capelli. «Perché sono qui?»
Vastra divenne stranamente seria e sbatté nervosamente le palpebre in cerca di una buona risposta, cercando anche di sorridere per nascondere la sua preoccupazione. «È stato un errore.» il silenzio calò nella stanza. Matt stette in ascolto aspettando la risposta. «Tu… non potrai mai essere lui
Il giovane attore sgranò gli occhi indicandosi da solo con l’indice «Io? Che cosa c’entro?»
«È meglio se lasci stare. Tanto sapevo che… sarebbe stato impossibile.» la donna-rettile si alzò dando le spalle all’uomo e sospirando guardò fuori dalla finestra. «Tu… non sei lui. E in nessun modo lo sarai.»
Matt non sapeva cosa dire, per non parlare che non sapeva cosa rispondere. L’unica cosa che riusciva a fare era farsi tante domande, ma che probabilmente non avrebbero ricevuto risposta. «So che me ne pentirò ma… dov’è? Che cosa gli è successo?»
Vastra si allontanò dalla finestra per dirigersi in fretta alla porta. Non aveva assolutamente voglia di parlarne. «Non appena ritornerà Asia, lei ti riporterà a casa.»
«Ma…»
«È inutile!» Vastra si voltò e squadrò ferocemente Matt che dallo spavento si alzò di colpo e indietreggiò. «Puoi anche avere il suo stesso volto, assomigliargli indossando i suoi vestiti e imitare i suoi modi di fare. Ma ciò non toglie che tu non hai quella luce che nei suoi occhi risplende, quella sicurezza e spavalderia che ormai si porta dietro da mille anni» la siluriana cercò di riprendere il controllo e si avvicinò piano al giovane attore. Allungata una mano davanti a sé, la premette sul petto di lui. «Senza contare che hai solo un cuore.»
Matt proprio non riusciva a riabbattere e per qualche strano motivo si sentiva male nel vedere quegli occhi colmi di delusione puntati su di lui. Era perfettamente consapevole di essere un semplice attore. Era ovvio che lui non fosse il Dottore: eppure non capiva perché si sentisse così frustrato da quella affermazione. «Mi… dispiace» si limitò a dire, distogliendo lo sguardo.
«Sono già passati otto anni e non c’è giorno che passi in cui noi non lo cerchiamo. Specialmente River.»
«River? Parli di River Song?»
«Esatto. Non c’è nessun altro più preoccupata di lei.»
«E Asia?»
«Lei è solo un’apprendista, però… Sì, anche lei.»
Matt accarezzò una spalla di Vastra per tranquillizzarla. «Mi spiace. Sul serio. Vorrei aiutarvi, ma non so in che modo.»
Vastra rispose a quel gesto affettuoso con un sorriso. «Non importa.»
«Aiuto! Vastra!»
«Asia!» senza pensarci due volte, Matt si avviò verso l’ingresso correndo, seguito da Vastra. Arrivati alla soglia, la donna-rettile si portò una mano alla bocca.
«Oh santo cielo…»
Tra le braccia di Jenny c’era una strana creatura maculata di verde ferito e con il volto contorto dal dolore. Agli occhi di tutti pareva un ragazzo giovane, che ansimava pesantemente. «È un Nitan, si è teletrasportato davanti a noi all’improvviso, mia signora.»
«Un Nitan? Ma come ha fatto a…»
«Le domande a dopo, Vastra.» la fermò Asia. «Ora dobbiamo curarlo.»
«Ok, posatelo sul divano.»
Jenny posò piano il giovane alieno e tirò via subito la sua armatura per poter controllare le sue ferite: fortunatamente erano solo superficiali, ma dovevano essere disinfettate al più presto.
«Jenny, vieni con me nel laboratorio. Asia e Matt, stategli vicino.»
Rimasti soli, Matt e Asia vegliarono sul corpo minuto dell’alieno. La ragazza accarezzò i capelli celesti del ragazzo e asciugò di tanto in tanto il sudore sulla fronte.
«Ma… che tipo di alieno è?» chiese diffidente Matt.
« È un Nitan del pianeta Nitano 723, pianeta nato circa quattro anni fa ed è una specie indigena di guerrieri. Hanno ciclo vitale piuttosto veloce. Sono molto pacifici con gli ospiti ma sotto attacco sono feroci e combattivi.»
«Ah, capisco…Ehi, guarda! Sta aprendo gli occhi!» pian piano il giovane Nitan sbatté le palpebre per poi aprirle del tutto: due splendidi occhi giallo-oro si posarono su Matt. «Wow… caspita. Ha degli occhi stupendi.»
«Già.»
«…ore»
«Asia! Ha parlato!»
«Dot..tore.»
Asia e Matt si scambiarono degli sguardi perplessi. «No.. io… io non sono…» balbettò il secondo.
«Dottore! Dottore! Dottore!» non curandosi delle sue ferite, il ragazzo si aggrappò alla camicia di Matt urlando < «A-Asia! Aiuto!» supplicò l’umano.
L’alieno urlò improvvisamene e, lasciata la presa, si accasciò di nuovo sul divano perdendo i sensi.
«Che cosa succede? Che cos’era quel grido?» Vastra e Jenny arrivarono nel salotto con in mano diverse valigette di metallo.
Il giovane attore, ancora confuso, indicò l’alieno svenuto. «Io… non lo so. Ha cominciato a chiamarmi Dottore e poi… ha urlato e…»
«Dopo ce lo spiegherai, ora pensiamo alle ferite» le due donne si avvicinarono al Nitan e cominciarono a curare le sue ferite con oggetti di alta tecnologia che erano all’interno nelle valigette.
Le risposte alle domande di Matt avrebbero dovuto aspettare, poiché ora si era presentato un quesito più importante.
   
 
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