Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ShioriKitsune    03/03/2013    7 recensioni
«In un certo senso, ed in un modo strano e contorto, lui mi ha salvato. Ed io gli sarò sempre grato per questo».
[SebxCiel]
E' la mia prima fan fiction sul mondo di Anime e Manga, spero che vi piaccia. Questa storia è ambientata dopo l'ultima puntata dell'Anime (il manga è ancora in fase di lettura v.v) e inizia raccontando la paura di Ciel riguardo al distacco del suo maggiordomo. E poi, in un crescendo di suspance, si scoprirà quanto Ciel sia stato infantile nel suo giudizio.
Spero davvero che possa essere di vostro gradimento :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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«Quindi, da questo momento in poi, tu starai sempre con me?».
Gli occhi grandi e color del cielo del piccolo conte mi rivolsero uno sguardo severo e carico di aspettative.
«Yes, my lord. Il contratto prevede che io le resti vicino e la protegga fin quando non avrà compiuto la sua vendetta», risposi in tono accondiscendente e accennando un sorriso.
«E in cambio ti basta avere la mia anima?».
«Non mi serve nient'altro».
Lui annuii. Mi squadrò a lungo, dondolando le gambe mentre gli abbottonavo la camicia da notte.
Era passata una settimana da quando avevamo stipulato il contratto, e sembrava che lui si stesse abituando alla mia presenza. O, perlomeno, mi permetteva di lavarlo, vestirlo e rimboccargli le coperte.
Per quanto riguardava me, fare il baby-sitter a tempo pieno non mi pesava poi tanto: per quanto cocciuto e impertinente, era un bambino abbastanza tranquillo. Avrei imparato a gestirlo e a renderlo ancor più docile, senza però spegnere la fiamma che ardeva nella sua anima, che alimentava la brama di vendetta e l'odio che portava dentro.
Immaginare il sapore di quell'anima bianca votata alle tenebre mi faceva venire l'acquolina in bocca. 
Le gambe del bocchan smisero di dondolare. «Non capisco».
Alzai lo sguardo, inclinando appena il capo. «Cosa, bocchan?».
Sospirò, poi iniziò a parlare molto velocemente. «Non capisco cosa possa fartene di una cosa senza valore come l'anima, ammesso che esista e io ne abbia una. Insomma, sei un demone, potresti chiedere qualsiasi cosa in cambio dei tuoi servigi. Perché l'anima, allora?».
Questa volta fui io a scrutarlo. «Che domanda insolita», borbottai. In effetti, nessuno me l'aveva mai posta prima.
«Io mi nutro di anime, bocchan. E non mi serve nulla di ciò che possedete in questo futile e superficiale mondo. Cos'altro potrei chiedere come ricompensa se non l'unica cosa che per me ha valore?».
Lo presi tra le braccia per scoprirgli il letto, e lui allacciò le piccole mani al mio collo per paura di cadere.  «Ma non potresti semplicemente prendere l'anima che vuoi, quando vuoi? O prenderne più di una, senza stringere alcun tipo di contratto?».
«Sì», iniziai. «Potrei farlo. La maggior parte dei demoni fa così. E' solo che.. sono stanco di accontentarmi di qualsiasi scarto, ecco. Preferisco sudarmi il pranzo e avere la garanzia che sia ottimo. Lei mangerebbe mai un pasto arrangiato e di scarsa qualità, bocchan?».
Lui scosse la testa, un accenno di sorriso ad illuminargli il volto. «Che sapore ha un anima?», domandò ancora, fissando lo sguardo su un punto indefinito del mio viso. «Da' di cioccolata?».
Quella fu la prima volta, in tutta la mia esistenza da demone, che avvertii  davvero l'impulso di  scoppiare in una fragorosa risata. Ovviamente riuscii a trattenermi, - le buone maniere non ammettevano che il maggiordomo scoppiasse a ridere in faccia al suo padrone - ma il sorrisetto che mi spuntò sulle labbra era dei più genuini.
«Non c'è un termine di paragone con il cibo umano che, come lei ben sa, per me non ha sapore alcuno. Magari, però, potrei paragonarlo a-». Mi bloccai all'improvviso. Gli occhioni del padroncino mi fissavano curiosi, in attesa che io completassi la frase. 
Ma era troppo piccolo perché io potessi proporgli un paragone del genere; la cosa, in un certo senso, mi.. imbarazzava.
Fu in quel momento che mi resi conto che c'era qualcosa di sbagliato in quella situazione: non avrei dovuto comportarmi così. Niente scrupoli,  niente comportamento impeccabile, niente riguardi per quel moccioso. Io ero un demone e lui solo il mio pasto.
Sentivo, dall'interno, qualcosa che spingeva con tutte le sue forze per venire fuori. Qualcosa che non avevo mai pensato di possedere.
Il mio sguardo s'indurì, e così si raffreddarono anche le mie parole e i gesti divennero meccanici. Staccai le mani del padroncino dal mio collo, appoggiandolo sul letto e cercando di farlo infilare sotto le coperte. Ma  lui sembrava deciso a rimanere con i piedi piantati sul materasso, alla mia altezza. Incrociò le braccia al petto. «Non hai ancora finito di parlare e non andrò a dormire fin quando non mi avrai spiegato come funziona».
Per poco non sbuffai. «L'anima ha un sapore particolare. Non so come spiegarglielo, bocchan. Per noi demoni è tutto ciò che conta».
Inclinò il capo. «Tutto ciò che conta? E la mamma e il papà?».
Da una parte, tutte le sue domande m'irritavano: cosa gli importava di tutto questo? Il contratto non prevedeva che gli scrivessi la biografia di un demone tipo. 
Dall'altra, però, mi sentivo quasi.. lusingato. Nessuna delle mie vittime mi aveva fatto tante domande prima d'allora, ma è anche vero che non avevo mai stretto contratti di quel tipo. Forse era normale, o forse Ciel Phantomhive era semplicemente un bambino troppo curioso.
«Nessuno di noi ce li ha, bocchan. Ha finito con le domande?».
L'espressione del marmocchio si fece corrucciata, come se fosse dispiaciuto per me. Non poteva sapere che a me non importava nulla di nessun tipo di affetto. «E come.. venite al mondo, allora?».
Non riuscii a trattenere un sospiro, temevo quella  domanda. «Glielo racconterò un'altra volta, adesso deve mettersi a letto, è molto tardi».
Si fece aiutare a infilarsi sotto le coperte, ma quando stavo per voltarmi ed andare via, mi afferrò dalla coda del frac. «Non ti ho detto che puoi andare via».
Il suo viso minuto era coperto fino al naso e le palpebre minacciavano di chiudersi da un momento all'altro, ma era talmente impaziente di acquisire nuove informazioni che avrebbe vinto persino la stanchezza, per fare il ficcanaso per altri cinque minuti.
«Siediti accanto a me».
Obbedii, ma ero diffidente. Non avevo intenzione di raccontargli altro su demoni e anime per quella sera.
Ma la domanda che mi rivolse mi spiazzò completamente, mettendomi a tacere per qualche minuto. «Hai mai voluto bene a qualcuno?».
Quando tornai in me, la mia risposta fu secca. «No».
Ciel sospirò. «Lo sospettavo, sei troppo rude e non sai come trattare i bambini».
Mi risentii, e dato che non poteva seguire i movimenti del mio viso mi sentii libero di lanciargli un'occhiataccia. Mi ero sempre comportato come si deve, nei suoi confronti. Per essere un demone, mi ero comportato in modo fin troppo gentile.
«Ma a me vai bene così», mormorò, abbassando lo sguardo sulle sue mani. «Se so che tu non potrai mai volermi bene, io non ne vorrò a te. In questo modo eviterò di soffrire se un giorno dovessi perderti. Non vorrò bene più a nessuno, da questo momento in poi».
Di nuovo quella sensazione, quella a cui non sapevo dare un nome. Distolsi lo sguardo, fissandolo sul soffitto di quella casa che era stata teatro di atroci morti e sofferenze inaudite. Doveva essere dura, per il piccolo conte, vivere tra quelle mura. Ovviamente, era troppo orgoglioso per ammetterlo.
«Mi piacerebbe essere come te».
Cosa?
Il mio sguardo saettò nuovamente su di lui, allibito. «Bocchan..».
«Sì,lo so, Sebastian..», m'interruppe prima che io potessi finire la frase. «So che abbiamo un contratto e che la mia anima dovrà essere tua. Ma se così non fosse stato, e avessi potuto avere la possibilità di scegliere, magari avrei scelto di essere come te».
Il suo discorso, come sempre, mi stupì. Quel bambino era più imprevedibile di quanto pensassi.
«Non è così bello essere una creatura demoniaca».
Era una bugia, no? Io amavo essere un demone. Ma l'idea che il padroncino potesse anche solo pensarci mi faceva ribrezzo.
Lui sospirò. «Sì, sì.. hai ragione». Chiuse gli occhi. «Essere umano è tutto ciò che mi resta. Provare dolore, sentire sulla pelle l'amaro della sofferenza e dell'umiliazione subita, mantengono vivo il ricordo dei miei genitori. E quella è l'unica cosa che m'impedisce di crollare».
Non mi sentii in grado di dire nulla: erano cose che un demone come me non poteva comprendere.
«Adesso riposi, bocchan».
Lui non disse altro, quindi spensi le candele con un soffio. 
Ero quasi alla porta quando la sua voce impastata a causa del sonno mi bloccò per la seconda volta. «Sebastian?».
«Sì?».
«Anche se non ci vorremo mai bene, tu sei l'unico di cui mi fid-».
La stanchezza ebbe la meglio, impedendogli di completare la frase. Ma, nella mia testa, questa arrivò forte e chiara.
E da quel giorno, qualcosa dentro di me iniziò a rompersi.
 
************
 
«Il limbo?». Undertaker emise un fastidioso risolino. «E voi credete ancora a queste favolette della buonanotte? Andiamo, Sebastian, anche tu? Ah, è proprio vero che quando tieni ad una persona..».
«Taci, shinigami». Assottigliai lo sguardo, resistendo all'impulso di usare le cattive maniere. Se lo avessi afferrato dal collo, probabilmente non mi avrebbe detto più nulla. «Non tengo a nessuno, ma quell'anima mi appartiene».
«Ooh, Sebas-chan! La tua fredda compostezza è così eccitante!», gracchiò Grell, strusciando la schiena contro il mio braccio. Irritante. 
Undertaker nascondeva qualcosa. Il sospetto si era tramutato in certezza nel giro di mezz'ora a causa dei suoi modi criptici - più del solito - e delle sue risposte sfuggenti e vaghe. Era a conoscenza di informazioni che, per qualche ragione a me sconosciuta, non era disposto a darmi.
Poi, un campanellino d'allarme suonò nella mia testa. 
Qualcun altro avrebbe potuto desiderare l'anima del mio bocchan.
Non dissi nulla, speravo di sbagliarmi. Se il becchino fosse diventato un mio avversario, le cose si sarebbero complicate di parecchio.
«Quindi dove pensi che sia l'anima di Ciel Phantomhive?», domandai a bassa voce, senza perdere di vista neanche uno dei suoi movimenti.
Lui fece spallucce. «All'inferno?».
Scossi la testa. «La sua anima è intrappolata nel limbo, me lo ha detto Alaister. E tutti sanno che i demoni non mentono». Mi sembrava ridicolo impuntarmi in quel modo e confidargli tutte quelle informazioni, ma avevo bisogno di metterlo alle strette. «Ciel non è diventato un demone, è un incrocio tra le due specie. E Alaister è interessato a lui. Non permetterò a nessuno di sfiorare la sua anima neanche con un dito», sibilai, rendendo valida la minaccia anche per lo shinigami che mi era di fronte. 
L'atmosfera si era fatta pesante, più pesante di quanto non fosse mai stata in quel posto in cui di solito si compravano informazioni con le risate. 
Grell se ne accorse, e forse per la prima volta sentii che era leggermente a disagio.
Allora, pensai, il brutto presentimento non lo avevo avuto soltanto io. 
«Perché invece di marcare il territorio non cerchiamo una soluzione?», ridacchiò quindi il rosso, passandosi una mano sulla testa.
Undertaker scrollò le spalle. «Beh, è vero che non sono stato del tutto onesto, Sebastian..».
Mi voltai verso di lui, cercando un contatto visivo che non avrei trovato. «Allora parla».
Aprì e chiuse le mani per qualche minuto, immerso in qualche  genere di pensieri che forse non avrei neanche potuto comprendere. Poi, si decise a proferire parola. «Un limbo c'è».
Grell si alzò di scatto. «Allora perché ci hai preso in giro, poco fa?». Anche lui si sentiva offeso: appoggiò le mani sui fianchi, divaricando le gambe in una posa che voleva essere minacciosa. Forse, tra colleghi, le bugie non erano tollerate.
«Perché non è un luogo fisico in cui si può entrare. In pratica non esiste, in teoria sì. E' semplicemente un concetto, qualcosa di astratto di cui angeli, shinigami e qualche demone hanno sentito parlare. Nessuno ci è mai stato. E' un po' una pezza a colori messa per giustificare tutti i conti che non tornano nell'ufficio amministrativo della raccolta anime». Fece spallucce.
La nuova notizia mi lasciò perplesso. Mi massaggiai il mento, aggrottando le sopracciglia. «E allora come..».
«Non si può», m'interruppe il becchino. «Potrebbe essere come no, ma non potrai mai scoprirlo».
Serrai le nocche. E così, dopo tutti i miei sforzi, mi sarei lasciato sconfiggere in questo modo da una non-verità? Accidenti, no.
Guardai Grell, anche lui aveva assunto un'espressione corrucciata. Ero convinto che fosse solo preoccupato di non poter riscuotere la sua ricompensa. 
«Che facciamo adesso?».
Mi morsi l'interno della guancia. «Troveremo un altro modo».
Non avrei smesso di combattere fino a quando l'anima del bocchan non fosse tornata all'interno del suo corpo, era una promessa. 
Undertaker ruppe il silenzio con quel suo risolino, dondolandosi un po' avanti e dietro. «E se non ci fosse?».
La sua affermazione-domanda ebbe il potere di tenermi bloccato al mio posto. 
«Se non ci fosse un altro modo? Anzi, se non ci fosse nessun modo? Devi arrenderti, Sebastian. L'anima di Ciel Phantomhive è persa. Va' avanti, cibati di qualcun altro. Ora che lui pensa che il contratto sia rotto, sei libero come un uccellino. Perché tutto questo attaccamento ad una singola anima?».
Quella domanda mi era stata posta così tante volte che oramai ne avevo perso il conto. 
La risposta era ancora sconosciuta.
Chinai il capo. «Ciel non è un'anima come le altre».
Ed eccola riaffiorare, quella sensazione a cui in precedenza non avevo saputo dare un nome.
La mia umanità. Il mio attaccamento a quel moccioso era diventato la mia condanna.
«Andiamo, Grell. Qui abbiamo finito».
Ma nel momento in cui io mi accingevo ad aprire la porta, un basso mormorio mi fermò. «Però, Sebastian, in fondo hai ragione. C'è qualcun altro interessato all'anima del tuo prezioso conte».
Mi voltai di scatto, ma accadde tutto troppo velocemente perfino per me. La death scythe di Grell, ronzando rumorosa accanto al mio orecchio, aveva appena bloccato l'attacco di un'altra falce. 
Undertaker sorrise in modo malvagio, scoprendo gli occhi da shinigami. Le sue mani stringevano con forza il manico della falce che per poco non mi aveva traforato la gola. Digrignai i denti, facendo un salto indietro e affiancando Grell. «Fammi indovinare», gridai, minaccioso.
Ogni mio sospetto era stato giusto fin dall'inizio. Lo shinigami nemico si tolse il cappello, facendolo volare dall'altra parte della stanza. E, in una posizione che faceva presagire la sua voglia di sfidarmi, esclamò: «Io».




TO BE CONTINUED:

Mi scuso tantissimo per il ritardo nel postare il capitolo, ma sono stata impegnata nel creare il costume da cosplay di Sas'ke-kun (aww!) tutta la settimana. Perdono!
Comunque sia, finalmente sono riuscita a postare (e credo che, d'ora in poi, l'aggiornamento cadrà sempre di domenica).
Che ne dite del nuovo capitolo? Credo che i dubbi di chi era ancora diffidente su Sebastian siano stati smontati, no? ù_ù
E si scopre anche che Undertaker nasconde DAVVERO qualcosa.
Sì, è  un capitolo un po' filler, ma avevo bisogno di pucciosità. Spero che lo gradiate e lasciate qualche recensione *-*

Alla prossima!

P.S. io e la mia amica abbiamo aperto un gioco di ruolo su Black Butler, ma nel fantamondo italiano di facebook non ha molto successo, quindi siamo ancora solo io (Ciel) e lei (Grell). Se qualcuno volesse partecipare, ne saremmo felicissime *-* Vi lascio il link, nel caso.. u.u [
https://www.facebook.com/pages/Watashi-wa-akuma-de-shitsuji-desu-kara-Kuroshitsuji-GDR/110462668982238]

P.S. 2. Ho scritto la mia prima one-shot yaoi su Sebastian e Ciel. Non è un granché, ma sarei contenta se la leggeste *-* [http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1648145&i=1]


 
   
 
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