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Autore: Fog_    04/03/2013    3 recensioni
Seth è una angelo custode, ma odia fare il "baby sitter agli umani".
Bliss è la sua protetta, ma preferirebbe spararsi piuttosto che avere quel ragazzo intorno.
Ma una delle cose che entrambi dovrebbero imparare è che niente è come sembra.
Perchè Seth in realtà non è l'angelo spavaldo che finge di essere, no. Lui convive ogni giorno con la convinzione di aver ucciso l'unica persona a cui voleva bene; lui a Bliss ci tiene davvero; lui vorrebbe solo essere salvato.
Perchè Bliss in realtà è più forte di quello che sembra, eppure ha ancora della debolezze che non riesce a combattere e Seth è una di queste. Lei non è solo l'anoressica a cui è scomparso il fratello, no, lei è la miccia per far esplodere una guerra che si teme da troppo tempo.
Cosa faresti se il mondo che hai sempre creduto reale ti voltasse le spalle? Cosa saresti disposto a sacrificare per salvare la persona che ami? Cosa sceglieresti tra angeli e demoni, tra bene e male?
Seth avrebbe risposto il male.
Bliss il bene.
Ma le cose possono sempre cambiare.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7
Vampiri pt.1

BLISS
 

Quando avevo immaginato il mio pomeriggio, quella mattina, mi ero subito vista gettata sul divano a poltrire comodamente tutto il pomeriggio, lontana dal cibo, dal vomito e da qualsiasi altra cosa avesse potuto turbarmi. Io e il mio oziare. Naturalmente i miei piani erano andati in frantumi quando quell’amore di Seth si era fatto venire una passione per il giardinaggio, ma da lì a finire sbattuta nella sua macchina, legata al sedile come una neonata,  ce ne voleva. Era troppo anche per lui.
«Sei nella mia macchina per la seconda volta in un giorno, piccola Bliss. Dovrei considerarlo un onore?» domandò il pessimo guidatore con il suo rivoltante tono sarcastico e un ghigno dipinto sul viso. Dieci minuti, eravamo lì da dieci minuti e non aveva fatto altro che punzecchiarmi mentre vecchie canzoni si succedevano placide alla radio e la città ci scorreva accanto. Sembrava che stessimo uscendo da Brighton, ma non avrei saputo dire con precisione dove ci trovavamo.
«Ti prego, per una convivenza civile in questo abitacolo, smettila almeno di chiamarmi “piccola Bliss”.» gli dissi tirando un enorme sospiro. Poggiai la testa sul sedile e chiusi gli occhi, fingendo di non notare l’ennesima sterzata della vettura. Certo, il vomito era finito, ormai non avevo più niente nello stomaco, ma se avesse continuato a guidare in quel modo giurai a me stessa che gli avrei rigurgitato addosso quando mi sarebbe tornato. E con quell’andatura non ci avrebbe messo tanto. «che poi, “piccola”, perchè tu quanti anni?»
«Diciassette, tu?» distolse lo sguardo dalla strada e si girò regalandomi un’altra espressione dalla sua gamma personale. Quella doveva essere la divertita/barra/ah-ah-ti-ho-fregata.
Espressività dieci, simpatia zero.
«Sedici tra un mese» un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra e mi fece venire voglia di aver mentito, perché in quel modo praticamente gli avevo dato carta bianca per aggiungere “piccola” al mio nome. Mi ero messa nel sacco da sola.
«Ma se hai solo diciassette anni, perché guidi una macchina? Non potresti avere la patente»
Nuova mia domanda, nuova sua espressione divertita. Mi chiesi se se le provava allo specchio tutte quelle facce o gli uscivano naturali.
«Ci sono tante altre cose che devi imparare su di me, piccola Bliss»
«Oddio, imparare? Perché? Passeremo altro tempo insieme?»
E per la prima volta da quando lo conoscevo, almeno per qualche secondo, riuscii a zittire Seth Porter. Non controbatté, semplicemente scoppiò a ridere trascinando anche me con lui, perché dovevo ammettere che quando rideva diventava almeno sopportabile. Mi piaceva il modo in cui le sue labbra si distendevano, non era né strafottente né sul punto di dire una delle sue battute da far saltare i nervi. Sembrava solo un bel ragazzo spensierato, e se fosse stato così tutto il tempo magari mi sarebbe anche piaciuto. Ma, ehi, parlavamo sempre di Seth, e dopo quel breve momento di pausa tornò ad essere l’essere misterioso dagli occhi color ghiaccio che era sempre.
C’era qualcosa, in lui, che sembrava dannatamente fuori posto. Come se stesse bluffando tutti. Come se ci stesse nascondendo qualcosa proprio sotto il naso, eppure nessuno sembrava in grado di scovarlo.
Era strano.
Ogni parte del suo corpo, ogni suo modo di fare, suggeriva pericolo.
Eppure non mi ero mai sentita al sicuro come quando c’era lui nei paraggi e questo mi dava fastidio.
Ma, più di tutto, mi dava fastidio il fatto che  non mi riuscissi a spiegare come mai uno sconosciuto potesse avere quell’effetto su di me.
Odiavo non avere risposte e c’era già una grande incognita nella mia vita con cui dovevo fare i conti tutti  giorni, non avevo bisogno che il grande, possente e oscuro Seth si aggiungesse ai miei problemi.
«La smetti di fissarmi? Mi distrai» la voce di Seth mi fece rendere conto che erano cinque minuti buoni che stavo lì a guardarlo imbambolata, tutta persa nei miei pensieri, e per nascondere il fatto che mi avesse fatto arrossire tornai a mettere il broncio fissando la strada oltre il parabrezza. Lui ridacchiò.
«Sono i tuoi occhi. Te l’ho detto, mi mettono in soggezione. Sono troppo…grigi.» improvvisai sbottando scontrosa. «Ti regalerò un paio di occhiali da sole»
«e tu sei troppo magra, ma non te lo faccio notare ogni minuto»
Probabilmente non l’aveva detto con cattiveria, anzi, sicuramente non aveva neanche immaginato cosa ci fosse dietro quell'affermazione, ma qualcosa mi si mosse dentro facendomi chiudere ancora di più. Lui non sapeva. Avevo fatto delle scelte sbagliate in passato e me ne ero pentita, però avevo cercato di rimediare per quanto possibile. Non era colpa mia se un giorno alla settimana lo passavo digiunando o che il mio corpo si fosse abituato a non mangiare determinate cose. Non potevo farci niente.
Non si usciva facilmente dai disturbi alimentari.
Una pioggerellina fastidiosa cominciò a battere contro i vetri dell’automobile, così ne approfittai per perdermi nel rumore che produceva, una delle poche cose che riuscivano sempre a rilassarmi. Appoggiai la testa al finestrino, chiusi gli occhi e semplicemente svuotai la mente facendo finta che Seth non fosse lì accanto. Mi sentivo stanca anche se a lui non volevo darlo a vedere e l’unica cosa che desideravo era sbrigare il più in fretta possibile il servizio che doveva fare e tornare a casa a dormire. Non volevo neanche passare da Allyson, non avevo le forze per affrontarla.
«non volevo offenderti» disse Seth dopo qualche minuto di silenzio. Sentii il suo sguardo su di me e rabbrividii, ma mi girai solo dopo che mi accorsi che non sembrava intenzionato a distoglierlo. Considerando che stava guidando e che la nostra vita era nelle sue mani, non era una bella idea.
E poi rimasi colpita.
Mi persi nel suo ghiaccio e lo trovai libero dalle solite barriere, sembrava quasi… dispiaciuto? Pentito?
Seth provava sentimenti del genere?
«è ok» balbettai leggermente spiazzata, cercando di tornare nella mia bolla nonostante cominciassi a sentirmi a disagio. Lo preferivo nella versione sarcastica piuttosto che in quella così vera da far venire la pelle d’oca.
Passarono altri dieci minuti in cui ci crogiolammo nel gelo che si era creato, rinchiusi nei nostri mondi, con la radio che ancora andava e la pioggia che continuava a cadere. Non parlavamo, non ci guardavamo, e quando finalmente sembrò rallentare la sua corsa pazza ringraziai il cielo che fosse finita.
Seth accostò davanti ad un vicolo come tanti altri che avevamo superato. Non avevo idea di dove fossimo, non era abbastanza per uscire da Brighton, ma troppo per considerarci in piena città. Le strade erano lunghe e desolate, piene di palazzi dai mattoni rossi, portoni abbattuti  e insegne spente. Pregai che non fosse lì che doveva svolgere la sua “commissione”, ma questa volta non fui esaudita.
Seth spense la macchina.
«Ascoltami piccola Bliss, questo non è un bel posto quindi ora io esco e tu ti chiudi qui» cominciò a spiegare, facendomi venire un buco allo stomaco. Aprii la bocca per protestare, ma lui mi precedette tappandomela con la mano. Si fece più vicino, fissando i miei occhi nei suoi. Non scherzava. «tu non ti muovi di qui, neanche un passo, non ti avvicinare proprio alla portiera. Io cercherò di fare in fretta, ma se non torno entro mezzora mettiti al posto del guidatore e scappa, io me la caverò. Fa niente che non hai la patente. Non.venirmi. a.cercare.per.nessun.motivo»
Non avrei voluto farmi prendere dal panico, non ero il tipo, eppure la situazione cominciava ad agitarmi. In cosa ero andata a cacciarmi?
Qualcosa, nel modo in cui mi guardava, mi suggerì di ascoltarlo almeno per quella volta.
Seth tolse la mano per due secondi per poi riavvicinarla al mio viso, sta volta per coprire gli occhi.
Quando lo sentii avvicinarsi pensai oddio, adesso mi bacia e il mio stomaco cominciò a torcersi. Percepivo il suo profumo tanto forte da stordirmi, quel buonissimo profumo, mentre il suo respiro era sul mio viso e il suo corpo allungato verso di me. Avrei voluto muovermi, ma ero come immobilizzata.
Il cuore mi stava uscendo dal petto.
Oddio. Seth. Odio. Allyson. Profumo. Respiro. Oddio.
Nell’abitacolo si diffuse il rumore di qualcosa che si apriva, come uno sportellino. Il braccio di Seth sfiorò il mio e i suoi muscoli presero a guizzarmi accanto. Oggetti cozzavano tra di loro. Stava cercando qualcosa.
Nel contenitore davanti al sedile del passeggero.
Quando lo richiuse finalmente tirai un sospiro, consapevole di essermi solo fatta prendere dall’immaginazione, che Seth non aveva intenzione di baciarmi e mai l’avrebbe avuta, che si sarebbe subito allontanato perché aveva finito di fare ciò che doveva.
Però il suo profumo era ancora lì.
E sicuramente continuava a guardarmi, perché avevo la pelle d’oca.
«Non eccitarti troppo, piccola Bliss»
Sentii il fruscio della sua maglietta, sussurrò quelle parole con le labbra che sfioravano il mio orecchio, e l’attimo fu già fuori dalla macchina, sotto la pioggia, lasciando me lì seduta, interdetta, con il cuore che pulsava nelle orecchie e il cervello che lo malediceva. Io che mi maledicevo.
Rimasi a fissare le sue spalle possenti, i jeans che gli scivolavano morbidi sulle gambe e i capelli scuri scompigliati che si confondevano del buio di quel vicolo.
Prima di scomparire completamente, però, lo vidi sistemare qualcosa tra i jeans e la maglietta.
Doveva essere ciò che aveva preso dallo scompartimento.
Guardai meglio e mi spaventai ancora di più.
Capii perchè mi aveva coperto gli occhi.
Perché potevo giurare di aver visto un paletto di legno tra le sue mani.
E non era possibile anzi, non era normale.
Allora o io avevo le allucinazioni o Seth aveva letto troppi Twilight.
Cercai di calmarmi, nascondendo il viso tra le mani fredde e cambiando stazione alla radio. Presi un respiro profondo.
Cominciai a contare i secondi, i minuti, sperando che quella mezzora passasse in fretta.
Seth aveva lasciato le chiavi nel cruscotto, me ne sarei potuta andare quando volevo, anche se non sapevo guidare, anche se in fondo avevo anche paura per lui. La cosa migliore sarebbe stata vederlo riemergere da quel buio.
Cercai di concentrarmi sulle canzoni che mandavano per tenermi impegnata, perché la verità era che non mi sentivo affatto tranquilla e stava tornando l’adrenalina di quella mattina.
Adrenalina mista a paura, paura per tutto.
Un quarto d’ora dopo una scorsi una figura tra le gocce di pioggia che oscuravano la visuale del parabrezza. Seth pregai silenziosamente, ma in fondo sapevo che non era lui.
Lo sapevo e basta, come anche mi sentivo minacciata da quella persona.
Una sensazione.
Istinto di sopravvivenza.
Era un uomo, sicuramente, forse un ragazzo data la sua statura minuta.
Avanzava a passo sicuro senza curarsi della pioggia, puntando la macchina.
Con i nervi saldi e il cuore in gola mi dissi che farmi trovare lì dentro non sarebbe stata una buona idea, ma uscirne sarebbe stato anche peggio.
In realtà quel tipo poteva anche essere un passante qualsiasi, però era meglio pevenire che curare, così decidi di nascondermi.
Avevo intenzione di infilarmi tra il sedile e il cruscotto, ma prima avevo bisogno di qualcosa con cui coprirmi e una giacca di pelle di Seth trovata dietro mi sembrò perfetta, così semplicemente scivolai là sotto e utilizzai il giubbotto come copertura per lo spazio sopra la mia testa. Lì era tutto buio e intriso dell’odore di Seth.
Non c’era nessun rumore a parte quello della pioggia, di passi troppo vicini e… merda.
Avevo lasciato la radio accesa.

   
 
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