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Autore: MissKeroro16    03/03/2013    3 recensioni
Crystal è una ragazza, anche piuttosto semplice, di quelle che passano inosservate, spesso e volentieri.
Eppure, l'unico ragazzo che le punta gli occhi addosso facendole girare la testa tutte le volte che ritorna a bussare alla sua porta è anche l'unico che le lascerà qualcosa per cui vale la pena vivere, combattere....e anche morire. Non sarà sola ma per lei qualcun'altro sarà costretto a rinunciare alla sua parte umana. Ne varrà la pena? Solo il tempo potrà strappare questo dubbio dal cuore di Crystal.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I'm not a girl, not yet a woman.


Era stata una notte particolarmente movimentata.

Il ricordo della sua pelle sulla mia, dei suoi occhi, cosi vicini, da non riuscire a vedere nient'altro, il respiro affannato colmo di emozioni mai provate prima.
Il cuore che batteva a mille cercando di non far ragionare la testa. Ricordavo bene le sue mani scivolare sul mio corpo senza nessuna pretesa ma solo amore.

Le nostre mani che si intrecciavano come un unica e sola e poi ricordavo distrattamente lui che mi sussurrava di essere per sempre sua. Il dolore, l'assenza, il desiderio, provati negli ultimi tre anni erano spariti. Gli era bastato sussurrarmi che mi voleva al suo fianco per farmi toccare il cielo con un dito. E poi la sua fretta nel vestirsi, baciarmi e scappare a gambe levate da non so quale paura. Malgrado tutto riuscii ad addormentarmi.

Mi svegliai e fui investita da un ondata del suo profumo.

Mi costrinsi a rimanere a letto più possibile perché speravo, perché volevo che magicamente lui apparisse al mio fianco e mi abbracciasse ma come era prevedibile non accadde.

A malincuore mi alzai dal letto e, per non fare tardi al lavoro, mi vestii in fretta e furia. Uscii dal mio appartamento lasciandomi alle spalle non solo la scena di un amore ma un po' di delusione, inconsapevole della cosa che lui mi aveva donato.

 

 

Ripresi normalmente la mia vita e andai a lavorare senza fare parola con nessuno della notte passata. Ma chiunque se ne sarebbe accorto. Sospiravo di continuo, ero distratta forse perché la mia testa era ancora a letto con Gaves. Cercavo di mantenere un sorriso che man man diventava sempre più falso e di convenienza. Continuavo a guardare il telefono nella speranza di trovare una chiamata, un messaggio ma il display era sempre vuoto, inanimato.

Stavo servendo del caffè ad una ragazza quando un uomo, visibilmente ubriaco nonostante fossero solo le cinque del pomeriggio, si avvicinò. Non lo avrei nemmeno notato se non mi avesse preso il braccio e non avesse iniziato ad infastidirmi. Gli avevo detto più volte di lasciarmi andare ma non aveva voluto sentire ragioni. Avevo gli occhi fissi sul suo braccio quando vidi una mano allentargli la presa sul di me. Alzai lo sguardo e lo vidi. Teneva il polso dell'uomo lontano dal mio e lo stava guardando con crescente rabbia e indignazione.

Con un balzo elegante sorpassò il bancone e mi venne incontro cingendomi la vita e stringendomi a lui. Iniziò a riempirmi di baci.

''sto lavorando'' dissi in imbarazzo. ''lo so'' mi rispose lui senza fermarsi, ignorando il mio avvertimento.

''ma non mi interessa'' proseguì. ''non me ne ero accorta'' risi e lo allontanai.

''dovresti smette di lavorare in questo posto. Non mi piace''

''ne abbiamo già parlato. Ti ho detto più volte il motivo per la quale mi ostino a restare qui. Mi servono i soldi per pagarmi gli studi. Non voglio dipendere da nessuno.'' sottolineai continuando a strofinare il panno sul bancone con più energia di prima.

''potrei mantenerti io?'' propose per la centesima volta con tono spavaldo poggiandosi sul bancone per costringermi a guardarlo. La sua mano ferma come una roccia sul punto che avevo appena lucidato. Mi passai il braccio sulla fronte e mi inumidii le labbra per punzecchiarlo.

''sappiamo entrambi che non puoi''

''quando sarai mia moglie non credo potrai opporre resistenza'' risi di gusto per quella stramba affermazione. Dovevo ammettere che mi faceva piacere sapere che mi considerava una cosa seria e non una di quelle storielle che poi passano sempre in secondo piano. A quale ragazza non avrebbe fatto quell'effetto? Tutte sognano qualcuno che si prenda cura di loro, tutte tranne me, io ne avevo le scatole piene di figure autoritarie ecco perché vivevo da sola, per governare la mia vita ma Gaves era un punto fisso non un autorità. Stare con lui aveva sempre fatto parte della mia vita e forse, questa volta, avremmo avuto davvero la possibilità di creare qualcosa di più.

''senti..'' iniziò lui guardandomi negli occhi e cercando di non far trapelare nessuna emozione. Aveva nascosto il suo bellissimo sorriso e aveva indossato quella maschera che tanto odiavo perché portatrice di brutte notizie. ''perché non c'è ne andiamo da un'altra parte. Devo parlarti'' quando un ragazzo pronunciava quelle parole significa solo una cosa. Io però volevo avere fiducia in lui, in noi.

''non posso, sto lavorando'' indicai il mio grembiule e il mio cappello cercando di guadagnare tempo per non affrontare La Discussione.

''è importante . Crystal ti prego cinque minuti.'' feci finta di pensarci poi notai nei suoi occhi un bagliore misto di preoccupazione e paura e cambiai idea.

''Carole!'' chiamai '' mi sostituisci per qualche minuto?'' la supplicai e lei annui alzando gli occhi al cielo. Mi tolsi il grembiule e il berretto e insieme ci avviammo fuori. Mi porto al faro dove mi fece sedere sul muretto e lui si sedette accanto a me. C'era un venticello niente male lì poi l'odore del mare mi rilassava tantissimo e nell'attesa dell'imminente confessione non potevo chiedere di meglio. Sapevo sarebbe stato qualcosa di terribile riuscivo a leggerlo nei suoi occhi. Come a confermare il mio sentore c'era una calma inquietante attorno a noi. La solita calma che precede la tempesta. Pregai che non trovasse le parole, che non avesse il coraggio ma se cosi fosse stato non mi sarei mai innamorata di lui.

Poi il mondo mi crollo addosso con un unica parola.

''Parto'' non avevo nemmeno la forza di aprire gli occhi. Sapevo che se l'avessi fatto avrei pianto come una fontana e non volevo che nessuno mi vedesse cosi. Volevo essere forte. Perché io ero forte.

'' dove vai?'' mi sorpresi di quanto la mia voce fosse stabile, calma.

''Via da qui...per un po'. Voglio cambiare aria.'' nella sua voce una nota di sorpresa. Evidentemente non si aspettava una razione così e nemmeno io. I miei pugni si serrarono. Le mie orecchie protestarono quando udirono il suo respiro, come per la prima volta.

''Parti proprio ora che le cose stavano andando bene.'' non disse niente, non una parola ne un esclamazione che mi avrebbero fatto capire qualcosa sui suoi veri sentimenti. Aprii gli occhi senza guardarlo, non direttamente. Gli lanciai solo un occhiata di traverso e riuscii a scorgerlo. Stava guardando il mio viso cercando un segno di cedimento che evidentemente non riusciva a trovare. Adesso mi sembrava di aver messo la stessa maschera che aveva usato lui poco prima. I miei denti che sfregavano fra loro come per cercare di accendere un fuoco, gelidi come pietre.

''come puoi dire che vuoi sposarmi quando poi scappi via senza nemmeno darmi uno straccio di spiegazione? pretenderai anche che ti aspetti?'' dissi sarcasticamente ma nei suoi occhi vidi che vi albergava una piccola speranza e questo mi fece irritare, non poteva pretendere nulla da me, nulla, mi doveva già troppo.

''no, non lo pretendo.'' rimase in silenzio per un secondo stringendo i pugni poi allentò la presa e si corresse quasi con rassegnazione''Non posso pretenderlo. Ma se mi aspetterai, quando tornerò non ti lascerò più.''

''perché? Perché parti?'' la voce mi stava iniziando a tremare e anche le mie mani tremavano. Le nascosi nelle tasche della felpa.

''non posso restare. Non posso metterti in pericolo. Non posso perdere il controllo con te. Sarebbe fatale. Sono …..instabile da un po' di tempo. Mi arrabbio molto facilmente devo prendermi una vacanza'' la cosa che più mi faceva uscire fuori dai gangheri era che dal suo viso sembrava ci credesse davvero e si aspettasse che io lo credessi a mia volta.

''Da quanto lo sapevi?'' tagliai corto passandomi una mano distrattamente sul viso e trovandoci una lacrima. ''da un po' '' ammise quasi sussurrando.

''questo però non ti ha impedito di infilarti nel mio letto. Se lo sapevi perché mi hai permesso di innamorarmi di te? Era meglio che tu non mi illudessi''

''io ti voglio. Tu non centri niente'' mi prese la testa fra le mani. Avevo serrato ancora gli occhi non potevo aprirli. Sentivo le lacrime scontrarsi contro le palpebre volenterose di libertà. Con un respiro profondo le mandai via, tutte quante senza però scongiurare totalmente il pericolo.

''ho passato tanto tempo ad aspettarti. Adesso che tutto va bene, che finalmente mi hai detto che vuoi stare con me, mi dici che devi andare perché sei pericoloso? Potevi trovare una scusa migliore''.

Mi prese la mano di scatto e lo sentii leggermente tremare. Aprii gli occhi e lo guardai.

''tornerò appena mi sentirò sicuro, appena sarò convinto che non potrò mai torcerti nemmeno un capello.'' sarebbe stato commovente se al mio posto ci fosse stata la sognatrice di tanti anni fa, purtroppo era andata insieme ai suoi genitori e alla sua vecchia città.

''oppure se non troverai nessuna ragazza che ti vada bene'' corressi la sua frase quasi sfidandolo.

''io voglio solo te.'' nei suoi occhi mi vidi riflessa e il cuore iniziò a battere forte ma lo fermai, non dovevo permettere alle emozioni di mettersi in mezzo. Era quasi divertente vedere il mio cuore autodistruggersi mentre l'unica persona che amavo mi confessava i suoi sentimenti ed io mi imponevo di ignorare le sue parole, di dimenticarle nel momento stesso in cui uscivano dalla sua bocca.

''se fosse cosi, se fosse vero, combatteresti non te ne andresti''

''devo farlo'' a quelle parole mi alzai asciugandomi delle lacrime e gli lanciai uno sguardo d'odio che lui ricambiò con uno di impotenza e disperazione mentre indietreggiavo. Tentò di afferrami la mano ma riuscii a scappare senza nemmeno dirgli addio. Poteva andarsene se voleva al suo ritorno non mi avrebbe più trovata ad aspettarlo. Non sarebbe successo un altra volta aspettarlo mi faceva troppo male e specialmente non portava mai a nulla.

 

♥♥♥

Quella sera sentii bussare alla porta. Ero arrivata a casa verso le otto ed ero crollata.

Buttai uno sguardo veloce all'orologio. Erano le due di notte e non avevo idea di chi potesse mai essere. In cuor mio sapevo già la risposta. Andai alla porta barcollando per la stanchezza e l'aprii.

Vederlo non era una sorpresa cosi fui subito pronta a richiudere la porta ma lui fu più veloce di me e senza nemmeno accorgermene aveva messo un piede per mantenere la porta aperta mentre con la mano l'aveva bloccata in modo che io non potessi in alcun modo muoverla.

''che ci fai qui? Va via.'' urlai mentre cercavo di spingere con tutto il mio peso la porta.

''voglio solo parlarti'' non sembrava nemmeno affaticato notai mentre io invece davo il massimo.

'' io non voglio ascoltarti'' protestai aumentando la forza. Rimasi scandalizzata dalla sicurezza con la quale dava per scontato che io volessi anche solo vederlo, figuriamoci ascoltarlo.

''ma devi farlo '' con un movimento lieve aprì la porta e tutto quello che provai per impedirglielo non servì a nulla, era incredibilmente forte, troppo.

''ci siamo già detti tutto quello che ci si poteva dire. Adesso è tardi vorrei dormire quindi se non ti dispiace'' provai a spingere la porta senza successo, ero testarda e stanca, non solo al livello fisico.

''no e tu lo sai'' riuscì ad intrufolarsi nel mio appartamento chiudendosi la porta alle spalle.

Iniziò a vagare per l'appartamento lanciandomi messaggini come ''non posso parlarne'' ''non mi guardare cosi non posso'' ''perché mi stai provocando'' oppure'' se fosse per me'' ma alla fine optò per qualcosa di più banale e meno esaustivo

''non posso restare'' disse infine

''questo me lo hai già detto. Perché non mi dici il motivo. Il vero motivo'' incrociai le braccia e forse fu proprio quello a scoraggiarlo. Non ci potevo fare nulla dentro di me infuriava una guerra che lui non poteva capire. Il mio cuore e la mia testa se la stavano prendendo comoda nel prendere una decisione.

''non posso'' feci spallucce gli indicai la porta e mi infilai nel letto fingendo di dormire. Lui non si mosse costringendomi a sollevarmi sui gomiti, avevo ancora una cosa da dirgli ''se non puoi dirmelo va bene, non abbiamo niente da dirci e come ho già detto puoi andartene dove vuoi. Sono stata solo una stupida a fidarmi di te'' poi provai ad aggiungere ma mi interruppe bruscamente.

''non dirlo'' stringeva le mani a pungi e respirava per mantenere la calma. Mi si avvicinò. ''io ti..'' lo fermai tappandomi le orecchie e cercando di coprire la sua voce.

''ti prego non dirlo. Ti prego. Non ora che stai per andartene, non se non lo pensi davvero. Mi faresti solo più male.'' una lacrima traditrice scivolò sul mio viso. Fu lui a raccogliermela e a prendermi il viso fra le mani. Aprii gli occhi e lo guardai. Sapevo cosa pensava e non glielo feci nemmeno dire. ''so quello che stai per dire''

''allora lasciamelo dire'' continuava a guardami supplicandomi di amarlo come se non lo stessi già facendo.

''tu te ne andrai e a me resteranno solo le tue bellissime e dolorose parole. Solo quelle'' sottolineai l'ultima frase con molta più rabbia di quanta volessi.

''ti chiedo solo un anno di tempo''

''é troppo. Ma non lo capisci? Non posso vivere se tu sei lontano il solo pensiero mi uccide.'' scoppiai a piangere. Perfetto adesso sembravo proprio una bambina.

''se avrai bisogno di me io ci sarò potrai, chiamarmi quando vorrai io ti raggiungerò subito.'' Continuavo a scuotere la testa ma lui sapeva che dal momento in cui aveva pronunciato le parole ti chiedo c'è l'aveva fatta. Mi abbracciò cercando di consolarmi.

''ti ho già aspettato. Una seconda volta è troppo anche solo per me'' le sue labbra mi sussurravano soavemente all'orecchio parole che non sembravano poi così tremende dette in quel tono.

''è solo per poco questa volta'' un anno? Alla faccia pensai.

''morirò'' dissi con poca convinzione e lui sorrise. ''allora ti seguirò.'' mi spostò i capelli dal viso e mi baciò le palpebre.

''non so più chi sono. E questo mi spaventa. Dammi il tempo di ritrovare me stesso e poi staremo insieme per sempre e forse anche di più se tu vorrai'' la sua mano scivolò sul mio ventre e me lo accarezzò come se lì ci fosse chissà quale cosa preziosa.''voglio che tu sia qui quando tornerò poi non me ne andrò più. Voglio sposarti, farti finire gli studi, trovare un bel lavoro. Voglio tornare a casa tardi la sera dal lavoro e vederti sul divano con la TV accesa perché mi stavi aspettando e sei crollata. Poi voglio portarti su in camera con me'' gli brillavano gli occhi quando parlava del futuro insieme e la cosa bella era che li faceva brillare anche a me. Mi sentivo sollevata, il peso che avevo sullo stomaco era sparito.

''voglio svegliarmi ogni mattina e sapere che tu sei accanto a me . Voglio fare l'amore con te tante e tante volte senza stancarmi mai. E voglio litigare con te per delle cose stupide come cosa devi indossare oppure cosa dobbiamo mangiare. Ma non posso fare tutte queste cose con te perché per ora non sono.....stabile. Non possiamo avere dei bambini un giorno, se io non sono affidabile e specialmente'' prese una piccola pausa senza smettere di guardarmi negli occhi. Potevo leggere nei suoi gioia, imbarazzo, speranza, felicità estrema ma anche tristezza. Finalmente continuò la frase che aveva lasciato a metà.''specialmente se tu non ti fidi di me'' senza pensare presi il bordo della sua camicia e lo tirai a me. Con delicatezza poggiai le mie labbra sulla sua guancia. Lui si sposto all'ultimo secondo facendomi posare le labbra sulle sue. Mi baciò in modo talmente smanioso e terribilmente passionale che dovetti cedere cosi ricambiai il bacio. Si staccò troppo presto per rivolgermi una domanda secca e incisiva.''mi aspetterai?'' sospirai e voltai la testa.''se un anno è troppo per te, che ne dici di... nove mesi?'' ci pensai, nella mia testa mille e mille nove che giravano e si imprimevano nel mio corpo ricordandomi quanto era stata dura l'ultima volta e quanto peggio lo sarebbe stata adesso ma accettai, l'amore rendeva nulla ogni attesa, cancellava ogni distanza, legava per sempre.

''va bene però se fai passare troppo tempo ti staccherò quella bella testolina e giocherò a calcio.'' non mi diede nemmeno il tempo di continuare la frase per sorridere che mi saltò letteralmente addosso.

''voglio tornare'' mi stava avvolgendo in una stretta da lottatore e quasi non riuscivo a respirare ''voglio tornare. Per te. Voglio tornare perché cosi non avrò più paura di stare con te, non avrò più nessun motivo per andarmene''

''non dovresti averne'' sottolineai amaramente.

''è per quello che sono diventato'' tentò di spiegarmi lui spronandomi a conoscere di più.

''e cosa saresti diventato'' mi ero spinta troppo oltre. Mi guardò alzando gli occhi al cielo poi tornò di nuovo saltellante.

''voglio fare le cose per bene con te. Non voglio che finisca come la storia dei miei. Mamma non c'è più perché papà è stato un vero deficiente. Io ci tengo a te e non voglio che ti accada niente''

Detto questo mi dette un dolce e intenso bacio e sgattaiolò via.

Con la testa piena di promesse e il cuore stracolmo di speranza continuai la mia vita.

I primi giorni furono un inferno ogni cosa mi ricordava lui ed ero molto sensibile. Al minimo ricordo rischiavo di scoppiare a piangere o peggio di avere una crisi. A lavoro cercavo di non dare nell'occhio. Ero come un ombra, non parlavo con nessuno e tenevo sempre un profilo basso. Ogni volta che provavano a parlare con me era come se mi svegliassi da un sogno e mi limitavo a risposte come si, no, non lo so. Con i clienti ero un po' più loquace. Sorridevo e mi limitavo ad annuire scambiando qualche parola. A scuola ero sempre distratta ma la situazione iniziò a migliorare dopo qualche mese.

Tre mesi dalla sua partenza ero più solare anche se fisicamente mi sentivo uno straccio. Avevo spesso le vertigini e il mal di testa. Non riuscivo a stare in piedi a volte, mentre altri giorni mi sentivo benissimo sia fisicamente che emotivamente anche se bastava un niente per farmi adirare. Ero molto suscettibile. Pensavo fosse normale per il troppo stress e per i troppi impegni , cambiai idea presto.

Stavo lavorando anche quel pomeriggio quando Marissa mi passò una bevanda dallo strano odore. Avvertii lo stomaco attorcigliarsi e ribellarsi all'odore. Mi passai una mano sui capelli e cercai di respirare a fondo per mandare via il senso di nausea che mi cingeva, non servì. Sentii la collazione salirmi su per tutto il corpo e fermarsi pronta ad esplodere. Passai il frullato a Marissa che aveva completamente cambiato colore per lo spavento e mi precipitai in bagno. Appena buttai tutto fuori mi sentii un po' meglio. Mi sciacquai il viso per rinfrescarmi e tornai a lavoro. Marissa mi bloccò sulla porta del bagno.

''stai bene?'' mi domandò facendo scivolare lo sguardo sul mio corpo.

''è solo una stupida influenza tutto qui. Sto bene.''

''un influenza che dura da due mesi? Piuttosto lunga'' abbandonò l'aria da saputella e mi rivolse uno sguardo preoccupato. Era davvero in pensiero per me. Dovevo averla spaventata tanto.

''Lui lo sa?'' sollevai il capo intontita da quelle parole.

''cosa?'' chiesi prendendo un bicchiere d'acqua.

''che sei incinta'' lo disse in un sussurro e quasi mi strozzavo per quella affermazione. Mi venne dietro e mi batté dei colpetti sulla schiena.

''cosa? come ti viene in mente?''

''non ti ha sfiorata minimamente l'idea?'' chiese sorpresa dalla mia reazione.''sei proprio ingenua piccolina. Scommetto che era anche la tua prima volta''non la guardai nemmeno la sapeva già la risposta. ''hai fatto il test?''

''no, perché non sono incinta.'' precisai allontanandomi da lei

''hai tutti i sintomi. Devi dirglielo cosi torna e si prende cura di voi'' il pensiero non mi aveva mai sfiorato perché ero stata troppo impegnata a contare i giorni che mancavano al suo ritorno.

'' non posso. Gli ho promesso che l'avrei lasciato in pace per qualche mese''

''non puoi contattarlo nemmeno per le emergenze?'' mi sembrava una proposta ragionevole ma questa era un emergenza? Non lo sapevo se per Gaves questa lo fosse.

''si'' balbettai a capo chino ancora indecisa, ancora stranita da quel pensiero. Era così incredibile pensare che qualcosa crescesse dentro di me che pensai impossibile al fatto di essere incinta.

''bene questa è un emergenza.''

''Marissa'' dissi guardandola negli occhi disperata. Mi prese la mano ''adesso ti aiuterò io almeno finché lui non si farà vivo. Andiamo piccola non sei sola'' andammo a casa mia e dopo esserci accertate che ero davvero in attesa decidemmo di vedere un dottore. Avevo in mano la foto del mio bambino ma non ci potevo credere. Sarebbe stato un problema anche se non ero sicura di volerlo tenere. Mille dubbi mi giravano in testa. Cercavo di ragionare ma la mia testa girava a vuoto. Non riuscivo nemmeno a capire cosa volevo. Sapevo sola che ero troppo piccola per crescere un bambino tutta sola. Non ne sarei mai stata capace. Ne potevo andare dai miei genitori. Loro mi avevano cacciata di casa solo perché ero innamorata di Gaves. Loro non lo accettavano perché la sua famiglia aveva una storia strana alle spalle e non volevano avere a che fare con lui. Mi avevano allontanato da lui in tutti i modi possibili. Avevano anche traslocato portandomi lontano ma ero scappata di casa dopo una discussione molto accesa con i miei genitori. Adesso vivevo in un appartamento, pagavo l'affitto, studiavo e lavoravo. Gli avevo dimostrato di essere capace di vivere da sola e non si erano preoccupati di chiamarmi sapevano che stavo bene. Non gli importava e nemmeno a me importava più di loro. Adesso avevo un bambino a cui pensare. Mi scoppiava la testa.

Marissa mi diede una tazza di te bollente per farmi calmare.

''Marissa'' questa volta volevo dirgli cosa stavo pensando davvero.

''che c'è?''

''ho paura'' lasciai la tazza sul tavolino e continuai a guardarmi le mani. Mi si accuccio accanto e mi abbracciò. Era per me la sorella maggiore che non avevo mai avuto. La strinsi forte. Sapeva sempre come comportarsi e questo mi confortava. Ero più sicura.

''lo so. Si sistemerà tutto vedrai.'' mise la testa sulla mia e mi tranquillizzò.

Quella sera dormì a casa mia. Nel lettone con me. Aveva promesso che mi sarebbe stata vicina e stava mantenendo la sua promessa.

La mattina dopo era andata via presto perché doveva lavorare. Presi il cellulare e azzardai una chiamata. Composi il numero che mi aveva lasciato e attesi. Uno, due, tre squilli poi finalmente qualcuno rispose. Non era Gaves purtroppo.

''Pronto'' rispose una ragazza. Le parole mi morirono in gola. Non avevo nemmeno la forza di respirare. Forse avevo sbagliato numero. Stavo per mettere giù quando ''no, non riattaccare.'' disse la ragazza dalla bella voce argentina ''Gaves non è in casa al momento ma rincaserà presto.''

''sai chi sono?'' chiesi

''So molto più di te che di me stessa'' soffocò una risata.''mio fratello mi parla in continuazione di te'' crollai sulle ginocchia per il sollievo.

''aspetta tuo fratello?''

''non ti ha mai detto di avere una sorella?'' appena lo prendevo mi avrebbe reso conto anche di questo.

''no'' ammisi un po' in imbarazzo. Cosa sapevo davvero di Gaves allora se nemmeno mi aveva raccontato di avere una sorella. Forse però era colpa mia perché non glielo avevo mai chiesto.

''beh quando torna mi sentirà comunque vuoi che gli dica qualcosa? Hai chiamato per questo no?''

''no..no lascia stare'' le lacrime mi rigavano il viso per la troppa delusione. Pensavo fosse davvero capace di trovarsi una ragazza lì dopo che mi aveva detto che sarebbe tornato per me? Ero meschina o semplicemente ero stata ferita troppe volte per pensare di meritare una qualche felicità.

''ehi..ehi. Non ti preoccupare ti faccio richiamare appena torna so che dovevi chiamarlo solo se era importante quindi appena torna ti faccio richiamare.''

''devo andare'' dissi infine ''grazie'' e riattaccai.

Nel pomeriggio andai a lavoro un po' meno triste. Grazie a Marissa andò tutto bene e mi divertii anche. Scambiavamo qualche chiacchiera e poi scoppiavamo a ridere anche senza motivo. Ogni volta che potevo guardavo il telefono ma era come morto. Continuavo a vedere la mia immagine riflessa nient'altro.

Più tardi quella sera Marissa si offrì di dormire da me ma la rassicurai e a cuor leggero accettò la mia decisione dicendo che era fiera di me e che c'è l'avrei fatta senza problemi. Infilai la chiave nella serratura ed entrai in casa ma mi bloccai. Accessi la luce e un ondata di sorpresa e stupore mi avvolse.

Se ne stava in piedi con le braccia incollate al petto e lo sguardo stanco. Gli occhi erano circondati da profonde occhiaie e in viso una leggera barbetta del giorno prima che probabilmente non aveva avuto tempo di farla. Non feci domande. Posai le chiavi nella ciotola a forma di foglia di cristallo che stava sul mobile vicino all'ingresso e il giubbotto lo appesi al appendi abiti. Non sapevo cosa dire esattamente, cosi andai in camera e mi cambiai. Lui stava sulla porta ad osservare tutti i miei spostamenti. Raccolsi i capelli in una treccia con studiata lentezza. Cercavo di guadagnare tempo per formulare un discorso abbastanza sensato da riferirgli ma le idee si erano prese una bella vacanza e non sapevo cosa dire. Non mi restava che aspettare che lui dicesse qualcosa. Mentre mi infilavo il pigiama notai la sua espressione. Non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso. Mi infilai una gamba del pigiama ma persi l'equilibro e se non fosse stato per Gaves mi sarei schiantata sul pavimento. Le sue mani avevano sollevato di poco la maglietta e il contatto con la sua pelle mi fece sussultare. Era bollente. Mi mise in piedi. Mi infilai anche la maglietta e mi sedetti sul letto. La stanza era vuota. Anche se lui era con me proprio a due passi mi sentivo sola. Voleva parlare solo non sapeva come. Mi cinsi le spalle e aspettai. Azzardai un occhiata nella sua direzione e vidi che mi stava fissando. Si sedette sul letto accanto a me le mani una nell'altra, lo sguardo fisso nel vuoto. Fece un grande sospiro e si passo le mani fra i capelli. La sua muscolatura era notevolmente aumentata tanto che la maglietta a mezze maniche copriva appena le grandi spalle.

''perché mi hai chiamato?'' mi strinsi ancora di più nelle spalle e tirai su le gambe poggia la testa su di esse e cercai di sembrare convincente ''Nostalgia''

''non ci credo. Se fosse vero non sembreresti cosi...strana''

''non lo sono forse sarò cresciuta sono due mesi che sei via. Insomma guardati sei tu quello cambiato non io'' provai a sviare l'argomento ma non servì se ne accorse.

''non cambiare discorso con me non funziona. Julia mi ha detto che eri spaventata''

''Avresti dovuto richiamarmi'' dopotutto non era solo quello che mi era concesso? Di certo non mi aspettavo che sarebbe piombato qui il giorno successivo anche se ci speravo ardentemente.

''non potevo. Appena mi ha detto il tuo nome sono immediatamente corso da te'' si sporse verso di me poggiando una mano sul mio ginocchio.

''sei pallida vuoi qualcosa?'' era così dolce a preoccuparsi per me che il cuore mi si sciolse e quasi non gli buttavo le braccia al collo mettendomi a frignare come una bambina, quasi perché il mio maledetto dubbio si insinuò nella mia testa corrodendomi come se fossi un pezzo di legno e lui un tarlo.

''Ascolta, se muori dalla voglia di andartene fallo adesso. non importa se ti ho chiamato dimenticalo.'' di nuovo il mio cambiamento d'umore improvviso forse era un bene, magari riusciva a capire cosa avevo di diverso.

''non ho detto questo'' mi alzai e andai in bagno. Il discutere mi faceva sempre lo stesso effetto. Feci uscire tutto quello che avevo dentro. Mi guardò con le braccia incrociate dalla soglia gli occhi spalancati.

''perché mi hai chiamato''

''la sai la risposta'' dirlo ad alta voce avrebbe significato farlo diventare vero ed io non volevo che lo fosse. Non potevo.

''no, potrei anche sbagliarmi'' e nei suoi occhi lessi chiaramente la voglia che fosse così ecco perché dissi senza pensare.

''sono incinta'' respirai affondo e poi lo guardai. Imprecò ma poi tornò con lo sguardo su di me.

''ne sei sicura'' annuii e a questo seguirono altre imprecazioni.

''devi abortire ed immediatamente anche''

''che cosa?'' urlai per fargli arrivare meglio il mio dissenso poi aggiunsi vedendo che sembrava poco convinto ''non ne ho intenzione voglio tenerlo. Non puoi obbligarmi''

''si invece. Ti farà del male''

''è solo un bambino'' mormorai dolcemente mentre mi passavo le mani sul ventre.

''è questo il problema''

''non fa niente di sbagliato. Tu fai qualcosa di sbagliato'' sbottai guardandolo minacciosa non appena provò ad avanzare.

''voglio solo proteggerti'' disse alzando le mani in segno di impotenza.

''hai solo paura'' mi alzai e lo guardai ''ne avevo anche io ma poi ho capito che non serviva e una volta passata la paura mi sono sentita subito meglio''

''non voglio questo bambino'' il cuore mi si spezzò sentii un leggero e assordante crack che mi fece accelerare il respiro.

''che?'' mormorai con gli occhi lucidi.

''non sei pronta'' spiegò ma io non la pensavo allo stesso modo.

''a me sembra proprio il contrario'' presi un brusco respiro e mi voltai verso di lui mettendo in chiaro una cosa fondamentale. ''io voglio tenerlo. Con o senza di te'' detto questo mi aspettai una sua risposta che non arrivò cosi mi trasportai a fatica in cucina. Mi prese il polso costringendomi a voltarmi e a guardarlo.

''ogni secondo che passi con quel bambino in grembo e un secondo più vicino ad una tragedia di dimensioni improponibili.'' strattonai via la mano e gli urlai contro di finirla con quelle stupide insinuazioni.

''domani ti accompagno e...''

''tu non ti avvicinerai nemmeno, al mio piccolo. Se tu non lo vuoi allora io lo vorrò per entrambi'' dissi pronta a lottare come non lo ero mai stata, lui non poteva impedirmelo ed io non avrei permesso a nessuno di ostacolarmi.

''ti ucciderà''

''invece no andrà tutto bene'' strano mi sembrò l'uso di parole così tragiche dopotutto io ero in salute e anche se giovane il dottore mi aveva detto che c'è l'avrei fatta senza problemi.

''quel bambino è un mezzo licantropo'' mi sembrava una di quelle situazioni nella quale qualcuno ti dice una cosa importante e il cervello per assurdo associa quella frase ad un altra banale e stupida e vi viene voglia di ridere e dire come prego?

''un che..?''

''hai sentito benissimo. Io sono un licantropo e di conseguenza anche il piccolo ha il gene.''

mi fece sedere sul letto cingendomi la spalla con un braccio e mi tirò più a sé. L'allontanai e mi presi la testa fra le mani. ''sei solo a qualche mese e già ti cresce la pancia senza contare che la tribù non approverà il fatto che io ti abbia messa incinta prima del matrimonio. Te lo porterà via come è successo a mia madre.''all'inizio pensai stesse mentendo poi però nei suoi occhi vi lessi un dolore radicato nel profondo e non abbi più dubbi. ''Essendo il primogenito ed essendo maschio succede cosi. Sono venuti e hanno portato via me e mia madre da casa. Mio padre aveva tentato di nascondermi assieme a mia sorella ma qualcuno ha fatto la spia e l'hanno portata via da me. Mio padre era uno dei capi del consiglio e l'hanno retrocesso per questo. È stato costretto a pagare per uno sbaglio insignificante e ha perso la mamma. Non voglio che questo capiti anche a te. Quindi dobbiamo assolutamente interrompere la gravidanza. Ne vale la tua vita.''

Si mise una mano fra i capelli e mi guardò rabbrividire durante tutto il racconto. Il mio silenzio fu assordante cosi decise di spezzarlo con un esclamazione. ''non avrei mai dovuto coinvolgerti!''

''non importa, ormai ci sono dentro. Poi hai mai saputo quello che è successo alla tua mamma?''

''non l'ho mai più rivista ma credo che mio padre sappia cosa le sia capitato e anche io in cuor mio ne ho il sentore'' gli presi le mani tra le mie.

''se vengono a prenderti io non potrei fare niente e non riuscirei a sopportare l'idea di perderti. Ti amo troppo. Lo so che non te l'ho dimostrato spesso ma è vero. Darei la vita per te perciò ti chiedo, te lo chiedo con il cuore in mano, con la consapevolezza che per te sarà dura e con la promessa di starti più vicino che mai. Abbandona l'idea sciocca di diventare mamma almeno per il momento''

''ascolta'' iniziai sicura come se fosse qualcun altro a parlare '' solo perché questo è successo a tua madre non vuol dire che succederà anche a me''

''si invece''

''e non ci vuoi nemmeno provare?''

''fidati di me finiremmo nei guai. Questo bambino non possiamo tenerlo. Aspettiamo qualche anno, tu diventi maggiorenne io ti compro un bell'anello scintillante ti propongo di sposarmi tu accetti e poi potremo avere tutti i bambini che vorrai'' scossi la testa come una bambina testarda e risposi prontamente''io non voglio tutti i bambini io voglio lui e lui soltanto e se devo rinunciare a qualcosa lo farò senza battere ciglio'' alzò gli occhi al cielo e continuò con la sua predica ''quale parte del '' ti prendono e ti fanno fuori'' non hai capito'' determinata come non mai puntai i piedi per terra e dissi ''non mi interessa. Se non lo vuoi pazienza non posso costringerti ma io costringo me stessa a sacrificare te per tenere lui'' sospirò stancamente e con le mani si massaggiò gli occhi ''io voglio lui ma voglio più te'' poteva avere lo sguardo da -mi dispiace ma non posso cambiare le cose devo farlo- tutto il tempo che voleva, io non mi sarei mossa e non avrei mai dato il permesso per tale crimine.

''Ci andiamo domani'' furibonda gli risposi ''no'' e lui continuò con la sua insignificante missione. Era una missione disperata come ogni suo tentativo. Fece per alzarsi ma feci un passo indietro guardandolo gesticolare.'' è l'unica cosa da fare''

ribattei prontamente ''no non lo è'' ringhiò.

Stava perdendo la pazienza ma si calmò, almeno per adesso. ''si invece'' continuava a sottolineare che gli dispiaceva ma quanto vera era quella frase?

''non posso fare altro'' allora puntualizzai meglio la sua frase ''non vuoi fare altro'' si alzò dai letto e mi fu difronte in un battito di ciglia. Decisi di fare la cattiva e tirai in ballo una cosa che gli stava tanto a cuore.''tua madre non si è arresa. Ti ha desiderato con tutte le sue forze anche se sapeva che era sbagliato, anche se sapeva che gli altri non l'avrebbero mai capita. Io capisco bene tutto quello che ha fatto. I miei genitori non mi voglio Gaves e io non farò lo stesso con mio figlio per qualche setta. Non mi interessa di morire nel intento voglio comunque provarci a regalargli l'unica cosa che posso dargli visto che ho un lavoro precario e non ho una vera casa. Se la vita è l'unica cosa che posso offrirgli allora io sarò felice di dargliela anche se significherà fare a cambio con la mia.'' le ultime parole mi uscirono meno convincenti cosi ne approfittò per contrattaccare '' non sei pronta così come non lo sono io cosa pensi di offrirgli ? Cosa pensi io possa dargli? Non mi rendere le cose più difficili di quanto già non lo siano''

''per te non è difficile niente. Fai solo il bravo cagnolino. Tua madre non ti ha messo al mondo per rendere vano il suo sacrificio. Ti ha dato la sua vita perché tu combattessi. Per cambiare queste regole partendo dalla sua morte.''

''Crystal'' tuonò lui. Sembrava un padre che esasperato grida il nome della figlia per farla tacere. ''rimettiti a letto'' non obbiettai e passandogli d'avanti mi infilai nel letto.

''non posso farlo proprio non capisci? Sarebbe meglio morire per me non ci riesco'' mi accarezzò i capelli. Si era calmato e sussurrandomi parole di scusa mi baciò la fronte. Appena fu fuori, crollai come una bambina.

Aprii piano gli occhi la mattina seguente e lui era seduto al bordo del mio letto, sguardo vigile e capelli spettinati. Come sempre. Scesi dal letto e mi stiracchiai leggermente tralasciando un po' di pancia appena visibile scoperta. Tirai giù la maglietta quando mi accorsi che stava guardando proprio lì. ''pronta?'' disse lui muovendo il collo indolenzito.''per cosa?'' risposi ingenuamente poi mi portai automaticamente le mani alla pancia. ''no, non voglio'' senza lasciare la presa sulla mia pancia andai al cassettone e tirai fuori l'unica cosa che avrebbe potuto convincerlo. Presi la sua mano appallottolata in un pugno e gli dissi''guardami'' e lui lo fece. Gli misi l'ecografia in mano e sperai che funzionasse. ''guarda questo è tuo figlio'' rimase accigliato per un po' ma poi un sorriso involontario gli spuntò sulle labbra e ne fui lieta. Quasi crollò sul letto per lo sconforto ''cosa stavo per fare'' strinse una mano a pugno ''sono un mostro senza cuore''

''no non lo sei'' mi prese in braccio e mi strinse forte a lui. ''non dirglielo mai'' e sapete una cosa glielo promisi.

''chi altro lo sa?''

''Marissa''

''perché glielo hai detto? Adesso devo portarti via di qua''

''dove vorresti portarmi? Questa è tutta la mia vita non posso semplicemente prendere e andarmene perché me lo chiedi tu.'' le parole mi morirono in bocca cosi feci una cosa pazzesca. ''dove andiamo?''

''Dalla mia famiglia''

Arrivammo a casa sua. Non ci potevo credere. Mi aveva davvero portata a casa sua. Appena entrammo la sorellina mi butto le braccia al collo e mi diede il benvenuto.

''ciao, io sono Julia'' disse senza allontanarsi poi Gaves tossì rumorosamente e lei imbarazzata mi lasciò andare.

''scusa'' mormorò al fratello ma io non riuscii a sentirla e mi accorsi che parlava, solo dal movimento delle labbra.

''non preoccuparti, io sono..'' lei sorrise e mi interruppe ''so chi sei, lo so benissimo e mi fa tanto piacere che tu sia qui'' proprio mentre stavo per risponderle qualcuno annunciò la sua presenza alle nostre spalle con impazienza e una volta che ci fummo voltati per vedere chi fosse lui mi fece subito capire come stessero le cose

''non sono d'accordo'' lasciò cadere il suo sguardo sul mio ventre facendomi sentire violata in una maniera irritante. Avevo una maglietta che non lasciava trasparire niente per mia fortuna eppure ero certa che già sapesse della mia situazione.

''che ci fa una ragazza qui, Gaves?'' nella voce una nota di disprezzo che fece sfrecciare negli occhi del mio ragazzo la rabbia.

''papà non essere scortese'' intervenne Julia per salvare la situazione quando ormai l'aria era diventata carica di elettricità e la tensione era palpabile senza contare che il silenzio di Gaves non prometteva niente di buono.

''stanne fuori Julia, tuo fratello prima si deciderà a darmi una spiegazione diversa da quella che mi ronza in testa e prima io lo lascerò in pace'' serrò i pugni ma ancora non disse nulla limitandosi a lanciare occhiate cariche d'odio verso quell'uomo che avrebbe dovuto essere un modello di riferimento.

Guardandolo bene si capiva subito che era un uomo determinato e che occupava una posizione importante nella società. Indossava dei vestiti costosi ed eleganti, portava un taglio di capelli classico ed era sbarbato. Gli occhi erano contornati da leggere rughe, l'unico segno di invecchiamento presente sul suo corpo perfetto. Se non le avesse avute avrei giurato che fosse il fratello di Gaves, non suo padre. Nonostante la bellezza era chiaro che non avesse preso da lui visto che i suoi capelli erano biondi mentre quelli di Gaves neri. L'unica cosa che faceva capire che fossero padre e figlio era la posizione, i modi di muoversi.

'' allora Gaves?'' lo pungolò il padre incrociando le braccia al petto. Si stava mostrando ostile per mettere in difficoltà il figlio e la cosa mi provocò solo disgusto, sapeva quello che stava succedendo, lo aveva sempre saputo , voleva solo una scusa per metterlo in difficoltà e qualcosa mi suggerì che il motivo di tanta ostilità risiedeva nella morte della donna più importante della loro vita. Si odiavano perché si ritenevano i responsabile della morte della mamma di Gaves.

''lei è la mia ragazza, Gabriel e voglio che stia qui con me perché in questo momento non posso permettere che rimanga sola'' un sorrisetto sornione varcò il suo viso, lo cancellò subito.

''E come mai non puoi?''

'' ho commesso uno sbaglio''

''vuoi dire che hai combinato un altro casino'' lo corresse lui mentre lo guardava divertito. Gaves abbassò lo sguardo stringendo così forte i pugni che iniziò a sanguinare ma non potei avvicinarmi, quell'uomo mi metteva in soggezione e appena provai a fare un passo mi sembrò sentirlo ruggire. Avrei tanto voluto stringerlo tra le mie braccia per rassicurarlo e fargli sentire che io c'ero, che ero proprio dietro di lui, gli sarebbe bastato allungare una mano per trovarmi pronto a sostenerlo. ''come al solito Gaves. È l'unica cosa che sai fare vero? Combinare casini e rovinare la vita alle altre persone'' lo vidi tremare anche se solo per un secondo e questo mi bastò a trovare il coraggio per avvicinarmi non curandomi degli avvertimenti lanciati dal grande capo. ''signore, lei dovrebbe imparare a pesare le parole'' Non si accorse della mia presenza finché non parlai. Alzò il capo ma sembrò ancora perso nei suoi pensieri come svuotato. Distolsi lo sguardo da lui e mi preparai ad affrontare lo squalo.

''Chi saresti tu per parlarmi in questo modo? Sei forse una della mia razza? Hai forse qualche ruolo superiore al mio?''

''No'' ammisi e sembrò compiaciuto della mia risposta ma mi affrettai a continuare '' se anche l'avessi non parlerei mai in questo modo con nessuno, specialmente con mio figlio'' mi fermai per riprendere fiato e non gli diedi il tempo per elaborare una risposta, i tipi come lui non erano abituati a essere contraddetti perciò avendolo colto in contro piede dovevo approfittarne ''si presume che persone colte e di alto lignaggio come lei abbiano un linguaggio fine oltre ai modi. Lei non ha nulla di fine. È tagliente come un rasoio e velenoso come un serpente'' nei suoi occhi ardeva il furore e per una volta mi sentii soddisfatta di me stessa.

''dovrebbe sentirsi fortunato ad avere ancora suo figlio invece mi sembra che lei non perda occasione per ricordargli quanto faccia male perdere qualcuno. Le assicuro che non ne ha bisogno, se ne ricorda benissimo ogni giorno. Le suggerirei di allontanare un pochino lo specchio dal suo naso, signore e di concentrarsi su qualcun altro che non sia lei come ad esempio la sua famiglia. Non credo che sua moglie vorrebbe vedere quello che lei ha fatto. Sta gettando nel cesso, e mi scusi la parola, il suo sacrificio. Lei non ha dato la sua vita per vedervi litigare e disprezzarvi lo ha fatto perché poteste essere felici, per completare le vostre vite con la presenza dell'altro per non sentire la sua mancanza.'' mi fermai e quando pensai di aver fatto breccia nel suo cuore mi ricredetti subito.

''voglio che tu esca immediatamente da casa mia'' mi si avvicinò rumorosamente e mi afferrò il polso, o almeno ci provò perché Gaves lo fermò.

''lei non se ne va'' nei suoi occhi la determinazione mista a gratitudine brillavano solo per me.

''come?'' disse il padre sfidandolo

''hai sentito, lei non se ne va di qui. È la mia ragazza. Dentro di lei c'è il mio bambino ed io non li lascerò andare via, qualsiasi cosa accada lei rimarrà con me in modo tale che io possa prendermi cura di loro come è giusto che sia.'' il viso del padre e quello della sorella erano l'espressione più sorpresa che io avessi mai visto.

'' ti capiterà quello che è successo a me'' lo mise in guardia il signore Smith

''io non sono te. Io farò qualsiasi cosa per proteggerli'' non soddisfatto ma rassegnato aggiunse ''può restare'' facendosi da parte mentre Gaves mi accompagnava in camera sua.

Entrammo nella sua stanza e mi fece posare sul letto accomodandosi accanto a me. Si perse per un momento nei suoi pensieri lasciandomi sola. Non sapendo che fare mi strofinai le mani sui jeans per tenermi impegnata anche se relativamente poi Gaves tornò in se e mi guardò. Posò la sua mano sulla mia gamba e la accarezzò per un po' prima di decidersi a scambiare qualche parola. ''Grazie'' sussurrò dolcemente poi continuò ''lascialo perdere va bene? Non dargli corda non se lo merita'' lo abbracciai cercando di fargli passare la tristezza ma ne ricava solo un lungo sospiro. Si stropicciò gli occhi stanco.

''devi riposare è stata una giornataccia'' passai la mia mano dietro la sua schiena per rassicurarlo, lui scosse la testa e si portò alle mie labbra perdendosi nei miei occhi.

''sei stata con qualcun altro dopo che me ne sono andato?'' domandò di colpo serio.

Arrossii di botto e distolsi lo sguardo.

''certo che no'' risposi nascondendo il viso tra le mani.

''chissà perché ne ero sicuro anche se me lo sarei meritato'' mi prese per la vita e mi scaraventò sul letto sorridendomi.

''ma che fai'' mi lamentai ovviamente lui non si fermò anzi si chinò per riempirmi di baci finché la porta non scricchiolò e si aprì. Si arrestò immediatamente guardando in cagnesco la piccola ragazzina dai lunghi capelli neri che timidamente cercava di trovare le parole per comunicare con suo fratello. Vedendo che non riusciva a sfidarlo cercò aiuto da me così io raccolsi la palla al balzo.

''ciao'' le dissi mettendomi seduta e ricomponendomi. Gaves si tirò giù la maglietta e con tono di sufficienza quasi la sgridò

''Che ci fai qui? Quante volte ti avrò detto che non devi mai entrare nella mia stanza senza bussare'' gli passai una mano sul petto per zittirlo e mi rivolsi alla ragazza che aveva il capo chino e sul viso un espressione rammaricata.

''ti serviva niente?'' le domandai dolcemente, lei sembrò rianimarsi e ritrovare le parole.

''veramente volevo sapere se ti andava di mangiare qualcosa?'' sorrisi mentre Gaves cercava di mettersi comodo mascherando i suoi bollenti spiriti. Soffocai una risatina maliziosa e mi occupai della ragazzina alla porta.

''non ti preoccupare'' la rassicurai ma Gaves mi mise in piedi e senza nemmeno darmi il tempo di parlare mi portò in cucina. Dopo avermi fatto abbuffare e avermi concesso una lunga e meritata doccia indossai i vestiti di sua sorella anche se mi andavano leggermente aderenti tornai in camera sua e mi gettai sul suo letto proprio mentre Gaves mi raggiunse stendendosi accanto.

''sei stanca?'' mi chiese mentre mi accarezzava i capelli facendosi sempre più vicino.

''molto a dire il vero però sto bene'' mi strinse in un abbraccio dolce baciandomi il capo per poi tirarmi su di lui.

''che fai c'è tua sorella'' troppo tardi aveva già iniziato a togliermi i vestiti. Saltai giù dal letto portandomi le mani al petto per proteggermi dal freddo proveniente dalla finestra aperta. Mi raggiunse e bastò un suo sguardo per farmi perdere nei suoi profondissimi occhi. Era struggente il suo desiderio dopotutto erano due mesi che stavamo lontani era ovvio che desiderasse soddisfare i suoi bisogni così come anche io mi sentivo morire, le gambe mi stremavano per la necessità di arrendermi a lui.

In un attimo i miei piedi non toccarono più terra e le mie braccia erano già attorno al suo collo, la schiena contro la porta. Cercò la maniglia e girò la chiave in modo da bloccarla poi mi riaccompagnò a letto cadendoci sopra attento a non schiacciarmi troppo.

Mi lasciai trasportare da un bacio profondo e dal suo odore che mi portarono lontano, in terre con cieli stellati e un dolce vento che lasciavano tutto all'immaginazione.

''Crystal?'' mi chiamò respirando a fatica, abbassai lo sguardo e gli accarezzai i capelli come per calmarlo.

''che c'è Gaves'' continuai ad accarezzarlo finché i suoi occhi non cercarono ancora i miei e mi bloccò la mano tenendomi stretto il polso.

''lo sai che ti amo vero?'' arrossii lievemente e cercai in tutti i modi di far star zitto il mio cuore di colpo troppo rumoroso annuii.

''non permetterò a nessuno di farti del male, ti proteggerò a tutti i costi perché tu sei quella che ho sempre voluto, sei il mio primo pensiero al mattino e il mio ultimo quando chiudo gli occhi, voglio tenerti con me per il resto della mia vita e anche se ti sembrano promesse fatte da un ragazzo che ti ha abbandonato due volte sappi che questa volta sono vere. Combatterò per te. Combatterò per tenerti stretta ogni giorno della mia vita a partire da oggi. Da questo momento io ti regalo il mio cuore e, se lo vuoi, custodirò il tuo, ti prometto che lo terrò cosi stretto a me che lo scambierò per il mio.'' le lacrime rigarono il mio viso e lui prontamente le raccolse con dei piccoli baci seguiti da sorrisi sempre più grandi.

''anche io ti amo lupacchiotto'' rise al suono di quella parola e mi strinse in un abbraccio che finalmente mi fece arrivare alla dimora che avevo sempre sognato per me, le sue braccia erano casa, quella che mi ero preclusa, quella che mai avrei pensato di ritrovare e anche se le passioni terrene erano effimere, per quella notte mi convinsi a pensare il contrario.

La mattina seguente quando mi svegliai lui era ancora a letto con me e dormiva stringendomi a se, la mia mano al sicuro nella sua sul suo petto. Mi sfiorai il ventre e fui molto sorpresa nel vederlo aprire gli occhi per controllare se fossi ancora accanto a lui.

''Ehi amore'' sussurrò mentre si rimetteva a sedere e sfiorava con le sue labbra il mio capo cingendomi il ventre. Quando sfiorò le mie mani quasi impallidì per lo spavento.

''qualcosa non va?'' scossi la testa e mi aggiustai la sua maglietta oversize. Quando avevo chiuso gli occhi ieri sera non indossavo nulla doveva avermela messa lui assieme alla biancheria, al pensiero le mie guance presero fuoco.

''è presto dovresti tornare a dormire'' mi incitò lui poggiando il mento sulla mia spalla.

''si forse hai ragione solo che ho un brutto presentimento'' non sapevo cosa fosse solo mi sentivo strana anche il mio piccolo ospite era parecchio inquieto solo che non ne avevo nessuna ragione.

''che genere di presentimento'' la stretta aumentò mentre discorrevo con la mia spiegazione.

''sento che mi succederà qualcosa di brutto. Ho paura, sento che se ti lascio andare non ci vedremo più'' mi prese il viso tra le mani e mi squadrò per bene.

''sei davvero dolce a provare di farmi rimanere qui ma oggi c'è la luna piena e lo sai anche tu che non posso'' scossi la testa energicamente

''tu non capisci questo non centra io ho davvero questo brutto presentimento'' mi strinse a sé

''te l'ho promesso ieri e te lo ridico oggi e tutti i giorni a seguire se ti farà sentire meglio, nessuno ti farà del male''

''forse sto esagerando''

''oggi starai con mia sorella, uscirete per un po' poi tornerete a casa e vi chiuderete dentro fino alla mattina dopo ti prometto che mi troverai già nel letto accanto a te appena aprirai gli occhi'' annuii e riluttante mi rimisi in piedi andando a fare una doccia calda per scacciare i brutti pensieri. Facemmo colazione insieme Gaves si assicurò che mangiassi tutto quello che sua sorella mi aveva preparato facendomi sentire un po' bambina. Dopo di che dovette davvero andare. L'accompagnai alla porta e ci scambiammo una serie di sguardi, finsi un sorrisi e lo guardai andare via. Non fece nemmeno due passi che si voltò verso di me e mi raggiunse di corsa. Le sue mani cercarono il mio collo per poi posare le sue labbra sulle mie.

''tornerò presto piccola te l'ho promesso'' sorrisi ancora e annuii.

''devi andartene'' lo fulminò il padre mentre lanciava uno sguardo al mio abbigliamento poco appropriato.

''stai attenta oggi va bene?'' annuii dolcemente mentre cercò ancora le mie labbra poi mi scompigliò i capelli e se ne andò per davvero. A testa bassa raggiunsi la mia stanza evitando per tutto il tempo lo sguardo indagatore del padre. Indossai qualcosa di comodo e assieme a Julia uscimmo a fare un giro. Visitammo negozi finché non fui troppo stanca lei mi mollò su una panchina e correndo andò da un venditore ambulante a comprare due granite per lenire il caldo torrenziale. Mi voltai di scatto quando sentii un rumore poco piacevole provenire dalla fitta boscaglia. Scossi la testa e continuai a guardare Julia finché qualcosa di morbido non si posò sulle mie labbra facendomi perdere i sensi.

Mi risvegliai la mattina dopo in un enorme letto in stile principesco completo di tende ai lati con ai piedi un braccialetto di metallo al quale seguito, era collegata una catenella di ferro. Strattonai con forza ma non venne via così mi misi a sedere rimanendo paralizzata nel vedere che la porta si spalancava. Entrò un ragazzo dai profondi occhi neri come gli abissi più oscuri dell'oceano, capelli sembravano essere ancora più scuri. Il suo corpo snello nascondeva bene la sua forza che però contrastava con il suo tono da spavaldo cavaliere della giustizia. Mi si avvicinò strofinandosi le mani e inchiodandomi con lo sguardo.

''bene, bene chi abbiamo qui? Un altra donna condannata dalla bellezza di uno Smith quale spreco'' disse accarezzandomi il viso. Scostai il capo in modo da evitare il suo tocco e questo sembrò divertirlo molto.

''solo che questa volta credo sia stato uno Smith a perdere la testa per questa giovane fanciulla'' parlò come se io non ci fossi poi riprese a considerarmi ''allora mia cara dolce colomba...''

''che ci faccio qui?'' lo interruppi prima che potesse pormi altre domande

''mi sembri una ragazza intelligente e a giudicare dal modo in cui mantieni le distanze da me Gaves deve averti parlato del nostro piccolo segreto.''

''non mi importa niente del vostro segreto'' non cercai nemmeno di dissimulare sapevo che riusciva a percepire il suono del mio cuore e io non riuscivo a controllarlo quando mentivo.

''certo come non ti importa del mostriciattolo che porti dentro di te?'' lo fulminai con lo sguardo però non mi mossi, non gli avrei dato corda cosi forse se ne sarebbe andato.

''le cose stanno così mia cara ti terremo qui finché lui non verrà fuori dopo di che tu non ci servirai più e ti faremo fuori''

''non vi darò il mio bambino, dovessi anche usare tutto le mie forze per portarlo il più lontano possibile dalle vostre sudice mani.''

''sembri davvero convinta''

''lo sono'' risposi fermamente

''lui non potrà salvarti. Qui ci sono i più forti licantropi di tutti i tempi non riuscirà nemmeno a varcare la soglia che sarà già morto nella migliore delle ipotesi, nella peggiore lo cattureranno e lo faranno marcire in una cella mentre qualcuno si divertirà a torturarlo''

''so cavarmela anche da sola. È tutta una vita che non faccio altro'' lo provocai.

''devo ammetterlo questa volta Smith mi ha fatto un favore.'' un sorriso malefico gli spuntò sul viso mentre i suoi occhi si impossessavano avidamente di ogni centimetro del mio corpo.

Se ne andò via senza aggiungere altro proprio nel momento in cui una donna entrava con in mano un vassoio carico di cose da mangiare. Mangiai pochissimo non mi fidavo di loro sapevo che avrebbero cercato in tutti i modi di rendermi accondiscendente ma non potevo non mangiare il mio piccolino ne avrebbe risentito troppo. Dopo nemmeno due ore quel misterioso ragazzo fece la sua comparsa tutto sorrisi e smancerie. Lanciò un occhiata al vassoio quasi del tutto intatto e si rattristò.

''non hai mangiato quasi nulla''

''non avevo molta fame'' mi giustificai guardandomi intorno.

''è il posto che ti mette di cattivo umore? Eppure è stata scelta una delle camere più luminose''

''non riguarda il posto più che altro la compagnia'' la frecciatina lo colpì dritto in faccia come uno schiaffo così si accomodò sul mio letto e rimase lì a fissarmi per molto tempo. Alla fine non ne potei più e mi girai di scatto ''ma si può sapere cosa vuoi di qui?''

''non lo so, sto ancora cercando di capirlo'' sospirai e mi misi in piedi

''devo andare in bagno potresti?'' dissi indicando la catena.

''non ci pensare nemmeno è studiata apposta per permetterti di raggiungere il bagno e tenerti alla larga dalle finestre.'' girai il letto e raggiunsi il bagno chiudendomi la porta alle spalle ma lui mi seguì facendomi trasalire.

''che cosa vuoi?'' domandai sbuffando.

''ho il compito di non lasciarti sola'' mi disse con un sorrisetto di puro piacere

''che? Allora spiegami questa a cosa cavolo serve?'' dissi indicando la catena.

''Touchè'' disse con un cenno della mano così mi liberò dalla catena ma non si mosse, rimase nel bagno insieme a me.

''preferivo la catena'' risposi mentre lui divertito mi squadrava

''sei davvero molto intelligente, ma io lo sono molto di più'' vedendo sul mio viso un espressione rassegnata pensò che fosse perché credevo che avesse ragione così provò a consolarmi ''non è colpa tua sei solo una donna, per quanto brillante io sono un uomo è normale che sia più....più di te'' gli riservai un espressione stizzita e gli risposi di tutto punto ''Maschilista oltre che narcisista hai altre qualità positive da qualche parte?'' scoppiò a ridere ma quando incontrò il mio sguardo glaciale fece spallucce e si voltò concedendomi un po' di privacy. Mi presi il pancione tra le braccia come per trasmettergli protezione e tornai a stendermi sul letto.

''Potresti andartene? Dovrei dormire''

''dolcezza adesso che ti ho liberata non pensare minimamente che ti lascerei sola'' sbuffai e chiusi gli occhi tornando con il pensiero al mio Gaves. Proprio mentre stavo per addormentarmi la sua voce mi svegliò.

''Stai pensando a lui?'' aprii gli occhi e lo guardai mentre si concentrava su qualcosa fuori dalla finestra.

''lui è sempre nei miei pensieri. Potrei dirti che ormai mi scorre nelle vene ma tu non capiresti.''

''oh invece ti sbagli''

''e sentiamo signor sconosciuto cosa ne sai tu dell'amore?''

''il mio nome è Xeliar se proprio ti interessa signorina Crystal e se vuoi saperlo...'' si stese accanto a me accarezzandomi il mento. Mi ritrassi e lui per tutta risposta si mise su di me così io indietreggiai per non stargli troppo vicino impedendo ai nostri corpi di aderire.

''che stai facendo?'' protestai

''sei una ragazza dalle molte qualità non dovresti stare in un letto senza un uomo. Lascia stare quel perdente, lui non potrà mai proteggerti come potrei fare io. Ti potrei dare qualsiasi cosa tu desideri oltre che la vita visto che di questo passo finirà presto. Devi solo chiederlo e lasciarmi entrare dentro di te così anche il tuo bambino si abituerà a me.''

''non pensarlo nemmeno. Io non te lo lascerò fare.''

''perché hai paura che il piccolo possa farsi male? Non dirmi che tu e quel bamboccio non avete mai sentito la necessità di farlo anche dopo aver scoperto che aspettavi un bambino.''

''questi non sono affari tuoi'' risposi proprio mentre le sue labbra cercavano le mie ''no!'' urlai spingendolo via per proteggermi dal suo tocco.

''non puoi scapparmi Crystal, non puoi farlo perché qui sono io a dettare le regole. Prima o poi ti troverai nel mio letto che tu lo voglia o no''

''Xeliar dì quello che pensi non mi interessa, io voglio solo tornarmene a casa ma se per farlo dovrò stare alle tue minacce allora portai restare insoddisfatto per sempre perché io non cederò questa è una promessa.''

Detto questo mi lasciò sola con i miei pensieri libera dal suo sguardo appiccicoso. Mi distesi ancora e questa volta trovai il sonno che tanto cercavo stringendo al petto un cuscino, cercando di immaginare che fosse lui, l'amore della mia vita che tanto speravo venisse a salvarmi.

♥♥♥

Ormai all'ultimo mese, dovetti fare parecchia fatica per raggiungere la sala del trono per bere l'ultimo sorso di quella bevanda che mi avrebbe permesso di dare alla luce il mio bambino pagando il suo disonore con la mia morte.

Camminavo trascinando i piedi e respiravo sommessamente. Avevo toccato si e no qualcosa da mangiare in quei mesi, avevo avuto così tanta paura che mi avvelenassero o che mi dessero qualcosa che avrebbe fatto male al mio piccolo che tenevo tutto lontano.

Sul trono si trovavano due anziani alle cui spalle regnavano sovrane due donne sulla trentina in contrasto con quei vecchi decrepiti che ricondussi ai loro mariti. Quasi stonavano con l'aspetto antico della stanza. Mi sostenni il ventre pregando il mio bambino di mantenere la calma, non era ancora il momento di uscire, non se Gaves non era presente.

''L'impura umana'' annunciò l'anziano più decrepito che si trovava sulla destra e che aveva la moglie più bella. Con i suoi ricci capelli neri e le fossette era davvero una bella ragazza difficile credere che fosse ammogliata con uno come..

''Elia, questo è il mio nome signorina e lui è Ivan'' prese una pausa. Respirava a fatica. ''lei è Crystal, la nostra nuova donatrice'' Xeliar mi venne vicino con quel sorrisetto sornione per farmi ancora la sua offerta. La reclinai caldamente e mi rivolsi ai due uomini ''io non donerò proprio nulla miei cari signori. Un bambino non è cosa dalla quale ci si può separare dopo averci vissuto insieme per nove mesi, dopo essere stata i suoi occhi, la sua bocca, le sue orecchie. No, voi sareste dei mostri se solo pensaste di fare una cosa simile'' le due donne si scambiarono un occhiata d'intesa che sfuggi ai due anziani ma che io colsi benissimo e questo mi disse che era loro che avrei dovuto convincere non quei due vecchi.

''Silenzio Blasfema'' mi rimproverò Ivan sollevandosi dalla sedia e additandomi con la mano nodosa.

''Sei nel tempio di Gaves Luce di Luna'' sgranai gli occhi di fronte a quel nome e chiesi spiegazioni. '' come? Gaves. Non è forse lo stesso nome del padre di mio figlio?''

sembrarono come riprendersi dopo quella mia domanda e una volta ripreso il posto su quella scomodissima sedia Elia mi parlò '' esatto. Nella nostra Tribù deve sempre esserci un Gaves che porti avanti il nome del nostro capostipite. Infatti il nome è tramandato, il padre del nonno di tuo figlio si chiamava Gaves solo che questa volta ci ha macchiati un grande disonore e contiamo di fargliela pagare presto. Ormai abbiamo il nostro Gaves lui non ci serve più. Questo Gaves crescerà secondo le nostre leggi. Sarà un vero uomo''

''anche suo padre lo è'' dissi in difesa del mio ragazzo '' di sicuro lo è molto più di voi altri''

''tanto uomo'' iniziò Ivan lisciandosi la barba '' che ha preferito lasciarti qui a marcire piuttosto che convincerti a sbarazzarti del bambino''

''no ti sbagli di grosso. Il mio Gaves ha avuto più fegato di molti dei vostri eroi. Lui ed io abbiamo deciso insieme di tenere questo bambino perché lo amiamo. Sapevamo sin dal principio a cosa andavamo incontro, la morte di sua madre ci ha fornito un grande esempio di amore. A tal proposito. L'avrete anche uccisa ma le sue idee sono ancora vive dentro di lui e ancora di più in me e quando anche io me ne sarò andata mio figlio, lui penserà a sistemarvi, si vendicherà.''

''non lo permetteremo'' si voltarono a guardare Xeliar mentre le sue donne si perdevano a contemplarmi stupite della mia sfacciataggine.

''Ah l'amore'' disse la donna più bella '' i giovani innamorati tendono sempre a valutare così poco la loro vita''

Il lupo mi si avvicinò porgendomi un grande bicchiere che però non presi perché qualcosa interruppe la cerimonia.

Il grande portone alle mie spalle si spalancò e Gaves, accompagnato dalla sua sorellina fece la sua comparsa.

''non vi azzardate a toccarla'' non seppi dire quanto bello fosse in quel momento però i suoi occhi riuscirono a farmi calmare più di quanto chiunque potesse mai fare. Vederlo lì mi fece scoppiare il cuore e fu come un premio per tutte le volte che non avevo perso le speranze.

''Gaves'' esclamai saltellando per la sorpresa.

''Bene, bene'' disse Elia facendo un cenno a Xeliar che mi si parò d'avanti. ''allora qualcuno qui ti conosce meglio della tua gente'' i suoi occhi fulminei si incatenarono ai miei per poi farsi avanti.

''lasciala andare e nessuno si farà male'' i presenti scoppiarono tutti in una risata fragorosa facendolo spazientire.

Julia si fece avanti ringhiando tutti si zittirono.

''che ci fa quella ragazzina qui?'' protestò Ivan sgranando gli occhi per la consapevolezza che si stava insinuando in tutte le coscienze. Julia, la dolce sorella minore di Gaves era cambiata sia fisicamente che interiormente.

''impossibile'' esclamarono all'unisono tutti tranne Gaves ed io. Noi ci guardammo e lui colse la profonda irritazione dovuta dalla sua avventatezza. Era ovvio che fosse stata colpa sua se Julia aveva perso la sua dolcezza. Questo non glielo avrei perdonato. L'innocenza di quella ragazza non era qualcosa che avrei scambiato per la mia libertà ed era ovvio che lui non la pensava così.

''Che cosa hai fatto Gaves'' sussurrai tra me, lui mi udì e si voltò verso sua sorella.

'' come può esserlo se lei è proprio qui d'avanti a voi?'' Julia mi guardò con gli occhi scuri, impenetrabili e mostrò i canini.

''Questo va contro natura Gaves.'' fece spallucce e aggiunse '' Ci avete costretti voi. Mia sorella sa cosa ha perso nel momento stesso in cui ha preso la sua decisione. Sapeva che era l'unico modo per salvare una sorella.'' mi chiese scusa con lo sguardo ed io mi rifiutai di guardarlo.

''adesso signori lasciatela andare'' disse mettendosi in posizione di difesa.

''La ami?'' domandò stupendo tutti la donna alla destra di Elia.

''come?'' protestò suo marito voltandosi a guardarla ma lei non aveva occhi che per Gaves.

''Ti ho chiesto giovanotto se ami questa ragazza'' Gaves si raddrizzò perdendosi nei miei occhi.

''Più di quanto possa esprimere.'' il viso le si addolcì e posò una mano sulla spalla del suo amante ''Caro forse tu l'hai dimenticato ma vent'anni fa anche noi ci guardavamo così.''

''cosa cerchi di dirmi Calliope?''

''che sono innamorati. E l'amore non deve per forza essere una condanna. Prima credevo che fosse solo una cotta ma mi sbagliavo. Eccome se mi sbagliavo guardali Elia. Non si fermerebbe d'inanzi a niente pur di riabbracciarla tu non faresti lo stesso?'' l'anziano ci pensò su e prima che potesse dare la risposta lei lo interruppe per convincerlo '' l'amore mio caro è qualcosa che non si può soffocare. E poi è così raro che quando riesci a scovarlo bisogna essere davvero crudeli per passarci sopra a stile carrarmato. Da loro una possibilità l'innocenza negli occhi di quella ragazza è cosa rara e non si merita quello che le avete fatto. Hanno sbagliato ma tutti l'abbiamo fatto almeno una volta questo però non ha impedito i nostri correttori di concederci un altra occasione''

''concedere loro di vivere sarebbe come legittimare trasgressioni di questo genere''

''sono convinta caro che non è stato intenzionale la loro distrazione ma uno spiacevole scherzo giocato dall'ingenuità di entrambi'' alla fine Elia sospirò e acconsentì a lasciarci andare. Lui mi raggiunse ed io piansi dalla gioia.

La felicità duro solo pochi minuti perché qualcosa dentro di me si ruppe ed io guardai terrorizzata Gaves.

''le si sono rotte le acque'' intervenne Julia sorreggendomi. La sua timidezza, la sua innocenza erano stati crudelmente rimpiazzati da una fermezza e da una freddezza tipicamente animale. Iniziai a prendere la cognizione del tempo e dello spazio mentre guardavo tutti correre come trattenuti da una molla per sorreggermi poi Gaves mi si accostò. Mi guardò negli occhi e anche se sapevo che stava morendo di paura come me la sicurezza che regnava nei suoi occhi mi aiutò a mantenere la calma.

Mi lasciai prendere e portare di peso in una camera dopodiché uscì senza ritornare.

''Allora Crystal '' intervenne la donna di nome Calliope. ''adesso devi rilassarti e tutto andrà per il verso giusto'' scossi il capo testarda e la guardai in cagnesco. Lei come poteva capire quello che provavo, io volevo sentirmi dire da Gaves che era tutto a posto. Solo a lui avrei creduto.

''Gaves'' ansimai indicando la porta. Nessuno mi comprese e continuarono tutti a toccarmi in vari punti ignorandomi. Deglutii rumorosamente mordendomi il labbro fino a sanguinare e iniziai a sbraitare ''Gaves, voglio il mio Gaves.''

''Piccola il tuo uomo deve rimanere fuori. Ci siamo noi qui con te. Il tuo piccolo avrà la fortuna di nascere accudito dalle due donne più importanti del branco'' cercai di mantenere la calma mentre qualcosa dentro di me si lacerava lentamente facendomi sentire ogni singolo brandello di pelle che si distendeva fino a strapparsi. Ovviamente non ci riuscii e iniziai ad alterare i toni.

''Me ne infischio di chi siete voi. Voglio Gaves, vi prego chiamatelo'' ancora non mi assecondarono ma non potei alzarmi e raggiungere la porta perché troppe persone trafficavano accanto a me. Non sapevo che fare ero disperata e il dolore non faceva che aumentare appannandomi la vista e la ragione.

Julia, che mi aveva sentito imprecare entrò e mi si fece vicina. ''Crystal'' disse spaventata tenendo gli occhi fissi nei miei.

''Julia'' sussurrai sul rotto del pianto ''Julia ti prego'' strinsi i denti per impedire alla spinta che sentivo dentro di vincere la battaglia.

''Adesso è il momento di spingere cara'' disse Calliope chinata dietro le mia gambe.

''Julia'' implorai e lei mi prese la mano che io cinsi con la mia con tutta la forza che avevo.

''Ti prego Juls. Tuo fratello.'' lei scosse il capo esattamente come le altre ''Ho bisogno di lui ti supplico. Chiamalo''

''no, questo è assurdo. Crystal non si può non è mai successo.''

''non toglietemi questo vi prego, io ho bisogno di lui. Lui è la mia roccia nei momenti difficili, c'è lo siamo giurati a vicenda'' balbettai mentre gocce di sudore mi scendevano dalla fronte.

''Se vuole Gaves'' intervenne Crystal accarezzandomi i capelli dolce come se fossi stata una bambina e lei la madre ''allora lo avrà'' sorrisi appena e la guardai uscire.

Dopo dieci minuti buoni Gaves entrò pallido e con lo sguardo basso. Si inginocchiò accanto a me e mi guardò. Bastò un mio sorriso a fargli forza. Mi baciò la fronte ed io chiusi gli occhi lasciando scorrere le lacrime.

''Allora Crystal diamoci da fare'' si sedette dietro di me lasciando le due donne tutto il tempo per indignarsi e strepitare e mi cinse con le sue braccia possenti. Respiravamo insieme e tutte le volte che avevo paura e non volevo più spingere lui mi faceva coraggio.

♥♥♥

Dopo un ora il nostro bambino uscì a conoscere la vita ed io potei abbandonarmi sul suo petto sfinita. Mi baciò il capo e mi liberò di tutti i capelli bagnati dal sudore finché le due donne non mi portarono un fagottino tutto strepiti e urla. Me lo poggiai sul grembo, il mio bellissimo bambino lasciandomi baciare da Gaves.

''Devi riposare'' mi suggerì a bassa voce mentre accarezzava con mani tremanti quell'esserino indifeso tutto ossa.

''Sono d'accordo'' risposi con l'ultimo filo di voce che mi era rimasto e lasciato il bimbo alle cure di una balia crollai addormentata tra le braccia del mio amore.

Mi svegliai tre ore dopo senza voce felice come una pasqua e reclamai il mio fagotto per dargli da mangiare. Gaves era sempre lì, non se ne era andato un secondo.

''Ha bisogno di un nome'' mi sussurrò all'orecchio baciandomi una tempia.

Feci spallucce e lui aggiunse ''ti dico qualche nome e tu mi dici se ti piace'' scossi il capo in segno di dissenso e gli feci capire che volevo un foglio per scrivere. Mi accontentò e scrissi subito ''Gabriel''.

Strappatogli un sorriso mi abbracciò ''vuoi mettergli il nome di mio padre?''

annuii soddisfatta e lui acconsentì sollevato dal mio buon cuore.

♥♥♥

Erano passati dieci anni da quando la mia vita aveva preso una direzione drastica diventando quella che è adesso. Ci pensavo ora perché in tutto questo tempo non avevo avuto un attimo di pace con Gabriel, il mio primogenito che sin da subito aveva dimostrato di necessitare di regole ferree per controllare l'animale che talvolta lo possedeva poi dopo tre anni io e Gaves avevamo deciso che era venuta l'ora di dare qualcuno a Gabriel con la quale confrontarsi. Senza nemmeno farlo di proposito era arrivata Emma. Emma era la gioia mia e di Gaves, specialmente sua perché portava lo stesso nome di sua madre. Per fortuna Gabriel le aveva sempre voluto bene e facendo la parte del fratello maggiore la teneva sempre d'occhio oltre che esserne terribilmente geloso. Non era tutto però anche Emma esercitava un lato buono in lui, riusciva a calmarlo qualsiasi cosa lo turbasse facendolo sempre ridere o disarmandolo. Avevano un legame speciale salutare per entrambi e adesso vederli giocare dopo sette anni insieme era una gioia per chiunque. Io me ne stavo seduta su una sedia a dondolo ripensando a tutto quello che quelle piccole pesti avevano portato nella mia vita e in quella di Gaves. Adesso ci svegliavamo la domenica con loro due che saltellavano sul letto gettandosi tra le nostre braccia.

Quanto a noi due beh. Non era cambiato nulla dal nostro primo incontro. Ci amavamo tanto quanto allora anche se ora era più facile accettare i difetti, se Gaves ne ha mai avuti per me.

Lavorava con suo padre all'educazione di Julia, sua sorella. Incredibile ma quella peste di Emma era riuscita a mettere pace tra i due e non solo adesso suo padre era addirittura più un padre e vedeva Emma come una seconda possibilità e Gabriel come il suo orgoglio personale, portandoselo la domenica in giro presentandolo a tutti i suoi amici, tutto va molto meglio, persino i miei genitori adesso vengono a trovarci una volta al mese e portano sempre tanti regali alle piccole canaglie. Comunque Gaves si era trovato un vero lavoro che svolgeva nel tempo libero in una fabbrica dove guadagnava abbastanza bene. Tornava sempre stanco, tutto sporco ma felice di riabbracciare i suoi bambini.

Ed eccolo, il sole tramontare e lui fare la sua comparsa bello da togliere il fiato che si getta tra le braccia dei suoi bambini. Poi li lasciai giocare per venire da me e baciarmi teneramente posandomi un bicchierone di cioccolata calda sul grembo e accarezzare la terza piccola creatura che cresceva giorno dopo giorno dentro di me.

''Allora'' dice sorridendomi e mettendomi una mano sul ventre '' che hanno fatto oggi le mie piccole donne?'' ricambio il sorriso baciandogli il capo e gli rispondo ridendo '' tua figlia ha scalciato tutto il giorno, Emma è tornata solo qualche ora fa da scuola e Gabriel stava giocando con quei suoi compagni di classe almeno finché non ha visto Emma'' rise di gusto immaginandosi la scena e non aggiunse nulla lasciandomi il tempo di guardarlo. I dieci anni lo avevano reso non solo più uomo aumentandogli la statura, facendogli crescere la barba che si rasava ogni giorno aveva anche imparato a fare il genitore. Sapeva badare ad una famiglia, mettendola al primo posto su tutto, metteva da parte i suoi amici e a volte anche i doveri di Beta, perché con l'arrivo di Gabriel avevano tutti concordato che era il momento di dargli una promozione che l'anno prossimo, ne ero sicura si sarebbe trasformata in premio facendogli prendere il posto di Alfa. Non si arrabbiava più se qualcuno mi si avvicinava e scherzava con me come anche io. Ci lasciavamo spazio a vicenda senza però permettere a nessuno di intralciare il nostro amore. Io allora non ero una ragazza, quando il consiglio mi rapì ma nemmeno una donna ero solo confusa e spaventata adesso il futuro non mi spaventa sono finalmente una donna.

Durante tutto questo tragitto che ci ha condotti qui, siamo cresciuti maturati, abbiamo affrontato il lato meno amaro della vita e ci riteniamo fortunati di essere ancora insieme ringraziando ogni singolo giorno chiunque abbia permesso a noi di continuare ad amarci e ai nostri piccoli di vivere. Abbiamo tutto quello che possiamo desiderare tranne una cosa ma credo che di questo passo la raggiungeremo presto.

Gaves vuole una famiglia numerosa ''almeno cinque figli'' mi ha detto. Faccio il possibile per accontentarlo, non ne sono molto convinta però a volte lo guardo negli occhi e quando penso che siano tanti piccoli da mantenere, tutti i dubbi spariscono, mi sento più forte e muoio dalla voglia di accontentarlo. Basta una sua carezza che dimentico tutte le bollette che giacciono sul comò della nostra stanza. Quando siamo insieme con i nostri bambini il mondo ci fa il piacere di aspettare e lasciarci godere il nostro piccolo pezzo di paradiso almeno per un ora o due. Dopotutto se non ci si prende questi momenti adesso che loro sono piccoli e noi giovani più tardi ne pagheremmo le conseguenze e poi i problemi rimangono sempre su quel mobile non scappano i giorni passano invece e i miei scriccioli crescono. Persino la piccola Julia, che custodisco caldamente dentro di me sento che diventa grande e memorizzo ogni suo calcio ogni suo movimento per condividerlo con tutta la famiglia e scherzarci su ma non posso fare a meno di pensare che un giorno loro se ne andranno ed io e Gaves staremo seduti così come ora aspettando la visita di dieci nipotini tutti insieme che gridano e si rincorrono riempiendo le nostre giornate. Sorrido a quel pensiero e bacio Gaves che mi tira su di sé accarezzandomi il ventre. Si china ad ascoltare la sua bambina calciare per richiamare la sua attenzione ed io chiudo gli occhi godendomi una calma meritata mentre intreccio le mie dita ai capelli di Gaves e i nostri piccoli corrono facendo a gara a chi arriva prima. Si dispongono in cerchio posando le piccole manine sulla mia pancia ed io non posso fare a meno di sorridere pensando che era così che sarebbe dovuta andare ringraziando Dio di aver dipinto per me un futuro così bello da mettere in ombra qualsiasi momento buio passato presente e futuro.

   
 
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