Moon:
Cammino
battendo i denti
verso il distributore automatico, con le mani infilate
in tasca.
Gesù, si vede proprio che siamo a Dicembre, anzi, si sente.
Fa un freddo dannato, tanto che ora non mi sento più
né le dita dei
piedi né quelle delle mani. Rimango a
fissare il distributore e
medito su che sigarette prendere, poi opto per le solite, amate,
Lucky Strike rosse. Sì lo so che sbagliato, fa venire il
tumore e
blablabla ma cazzo ,non mi
serve un'altra predica. Ho 15 anni,
fatemi vivere la mia cazzo di adolescenza! Odio questi pregiudizi
comuni. Non lo faccio per sentirmi più grande, non lo faccio
per
atteggiarmi, lo faccio tanto per farlo, lo faccio perché
è una cosa
sbagliata. Lo faccio perché è
una cosa proibita, lo
faccio per saziare la mia voglia di ribellione. Punto.
Inserisco
le monetine e, con la paura che le dita mi si spezzino come
bastoncini di ghiaccio per quanto sono rigide, premo i pulsanti come
farei con un distributore di merendine. Il pacchetto atterra e io lo
ritiro. Do un ultimo sguardo alla saracinesca abbassata della
tabaccheria chiusa e ritorno verso la macchina accesa, infilandomi il
pacchetto nella tasca del felpone di Mike. Apro lo sportello:
- Ti
dà fastidio se fumo lì dentro o mi dai il
permesso? - chiedo senza
entrare.
- No, non ti preoccupare, basta che apri un po' il
finestrino. Poi fuori ti beccheresti una polmonite con i
controcazzi.
Gli sorrido ed entro, riposizionandomi con le gambe
incrociate sul sedile, prelevo una sigaretta e me la accendo,
ispirando a fondo.
Ragazzo figo + birra + pancia piena + sigarette
. What else? Cosa si può volere di
più? È il mio ideale di
serata perfetta. Porgo il pacchetto a Mike:
- Ne vuoi una?
-
No, io non fumo. O perlomeno solo ogni tanto.
Mi guarda buttare
fuori quel veleno e trarne un'altra boccata.
- Non vuoi fare
nemmeno un tiro? - provo di nuovo a domandargli, allungando la mano
verso di lui.
- D'accordo, solo apri il finestrino a metà che non
mi va che qua dentro puzzi.
Annuisco e lui, dopo aver cambiato
marcia, mi toglie la sigaretta di mano. Le nostre dita si sfiorano,
un brivido lungo la schiena. Le sue dita sottili, lunghe e
affusolate, che si muovono armoniosamente contro le mie. Quelle
dita che vorrei mi carezzassero il viso, che levigassero gli spigoli
del mio corpo, quelle dita che tanto bramo strette intorno alle mie.
Rimango a fissarlo mentre si porta alla bocca la sigaretta. Rimango a
fissarlo ipnotizzata. Mi rendo conto solo adesso di come Mike si
muova più lentamente degli altri, in modo fluido.
Anche il più piccolo gesto lo fa in modo armonioso.
Poggia
le labbra rosa
e invitanti
nello stesso punto dove le ho poggiate anch'io. Inspira. Mi salta
all'occhio il fatto che lui ha appena avuto un bacio indiretto con
me. Un bacio. Indiretto. E già
che ci siamo, potremmo
averne anche uno diretto adesso, perché no?
Probabilmente ora mi vedrete come una pervertita ma queste cose
saltano all'occhio di una ragazza.
Mike butta fuori il fumo e
distoglie lo sguardo dalla strada per posarlo su di me, che gli fisso
le labbra dischiuse senza battere ciglio. Labbra rosee e
dischiuse...
- ...Moon? Ehi? Stai per caso contemplando
un'apparizione divina? - sì le
tue labbra sono divine
quanto quelle di un angelo.Io
non rispondo, lui porta la mano sinistra, quella con la sigaretta,
sullo sterzo. Aggiunge:
- Ah, ho qualcosa sulla bocca? Maionese?
Ah emh, scusa, quando mangio mi sporco peggio di un bambino... -
continua a farfugliare parole di scusa senza senso. Si porta la
stessa mano di prima alla bocca, e fa strisciare l'avambraccio su di
essa, tentando di pulirsi inesistenti residui di maionese.
- Mike,
non è che hai qualcosa sulla bocca, hai una bocca... -
biascico
sommessamente a bassa voce, spezzando bruscamente la frase per paura
di aggiungere qualcosa di...sconveniente.
Mi risveglio, torno sul pianeta Terra, rincoglionita come se mi
fossi appena fumata un'oncia di marijuana. Mi giro bruscamente verso
il finestrino e lo apro.
- Moon, che stavi dicendo prima? Non
sono riuscito a sentirti... - mormora Mike, io sempre girata gli dico
di rimando:
- Ah niente d'importante, scusa, il mio cervello si è
fatto un viaggetto per un po' – lo guardo e sorrido
impacciatamente, riprendo la sigaretta quasi finita, con la saliva di
Mike sopra. La fisso, cercando di visualizzare un'impronta, una
traccia della bocca di Mike sul filtro arancione. Poggio a mia volta
la bocca e mi viene l'immagine delle sue labbra sulle mie.
PERVERTITA!
urlano
i campanelli di allarme nella mia testa; scaccio l'immagine
maledicendomi con il pensiero.
Che cretina, rincoglionita,
deficiente e non si sa cos'altro. Sono rimasta a fissare Mike la sua
splend...emh, Mike e la sua bocca. Mi è sembrato di vivere
tutto al
rallentatore. Che cretina. Pervertita
e
cretina, yeah.
Getto la sigaretta ormai finita e spenta fuori dal finestrino, lo
richiudo e Mike accende la radio, ad un volume basso. Mi accoccolo
sul sedile a cui ho abbassato lo schienale e fisso la Luna attraverso
il finestrino, luminosa e così stranamente vicina, con solo
una
nuvola grigio fumo sul cielo blu profondo, trapuntato di stelle qua e
là. Vorrei poterci volare sopra,
perdermi tra i suoi
crateri e afferrare la mano di Mike e portarlo con me.
Tra me e Mike c'è il silenzio, ma non un silenzio
imbarazzato, il
silenzio e basta. Gradevole.
Inizio
anche a sentire
un lieve tepore per via del riscaldamento.
Così, cullata dai
movimenti dell'auto e fissando la Luna, chiudo gli occhi e mi
abbandono all'oblio.
L'ultima cosa che ricordo è il respiro di
Mike, armonioso
anche quello.
Mike:
Tremo.
Tremo.
Mi sento il terremoto dentro. Sì perché non tremo
solo all'esterno,
tremo anche all'interno di me. I miei reni stanno ballando la samba,
delle colombe mi stanno addobbando le costole e il cuore da un
momento all'altro potrebbe saltarmi in gola e uscirsene dagli occhi.
Ho persino caldo. Fuori ci sono – 2°, dentro la
macchina 7°, e io
sto sudando sotto la felpa. Adesso ringrazio l'entità
superiore che
mi ha suggerito di spruzzarmi litri di deodorante prima di uscire di
casa.
Moon è fuori, a 50 metri da me, a scegliere le sigarette,
di schiena. Tamburello sullo sterzo aspettando che torni; mi tremano
le mani e ho pure quelle sudate. Tremano proprio a me che, quando ho
dovuto suonare il piano di fronte ai professori del conservatorio,
non hanno fatto un movimento fuori posto. Sì
perché ho studiato
piano e ho pure provato ad entrare al conservatorio. Ed ero pure
bravo. E mi avevano preso. Solo che quando ho capito che lì
ti fanno
suonare a macchinetta, seguendo un fottuto spartito, e non ti
permettono di dare voce agli accordi che raccontano di te, ho
lasciato. E ho continuato per la mia
strada. A comporre e adare voce alle melodie che sentivo dentro di
me, che da tempo chiedevano di essere scritte.
Provo anche a
rappare qualcosa, ma le rime non mi escono. Di cantare non se ne
parla, non sono capace. Anche se più volte mi hanno detto
che ho una
bella voce. Però no, non se ne parla. Io non canto. Stano,
vero?
Sono l'MC di una band ma ho paura persino della mi voce. E, ancora
più strano, ho paura persino di uscire con una ragazza.
Ragazza che
per giunta, sta venendo verso di me con le sue sigarette e
l'accendino in una mano e delle monetine nell'altra. Ha indosso la
mia felpa. Quella larga larga
e
pesante pesante.
Quella comprata ad una bancarella lungo la strada, mentre stavo
andando ad esibirmi per la prima volta in un locale. È una
semplice
felpa nera, con una scritta in giapponese: "Lavora duro, sogna
in grande", in rosso. Ricordo che era sera, io stavo guidando
verso il locale, ero a maniche corte perché avevo lasciato
la felpa
nella "sala prove", ovvero la soffitta di Mark, il
cantante. Allora avvistai questa bancarella per strada, accostai,
scesi e comprai la felpa. 7 dollari. E questo è successo tre
mesi
fa.
Quante cose sono successe in tre mesi. Abbiamo pubblicato il
primo EP. Adesso al cantante è pure calato in mente che
vuole
lasciarci. Ma questa è un altra cosa.
Moon è di nuovo dentro la
macchina, è successo tutto così velocemente, le
ho pure parlato
prima ma non me ne sono reso conto. Ora mi porge la Lucky Strike
accesa. Un po' spaesato la prendo e la pelle diafana di Luna delle
sue dita sfiora la mia olivastra. Faccio qualche tiro, assaggiando il
suo DNA, che ha posato sul filtro arancione della sigaretta.
Guardo
la strada, cerco di ricordare dove sono, chi sono e che ci faccio
lì,
butto fuori il fumo e tendo la mano verso Moon per ridarle la
sigaretta. La guardo. Ha gli occhi persi, semichiusi, come se stesse
sul punto di addormentarsi. Tutto mi sembra calmo, fermo, statico.
Sto vivendo al rallentatore.
Lei mi fissa un punto sotto gli
occhi, forse ho qualcosa sulla bocca. Farfuglio parole di scusa e
imbarazzato mi passo la manica sulle labbra, ma lei rimane in quello
stato; la sigaretta che continua a consumarsi tra il mio indice e il
medio.
- Mike non è che hai qualcosa sulla bocca, hai una
bocca... - farfuglia e si stoppa. Resto in attesa. Sembra persa,
è
persa. Sembra in estasi, ipnotizzata. Guardo di sfuggita il mio
riflesso nello specchietto retrovisore, non ho nulla in faccia, sono
sempre il solito coglione. Che ha detto? Che
ho una bocca. Una bocca.
Che intendeva? Non reagisce.
- Moon che stavi dicendo prima? Non
sono riuscito a sentirti... - si è girata verso il
finestrino.
Tutto
ritorna alla velocità normale, l'attimo termina, la
realtà ritorna a
colori. Io che guido, gli alberi che mi passano accanto fuori dal
finestrino, lei che è accucciata sul sedile accanto al mio.
Le
orecchie tornano a percepire il suo ritmico respirare. Abbiamo vissuto
un momento al di fuori dell'afferrabile, al di fuori dello spazio,
più su del tempo, siamo passati oltre la linea, è
un attimo su cui
il ticchettio degli orologi non ha potuto posare i suoi artigli. L'ho
vissuto davvero?
Ha gettato la sigaretta.
E' stato come la collisione, il
meteorite che tocca il suolo, è stato quell'attimo eterno,
quello
prima dello schianto, abbiamo vissuto quello anche se non è
accaduto
nulla di speciale.
Accendo la radio e la metto a un volume basso,
in modo che diventi un sottofondo.
Torno a respirare normalmente.
Sì perché stavo trattenendo il fiato da non so
quanto tempo.
Inspira, espira. Ripeti. Ancora e ancora.
Fisso la strada e scorgo
le cime degli abeti e il riflesso della Luna sull'acqua del
lago.
Nero.