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Autore: gwenny_gui    04/03/2013    2 recensioni
Ho deciso d'incimentarmi in una storia che va oltre i soliti binari. Due personaggi, due caratteri in contrasto tra loro. Pertanto s'incontreranno, s'ignoreranno, ma sfortuna volle (o fortuna) un incontro un po' troppo "ravvicinato" e pericoloso tra i due. Lei, una ragazza con problemi di personalità multipla e suscettibile alla parola "amore". Lui, un ragazzo a cui non importa essere giudicato o, per farla più semplice, a cui non importa la gente.
Dal capitolo uno : " Lo guardai dall’alto in basso e, notando forse il mio sguardo, si girò verso di me. Il sorriso ironico sparì in un batter d’occhio dalle sue labbra eleganti non appena i nostri sguardi s’incontrarono. Si staccò di colpo dal muro ignorandomi senza troppi convenevoli e dirigendosi poi verso l’uscita di sicurezza. Il senso opposto da dove ero diretta io. Lo seguì con lo sguardo finché sparì completamente dalla mia vista, per poi dirigermi lentamente verso l’uscita principale. Strano a dirsi, ma avevo quasi dimenticato Adam che, in quel momento, era intento a studiare attentamente le due scie estreme, segnate da due persone decisamente incompatibili.".
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo Due : Secondo Inganno





Il giorno dopo mi svegliai stranamente indolenzita. Come se durante la notte mi fossi ritrovata a dover affrontare un John Cena incazzato a bestia con solo l'intento di spezzarmi osso per osso. Mi alzai dunque cautamente dal letto portando una mano all'altezza del collo con lo scopo di concedermi un piccolo massaggio provvisorio. Mi maledii di averlo fatto. Una piccola scossa mi tese tutti i muscoli prevertebrali, facendomi mugugnare dal dolore. Maledetta boxe.
Oh oh, sorpresi forse ? Una giovane donzella come me, dalla pelle diafana e dagli occhi da cerbiatta che prende a pugni un colosso di due metri di stazza ? Non male. Non era di certo uno sport sexy per le ragazze, ma mi era sempre piaciuto. Tranne per un piccolo inconveniente... odiavo i tornei. Ed è per questo che non li facevo nemmeno se mi supplicavano. Ero abbastanza brava me lo dovevo concedere, ma il fatto di dover sfidare qualcuno con lo scopo di vincere mi metteva ansia. Eh già ero piuttosto una tipa che si stressava per un nonnulla. Ma che posso dire, mi piaceva rendermi la vita semplice. Non avevo quell'animo combattivo che si vede generalmente in tv. Per me non esistevano i colpi di fortuna. Ti creavi da solo le tue occasioni a detta mia. E con questi pensieri apparentemente monotoni, mi diressi a grandi falcate verso il bagno. Lo trovai stranamente impregnato di un fetore che conoscevo fin troppo bene. Più che altro che sentivo a ormai ogni dopo festa. Vomito. Feci una smorfia chiudendo di scatto la porta. In quel piano c'eravamo solo io e il mio fratellino piccolo di 15 anni. Il che mi portava a pensare che l'artefice di quel trambusto in bagno fosse proprio lui. Socchiusi leggermente gli occhi facendo mente locale. Ieri se i calcoli tornavano era lunedì. Dunque il mio caro fratellino si era schifosamente ubriacato in un semplice giorno della settimana ? Non andava per niente bene. Questa storia andava avanti da fin troppo tempo.
<< Matthew ! >> richiamai la sua attenzione bussando energicamente alla sua porta. Sentii solo un grugnito e uno spostamento di lenzuola. Poi il silenzio più totale. Immaginai che si fosse semplicemente rigirato nel suo letto e la cosa mi fece non poco imbestialire, ma non lo dai a vedere. Strinsi gli occhi prendendo un respiro profondo, pronta a buttare giù la porta se fosse servito a farlo alzare.
<< Matt non farmi incazzare e apri questa porta. >> frase che detta urlando non sarebbe servita un granché, ma solo ad alimentare il suo divertimento. Ma, essendo sua sorella e la sua unica confidente in quella casa, sapevo come prendere mio fratello. Con lui non servivano urla, ma semplicemente un'intonazione apparentemente tranquilla. Cosa che mia madre non volle mai capire. Sentii, come da copione, la porta aprirsi di un poco. Bingo.
<< Cosa vuoi ? >> chiese flebilmente evitando chiaramente il mio sguardo. Incrociai le braccia al petto notando solo allora che ero senza reggiseno e con solo con una canotta a coprirmi. Ma non me ne importò più di tanto. Io e mio fratello non eravamo i tipi che si vergognavano davanti a un po' di tette o con dei boxer attillati.
<< Che hai fatto ieri sera ? >> andai dritta al dunque, senza mai cambiare d'intonazione.
<< Nulla... >>
<< Non prendere per il culo tua sorella. >> sorrisi affabile appoggiandomi allo stipite della porta.
<< Senti... non è la prima volta che mi ubriaco e lo sai.>> cercò di chiudere il discorso con quella frase, cosa che di certo non mi zittì.
<< Certo che lo so. Ma se inizi ad ubriacarti ogni giorno, lo dovrò dire a mamma e papà. Non ti voglio avere sulla coscienza quando cadrai in coma etilico. >> non ero menefreghista come davo a vedere. Anzi ero seriamente preoccupata per mio fratello, anche se cercavo di nasconderlo con delle frasi che suonavano alquanto ironiche e fredde.
<< Tranquilla non bevo abbastanza da avere un overdose. >> mi guardò tra l'indignato e l'incredulo.
<< Ma bevi abbastanza da vomitare ogni santo giorno. >> gli feci presente.
<< Senti non t'impicciare più del dovuto sorella. >> Ops. Ora era lui ad impossessarsi della mia famosa espressione “fredda e menefreghista”.
<< Ti ho avvertito. >> Lo guardai dall'alto in basso << Se ti becco un'altra volta che vomiti o se sento il giorno dopo l'odore di quella robaccia, finirai nei guai. Guai seri.>> marcai le ultime due parole cercando di trasmettergli la mia minaccia il più possibile, per poi in seguito dirigermi nuovamente verso il bagno. Aprii con uno scatto la finestra per aerare la stanza che odorava chiaramente di acido. Che incosciente. E anche poco furbo a quanto vedevo. Di certo se lasciava la finestra aperta per tutta la notte, l'odore se ne sarebbe andato. Ma era a mio favore la sua disattenzione.
Era infatti da qualche settimana che mio fratello tornava tardi la sera sempre ubriaco – a insaputa dei miei genitori ovviamente. Non sapevo in che locale si recava, ma di certo mi pareva un po' strano che lasciassero ad un ragazzo di 15 anni bere così tanto. Incoscienti anche loro. O forse si era imbattuto in un gruppo di ragazzi poco raccomandabili. Chissà. L'adolescenza dopotutto rendeva i ragazzini un po' troppo ribelli, ma a detta mia anche ingenui. Sospirai stancamente guardando l'ora sul mio cellulare. 7.35 am. Merda ero di nuovo in ritardo ! Mi catapultai nel water con l'intento di fare i miei bisogni naturali per poi dirigermi velocemente verso il boxe. In tutta la mia intera vita, non mi ricordai mai di aver fatto una doccia più veloce di quella. Esattamente 5 minuti e 36 secondi. Un record da segnare nella mia bacheca personale apposta nella mia camera. Si avevo una bacheca e allora ?
Senza avere il tempo di asciugarmi i capelli, mi diressi a grandi falcate verso la mia stanza. Aprii l'armadio con un gesto secco guardando il contenuto svogliatamente. Come al solito. I miei vestiti erano semplicemente un ammasso di tessuto appallottolato e buttato al fondo. Presi il primo jeans a sigaretta che mi capitò a tiro – nero – e un semplice maglioncino rosso con lo scollo a V. Come scarpe optai per dei semplici mocassini neri ignorando la gomma da masticare attaccate sotto la suola della sinistra. Mi ero dimenticata di scrostarla, ma ormai non avevo più tempo. Camminai spedita verso la mia borsa a tracolla sopra la scrivania, reprimendo il nervoso a ogni passo sinistro che s'incollava per terra e si staccava a fatica. Sbuffai sommessamente non appena scesi le scale. Trovai mia madre – come ogni mattina dopotutto – intenta a preparare la colazione con un sorriso sulle labbra. Beata lei e la sua spensieratezza.
<< Mamma sono in ritardo dunque niente colazione ! >> Urlai velocemente sfrecciando accanto a lei e lasciandole un lieve bacio sulla guancia.
<< Ma Gwenny ! >> Si lamentò facendo sparire il suo sorriso << Oggi avevo preparato le frittelle ai mirtilli appositamente per te ! >> continuò senza cambiare il suo tono deluso, ma era troppo tardi. Ero già fuori che correvo e salutavo a malapena i miei vicini. “È buona educazione salutare il prossimo, anche se si tratta di uno sconosciuto”, già i miei genitori non erano i tipi che si diffidavano dagli sconosciuti. Anzi, al contrario. Ti spronavano a parlare e a fare conoscenza con il primo che ti capitava a tiro. Ingenui direi. Lanciai un'occhiata al mio orologio da polso constatando che mi mancavano esattamente 8 minuti prima dell'inizio delle lezioni. Imprecai fregandomene degli sguardi scioccati dei passanti. Corsi a perdifiato verso la stazione dell'autobus. Maledizione a me che non avevo ancora preso la patente. Già strano a dirsi, 17 anni e sono ancora qua a prendere l'autobus. Non è questione di problemi finanziari o roba simile. Direi piuttosto che la mia paura di fallire mi sbarrava ogni porta davanti. Paura di non farcela, paura del verdetto finale. Paura di confrontarmi con gli sguardi delusi dei miei genitori e quelli beffardi dei miei amici. Quindi tanto vale non passare l'esame giusto ? Scossi leggermente la testa continuando a picchiettare sulla mia borsa. Dove diamine era finito l'autobus ?! Strinsi gli occhi immaginandomi già la strillata della professoressa di francese,
Madame Moreau. Eh già mi odiava. Ma non per il fatto che non fossi brava nella sua materia, anzi. Lo ero fin troppo. Ed era proprio per questo che mi odiava. A volte la ridicolizzavo davanti ai suoi alunni quando cercava di interrogarmi sperando di cogliermi impreparata. Peccato che mia madre era metà francese ed ero cresciuta letteralmente tra le braccia di nonna Eméline. Punto a mio favore che a quanto pare non volle mai capire. Si ostinava sempre a riprendermi e ad interrogarmi ad ogni fine lezione. Lanciai nuovamente uno sguardo fugace all'ora. Tre minuti …
Mi toccava aspettare l'autobus delle 8 in punto dato che quello delle meno un quarto era già andato. Mi maledii per essere rimasta a chiacchierare
amabilmente con mio fratello. Cogliona patentata.
Ed eccolo che arrivava con lentezza disarmante. La mia faccia in quel momento traspariva tutto l'odio e la voglia omicida accumulato in tutta una vita. Mi sorpassò senza degnarmi di alcuna attenzione e per un attimo mi sentii il sangue gelarmi nelle vene. Fortunatamente si era solo fermato ad alcuni passi da me e, sbuffando senza alcun ritegno, mi diressi verso la sua direzione.

 *

Appena imboccai l'entrata della scuola, mi misi a correre come una forsennata nei corridoi sentendo a malapena alcuni rimproveri dei bidelli o professori che siano. Sfortunatamente non vidi una porta che si apriva proprio di fianco a me, finché il dolore del ginocchio che si scontrava contro lo spigolo di essa mi fece bloccare dalla mia corsa a perdifiato. Mugolai dal dolore trattenendo a stento le lacrime provocate dal dolore lancinante. Guardai con astio la ragazza che aprì la porta e borbottai cose incomprensibili che mi risuonarono come “Cazzo ma ti guardi davanti scellerata ?! Mi hai sfracassato il ginocchio stronza !” detto con un filo di voce prossimo al pianto. Lo sguardo della ragazza era un mix tra lo scioccato e il disgustato. Cazzo si disgustava a fare ?!

Zoppicando ritornai verso la mia strada cercando di cancellare quelle poche lacrime di dolore. Menomale che mi ero messa solo un po' di ombretto e mascara waterproof.
Finalmente arrivai alla mia classe e con tutta la
delicatezza che mi contraddistingueva, bussai ripetutamente, fottendomi dello sguardo stralunato di un bidello.
<<
Avancer ! >> imprecai sentendo la voce stridula e infastidita di Madame Moreau. Aprii con un colpo secco la porta, entrando a testa alta e ignorando il dolore al ginocchio. Beh non proprio ignorando, dato che il secondo banco della prima fila era più sporgente rispetto agli altri e, data la mia stupida disattenzione, mi ci scontrai proprio con quel ginocchio. Sentii dei piccoli brividi passarmi su per la schiena e un suono gutturale nascermi senza preavviso dalla mia gola. La cosa lasciò interdetta la professoressa, mentre dalla classe s'innalzarono delle piccole risate.
<< Non solo vieni in ritardo, ma osi anche disturbare la
mia classe. >> Il modo con cui pronunciò “mia” mi fece intendere che secondo il suo parere io non ne facevo parte.
<< Beh se
venisse in ritardo, per noi non ci sarebbero problemi.>> esclamò un ragazzo in fondo alla classe, suscitando l'ilarità dell'intera classe per il suo commento a doppio senso.
<< Di certo a te piacerebbe. >> feci maliziosa accennando un sorriso. Cercai d'ignorare il suo segno con la mano a forma di cornetta e il suo “Chiamami” labiale.
<< Ora basta ! >> iniziò a battere entrambe le mani sulla cattedra << Gwendolyn a posto e non osare proferire parola da qui fino alla fine della lezione ! >> mi guardò irata e minacciosa, ma la cosa non mi scalfì più di tanto. Ormai ci ero dentro, tanto vale farla arrabbiare ancora di più. Già provavo un certo piacere a farla infuriare.
<< Avec plaisir Madame Moreau. >> mormorai al vento con un inchino e facendo ammutolire la classe, come sempre d'altronde. Già, modestamente parlando, la mia pronuncia era sempre impeccabile e la cosa faceva imbestialire non poco la professoressa. Mi diressi verso il mio banco vicino alla finestra, cercando di reprimere una smorfia di dolore. Sicuramente mi sarebbe uscito un livido abbastanza appariscente. Mi sedetti con un tonfo e ignorai la vocia gracchiante della professoressa per tutta l'ora.
A dire il vero una cosa mi portò a lasciar perdere il mio momento di “relax interiore”. Uno sguardo... Girai la testa di lato sentendomi osservata e incontrai – me lo immaginavo nel profondo – gli occhi vigili e attenti di Julian. Stranamente quella volta mi sentii in soggezione davanti il suo sguardo. Forse perchè – contrariamente alle altre volte – non evitò il mio sguardo. Anzi era lì, immobile sulla mia figura e la cosa mi fece abbassare gli occhi all'istante. Respirai profondamente, rendendomi conto dell'assurdità della situazione. Un ragazzo totalmente sconosciuto a me era intento a guardami, anzi no direi piuttosto fissarmi insistente. E io ? Sfuggo al suo sguardo ed abbasso gli occhi... mi sentii quasi nuda lì per lì, sotto i suoi occhi neri come la pece. Poi quella sensazione sparì. Mi sentii più leggera e la prima cosa che feci, fu girarmi verso la sua direzione. Lo trovai intento a guardare con fare annoiato la professoressa. Mi rilassai all'istante sulla sedia, lasciando che un sospiro di sollievo mi sfuggisse dalle labbra. Non mi piaceva il suo sguardo... era fin troppo
attento.

 *

Era finalmente arrivata l’ora di pranzo. L’intervallo agognato da ogni anima che si poteva definire studente della North Carolina High School. Di norma ero sempre affamata, ma stranamente quel giorno mi era passato l’appetito durante l’ora di biologia. Forse perchè vivisezionare un pesce che odorava di marcio non era cosa da tutti i giorni. O forse semplicemente perchè ripensavo ancora allo sguardo profondo e scrutatore di Julian. Chissà a cosa pensava in quel momento ...
<< Gwenny ! >> sentii chiaramente l'urlo spezzato dall'affanno della mia migliore amica. Mi girai lentamente trovandola che correva a perdifiato verso la mia figura. Aveva una faccia sconvolta, ma con un sorriso fin troppo abbagliante per i miei gusti. Strano a dirsi, sembrava persino un paradosso ai miei occhi.
<< Perchè sorridi ? >> tralasciai il fatto che avesse una faccia stravolta, pensando che probabilmente era a causa della corsa esagerata. Era un tantino esuberante come ragazza.
<< Oh mio dio, oh mio dio, oh mio dio ! >> esclamò cercando di riprendere fiato. Aveva gli occhi ludici dalla felicità e qualcos'altro che non seppi identificarlo. Un sentimento che probabilmente non avevo mai provato. << Mi ha tenuta per la vita ! >> sentenziò iniziando ad andare in iperventilazione. La cosa mi fece innervosire.
<< Ti vuoi calmare ? >> repressi il fastidio guardandola con un sopracciglio inarcato << Chi ti ha preso per la vita ? >> Domandai cercando di essere il più paziente possibile.
<< Julian … >> sospirò sognante guardando oltre la mia spalla. Mi girai dove era diretto il suo sguardo, ma non trovai Death Angel. Ah. Stava semplicemente sognando ad occhi aperti. Cercai di trattenere la compassione nel mio sguardo. Fantasticare su un individuo del genere. Roba da matti.
<< Cioè non proprio mi ha presa per i fianchi perchè mi desiderava o roba simile >> tornò con i piedi per terra fortunatamente tornando a guardarmi << Stavo uscendo dai bagni femminili quando mi scontrai con qualcuno … cioè lo trovai ad una spanna dal mio viso... e le sue mani che mi reggevano … >> vidi chiaramente un brivido animarle il corpo e un rossore impossessarsi delle sue gote. Sospirai scuotendo la testa davanti a tanta innocenza e tanto infondato “amore”.
<< Melanie, guardiamoci chiaro … >> iniziai prendendole il mento con due dita per avere tutta la sua attenzione << Tu non ti sei innamorata di uno sconosciuto, hai capito ? >> continuai mettendo tutta la mia buona volontà nella mia frase. Suvvia ! Innamorarsi di un perfetto sconosciuto era una tra le boiate più assurde che avessi mai sentito ! Colpo di fulmine ? Di certo ti uccideva, ma non metaforicamente parlando.
<< Gwenny … >> mi accarezzò una guancia stavolta lei ad avere uno sguardo traboccante di compassione << Tu non ti sei mai innamorata... non puoi capirlo. >>
Mi sentii stranamente ferita dalle sue parole. Sapevo che non erano dette con cattiveria, ma mi ferirono lo stesso perchè aveva dannatamente ragione. Mi sentii quasi diversa... Mi scostai da lei quasi scottata guardandola indifferente.
<< Sono troppo giovane per innamorarmi e di certo tutte le persone che ho avuto modo di conoscere, non meritano nemmeno un briciolo del mio “amore”. >> mimai delle virgolette con le dita non appena pronunciai l'ultima parola. Amore... grandissima baggianata.





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Spazio autore :

Ok ... mi dispiace infinitamente per questo ritardo madornale >.< ma ho avuto non pochi impegni :/ scusate scusate scusate scusaaate ! 
Giuro che inizio oggi il terzo capitolo ! e.e 
Coooomunque ... come capitolo direi che è piuttosto di passaggio. Non succede nulla di particolare. Niente che possa far avvicinare quei due cari ragazzi :p Maaaa ! Voglio fare qualcosa in grande, di particolare e non passare direttamente al sodo. E ovviamente non voglio creare una storia che rispecchia i soliti cliché. Dunque dovrete soffrire insieme a me cari lettori :3 
Per quanto riguarda Gwenny ... è un personaggio un po' complicato (ma fin troppo facile per me descriverlo). Insomma ha più personalità. Ed è per questo che nell'intro vi avevo detto che la poveraccia soffre di problemi di personalità multipla :') È combattiva si, ma è debole e fragile. Fin troppo anche. Ma cerca di non darlo a vedere ;) Ma i veri turbamenti e le pippe mentali inizieranno quando conoscerà il caro Julian ... :3 Vedremo come si comporterà 
Ora passiamo ai ringraziamenti u.u


Un grazie molto speciale va a HisLovelyVoice e Streghetta_31 che hanno recensito allo scorso capitolo. Grazie infinte ragazzeee *-*
E un grazie anche a tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate. Ed ovviamente anche a voi, lettori silenziosi :3
Un bacio a tutti !

 
   
 
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