Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: randomnessUnicorn    04/03/2013    2 recensioni
"E’ una calda mattinata estiva qui al villaggio, i Pidgey volano in alto nel cielo e gli Swablu intonano il canto del buondì.
Un nuovo giorno è giunto, anche se nemmeno te ne sei reso conto, non è vero, caro David? "
- Salve questa è una long, penso che sarà composta da ben 13 capitoli. E' la mia prima long, non sono abituata a scriverle, spero che vi possa piacere. Mi impegnerò al massimo, ovviamente.
Grazie-!
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La quiete prima della tempesta.



L’estate ormai è finita, ma le foglie sono ancora verdi e la brezza calda soffia tra i rami degli alberi. È una brezza piacevole, non è il vento invernale, è quel soffio che accompagna l’ultimo respiro dell’estate, così come l’ultimo sudore dovuto al caldo.
Le vacanze ormai se ne sono andate per lasciare spazio ai doveri.  Gli  studenti riprenderanno a studiare, gli adulti a lavorare fino alla fine della stagione e dell’anno. Il cerchio della vita continuerà a girare per tutte le creature di questo pianeta.
Eppure non per tutti è così, per alcuni quella ruota non gira od almeno non gira con così tanto entusiasmo, come dovrebbe. Per David l’inizio della scuola equivale all’inizio dell’inferno. Per molti ragazzi la scuola è un patibolo, ma solo in parte perché tornare a scuola significa anche rincontrare i propri amici, ma quando non ce li hai? Allora sì che è un vero inferno.
Ma chi può dirlo, magari la nuova stagione porterà buone e nuove, chi lo sa, caro David. Adesso, però, basta perdersi in chiacchere, il sole è già alto nel cielo, e tra poco ti dovrai alzare, riesco anche a sentire i passi di tuo padre salire le scale. Passi veloci e frettolosi, forse anche lui non ha tutta questa voglia di ricominciare a lavorare, ma come biasimarlo, in fondo.
 
«  Hey, figliolo! »
Urli a tuo figlio, e quasi stavi inciampando su i tuoi stessi piedi. Sei un uomo distratto e spesso hai i pensieri da un’altra parte, come ogni adulto d’altronde.
 
« Dai, è il tuo primo giorno di scuola, non vorrai mica fare tardi! »
Spalanchi la porta. A quanto pare, sei più entusiasta di tuo figlio, che ancora si trova sotto le lenzuola, mentre emette dei grugniti che non sembrano affatto esultazioni di felicità.
Se con le parole non ottieni risultato, io ti consiglierei di usare una bella secchiata d’acqua, in quel caso sicuramente si sveglierà prima del tempo, od almeno prima di essere inzuppato. Provar per credere!
 
« Ah, papà, ancora cinque minuti, per favore! »
Svegliati, David! Arrivare in ritardo il primissimo giorno di scuola non è cosa buona, che figura ci faresti? Ovviamente a te non importa, preferisci restare sotto le coperte, al calduccio, un luogo sicuro dove tutti noi vorremmo rifugiarci, perché sotto le coperte non c’è pericolo, tutto è sicuro è confortevole sotto le coperte. Il mondo fuori, invece, è così spaventoso, perché non ci sono le coperte che ti proteggono: sei solo, tu e il mondo.
 
« Forza dormiglione, i cinque minuti sono passati da un bel pezzo! »
Per farti valere come padre, non puoi fare altro che togliergli quelle lenzuola di dosso, infatti le prendi e gliele fai volare via. Lo sguardo di David è completamente scioccato, la luce del sole del mattino è traumatica, soprattutto quando non siamo ancora completamente svegli.
 
« Ah, papà, quanto sei petulante! Non voglio andare a scuola, la scuola è noiosa come le persone che ci vanno e che ci lavorano! »
Ogni ragazzo, in fondo, pensa che la propria scuola sia noiosa, così come i professori e i compagni, ma avete mai sentito parlare di una scuola allegra e simpatica? Io no, quindi, caro David, rassegnati, ovunque andrai la scuola sarà sempre così, monotona ed inutile. Quindi non serve a niente lamentarsi, proprio a niente.
 
« Dai, figliolo. Il pullman verrà tra mezz’ora, quindi hai un quarto d’ora per prepararti ed un altro quarto d’ora per fare colazione. Via al tempo, ora! »
Tuo figlio nemmeno ti prende seriamente con quel timer, infatti si alza e ti caccia dalla sua stanza emettendo un grugnito accompagnato da uno sguardo ostile ed arrabbiato. Ma come biasimare il povero David, che è costretto a patire le stramberie di un padre del genere.
 
« Ok, ok, papà… ti do cinque secondi per sparire. Pronto? e via il tempo..! »
Ripagando con la stessa moneta tuo padre, ti senti molto meglio, anche se avresti preferito svegliarti insieme alla natura, senza nessun rompi scatole intorno. Ma se ti svegliassi da solo, non ti sveglieresti affatto. Quindi affrettati, ti sono rimasti solamente venti minuti per finire di prepararti e mangiare.
Vai in bagno e ti fai una velocissima doccia, poi ti asciughi altrettanto velocemente. Nemmeno ti pettini perché non ne hai voglia, i ciuffi castani della frangetta ti coprono gli occhi. I tuoi occhi sono dello stesso colore di quelli di tua madre, un celeste chiaro, che ricorda vagamente il colore del cielo, anche se su di te, ricordano più che altro un cielo grigio e nuvoloso.
Intanto apri il tuo armadio in cerca della divisa scolastica, avresti dovuto prepararla il giorno prima, ma il tuo menefreghismo non te l’ha permesso.
Alla fine la trovi, e nel frattempo tuo padre si è messo ad urlare, per ricordarti del tempo che scorreva.
 
« David! Sono rimasti dieci minuti! »
Tutto ciò non fa altro che metterti ansia, non è vero, David?
Alla fine riesci a prepararti, e scendi dalle scale, quasi ruzzolando giù, ancora non completamente sveglio. Riesci a raggiungere la cucina. Ti siedi e ti ritrovi davanti i soliti e zuccherosi pancake. Tuo padre li adora e tu non ne comprendi il motivo. Non vai pazzo per i dolci, ma devi mangiarli comunque perché è l’unica cosa decente che lui sappia cucinare, è una frana in cucina, e miracolosamente i pancake gli riescono bene.
 
« Non sei contento? Inizia un nuovo anno scolastico, rivedrai i tuoi amici. »
« Quali amici? »
Già, un altro motivo per cui detesti l’istituzione scolastica è anche questo: gli alunni. Tu non consideri nessuno di loro un amico, non ne vedi il senso visto che non fanno altro che evitarti o parlare alle spalle. Tuo padre ancora non capiva, dopo le migliaia di volte che tu glielo hai detto.
 
«Oh, è tardi! Tra pochi minuti il pullman sarà qui, buona giornata, tesoro! »
Dici, senza nemmeno continuare la conversazione con tuo figlio, perché sai che tanto è inutile, non si aprirà mai del tutto con te, che sei suo padre. Ma forse devi smetterla anche tu di porgli sempre le stesse domande imbarazzanti. Solo che speri sempre in una risposta diversa. Pie illusioni di un genitore.
 
« Buona giornata, papà! »
Rispondi a tuo padre con voce demotivata e annoiata, tanto per cambiare. Almeno sei riuscito a prendere in tempo il pullman, te la saresti dovuta fare a piedi, sennò.
Entri nel pullman, tenendo lo sguardo basso, nessuno si accorge del tuo arrivo, tranne i soliti noiosi compagni che non fanno altro che disturbare il prossimo con le loro battutine fuori luogo.
 
« Guardate! È arrivato David, il ragazzo che ha la stessa vitalità di uno Slakoth, potresti fare una gara a chi è più pimpante tra i due. Potrebbe essere il tuo fratello scomparso! »
Il bulletto di turno ti prende in giro, ma tu continui ad andare avanti senza badare a lui. Non ti sono ma interessati i pareri della gente, tu reputi la gente stupida, sa solo parlare, parlare e ancora parlare, senza mai dire qualcosa di intelligente. Quindi perché sprecare tempo a dargli retta?
 
« Hey, scemotto! Smettila di ignorarmi! »
A quanto pare non è piacevole prendere in giro e non essere nemmeno considerati dalla persona che si sta ridicolizzando. Effettivamente dà l’impressione di parlare da soli. Alla fine è lui che fa la figura del cretino, non certo tu.
 
«Perché dovrei dare retta ad un Laudred rumoroso come te? Un Laudred che ha la lingua di un Lickitung, per giunta! »
Penso proprio che il bulletto si debba ritirare, perché la tua battuta è cento volte migliore della sua. Alla fine, infatti, torna al suo posto con la coda tra le gambe, il resto dei ragazzi si mette a ridere e lo beffeggia.
Molti compagni ti sorridono e in un certo senso ti stimano per averlo umiliato. Ma a te ovviamente non importa più di tanto e ti vai a sedere al tuo solito posto, quello che si trova a fine pullman, perché solitamente non c’è mai nessuno lì, è isolato dal resto del gruppo. E tu adori essere isolato.
Ti metti a guardare fuori la finestra, aspettando che il mezzo fosse arrivata alla tanto agognata destinazione: la scuola.
Tutto ad un tratto senti dei passi, un rumore più che altro. Qualcuno per caso si è seduto accanto a te? Chi sarà mai?
 
«Ehm… scusa, posso sedermi qui? gli altri posti sono occupati…»
Oh, è Mark, un ragazzino che sta nella tua stessa classe, non hai mai parlato con lui. Gli fai un cenno con la testa, poi continui a guardare fuori dal finestrino con aria persa.
Non sei certo il tipo da conversazione, tu. Eppure l’altro, al contrario, sembra volerla iniziare, una conversazione.
 
« Ho assistito alla scena di prima, e penso che tu abbia fatto bene a rispondere a quel prepotente di Jerry, è un ragazzino antipatico, se la prende sempre con i più deboli…»
Cerchi di istaurare una conversazione con David, eppure lui non sempre molto attento alle tue parole. In un certo senso lo hai stimato per quello che ha fatto, perché tu non hai mai trovato il coraggio di rispondere per le rime a Jerry, il bulletto che dall’asilo non fa altro che ridicolizzarti, farti piangere e metterti i piedi in testa. Potresti chiedere qualche consiglio a  David, perché no? In fondo sembra così sicuro di sé e coraggioso.
 
« eh? »
Eh, no, non sei proprio il ragazzo da conversazione. Guardi il povero Mark con aria confusa, che diavolo voleva da te? Ha trovato la persona sbagliata con cui parlare e la spalla sbagliata su cui piangere.
 
«Sai che me ne importa di quel chiacchierone di Jerry! »
Rispondi quasi a tono, con il solito sguardo serio e apatico. La situazione ti sembrava strana, era la prima volta che qualcuno ti aveva rivolto la parola, eppure sapevi che non lo stava facendo di certo per sua volontà, ma solo per il gesto che avevi fatto. Perché le persone sanno solo giudicare le tue azioni e non chi sei realmente.
 
« Ah, capisco. Scusa per averti disturbato, volevo solo congratularmi con te, anche io vorrei avere lo stesso coraggio per rispondergli »
Dici così, ma in realtà vorresti solo trovare un amico, qualcuno con cui confidarti, chiedere consiglio e che ti possa capire. Ti stai rendendo ridicolo in questo modo, ma non ti importa niente, perché tentare non nuoce, sei così stanco di stare da solo od essere considerato diverso dagli altri. Già, anche tu non hai una vita serena e tranquilla. I tuoi genitori pretendono così tanto da te, da non lasciarti il minimo spazio. Stai crescendo troppo in fretta, non ti danno nemmeno il tempo di farti degli amici. La tua vita è tutta studio, lezioni di piano, matematica e computer. Tutto qui, i tuoi genitori sono così oppressivi!
 
« Oh, mi dispiace non poterti più ascoltare, ma siamo arrivati! »
Gli rispondi senza nemmeno guardarlo negli occhi. Odi sentire le lamentele delle persone, sono così noiose. Non sei mica un confessionale od uno psicologo. Se le persone hanno dei problemi perché non se li tengono per loro? O al massimo potrebbero scriverli da qualche parte, proprio come fai tu. Quando sei arrabbiato, nervoso o depresso, scrivi i tuoi pensieri da qualche parte, finché non ti senti meglio. È un metodo che funziona, anche se è triste a volte non avere nessuno con cui confidarsi. Non lo ammetterai mai, ma sotto sotto anche tu hai bisogno di un amico, non è vero, David?
Mentre stavi pensando a tutto ciò, ti sei diretto in classe, nemmeno il tempo di sederti che già ti eri stancato, rivedere quelle persone proprio non ti andava.
Ti sei seduto all’ultimo banco, un posto strategico perché è abbastanza isolato dal resto della classe. Quindi puoi rimanere ad osservare fuori dalla finestra, aspettando che la giornata scolastica finisca.
Il ragazzo che hai incontrato sul pullman, Mark, si sedette al banco accanto al tuo, tutti avevano già occupato il resto dei banchi, anche se sospettavi che lui si sia messo lì per parlare con te. La cosa la trovavi fastidiosa ma non ti andava ti litigare, sarebbe stato solo uno spreco di energia. Cerchi di non farci caso.
 
Le lezioni passano, l’una dopo l’altra, noiosamente. Quando finalmente la campanella suonò, non potevi crederci. Col solito passo pacato, uscisti dall’aula, quando ad un tratto senti dei passi provenire dalla tua direzione, infatti era Mark. Era davvero appiccicoso quel ragazzo, eh?
 
« Heylà, David, stai tornando a casa? »
« Uhm… ma quanto sei pervicacie! »
«Beh, comunque potremmo tornare a casa insieme, che ne dici?»
«. . .»
Quella richiesta ti sembrò così strana, tanto che ti fermasti e restasti immobile quasi per un intero minuto. Tornare a casa insieme? Le tue orecchie avevano sentito bene? Lui nemmeno ti conosceva, come ha potuto proporti qualcosa di simile. Proporla a te, poi, che sei considerato il teppistello della classe. Alcune ti considerano il figlio del demonio. dicono anche che la notte uccidi le persone e le sotterri nel tuo giardino. Sono tutti pettegolezzi stupidi, ovviamente, questo fa solo comprendere quanto le persone siano sciocche.
Comunque rispondi alla richiesta che ti ha fatto, non è educato fare aspettare così a lungo il tuo interlocutore, il minuto è passato. Non puoi più pensare!
 
«David, tutto bene?»
«Eh… sì, sì… cioè, tutto bene!»
«Quindi…?»
«E, quindi? Ok!»
Alla fine cedi, ancora confuso, e fai un cenno con la testa con la solita aria scocciata, tanto la richiesta non comprendeva il parlare, tu non avresti chiacchierato nemmeno sotto tortura con qualcuno, perché non sei abituato.
 
«Certo che le lezioni sono state davvero noiose, sarà che ancora mi devo abituare alla scuola, sono stato in vacanza dai miei zii che abitano in città. È bella la città, sai? Ci sono tantissime cose da vedere, fare, non ti annoi. Sei mai stato in città? Ah, sì, ho visitato anche tanti musei d’arte, è stata un’esperienza bellissima…»
«. . .»
No, non era stata affatto una buona idea quella di tornare a casa con lui, non avresti mai immaginato che Mark fosse un chiacchierone. Ha una parlantina insopportabile e non sta zitto nemmeno per prendere fiato, ma come farà? Tu ti limiti ad annuire, anche se non lo ascolti veramente. In cinque minuti avrà parlato di cinque argomenti diversi.
Finalmente giungi davanti casa, le tue orecchie possono considerarsi salve, finalmente.
 
«Oh, siamo già arrivati. Questa è casa tua?»
«Sì.»
«Bene, allora ci vediamo domani a scuola, ciao!»
Non gli rispondi, ti limiti a fare il solito cenno con la testa, che tra l’altro ti fa male dopo tutte quelle parole. Entri in casa, buttando la cartella per terra.
Tuo padre sarebbe tornato tardi dal lavoro, quindi sei completamente solo a casa.
Vivi in questo posto da così tanto tempo, che nemmeno te ne rendi conto. Tutti amano questo luogo, circondato dalla natura, dai Pokemon, dalle montagne, tranne te. Tu lo disprezzi proprio per questo, a causa di tutti i Pokemon, e della natura non ti importa niente. Tutto questo verde ti rende nervoso, vedere sempre i soliti paesaggi prima o poi annoia.
 
Questo è un villaggio abbastanza povero, le persone vivono soprattutto di agricoltura ed allevamento. Ma la fonte di ricchezza più importante è il carbone, queste montagne sono ricche di miniere. Se non ci fossero regnerebbe la povertà, infatti il paese scambia carbone con le città vicine per accumulare reddito. Purtroppo a causa di ciò, il paesino ha avuto diversi problemi in passato, perché tutti hanno cercato di impadronirsi delle miniere in qualche modo. C’è stato un avvenimento molto particolare, avvenuto diversi anni fa, che ha dato da pensare a molti, infatti dopo quell’avvenimento mai più nessuno si presentò  col pretesto di comprare le miniere.
Quel giorno vennero degli uomini industriali, che volevano, appunto, comprare tutte le risorse naturali, ma per qualche strano motivo, quelle persone scomparvero nel nulla. Mentre si trovavano nel bosco si persero, e poi svanirono al suo interno.
Quel bosco si trova al confine del paesino ed è considerato sacro per gli abitanti perché ospita molti Pokemon e piante, rappresenta l’ecosistema di questo posto ed è soprattutto la patria dello spirito della foresta, una creatura sovrannaturale che protegge il villaggio.
Si narra che lo spirito della foresta abbia in qualche modo attirato quegli uomini, che avevano portato problemi e scompiglio nel villaggio, punendoli dalle loro malefatte. 
Questa è la leggenda che si narra qui, e che ha tenuto lontani molti curiosi. Quindi le preoccupazioni sono passate, anche se non si potrà essere certi al cento per cento che quelle persone un giorno ritornino a portare nuovamente scompiglio. Non si può essere sicuri di niente, ormai. 



 

Salve, così si chiude il secondo capitolo, spero vi sia piaciuto. Non avrei mai immaginato di riuscire a scrivere ben cinque pagine di word, per me è un traguardo!
I primi due capitoli sono un’ introduzione, una sorta di presentazione del protagonista, del luogo e di cosette in generale, spero non vi siate annoiati.
La vera storia comincerà nei capitoli successivi, in fondo le presentazioni sono importanti. Mica sto qui a smacchiare i giaguari u_u
Un commentino di incoraggiamento e/o consigli mi fanno sempre piacere :'3
Grazie e alla prossima...

PS: con l'università non so quando potrò aggiornare, spero presto però. Un bacio a tutti.
---> Laurette-!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: randomnessUnicorn