Capitolo Tre: Noah Puckerman.

Nemmeno quel giorno mi era andata poi tanto meglio, l'idea di sentire il mio probabile ragazzo sussurrare il nome di un'altra nel momento di intimità non era poi la cosa che più desideravo dalla mia vita. Dovevo ancora guardarmi attorno, prima o poi avrei trovato l'uomo giusto per me. Mossi lentamente la cannuccia, girandola nel bicchiere di limonata, mentre il mio sguardo vagava, fermandosi su ogni singola persona che si trovasse in quel bar. Nessuno era come doveva essere il mio ragazzo ideale. Finalmente i miei occhi si fermarono, trovando una figura abbastanza interessante. Mi dava le spalle, ma già dalla schiena poteva essere quello adatto a me. Spostai di poco la testa, facendo scivolare il mio sguardo su tutto il corpo del ragazzo, soprattutto quando lui si spostò e potei vederlo anche d'avanti. Diavolo, dei bicipiti del genere li avevo visti solo su di una persona. Ovvero... il mio sguardo si alzò e si posò sul volto di lui, il quale mi guardava e sogghignava soddisfatto. Uno sbuffo scappò dalle mie labbra. Noah Puckerman. Ecco chi era. Dovevo riconoscerlo già dal modo in cui muoveva il sedere quando camminava, quasi sculettava più di me. Non era poi così malvagia l'idea di un Noah al mio fianco, poteva essere interessante. In fondo mi ero divertita quella sera al ballo con lui. Chiusi gli occhi e portai la mano chiusa a pugno d'avanti alle labbra, preparandomi ad uno di quei flash improvvisi che decidevano le mie idee.

Seduti sul divano, uno al fianco dell'altro, con le braccia che si sfioravano ad ogni movimento. Un sospiro sfuggì dalle mie labbra, mentre una goccia di sudore scivolava dalla mia fronte. Un ringhio, questa volta dalle labbra di lui, mi fece deconcentrare. Un tonfo e una voce meccanica che diceva un brutto e irritante 'Game Over'. La mia testa andò indietro e uno sbuffo uscì dalle mie labbra, mentre il ragazzo rideva divertito.

Alzai lentamente un sopracciglio, poi scossi la testa e tornai a bere la mia limonata. No. Non era così male immaginare me e Noah che giocavamo alla playstation, ma avevo altri progetti per la mia vita.