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Autore: Nindia Cobs    04/03/2013    1 recensioni
Questa è una long che mi è venuta in mente leggendo Wings e Spells.
Sarebbe un fantasy e parla di fate.La coppia principale è la dott.
''Dawn, una fata del ghiaccio e quindi d'estate, va nel mondo degli umani per frequentare una nuova accademia. Arrivata incontra molti amici e anche parecchi nemici, tra cui Scott.Con la scusa di una ricerca sono costretti a stare insieme per un po'...A volte si metteranno nei guai, a volte no, ma alla fine succederà qualcosa di orribile e il rapporto tra di loro sarà messo a dura prova'' lo so non sembra intrigante la trama, ma se lo leggerete noterete molta creatività e scoprirete tante cose sulle fate, tipo il loro aspetto e molto altro.Buona lettura (?)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: A tutto reality - La vendetta dell'isola
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La prescelta.


Quando mi svegliai tutto mi sembrava offuscato, attorno a me vedevo solo buio, la notte incombeva violentemente su di me come un abissale incubo. Cosa volevano? Non mi ricordavo nulla, solo il volto di Scott mi ritornò in mente, la rabbia mi avvolse e mi feci prendere dall'ira, lui mi aveva ingannato! Ma la cosa che mi aveva fatto rimanere basita, non era il suo gesto che non avrebbe mai meritato il mio perdono, ma il fatto che mi ero fidata!
La mia ingenuità si era presa gioco di me e, adesso il coraggio che mi era rimasto si stava nascondendo nel buio. Quella fata mi aveva causato problemi fin dall'inizio, starmene alla larga era la cosa giusta da fare, non accettare bevande sconosciute! Non sapevo più a cosa credere, cosa ricordare, ma se ne fossi uscita viva da quella situazione, non avrei mai perdonato la mia stupidità.
Adesso l'unica cosa fa fare era rimediare, trovare un modo per scappare, usare la testa per ragionare, non per scagliare maledizioni su quello Scott! Io ero una persona pacifica, ma avevo bisogno di tempo per pensare.
Dawn pensa, pensa!, incoraggiai me stessa massaggiandomi le tempie.  Purtroppo avevo perso tutta la mia lucidità, la calma e anche la capacità di ragionare, di trovare una soluzione. Mi affidai al mio istinto.
-Aiuto! Aiuto! Qualcuno può sentirmi? Non c'è nessuno?-invocai aiuto tirando su le lacrime che mi rigavano le gote. Singhiozzare non sarebbe servito a nulla.
Mentre mi spremevo le meningi intravidi una figura nella penombra, infatti al lato di quella che poteva sembrare una cella c'era un passaggio di luce, i raggi solari (anche se flebilmente) filtravano attraverso una finestra, se fossi riuscita a passare attraverso essa...
Mi sentivo osservata, ma me ne fregai della mia paronia, non avevo nulla da perdere, se fossi stata scoperta che avrebbe potuto farmi? Ero già nelle loro mani, mi tenevano in gattabuia comunque e, se non mi avevano fatta fuori prima, mentre dormivo vulnerabile, significava qualcosa. Mi alzai in piedi, divincolai, di sicuro mi avevano drogato, vedevo tutto annebbiato nonostante l'oscurità e, qualcosa mi teneva legata: una catena rivestita da un bagliore violaceo mi fermava la caviglia.
Faceva male e, ogni volta che provavo a trasgredire, a opporre resistenza, a fare un passo in avanti, questa aumentava la stretta e mi faceva male. A denti stretti cercai di non lamentarmi, si trattava di sicuro di magia, della più crudele.
Non potevo arrendermi, feci un respiro profondo e cercai di nuovo di volare, di spiegare le ali, di raggiungere la finestra. Sentii delle risate simili a un ghigno, provenivano da vicino.
Scorsi una figura passarmi davanti, poi riuscii a identificare il volto: Scott.
-Che cosa vuoi da me?-gli ringhiai contro senza notare la mia aggressività.
Non sembrava per niente toccato delle mie parole, anzi, probabilmente era divertito e stava ridendo tra sé e sé. Lo fulminai con lo sguardo.
-Sono solo una pedina da gioco per te, vero? Tutti a inchinarci al ''grande Scott''... -lo presi in giro con disprezzo.-Ma questa è la vita reale, non un gioco, e adesso voglio sapere perché mi hai fatto questo, cosa centro io? Perché rinchiudermi come se fossi un pericolo per tutti?
Adesso eravamo io e lui, solo io e lui, soli nell'oscurità, e gli avrei chiesto spiegazioni su tutto, su quell'Alejandro, sul suo comportamento strano nei miei riguardi, sulla sua incredibile capacità di capirmi. Come mai quell'uomo sembrava sapere tutto di me?
Tentai di strapparmi dalla presa di quelle dannate catene.
-È inutile, sopra a quelle ci hanno cosparso un filtro di magia nera, chiunque potrebbe liberarsi da quelle catene, ma non tu.-sentenziò.
Io ero diversa dagli altri? Che cosa intendeva dire?
-Spiegati meglio.-lo incalzai socchiudendo gli occhi.
Sospirò esasperato. Se gli avessi strappato più informazioni possibili usufruendo della poca furbizia che avessi ereditato dai miei genitori... ma a chi volevo prendere in giro? Io non ingannavo le persone, non ero brava a giocare sporco, non avrei permesso a quel tipo di cambiare il mio modo di comportarmi!
-Qualunque fata potrebbe uscire fuori da quella cella e slegarsi da quelle catene, tu ti trovi in luogo molto speciale, adatto alle fate ''speciali'' come te, non è una cella, non ha sbarre, adesso ti trovi in una barriera.-sbottò in linguaggio criptico. Cosa intendeva per ''fate speciali''? Io ero come tutti gli altri.-Protegge noi da te, ma non tiene al sicuro te. Tu puoi entrarci e non puoi uscirci, io invece ho il libero arbitrio: ho la possibilità di penetrare attraverso quella barriera e lasciare quella prigionia.
Tu stai mentendo, non è vero, non è come dici tu, io sono una fata come gli altri, pensai, ma se ha detto ''alle fate speciali come te'', allora ce ne sono altre come la sottoscritta?
Possibile che lui sapeva cos'ero e io no? Come uno sconosciuto poteva conoscermi più di me stessa? Non mi fidavo più di lui, ne aveva approfittato, ma non ci sarei caduta di nuovo, non avrei più creduto alle sue parole. Era solo un bugiardo.
-Cosa mi rende tanto speciale?-domandai.-Tu sei come me, vero? Io sento che qualcosa ci accomuna, ma non so cosa.
Lui s'irrigidì e abbassò lo sguardo, poi scosse la testa come per negare tutto. Come dovevo decifrare il suo comportamento?
-Tu sei speciale, questo deve bastarti. Non te ne sei mai accorta, eh? Non hai proprio intuito.-brontolò ignorando la mia domanda.-Un giorno capirai, ti ho portato qui perché devo farti incontrare una persona e, di sicuro ci attaccheresti se ti liberassimo, lo so bene, quindi non prometterci niente, anche se non menti è meglio non rischiare. Non avresti mai accettato, per questo ho dovuto importelo, è importante.
Chi dovevo incontrare? Non ne avevo ma minima idea, ma aveva ragione Scott: ormai mi trovavo nelle sue mani, potevo anche sbraitare e lamentarmi fino a rimanere priva di forze, ma non avrebbe cambiato nulla, non potevo opporre resistenza, ma solo sperare che quell'incubo finisse presto e che mi portassero a casa.
-Va bene, se questa persona vuole incontrarmi... può farlo.-acconsentii io senza voglia.-Ma che faccia presto, queste catene sono insopportabili, ogni secondo che passa mi ritrovo sempre più stanca, mi privano di energia.
Lamentarmi non serviva, ma era solo per rafforzare la rabbia e il fastidio che provavo in quel momento. Essere rinchiusi, senza sapere che fine farai, né perché ti trovi in quel luogo, non è piacevole, non è davvero una bella sensazione! Non l'avrei augurata nemmeno al mio peggior nemico che, per sfortuna, avevo davanti.
-Certo, vieni, adesso puoi venire, dopo incontrerai anche Chiara.-disse riferendosi a qualcuno che seguì i suoi ordini. Udii un fruscio di vesti. Scott poi rivolse il suo sguardo di nuovo su di me, ghignò.-In realtà se tieni troppo quella catene rischi di morire...
Deglutii trattenendo il respiro. Il mio cuore cominciò a battere velocemente. lo fulminai con lo sguardo, prima o poi avrei avuto la mia rivincita.
-Ma dove mi trovo?-chiesi a me stessa disperandomi.
-All'inferno.-ghignò una voce femminile. Heather.

   
 
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