THE NIGHTMARE BEFORE
CHRISTMAS - Pt. 1
Chiuse la portiera della macchina prendendo dal portafogli i soldi necessari
per fare il pieno alla sua macchina. Si sarebbe poi fatta fare una fattura,
così le avrebbero rimborsato le spese come sempre. Andò dal benzinaio e gli
disse di riempire il serbatorio di gasolio. L'uomo fece come gli era stato
detto, mentre la sua cliente si stringeva ancora di più nel suo piumino.
Dove sarà andato quello scemo, pensò, calzandosi il cappellino di lana
sulla testa. Era così che chiamava, nella sua testa, il suo assistente
combinaguai. Quel ragazzo, benchè sapesse scattare delle foto di grande
qualità, era davvero un perdente, riusciva a tagliarsi con un cucchiaio. Era
pure molto strano e questo non sapeva spiegarselo razionalmente. Lo vide
uscire, incespicando sui suoi passi, dal bar della stazione di servizio, con in
mano due caffè lunghi.
"Tenga, signorina Rosenbaum.", le disse, porgendole il caffè nel suo
bicchierone di polistirolo.
"Andiamo, Faust, lo sai che devi darmi del tu.", gli disse per
l'ennesima volta.
"Lo so ma non ci riesco. E' più forte di me."
"Lavoriamo insieme da sei mesi e ancora non mi chiami nemmeno con il mio
nome."
"Mi scusi... cercherò di migliorare.", fece lui.
Aveva una venticinquina anni, era uscito da diversi altri lavori, ma era un
mago con la fotocamera. Glielo aveva presentato Karl, il fotografo presso il
quale Mac aveva fatto apprendistato; era suo nipote e Mac, dopo aver visto un
paio delle fotografie che aveva scattato e dopo aver consultato il direttore di
'Landskapes', che l'aveva nominata da qualche tempo fotografa a tempo
pieno, aveva deciso di prenderlo con sè. Lo doveva a Karl, che le aveva aperto
un mondo facendola lavorare con lui, e lo doveva a se stessa, perchè aveva
bisogno di un aiutante!
Per il servizio del mese di gennaio, il direttore aveva deciso di spedirla in
giro per i mercatini natalizi che si tenevano nelle maggiori città tedesche per
fare un reportage. Da un mese, Mac viaggiava per il suo paese, tra mille
difficoltà e peripezie, da fare invidia ad un romanzo di Jules Verne. Una volta
le si era rotta la macchina, la volta dopo quell'incompetente aveva messo la
benzina al posto del gasolio, la volta successiva il treno su cui doveva salire
aveva avuto mezza giornata di ritardo per una bufera di neve. Cercando di non
pensare che il suo aiutante Faust portasse sfiga, Mac era andata avanti nel suo
lavoro.
Ripresero il loro viaggio, dopo aver pagato il benzinaio, e andarono verso il
centro della prossima città.
Non era facile fotografare quando la neve cadeva così fitta, così i due
fotografi di 'Landskapes' decisero di approfittare di quella pausa
inaspettata dal lavoro per andare a prendere una cioccolata calda in un locale.
Seduti davanti alla vetrina appannata, aspettarono che il tempo migliorasse.
"Questa neve è pazzesca...", disse Faust, dopo un'ora passata al
caldo, in attesa, "Sembra non smetta mai di venire giù..."
Mac, che aveva la certezza matematica che ogni frase sul tempo detta da lui si
trasformasse nella realtà nell'esatto opposto, gli chiese di ripeterla di
nuovo.
"Beh... non smetterà di venire giù fino a domani.", disse lui, con
noncuranza.
Mac, speranzosa, guardò fuori e, se avesse scommesso cento euro sulla teoria,
cinque minuti dopo sarebbe stata pronta a riscuotere la vincita perchè piano
piano la neve scemò, facendo ripopolare le vie della città. Era il ventitrè
dicembre e tutti erano sommersi da pacchi e pacchetti, sembrava di vedere un
film natalizio americano.
"Avanti Faust, torniamo al lavoro.", disse Mac.
Nel frattempo si era fatto buio e l'atmosfera, illuminata a festa, era davvero
impregnata di Natale. Se facevano presto a scattare buone fotografie, per il
venticinque erano ognuno a casa propria.
Mentre Faust si occupava di fotografare ciò che più gli piaceva, sperando
magari che uno dei suoi scatti finisse con l'essere pubblicato, Mac si occupava
di cercare l'immagine perfetta. Voleva beccare due fidanzatini a baciarsi
romanticamente e, se non ci fosse riuscita, li avrebbe anche pagati per
farlo. Con la macchina pronta tra le mani si guardava intorno, in cerca
dei suoi soggetti preferiti.
Dopo qualche tempo li trovò: portò la macchina all'occhio, azionò lo zoom,
sistemò la messa a fuoco e...
Quella faccia la conosceva, era familiare, anche se riusciva solo a vederne una
parte perchè era voltata...
Aumentò l'ingrandimento, guardando se alla bocca di lui ci fosse un... pearcing.
Sì, c'era, al solito posto. Era lui.
Il cuore le fece un tonfo nel petto...
La goffaggine di Faust la investì ancora: per fotografare una stupidità le era
venuto addosso, facendole cadere di mano la fotocamera.
"Faust!", disse lei, dopo che l'ebbe raccolta, "Ma con tutto il
posto che c'era!"
"Mi scusi... non volevo... non è che si è rotta?", disse lui,
preoccupato.
"No... la neve ha attutito il colpo.", fece lei, scuotendola.
Cercò di ritrovarlo con gli occhi, ma non c'era più. Sicuramente si era
allontanato, abbracciando la sua ragazza per scaldarla dal freddo.
"Vuole... vuole che le faccia vedere i miei scatti?", le chiese
Faust, vedendola distratta a cercare qualcuno.
"No, li vedrò stasera.", disse Mac, tornando alla ricerca di una
nuova coppia di innamorati per distrarsi da un affollamento di pensieri che le
erano piombati senza preavviso nella testa.
"Non ci posso credere...", disse qualcuno alle spalle di Mac.
Lei si voltò e riconobbe a malapena il miscredente, mentre la sua faccia
era nascosta tra un cappello di lana e una pesante sciarpa, ovviamente entrambi
neri, come il suo lungo cappotto.
"Nemmeno io... Bill!", disse lei, porgendogli la mano infreddolita
per stringere la sua, "Cosa ci fai qua?"
Si stupì di se stessa: quando lo aveva riconosciuto, la prima cosa che le
era venuta in mente non era stato quello che era successo un anno fa, ma bensì
che era contenta di vederlo. Molto contenta.
"Beh... ci abito in questa città, non te lo ricordi?", disse lui,
sorridendole.
"Oh sì, che sbadata! Scusami ma ero completamente assorta che non ho
riflettuto.", disse Mac, dandosi una pacca sulla testa.
"Figurati... sei qui per lavoro?", le fece, vedendole la macchina
fotografica tra le mani.
"Sì, rimango oggi e riparto domani. Sono qua con il mio
assistente...", fece, voltandosi verso Faust, ma non trovandolo nei
paraggi, "Ma dov'è andato? Sparisce sempre quando lo cerco e lo ritrovo
quando non ne ho più bisogno!"
"Un assistente utile allora!", esclamò Bill, ridendo di gusto,
"Mi sto chiedendo da quanto tempo è che non ci vediamo..."
"Davvero troppo...", fece Mac, con rammarico, "Riesco a contare
almeno dai tredici ai quattordici mesi."
"Già... non siamo bravi nel mantenere i nostri rapporti, non credi?"
"Proprio così, c'è qualcuno lassù che non vuole che ci teniamo in contatto.",
disse Mac, infilandosi i guanti per evitare il congelamento.
"Hai niente da fare per adesso? Sta tornando a nevicare.", fece Bill,
notando che nuovi fiocchi di neve stavano cadendo.
"Beh, se nevica non posso fotografare e quindi sono
disoccupata."
"Andiamo a prenderci una cioccolata calda, ti va? Tanto per chiacchierare
un po'.", le propose lei.
"Molto volentieri... anche se devo trovare quello scemo di Faust."
"Mandagli un messaggio sul telefono, digli che siamo al Cafè Marseille,
qua dietro l'angolo."
"Buona soluzione.", disse Mac, prendendo il telefono e chiamandolo
per dirgli di quel cambio di programma. Lui le disse che sarebbe andato in
hotel a riposarsi. Bene, pensò Mac, così non avrebbe combinato guai.
Seduti al caldo del Cafè Marseille, i due fecero un rapido resoconto della loro
vita trascorsa in quell'anno lontani: Bill le disse che il suo album era andato
bene, ma non aveva fatto tanto furore e che, per il momento, i Tokio Hotel
erano in studio, pronti per uscire con il nuovo lavoro. Mac, invece, aveva
abbandonato il suo lavoro da segretaria, si era tasferita in una nuova casa, ed
era tornata a fare la fotografa a tempo pieno. Gli disse anche con grande
rammarico che aveva dovuto dare via Kenzie alla sua vicina di casa, perchè
aveva scoperto di essere allergica al pelo del gatto e non poteva vivere con
lei.
"Oh, mi dispiace, se avessi saputo che eri allergica...", disse Bill.
"Non preccuparti, nemmeno io sapevo di esserlo. Ma è stato bello
condividere di nuovo l'appartamento con qualcuno, anche se non camminava su due
gambe e aveva tutti quei peli addosso!", rispose Mac, con ilarità.
Bill rise di quella battuta. Non la trovava molto cambiata, anche se dovette
notare una certa stanchezza nel suo aspetto, forse causata dal lavoro. Eppure
aveva sempre quei grandi occhi, che le illuminavano il viso, facendola passare
a prima vista per la persona solare e simpatica che era davvero. Altrettanto lo
pensava Mac di Bill, sempre con quei capelli neri, stavolta però tenuti
perfettamente a bada con una piastra, lunghi sulle sue spalle. Sempre il solito
sorriso a tutti i denti, sempre la solita risata.
Un anno non li aveva cambiati molto nell'aspetto, in fondo.
"Senti... lo so che è tardi per farlo ma... vorrei scusarmi davvero per
quello che è successo, un anno fa.", disse Bill.
"Dai, Bill, non ci pensare... in fondo, cosa è mai successo? Solo una cosa
stupida... non vale la pena tornarci sopra.", si scusò a sua volta Mac,
facendo spallucce.
"Ne sei sicura?", volle accertarsene Bill.
"Puoi starne certo. Anche io ho da farmi perdonare, l'ho presa troppo sul
serio, avrei potuto contenermi. Ma quando mi montano i cinque minuti non sempre
riesco ad essere così ragionevole."
"A chi lo dici!", disse Bill.
Era proprio contento di averla ritrovata, stava molto bene in sua compagnia.
Gli erano sempre piaciute le persone genuine come lei.
"Ti va stasera di farci compagnia?", le domandò, senza rifletterci
troppo.
"In che senso?", chiese Mac, perplessa.
"E' ritrovo tra amici, a casa mia, per festeggiare insieme il Natale. Mi
chiedevo se tu volessi aggregarti.", le spiegò.
"Beh... non saprei, mi sentirei un po' come un pesce fuor d'acqua Non
conosco nessuno.", disse Mac, lievemente a disagio.
"No, non devi. Siamo davvero in pochi, forse una quindicina", disse
Bill, cercando di convincerla.
Mac avrebbe voluto dire di sì, era così tanto tempo che non andava ad una
festa...
Ma non voleva fare determinati incontri, sapeva che si sarebbe sentita a
disagio. Dall'altra parte, però, voleva prendere la situazione di petto e farsi
scivolare tutto sulle spalle. Lo aveva visto appena un quarto d'ora prima,
abbracciato ad un'altra. L'effetto non era stato del tutto positivo, dovette
ammettere che aveva sentito una punta di gelosia e di invidia.
Poi si disse che a ventisette anni queste cose doveva imparare a gestirle,
senza comportarsi come una mocciosa.
"Allora invito accettato.", disse, aggiungendo un sorriso amichevole.
"Benissimo! Allora passa all'ora che vuoi, dopo cena, questo è il mio
indirizzo.", disse, scrivendoglielo al volo su un tovagliolino di carta.
"Perfetto...", disse Mac, salutandolo e alzandosi dal tavolo,
"Ci vediamo tra un po'!"
"Mac...", la chiamò lui, prima che si allontanasse troppo.
"Dimmi.", si voltò Mac.
"Lui non ci sarà...", le disse, guardandola attentamente negli occhi
per scorgere un segno, "Intendo Tom... non è in città, torna tra qualche
giorno."
"Ah... ok!", esclamò Mac, cercando di assumere la faccia di una che
non sapeva quale fosse argomento di cui si stava parlando.
Lo salutò ancora con la mano e poi uscì dal locale.
Allora quel ragazzo che aveva visto prima non era lui, si disse, aveva avuto un
abbaglio...
Non potette nascondere che la cosa le stava facendo piacere, ma si dette della
stupida e si incamminò verso l'hotel.
Bussò almeno tre volte alla porta di Faust prima che lui le dicesse che era
quasi pronto.
Ovviamente non poteva essere puntuale perchè il ritardo era patologico in lui.
"Ti aspetto in macchina, ti do cinque minuti o parto senza di te.",
lo minacciò.
Di solito quell'avvertimento funzionava sempre ed anche quella volta non fu
diversa dalle altre.
Partirono alla volta della casa di Bill, infreddoliti dal gelo natalizio.
Trovarono la casa al primo tentativo, il navigatore satellitare che le aveva
dato la redazione non aveva sbagliato ad indicarle la strada e dopo una
mezzoretta di viaggio suonarono il campanello di casa Bill Kaulitz. A vederla
da fuori, quella villetta a due piani non pareva tanto diversa dalle altre, a
parte per il classico cancello altissimo posto a barriera dell'entrata. Non
c'erano vialetti da percorrere perchè l'abitazione si trovava a pochi metri
dalla strada principale. Era in una zona non molto abitata, un'edificio qua e
uno là gli facevano compagnia, si poteva dire che anche lui abitasse in
campagna. A Mac faceva tornare in mente quelle abitazioni degli anni quaranta
dall'architetto Lloyd Wright, che si divertiva a costruire le case sulle
cascate. In poche parole, era davvero una bella costruzione, che alternava muri
lisci a muri in pietra scoperta, non perfettamente regolari, molto asimmetrici.
Il cancello si aprì e la macchina di Mac entrò nella proprietà dell'amico,
parcheggiandola accanto alle altre. Arrivata davanti alla porta, bussò e il
solito Bill venne ad aprirle, salutandola con un abbraccio.
"Questo è Faust, il ragazzo di cui ti parlavo.", disse Mac,
presentandogli il suo assistente.
"Ma allora lui è davvero Bill Kaulitz! Non era solo uno che si chiamava
come lui!", fece Faust, stringendogli così forte la mano da fargli male,
"Wow, sto conoscendo il cantante dei Tokio Hotel!"
"Si, Faust, ma adesso molla la presa, non ti mettere a fare l'idiota! E
non torturare gli altri invitati!", fece Mac, separandolo da Bill.
"Prego, entrate.", disse il padrone di casa, mentre si massaggiava la
mano.
"Complimenti Bill, che bell'appartamentino di periferia che ti sei
trovato!", gli disse Mac.
"Diciamo che è stato un affare.", fece lui, "La festa è di qua.
Aspettavamo voi!"
"Ecco Faust, ci hai fatto arrivare ultimi!", rimproverò Mac il suo
assistente.
I due nuovi arrivati lo seguirono in un grande sala, dove si trovavano almeno
un'altra decina di invitati. Tra questi Mac riconobbe Georg e Jasmine, seduti
sul divano vicino al caminetto scoppiettante e corse a salutarli, perchè anche
con loro non c'erano state molte altre occasioni per vedersi, se non quelle
legate al servizio fotografico sul loro matrimonio. A pochi passi da loro un
solitario Gustav che parlava con un ragazzo, che gli venne presentato come
Andreas, un vecchio amico di Bill. Volle quasi chiedere a Gustav cosa ci faceva
lì solo soletto, ma aveva paura che la risposta fosse 'mi sono lasciato da
poco'.
Passò l'ora successiva a parlare con Bill, che le raccontò più o meno tutti i
fatti personali dei suoi invitati. Gustav non si era lasciato, stava ancora con
Kim, la ragazza spagnola, ma Bill pensava che ci fosse un po' di aria di crisi
tra i due, dato che lui non l'andava più a trovare così spesso. Il matrimonio
di Georg stava andando molto bene, i due stavano progettando di trasferirsi da
quelle parti per facilitare gli spostamenti di Georg, per via del gruppo.
"Secondo me stanno pensando di avere qualche pargoletto.", spettegolò
Bill.
"Sul serio?", fece Mac.
"Beh, direi di sì, e forse non accadrà tra molto tempo. Non noti una certa
pancetta su di Jasmine?"
"Bill, sei diventanto una macchina spara-gossip!", lo rimproverò
ironicamente Mac.
"Dopo tutto quello che sento dire su di me non credi che abbia il
dovere di dire la mia?", fece lui. ridendo.
"Già, hai perfettamente ragione!"
Il campanello prese a suonare quasi ininterrottamente e Bill, dopo aver
guardato Mac con una faccia interrogativa, andò a vedere chi potesse mai essere
quello scocciatore.
"E' quì la festa?", sentirono dire a gran voce tutti gli
invitati che si voltarono verso l'entrata della sala.
"Smettila scemo! E pulitevi le scarpe che fai tutte le pedate!",
rispose Bill all'intruso.
Mac, che avrebbe potuto ancora riconoscere quella voce tra mille altre, volle
annegare nel suo bicchiere di Martini bianco. Dopo averlo ingerito tutto d'un
fiato, Mac si avvicinò a Faust, che se ne stava solitario a guardare fuori
dalla grande porta a vetri, in disparte, e gli disse:
"Sei il mio assistente?"
"Sì...", rispose lui, senza comprendere il perchè di quella domanda.
"E fai tutto quello che ti dico io, non è vero?"
"Certo, se non voglio che tu mi cacci.", rispose lui, con un certo
tremito nella voce.
"Allora ti dispiacerebbe per una sera soltanto mettere da parte quel tuo
lei del cavolo e fare finta di essere il mio fidanzato?", gli disse,
sperando di non dover più ripetere quella frase ancora.
"Cosa? Vuole che io faccia... e perchè?", disse lui.
"Faust, dammi del tu e facciamola finita! Te lo impongo!"
"Va bene... Mac... ma mi spieghi perchè devo farlo?"
"No posso spiegartelo, ma tu fai finta e basta!", disse e lo prese a
braccetto, voltandosi a guardare fuori la neve che cadeva e sperando di essere,
per miracolo, diventata invisibile.
Proprio in tempo per vedere entrare Tom nella sala, riflesso nel vetro.
Gli altri invitati gli si avvicinarono per salutarlo e lui se ne restò per
diverso tempo con loro. Mac osservava la scena riflettersi nel vetro, cercando
di essere credibile nel suo improvviso amore per il suo assistente, che se ne
stava rigido come un palo. Si aspettava di vedere il Tom di cui si ricordava,
con abiti normali, della sua taglia, senza cappellino, ma non fu così. Con quei
vestiti extra large e il cappellino, pareva che fosse tornato indietro nel
tempo, a quando lo aveva conosciuto la prima volta, e ne rimase alquanto
delusa.
Poteva prendere le chiavi ed aprire come faceva tutte le volte, ma voleva
un'entrata coi fiocchi e si attaccò al campanello.
"Verrà presto ad aprire e sarà anche abbastanza incavolato!", disse a
Thea, la sua pseudo-fidanzata, con cui divertiva da un paio di mesi.
Infatti la faccia indispettita di suo fratello apparve dopo qualche secondo.
"E' qui la festa?", esclamò lui, entrando in casa.
"Smettila scemo! E pulitevi le scarpe che fai tutte le pedate!",
disse lui, da bravo rompipalle igenista che era.
Andò quasi correndo verso la sala e, con in una mano una bottiglia di vino e
nell'altra una di champagne, dette il benvenuto a tutti gli invitati, che
andarono a salutarlo. Bill prese le due bottiglie, le esaminò un attimo e andò
a metterle insieme alle altre. Non aveva nemmeno salutato Thea, tanto gli stava
antipatica. All'inizio non era stato così, quando l'aveva conosciuta gli era
sembrata una bella ragazza, anche simpatica, ma poi aveva capito che lei
pensava di essere di qualche gradino sopra a tutti gli altri, dava giudizi non
richiesti e trattava male quelli che non le andavano a genio. Questo sentimento
di repulsione nei suoi confronti era così evidente che anche lei non ci faceva
più caso e non gliene importava niente, ricambiandolo con la stessa moneta.
Tom la presentò a i suoi amici, togliendola dall'aura di odio che Bill
proiettava su di leii. Si fermò a parlare un attimo con Gustav e Georg, dicendo
loro che era appena tornato dallo studio, dove aveva appena ascoltato il lavoro
che avevano fatto e lo aveva trovato grandioso. Finiti i rituali saluti, andò
verso la zona bar, per prendere un po' da bere per sè e per Thea, che lo
aveva seguito fedelmente come un cagnolino.
Con in mano un bicchiere quasi pieno dell'ottimo vino francese che aveva
comprato, si appoggiò al mobile bar, passando un braccio intorno alla vita di
Thea.
Vide che c'era ancora una coppia di invitati che non aveva salutato, stavano
accanto alla finestra, ma non riusciva a riconoscerli.
O forse si...
Forse ora stava riconoscendo chi erano. O meglio, chi era lei.
Ma non sapeva chi era lui. La vera sorpresa, comunque, era trovarla lì.
Prese Thea per mano e si avvicinò ai due.
"Rosenbaum!", esclamò, alle sue spalle. Lei si voltò, sorridendogli.
"Ma guarda un po' chi c'è, il signor Kaulitz!", fece lei, sorridendo
a dentri stretti.
"Cosa ci fai qua? Non mi aspettavo proprio di trovarti!", disse Tom,
con tono allegro e cordiale.
"Beh... ero qui in città. Ho trovato tuo fratello e mi ha invitato.",
fece Mac, mantenendo una calma che anche lei stessa non pensava di avere,
"Piuttosto, Bill mi aveva detto che non tornavi fino a domani, quindi
anche io sono altrettanto sorpresa.".
"Già, dovevo tornare domani, mi ero preso un po' di vacanze pre-natalizie,
ma ho anticipato il ritorno... Allora... buon natale!", disse Tom. Sentendo
poi un piccolo colpo al piede, si ricordò della sua ragazza accanto a lui.
"Lei è Thea.", disse Tom, presentandogliela.
"E lui è Faust.", fece altrettanto Mac.
Dopo che le presentazioni finirono, un certo silenzio cadde tra i
quattro.
Gli sguardi di ognuno che esaminavano l'altro: chi in cerca di un indizio, chi
semplicemente per il gusto di giudicare.
Mac avrebbe voluto essere risucchiata dai vortici neri dell'inferno.
Faust sentiva la mano di lei stringergli il braccio come un laccio
emostatico.
Thea che guardava quella strana coppia divertita.
Tom si chiedeva cosa ci potesse fare Mac con uno come quello stoccafisso
accanto a lei.
"Allora... speriamo che la festa riesca!", disse Faust, che non
sopportava più lo sguardo di Thea.
La ragazza pensava che fosse uno sfigato, glielo si leggeva negli occhi.
"Giusto!", esclamò Mac, ritendendo che non ci poteva essere cosa più
stupida da dire in quel momento.
"Allora divertitevi!", disse Thea, esortando Tom, con un leggero
cenno di testa, a lasciare quelle due stranezze.
I due si allontanarono, lasciando l'infelice coppia al loro posto, davanti alla
finestra. Mac, appena si furono voltati, dismise il suo sorriso falso e lasciò
Faust per prendersi una sigaretta e andarsela a fumare.
Faust, libero da Mac, riuscì a respirare e a riprendere un colorito sano,
tornandosene a sedere in silenzio. Si sentiva un po' spaesato in quella festa,
ma dopo qualche minuto trovò simpatica la compagnia di una signora sui
ventisette anni, di nome Rebecca, che era una collaboratrice della casa
discografica per cui lavoravano i Tokio Hotel.
Mac, una volta messasi il suo piumino e la sciarpa, andò nel terrazzino su cui
si affacciava la sala per fumarsi una sigaretta in pace. Si disse che non
poteva cadere più in basso di quel modo, farsi passare per la fidanzata di
Faust solo perchè... non si voleva far vedere da sola. Che imbecille! Ma
soprattutto, che vergogna... cos'altro poteva fare di peggio?
"Mac! Torna dentro, ti prenderai un accidente!", le disse Gustav, che
era rabbrividito nell'infilare fuori la testa dalla terrazza.
"Tranquillo, sto arrivando.", fece lei, spegnendo la sigaretta nella
neve.
TITOLO: è il celeberrimo film di Tim Burton, no comment, no scopi di lucro.
Ta Dah! Ci siamo... siamo agli sgoccioli!!! Scusate se anche questa volta non
metto i ringraziamenti finali ma... sono stata molto impegnata con un mio caro
amico, si chiama San Giovese, detto anche Chianti... in altre parole sono in
vigna a vendemmiare... ci starò per i prossimi venti giorni... e mi diverto da morire!!!!!!!
Alla prossima!!!! RcB